aspettando la pioggia
Il cielo era maledettamente sereno quel pomeriggio di metà
Ottobre.
Talmente sereno che lei aveva mal di testa.
Il sole faceva capolino tra tutto quell’azzurro, come a
volersi prendere gioco di lei, spiccando con la sua veste gialla e illuminando
tutto attorno a sé.
-Ma si può sapere che hai?- chiese una voce annoiata
sentendola sbuffare per la sesta volta nel giro di pochi minuti.
-Nulla- fu la bugia.
L’ennesima.
Un sospiro rassegnato le giunse all’orecchio e, piccata per
la reazione dell’amico, si girò di scatto verso di lui, con un cipiglio arcigno
dipinto in volto.
Le sopracciglia chiarissime erano talmente contratte che
sembravano attaccate e le rughe piccole e fitte sulla fronte denotavano che
quell’espressione non era poi così nuova su quel viso perfetto.
-Allora? Che hai da sbuffare?- aggredì il ragazzo seduto
allo stesso suo tavolo, e vendendolo sobbalzare appena per il suo tono iroso,
distese leggermente la fronte.
Forse una o due rughe se ne erano andate…
Lo sguardo di lui sembrava perso e probabilmente doveva
sentirsi proprio fuori luogo a giudicare dalla faccia sorpresa che aveva, ma fu
rapido a nascondere ciò che provava sotto una maschera di freddezza consueta a
tutti loro.
Luridi, viscidi
Serpenti, che si muovevano strisciando nell’ombra, silenziosi, pronti a carpire
tra le proprie spire una vittima ignara della dolorosa e lenta morte a cui
andava incontro.
Dissimulatori nati,
abili predatori, letali come nessun altro animale, se ne stavano nascosti nella
loro alcova assieme a altri aspidi come loro, pronti a scattare in un momento
di debolezza dell’avversario, prendendolo alle spalle e soffocandolo in un
dolce abbraccio mortale.
-Posso sapere a cosa è dovuta la tua consueta grazia,
Dapnhe?-
Un ringhio basso e profondo gli fece capire che lei,
tuttavia, non era d’accordo.
Restava da vedere se dissentiva sul fatto che i suoi modi
fossero manchevoli di grazia al momento, se non tollerasse tale ovvietà
momentaneamente a causa di qualcosa che in tal caso non poteva non sapere, o se
non accettasse la scomoda verità che effettivamente lei non ci sapeva proprio
fare.
I modi da signora decisamente
non erano per lei, pensò il ber ragazzo stizzito, vedendola molto più simile a
una bestiolina selvatica che a una dea.
-Santo cielo, Daphne, datti una calmata. Non troverai mai
nessuno disposto a sposarti se vai avanti di questo passo. Nessun uomo sano di
mente si ingabbierebbe con una come te…-
-Ingabbierebbe?
Una come me?- chiese per un attimo
spaesata, ma senza perdere il suo tono astioso.
-Ingabbiare, sposare, ma sì, dì un po’ come preferisci…-
spiegò lui, con un’alzata di spalle.
-Una come me?- ripeté la bionda con lo stesso tono piatto di
un disco rotto.
-Per le più consunte mutande di Merlino, Daphne! A volte mi
sembri Weasley! Datti una svegliata, tesoro! Chi pensi che vorrebbe mai avere
una moglie sempre arrabbiata, sul piede di guerra, astiosa e rancorosa?-
Ma prima che la ragazza potesse anche solo controbattere, la
porta della sala s’aprì e entrò un ragazzo biondo che avrebbe fatto svenire
chiunque, tanto era bello.
Ma non lei.
-Daphne- fu il saluto secco del ragazzo entrato dopo averla
vista al tavolo.
-Draco- rispose lei accennando un sorriso.
-Non starete mica litigando di nuovo, vero?- chiese al
ragazzo seduto accanto alla bionda.
Incredibile quanto fossero diversi, pensò l’erede di casa
Malfoy.
Lei biondissima, sempre con il broncio, lui moro e
sorridente.
