New JD
< Rachel, ti prego, non mi
scombinare il bagno!> Urlo in preda al panico. L'ultima volta
che
è venuta mi ci sono volute due ore per mettere a posto tutto
il
casino che aveva combinato.
< Dai, zia, abbi pietà! Ho quindici anni e mezzo
e quella sciagurata di tua sorella -che sfortunatamente mi ritrovo per
madre- non mi lascia guardare un mascara nemmeno col binocolo! Dai,
dai! Qualche prova e basta>
< Ma mi imbratti tutto! Se vuoi che fare qualche prova, lasciati
truccare da me, no?> Dico puntano le mani sui fianchi. Fa che
dica
sì, ti prego..
< Perchè, tu sapresti truccare?> Mi guarda con
un sopracciglio alzato all'inverosimile.
Che vorrebbe dire, scusa? Certo che so truccare.
< Cosa ti fa pensare il contrario?> Le chiedo curiosa. E
indispettita, un pochino.
< Mah, magari il fatto che non ti trucchi per niente. Ma tanto a
che
ti serve, sembri una top model anche appena svegliata..>
Hahaha,
stupenda questa.
Povera creatura innocente, se mi vedesse.. appena svegliata sembro un
koala con la faringite, altrochè. Specialmente se mi si
parcheggiano due Vuitton sotto gli occhi. In quei casi
c'è
proprio da chiamare la protezione civile.
Scuoto la testa sotto lo sguardo corrucciato di mia nipote.
< E va bene. Un filo di eyeliner e una passata di rimmel, ma poi
togli tutto e vieni a fare i compiti. Cosa devi fare?>
< Algebra, soprattutto.>
Oddio. L'algebra.
Il solo pensiero mi provoca urti di vomito.
Non dovrò mica..? < Ah, d'accordo. Te la cavi bene,
no?>
< Chi, io?!> Ride istericamente fino a disegnare una
linea
tremolante a due centimetri dalle ciglia che arriva fino alla tempia.
Santa me, è un disastro. Devo dirlo a Megan. Se non impara a
truccarsi almeno un po' sarà socialmente emarginata,
chiederà aiuto alle compagne che le dipingeranno le palpebre
di
azzurro acceso così che sembrerà la versione
arcobaleno
di Marilyn Manson e tutti i ragazzi rideranno di lei fino alla fine dei
tempi. No, devo impedire questo suicidio sociale.
< Spero per te che ricordi qualcosa perchè dovrai
aiutarmi, non c'è verso eh> Continua lei ammirando il
segmento nero uscente praticamente dal naso con crescente entusiasmo.
Preferisco di gran lunga un corso intensivo di make-up piuttosto che
un'equazione di primo grado o Dio solo sa cos'altro. Un sistema.
Cos'è un sistema?
Elementi di matematica cominciano a balzarmi in testa come visioni
spettrali.
Odio la matematica più di qualsiasi altra cosa al mondo.
E odio ricordare la matematica perchè mi ricorda la scuola.
E odio ricordare la scuola perchè.. beh, non posso dirlo.
Non lo confesserò mai.
MAI.
Corro in cucina e mi butto praticamente nel lavandino, cercando di
concentrarmi sulle stoviglie da lavare.
Prendo
il
primo piatto che capita e comincio a strofinare
energicamente con la retina.
Scuoto la testa con lo stesso vigore, digrignando quasi i denti.
Oh, che frustrazione!
Ogni volta che ci penso -cerco di farlo il meno possibile- divento
irritabile, peggio di una zitella acida come la panna andata a male.
< Zia, se strofini così un altro po' accendi il
fuoco!> Una Rachel con gli occhi striati di nero
e blu si
materializza al mio fianco, facendomi saltare come Katherine Heigl in The Ugly Truth,
nella scena del ristorante(¹). Solo che lei almeno ci godeva,
in un qualche modo.
< Dio, Rak! Ho trentadue anni, non posso morire così
presto!
Nella fattispecie non posso morire perchè mia nipote ha
deciso
di comparirmi alle spalle travestita da Samara di The Ring,
sant'Iddio!>
Rachel mi guarda accigliata.