Occhi cerulei contro occhi verde petrolio.
Lei, alta e magra, talmente sottile e delicata che sembrava
che un soffio di vento l’avrebbe sollevata portandola via, eppure sempre in
lotta per farsi rispettare, pronta a battersi per dimostrare di avere anche un
cervello dentro quella testa coperta da biondi e morbidi crini che le avevano
valso l’appellativo di “bambolina”.
Lui, alto e massiccio, novanta e passa chili di muscoli e
eleganza, un sorriso da favola nascondeva una lingua tagliente da vero
Serpeverde, un’innata capacità di ascoltare e di placare gli animi iracondi.
Lei, la sua prima vera amica, quella a cui aveva dato il
vero primo bacio, quella da cui aveva ricevuto l’unico schiaffo della sua vita.
Lui, il suo migliore amico, quello che c’era sempre stato,
il freddo algido moro che muoveva i fili da dietro la scena con maestria
inaspettata e lo toglieva sempre dai guai che lui, vera testa calda, combinava.
Daphne Greengrass e Blaise Zabini.
Lì, nella Sala Comune dei Serpeverdi, come al solito a
punzecchiarsi.
-A quando il lieto evento?- domandò Draco con un ghigno.
-Prego?- fu l’educata domanda di Blaise.
Decisamente meno fu, invece, quella della ragazza –che
diavolo blateri, Malfoy?-
-Dicevo, o meglio mi domandavo a quando il lieto evento… il
matrimonio… il vostro matrimonio…-
Come risposta si beccò un libro in fronte dalla bella
ragazza e un’occhiata gelida dal Zabini.
-Dovresti piantarla, Drà. Parlo sul serio, sai?- gli disse
il moro guardandolo come se fosse un caso raro.
-Allora, che avevate da borbottare, come sempre…- chiese
prendendo una sedia e mettendosi seduto a cavalcioni con il mento appoggiato
sulle mani.
-Sei peggio di una comare, lo sai, sì?- lo redarguì Daphne,
riprendendo la sua lettura del tomo di Storia Della Magia.
-Si lamentava come sempre. Anzi, sbuffava…- l’informò
Blaise.
-No! Che novità! Come posso essermi perso un evento così
raro? Dimmi Blaise, pensi che morirò?-
-Non lo so amico, ma posso dirti di sicuro che se aspetti
almeno cinque minuti in silenzio sentirai un rumore strano provenire da quella
parte…- disse indicando Daphne e assumendo la migliore aria seria che gli
riuscisse mentre Draco davanti a lui si sbellicava dalle risate -… un rumore
che assomiglia a uno sbuffo di un treno, ma sai che ti dico? Non è di un treno,
è di, indovina un po’? Daphne!-
-Fottiti Zabini!- fu l’educato commento che ottennero da
dietro la copertina di un libro.
-Daphne, tesoro, sicura che non sia meglio fare un’altra
materia?- chiese serafico il moro.
-No. Devo finire Storia della Magia per domani-
-Se vuoi io e Draco possiamo farti un sunto…-
-Parla per te!- l’interruppe il biondo ma fu zittito da
un’occhiataccia.
-… di quello che c’era da fare per domani-
-No- fu la secca risposta.
-Daphne…- iniziò.
-Ho detto di No! Ma perché insisti?-
-Come vuoi. Ma se vuoi continuare a studiare- e sottolineò
l’ultima parola con una particolare enfasi – forse è meglio se giri il libro.
Sai, non so quanto sia comodo leggere al
contrario…-
Un ululato scoppiò dai sotterranei di Serpeverde, mentre
Draco Malfoy si stava soffocando dal ridere e copiose lacrime gli rigavano le
gote, accese di un insolito rosa per il divertimento.
-Maledetto bel tempo! Maledetto sole e maledetti
Grifondoro!- sputò fuori dai denti Daphne mentre con uno scatto iroso chiudeva
il libro e marciava verso la sua camera.
Se le avessero detto che era bella lei avrebbe risposto con
un sorriso radioso e un trillante –Lo so!- semplicemente perché sapeva che era
vero.
I capelli biondissimi le arrivavano fino alla schiena e
sotto il sole sembravano oro colato, rendendola non solo bella, ma
semplicemente irresistibile.
Divina.
Ma lei odiava il sole e tutta l’ipocrisia che esso portava.
Tutta quella gente che si riversava per le strade,
sorridente e di buon umore, fingendo di aver scordato tutti i problemi che
giuravano fino al giorno prima, li affliggessero, le davano il voltastomaco.
Tutto quel mostrare corpi sodi e informa, ottenuti con
sudore e fatica e mesi e mesi di diete le facevano venire il malumore.
Lei amava la pioggia.
Pioggia che, insistente e cocciuta, batteva minuto dopo
minuto, contro le finestre della sua camera, cullandola in una nenia rassicurante
e permettendole di concentrarsi su quello che amava davvero.
Sé stessa.
Perché brillare alla luce del sole era magnifico, ma essere
divina tra tante ragazze carine non era certo nulla di ché.
Ma essere splendida in un giorno di pioggia, mentre tutte le
altre erano appena passabili, ecco, questo sì che era divino.
Sapere di essere la regina incontrastata dell’alveare e
scoprire che non gliene importava niente.
Scoprire di avere voglia di lottare per dimostrare agli
altri e a sé stessa che non era la semplice bambolina che tutti pensavano
fosse.
Guardare di nascosto Blaise che contemplava la pioggia che
cadeva a terra come lo sfogo di un cielo depresso e piangente per il loro amore
segreto.
Ecco cos’era divino.
Scappare poi tra le braccia di Draco, e capire con
un’occhiata che lui aveva già capito tutto molto prima di lei, e affondare il
viso nel suo pregiato maglione fatto ovviamente su misura, e ispirare quel
profumo di dopobarba e pelle che conosceva così bene.
Ecco cos’era divino.
-Sei un coglione- fu l’elegantissima costatazione che Zabini
fece all’amico.
-Chi si somiglia si piglia-
-Da quando parli per modi di dire?-
-Da quando sei un perfetto idiota. No, scusa, hai ragione,
altrimenti avrei dovuto parlarci dall’inizio della mia vita…-
-Molto spiritoso, Draco. Sei qui solo per rompermi le palle
per diletto o hai uno scopo?-
-Se vuoi ti dico che è Dio in persona che mi manda- ironizzò
il biondo sorridendogli.
-Saresti l’Angelo Della Morte, in tal caso…-
-Crepa Zab!-
-Visto? Come volevasi dimostrare!-
-Idiota- disse solo il biondo.
-Oddio, non attaccare anche tu con la solfa di ripetere
sempre le stesse cose come fa Daphne…-
-Già, a proposito di Daphne… perché non vai a parlarle?-
-Come no! Sai, non ci tengo ad essere scannato…-
-Andiamo Blaise! Ma per chi mi hai preso? Per San Potter?
Non sono mica così fesso…-
-Preferirei San Potter qui con me adesso, se non ti dispiace…-
-Come no! Così te ne puoi andare un’altra volta e fare di
nuovo il coglione. Spiacente Zab, sappi che se provi a uscire da questa stanza
ti Schianto e se non vai subito da Dapnhe ti scaglio addosso un Imperius…-
-Fantastico, bell’amico che ho…-
-Come ho detto prima, “chi si somiglia si piglia”…-
-Te ne dico un’altra… “Non svegliare can che dorme”-
-Idiota, è “can che abbaia non dorme”…-
-E chi dorme?- chiese Blaise stupito
-Tu! Ecco chi dorme! E “chi dorme non piglia pesci”!-
-È inutile che sprechi le tue perle di saggezza, non attacca
Draco…-
-Hai ragione… “mai gettare le perle ai porci”…- sogghignò
Draco e gli voltò le spalle, diretto nella sua stanza.
-Hei, mi hai forse paragonato a un porco?- gli chiese Blaise
scandalizzato.