Ve l'avevo detto che ero irritabile.
< Su, dai, prepara i compiti sul tavolo mentre vado a prendere
lo struccante.>
Quando torno di sotto, in cucina, noto che mi ha ascoltata e ora sta
ricopiando quella che mi sembra un'equazione fratta sul quaderno.
Mi avvicino al suo viso e comincio a ripulirle gli occhi, o
praticamente la fronte, inspirando ed espirando lentamente.
Lei canticchia un motivetto a me sconosciuto, poi sussulta appena:
< Ahia! Vuoi levarmela direttamente, la pelle?!>
< Scusa> Mormoro sottovoce. < Se avessi aspettato,
ti avrei
truccato io e adesso non sembreresti la versione femminile di
Gringoire>
Lei si lascia scappare una risatina, e io sorrido. Dopotutto, chi non
ha mai combinato un casino col trucco? Appunto.
< Ecco qua. Come nuova.> Butto i dischetti nel cestino e
mi siedo
accanto a lei. < Vediamo queste dannatissime equazioni.>
Lei gira qualche pagina del quaderno, poi sbuffa: < Ho sbagliato
a
copiare. E' pagina 362, non 162.. aspetta.> Prende il diario e
lo
apre al giorno di oggi.
Dio mio, come fa a capirci qualcosa in quel diario? Più che
diario, sembra una bomba pronta a esplodere, tanta la roba che ci tiene
dentro.
< E' un miracolo che sia ancora tutto intero, data la roba con
cui lo riempi. Ma che sono, foto?>
Lei si apre in un sorriso sornione e adorante, e comincia a scorrere le
pagine.
Con mio sommo
orrore.
E' un incubo.
Triliardi di foto di Johnny Depp mi si stagliano davanti agli occhi
senza che possa impedirlo. Se non fosse mia nipote prenderei
quell'oggetto diabolico e lo scaraventerei dalla finestra in un
nanosecondo.
Comincio a grattarmi il collo, in preda a un attacco improvviso di
orticaria.
< Non è semplicemente.. perfetto? No, ma che dico? E'
un figo
da paura, uno gnocco che.. mamma, che gli farei! E quella bocca..
quella bocca! Cioè, non ti viene voglia di mordere il
foglio?
Dio mio!>
Deglutisco spostando lo sguardo da un mega poster uscito da non so dove
che ritrae il figo da
paura in una posa molto.. beh, provocante, direi.
Ohhh.. macchè. Quello trasuda erotismo da ogni dove!
Cretina, cretina, cretina!
< Chi è cretina?> Rachel ha a quanto pare
ascoltato i miei
vaneggiamenti -che potevo anche tenere per me, dannazione- e ora mi
guarda sorpresa.
< Mh.. nessuno. Vediamo questi compiti, eh?> Chiudo
l'oggetto
diabolico e lo poso nell'angolo più lontano del tavolo. Poco
delicatamente. Quasi istericamente.
Da mentalmente instabile, insomma.
< Perchè sbatti il diario? Ma che hai, stai
bene?> Si
precipita a riprenderlo e a stringerlo al petto, quasi fosse la cosa
più preziosa del mondo.
Maledetta me e il giorno in cui ho acconsentito a guardare mia nipote
per mezza giornata.
< Sì, benissimo.>
Questa non se la beve nemmeno a spararle.
< Che hai contro Johnny Depp?>
< Niente. Contro di lui proprio niente.>
< E cosa, allora?! Sei bianca come un lenzuolo, rispondi a
monosillabi e stai.. tremando?>
< Non sto tremando! Ho freddo.>
Guardo sconsolata il diario straripante di foto lasciandomi scappare un
gemito. < Perchè, perchè? Che mi costava
dirgli di
sì?!> Borbotto disperata battendomi la fronte col
palmo della
mano.
< Dirgli di sì? A chi?> Mi guarda confusa
sperando in una
risposta che non arriva. Poi s'illumina d'immenso e tutto sembra
incastrarsi nella sua testa. < Tu. Conoscevi. Johnny.
Depp?!>
Domanda alzando di almeno sei ottave il tono della voce.
Beh, non saprà truccarsi, ma non manca certo d'intelletto.