-Perché, non lo sei?- una voce melliflua gli giunse alle
spalle.
-Pansy! Da quanto sei lì?-
-Questa domanda mi fa capire che mi sono persa qualcosa di
interessante, vero?-
-Niente di che, Pansy, niente di che…- le disse Draco prima
di prenderla sotto braccio e entrare nella stanza della ragazza.
Blaise sospirò.
Per un po’ non sarebbe uscito, quindi non avrebbe neppure potuto
origliare… era sempre un inizio, pensò incamminandosi verso la stanza di
Daphne, proprio di fronte a quella che Draco si era chiuso alle spalle con un
sorriso malizioso.
Chissà come, sicuramente per una strana e complicata magia,
il sole che splendeva fuori in giardino e nella torre di quei pazzi suicidi, perché pazzi lo erano tutti e conoscendo i
precedenti di Potter e della sua combriccola anche suicidi, dei Grifondoro,
arrivava a illuminare anche i sotterranei di Serpeverde.
Daphne scosse la testa.
-Non si può più stare tranquilli neppure sotto terra. E dire
che siamo anche sotto il Lago Nero…-
Si scosse dal suo stato di catalessi quando sentì un
picchiettio discreto alla porta e la voce sensuale di Blaise Zabini che
tossicchiava imbarazzato.
Aveva forse paura di
lei?
Non si scomodò a dire “avanti” perché tanto sapeva che lui
sarebbe comunque entrato.
E difatti, come volevasi dimostrare, la maniglia argentata
della porta si abbassò e questa si aprì cigolando.
-Blaise, che vuoi?- l’aggredì, fiera e combattiva come
sempre.
-Staresti bene tra i Grifoni, se non avessi una piccola
mania per il buio e non fossi così bastardamente sadica- scherzò su lui,
sorridendole per farle capire di essere venuto in pace.
-Hn- sbuffò Daphne, scocciata per l’intrusione –possibile che
non si possa mai stare da soli? Neppure in camera propria?-
-Mi stai invitando ad uscire Greengrass?-
-No, ti sto proprio sbattendo fuori!- e spalancò la porta
già aperta in un gesto molto teatrale che Zabini ignorò palesemente andando a
sedersi comodamente sul letto.
-Blaise! Quel letto era rifatto!- esclamò la bionda
indignata, richiudendo la porta con esasperazione dei gesti e nelle
espressioni.
-Esagerata. Come se ti fosse mai importato di avere un letto
rifatto. E in ogni caso “era” rifatto fino a cinque minuti fa. Se vuoi chiama
gli elfi e fattelo rifare- precisò lui, sorridendole.
Neppure cinque minuti e la stanza fu invasa da un leggero
profumo di lavanda, emanato dalle sigarette che la bionda si stava fumando, una
dietro l’altra, come se quello fosse il suo ossigeno e non potesse stare senza.
Quando Blaise si decise a lasciare la stanza, la guardò, e
lei, nell’incontrare quello sguardo disperato, di chi non sa più che pesci
pigliare, si sentì quasi in colpa, per poi cacciare velocemente quel tarlo
buono e finire di fumarsi in santa pace la sesta sigaretta.
Poi fu il caos.
Blaise aprì silenziosamente la porta, e ci fu un tonfo, un
odore di tabacco, forte e rude si mescolò a quello delicato di lavanda, e gli
occhi del moro mandarono lampi.
Una bestemmia che avrebbe fatto arrossire Satana stesso
risuonò nell’aria forte e chiara, poi seguita da una serie di gridolini
eccitati e impauriti e una sequela di imprecazioni da una seconda voce maschile
che ignorava bellamente gli insulti di Blaise e ne muoveva contro di lui dei
propri.
Quando Daphne si voltò verso l’ingresso della sua stanza non
si meravigliò di notare altre due sagome che le sorridevano false come Giuda,
tentando di rabbonirla.
Evidentemente Pansy e Draco avevano ascoltato tutto.
O meglio, non avevano sentito proprio niente.
Orgoglio.
Ecco il suo peccato originale, quello che non
la faceva mangiare a cena in Sala Grande, che non la faceva dormire abbastanza
nel suo dormitorio, che la obbligava a guardare tutti, anche i suoi compagni di
Casa, dall’alto in basso, come una regina.
Come la Mezzosangue
Zannuta.
Quel maledetto
Orgoglio che le aveva impastato la lingua e le aveva fatto fumare sei sigarette
una dietro l’altra, come se non potesse vivere senza, mentre tutto ciò di cui
aveva bisogno era appena entrato nella sua stanza.
Quel maledetto
Orgoglio che la faceva sentire una Venere di Botticelli, mentre dentro di sé aveva
solo deserto e desolazione.
Orgoglio che l’aveva
resa simile al serpente che aveva tentato Eva, che aveva reso complice del
peccato Adamo, ma che poi, chissà come, si era morso da solo, infettandosi col
suo stesso veleno mortale, e ora, sempre per quel maledetto Orgoglio, fingeva
di non essersi mai morsa, di essere la stessa di sempre, inarrivabile e
inviolabile, mentre dentro si sé, lentamente, moriva giorno dopo giorno, ora
dopo ora, secondo dopo secondo.
Sguardo dopo sguardo.
Pansy era a terra, evidentemente era stata lei a provocare
il rumore sordo che aveva sentito, cadendo di peso come una Tassorosso del
primo anno, beccata con le mani nel sacco a rubare marmellata dalle cucine.
Rideva e appariva scossa, mentre il suo corpo tremava a
ritmo dei singulti di divertimento, eccitazione e paura che emetteva.
Draco fumava.
Certo, era stato lui a iniziarla al fumo, e difatti, eccolo lì,
con la sigaretta in mano mentre l’odore del tabacco che fumava, molto più forte
e rude del suo, si mescolava alla delicata fragranza di lavanda.
Ovviamente a fronteggiarsi con Zabini che, imperterrito,
continuava a bestemmiare come uno scaricatore di porto, mentre il biondissimo
amico gli rispondeva a tono, per niente intimorito dai lampi che furiosi,
balenavano negli occhi dell’amico, solitamente pacato.
Le venne un conato di vomito e pensò di rifugiarsi in bagno,
ma consapevole che poi sarebbe dovuta uscire di lì e affrontarli uno per uno,
preferì scoccare a tutti e tre un’occhiata gelida e sgattaiolare via, fuori
dalla sua camera, fuori dai sotterranei, verso un mondo che non le apparteneva,
nel quale non si sentiva a suo agio, messa da tutti su un piedistalli dal quale
non poteva muoversi, illuminata costantemente dai raggi dorati de sole che,
come per dispetto, venivano assorbiti dai suoi crini dorati, iniziando a
brillare come una dea.
In giardino il cielo era ancora limpido, sereno come non
mai, e il sole s’intestardiva a voler rimanere quanto più a lungo possibile in
alto, come per ripicca.
Un gruppetto di Grifondoro sedeva allegro sotto un grosso
albero, scherzando e divertendosi, mentre lei li osservata nascosta all’ombra
del portico di peperino.
Poco distanti, su una panchina di legno, due Tassorosso, si
baciavano con ardore, illuminati dai raggi splendenti e con i capelli corvini
al vento che, docile, spirava loro attorno, come se volesse avvolgerli in una
romantica carezza.
Le arrivarono alle orecchie le risate sincere dei Corvonero,
che, scaltri e furbi, più simile alle Serpi di quanto tutti potessero
immaginare, si divertivano all’aria aperta, progettando e macchinando piani che
si sarebbe sicuramente rivelati un successo.
Loro che, come Serpi,
calcolavano, macchinavano, progettavano, raggiravano, ammaliavano e poi
facevano la loro mossa vincente, tiravano fuori l’asso nella manica che
permetteva loro di lasciare il gioco indisturbati, amati e con i soldi di tutti,
che, ignari di quanto appena accaduto, avrebbero accusato, come da copione, i
Serpeverde, per aver rubato, raggirato, ipnotizzato e sferzato l’attacco
decisivo.