Avrei
voluto avere anch'io qualcosa nel cervello alla sua età.
Ma vista l'attuale situazione, a quel tempo o c'erano si e no due
neuroni che probabilmente giocavano a tennis, oppure avevo lasciato il
cervello nella cervelliera sul comodino della nonna a Chicago.
Non credevo che mi sarei mai trovata a dover confessare quello che fino
a un quarto d'ora fa era assolutamente indicibile, e per
giunta a mia nipote.
Ma tant'è.
< Eccome se lo conoscevo. Andavamo a scuola insieme.>
Presto poca attenzione alla mascella ormai rotolante di mia nipote, e
lascio che la mia mente torni a quel funesto 24 febbraio del 1980.
< Faceva un freddo cane e c'era la Richards che interrogava.
Matematica, per l'appunto. Non avevo studiato niente.>
Ricordo, con un sorriso. < Stava scorrendo l'appello, e io
pregavo
in aramaico che non beccasse proprio me, quando qualcuno
bussò
alla porta. La porta si aprì, e ne uscì lui.
Aveva una
specie di bandana bianca in testa e un giubbotto di jeans, il tutto
completato da un'aria accigliata e decisamente strafottente. Furono
queste ultime due cose a preoccuparmi.>
< Oh, lei dev'essere il signor.. Depp, giusto? John Christopher
II. Prego, entri.>
Un ragazzo alto e moro
entra osservando la classe e si mette accanto alla cattedra. La
mia compagna di banco, Joey, mi da di gomito almeno
sessantatrè volte guardandolo con occhi sgranati e la bava
alla
bocca. O quasi.
< Beh, non ci sono banchi disponibili, ne chiederemo uno dopo.
Ora può prendere il posto dell'interrogato, che
sarà..> Abbassa di nuovo i suoi quattro occhi sul
registro, scorrendo i ventitrè nomi appartenenti a
ventitrè individui di sesso misto che in questo preciso
istante
stanno per avere un colpo apoplettico acuto.
La sottoscritta in particolar modo.
< Stuarts.>
Cazzo.
Ma perchè, perchè, perchè?! Devo
imparare meglio l'aramaico, fa che ho chiesto una cosa per
un'altra?
< Forza, Stuarts, non abbiamo tutto il giorno!>
Mi alzo grugnendo qualcosa di incomprensibile e freno l'istinto di
fracassarmi il cranio contro la lavagna. Poco educato. Sai che lavoro,
poi, per i bidelli, pulire tutto quel sangue...
< Parliamo delle funzioni. Ci spieghi cos'è una
funzione, il
dominio, codominio e via dicendo.. Mr Depp, non so a cosa è
arrivato nella precedente scuola.. avete fatto le funzioni?>
Lui risponde negativamente con un cenno della testa.
Perchè,
quello ha idea di cosa sia una scuola? Probabilmente viene da un canile.
< Bene, allora la signorina Stuarts spiegherà con
più
cura del solito così che capisca anche il nuovo arrivato.
Prego,
siamo tutti orecchi.>
Bastarda.
< Ehm.. una funzione..> Comincio, incerta, annaspando
alla
ricerca di un ricordo seppur insignificante della spiegazione di
qualche settimana fa.
< Si giri verso la classe, signorina.>
L'istinto omicida si appropria di me all'istante, e ormai ho deciso che
non m'importa più dei poveri bidelli.
Mi giro lentamente. Spero in un aiuto di Joey che almeno ha il
quaderno davanti, ma lei è troppo occupata a sbavare dietro
a sto
Christopher II, che ha lo sguardo perso in chissà
quale pensiero perverso.
Okay, concentriamoci.
Una funzione. Ricordo che c'erano due cerchi, alla lavagna, quando
spiegò.
< Dati due.. mmm.. insiemi A e B..> Biascico, tracciando
quelle che
sembrano due uova. Strapazzate, aggiungerei. Disegno dei puntini
all'interno del primo uovo, che collego coi puntini all'interno del
secondo.
Mi schiarisco la voce, cercando di guadagnare tempo.
< Perchè ha fatto quelle frecce?>
< Perchè c'è.. un.. un nesso tra..>
Balbetto, sperando di ricordare qualcosa.