Blaise era furibondo.
Fissava Draco senza dire neppure una parola, mentre Pansy
spostava velocemente lo sguardo prima dall’uno e poi dall’altro, preoccupata.
Solo una parola risuonò, secca e sensuale, senza alcuna
intenzione di essere tale.
-Bastardi- e Blaise si voltò per dirigersi verso l’uscita
dei sotterranei.
Draco guardò per un attimo le spalle dell’amico, per poi
esclamare-coglione- e dirigersi verso la propria camera.
Pansy osservò Zabini che si fermava e Draco che, incurante
dell’amico, continuava ad andare verso la sua stanza, raggiungerla e chiudersi
la porta alle spalle, mentre Blaise era ancora immobile.
Sembrava pietrificato.
-Sei un coglione-
gliel’aveva mossa lui quell’accusa e ora, come da copione, gli veniva
restituita.
-Molto spiritoso,
Draco. Sei qui solo per rompermi le palle per diletto o hai uno scopo?- lo
scopo ce l’aveva eccome: mandarlo da Daphne per smuovere un po’ la situazione,
le lui, come il solito, non aveva capito niente.
-Andiamo Blaise! Ma
per chi mi hai preso? Per San Potter? Non sono mica così fesso…- no, non lo
era. Era un vero amico invece che, stanco di vederlo soffrire per amore, aveva
deciso di costringerlo a giocare le sue carte e poi a scoprile per sapere se
avrebbe vinto o perso tutto.
-Come no! Così te ne
puoi andare un’altra volta e fare di nuovo il coglione. Spiacente Zab, sappi
che se provi a uscire da questa stanza ti Schianto e se non vai subito da
Dapnhe ti scaglio addosso un Imperius…- poteva scommetterci anche tutto l’intero
patrimonio dei Zabini, che non era robetta da poco, che l’avrebbe fatto di
sicuro.
Draco.
Il suo amico.
Il suo migliore
amico.
Quel gran bastardo del
suo migliore amico.
Si voltò senza vedere Pansy che, tesa come una corda di
violino, aveva indietreggiato impercettibilmente, e sorrise.
La ragazza s’immobilizzò e pensò che il compagno di Casa
fosse impazzito del tutto per poi andare a rifugiarsi di corsa nella sua camera
e chiuderla a chiave.
Blaise non si accorse di niente.
Sussurrò solo un “Grazie” prima di oltrepassare l’uscita e
chiudersi la porta della Sala Comune di Serpeverde alle spalle.
U n ragazzo di una bellezza divina, con la pelle diafana e i
capelli così chiari da sembrare quasi albino, se ne stava in piedi nella sua
camera a sorridere come un ebete al muro.
-Prego- sussurrò appena, prima di prendere il suo
portasigarette argentato e iniziare a fumare.
Ci mise un po’ prima di trovarla.
Era nell’ombra, come sempre, a osservare il cielo che, piano
piano, con l’imbrunire, si stava coprendo di tante nuvolette, troppo leggere e
chiare per promettere un acquazzone, ma
abbastanza numerose per farla tornare a sorridere e farle passare la terribile
emicrania che l’affliggeva dalla mattina.
Restò ad osservarla.
I capelli dorati e lisci, perfettamente in ordine, erano
carezzati di tanto in tanto dal vento che, sensuale, la corteggiava come mai
nessun amante umano avrebbe potuto fare, sussurrandole lusinghe alle orecchie e
carezzandola dolcemente, promettendo ciò che lei adorava: nubi e pioggia.
Quando lo notò non si scompose minimamente, si limitò a
osservarlo, come lui guardava lei; poi, silenziosa, rigirò il capo verso l’orizzonte
e quando ormai si fece buio, e tutti gli altri rientrarono, infreddoliti e
affamati, finalmente decise di uscire allo scoperto, sotto un cielo grigio di
nubi e nell’aria fresca e frizzante d’umidità, carica di una tensione elettrica
che non era dovuta solo al tempo.
Un pino muoveva le sue fronde sinuoso e ipnotico, mentre un
assiolo cantava felice il suo amore alla luce tremula della luna che, ogni
tanto, faceva capolino da un banco di nuvole per poi sparirvi nuovamente subito
dopo.
Il vento, di solito così incostante, aveva mantenuto la sua
promessa, forse anche lui incantato di trovare tanta bellezza in una ragazza
umana, e le parole e i sussurri che prima rivolgeva solo a lei, ora sembrava
urlarli a chiunque si fosse fermato ad ascoltare la sua voce, il suo grido
disperato, che scuoteva i rami e li faceva battere contro le finestre,
increspava lo specchio scuro d’acqua del Lago e scompigliava i suoi capelli.
Quando anche lui uscì allo scoperto, raggiungendola, il
fragore si fece insopportabile e il vento, come un amante geloso, ululava
furioso tentando si sovrastare il silenzio dei giovani che si guardavano pacati
dopo la tempesta.
La loro tempesta.
Poi fu il silenzio.
Battuto, vinto, umiliato, il vento cessò la sua battaglia e si
ritirò fra le fronde sicure della Foresta Proibita, leccandosi, come un lupo
ferito, le sue ferite e consolandosi correndo libero tra le foglia che
ingiallivano e quelle che restavano del colore della Speranza.
La prima goccia di pioggia non si fece attendere molto,
arrivò, seguita dalle sue sorelle che, leggere e spensierate, cadevano gelide
come una sottile pioggerellina di primavera, ma nessuno dei due ragazzi si
risentì né per il freddo né per la pioggia tanto attesa, quasi come una Manna
dal cielo.
Quella pioggia che lavava via tutto il rancore, la rabbia, l’orgoglio,
i pregiudizi, le paure, le offese.
Quella pioggia che benediceva campi, alberi, finestre,
fiori, prati, palazzi, castelli, persone,
loro…
Quella pioggia così attesa che cadeva sulle loro labbra,
finalmente unite, sotto l’acqua leggera che univa e rendeva una cosa sola.
Quella pioggia che aveva calmato gli animi, riportato la
pace, il sorriso, la serenità e le lamentele di tutti gli altri ragazzi che
speravano in un magico cielo stellato.
E mentre il vento piangeva le sue lacrime, triste e
sconsolato, la terra le riceveva come una benedizione, accogliendole come una
madre accoglie i propri figli, abbracciandole tutte, ad una ad una, mentre
alcune di esse andavano a bagnare Daphne e Blaise, abbracciati sotto la
pioggia, sperando che il primo raggio di sole non arrivasse mai.
§ Spazio Autrice §
Eccomi tornata!
L’avevo promesso e l’ho fatto, anche se per questa one-shot mi sono fatta
attendere un po’…
Questa volta mi sono buttata sulla coppia
Blaise/Daphne, sia
perché non mi sembra poi così infattibile, sia per la mia
“fase Blaise”… (che, ribadisco, è passeggera,
e sicuramente non intacca il mio amore per la coppia Draco/Hermione!!!)
Un grazie a tutti quelli che ancora mi seguono, sappiate che
sto finendo di scrivere il nuovo capitolo di Amore Proibito e presto aggiornerò
anche lì!
Un abbraccio particolare a MmeBovary, che mi manca un sacco
e che saluto con un mare d’affetto.
Ah, quasi dimenticavo… finalmente comincia a piovere!!!
Per kiamilachan: questa
one-shot ha il lieto fine, quindi bando alla tristezza, sappi che a
tutto c'è una soluzione: per alcuni è una cioccolata
calda, per altri una chiacchiarata con l'amica del cuore, per altri una
giornata di shopping selvaggio (budget economico permenttendo!), per
altri una serata al cinema, o una giornata di pioggia. E poi il sorriso
torna sempre, anche dopo i momenti peggiori!
Un bacio!
Love
Ele_lele
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