< Un nesso?>
< Sì, un.. un'associazione..>
< Come no, un consorzio..!> Pigola Jimmy Powell
dall'ultimo banco, ridacchiando. Chiudo gli occhi temendo una risata
generale che non arriva, perchè sono
tutti troppo impegnati a consultare i libri pregando che la
prof non faccia domande da posto. L'unico che ride, o
meglio, sorride, è Depp.
Ticchetta la mia matita sul mio
banco con una lentezza esasperante, trattenendo malamente un ghigno
mentre mi guarda con aria arrogante.
Cioè, sto per
prendere la prima F della mia carriera scolastica e lui ride?!
Oh, DIO, quanto lo odio!
< Ma come, lo odiavi per così poco?! Che ti fregava,
era il
più figo della classe e sicuramente anche della scuola, dati
i
tempi..>
< Che hai da dire sui miei tempi?! Certo, erano tutti molto..
capelloni, e si portavano quegli orrendi jeans ascellari..
però
i ragazzi non erano male. L'unico ragazzo che mi piaceva, a quei tempi,
si chiamava Chandler.>
< Chand
che?>
< Chandler.>
< Di cognome?>
Rido. < No, di nome. Di cognome faceva Ping.> Stavolta
è
lei che ride. < Beh, sì, il nome non era proprio dei
più belli, ma era davvero carino. Aveva gli occhi di un
azzurro
sgargiante e i capelli biondo cenere. Era il capitano della squadra di
football, e mi chiese di uscire.>
< No! Quando?! Racconta!>
< Fu poche settimane prima dell'arrivo di Johnny. Un'amica della
mia
amica di quarta che stava in classe con lui gli chiese se gli piacevo e
lui probabilmente sbattè le palpebre due volte, per dire
sì. Era talmente ignorante che non sarebbe riuscito ad
azzeccare due
parole nemmeno a trapiantargli un cervello nel cranio.
Riuscì
solo a dire che alla prima uscita -andammo a prendere una cioccolata
calda che pagai io
perchè lui aveva dimenticato il portafogli a casa- l'avevamo
fatto,
e così un'abnorme quantità di ragazzi
cominciò a
prendermi in considerazione, ma smisero subito quando Chandler Ping
ricevette il suo primo calcio nelle palle, che sono sicura non ha mai
dimenticato.>
Rachel ride sputacchiando qualche pop-corn -ci siamo attrezzate, nel
frattempo- che raccoglie prontamente. < Grande zia! E quindi,
torniamo a Johnny.>
< Sì, Johnny. Quel sorriso non scomparve dalle sue
dannate
labbra nemmeno a spararlo, durante la mia pietosa interrogazione. Lo
fece solo quando la professoressa mi mandò a posto
esasperata.>
< Stuarts, non ci
siamo per niente! Ma che hai fatto ieri invece di studiare, le pippe?!
Vai a posto, ti becchi una bella effe!>
*Porca miseriaccia
ladra!* Il mio primo pensiero.
*Oh, finalmente quel troglodita ha smesso di sorridere* Il secondo.
E il terzo è.. no, non c'è un terzo,
perchè Joey
tronca il pensiero sul nascere dicendo a John -non so
nemmeno con che nome chiamarlo, va a finire che lo chiamo solo
II. Ma poi perchè mai dovrei chiamarlo?- che se vuole
può anche restare vicino a lei.
Infima traditrice.
Lui sta per rispondere, ma viene interrotto dal suono della campanella.
Mi avvicino di più al banco -il secondo della fila centrale-
e
aspetto che si alzi, lasciandomi il posto.
Lui mi guarda dall'alto in basso e solo dopo qualche secondo pare
realizzare che deve alzare il culo dalla sedia.
Alza le mani come a scusarsi. Ma ce l'ha, la lingua? Bah. Sono troppo
irritata per pensarci.
Nemmeno venti secondi dopo viene la Oliver, prof d'inglese. Insieme a
lei entra il banco per il nuovo arrivato. Lo mettono nella fila
accanto alla mia, in fondo alla classe. Girandomi di appena trenta
gradi a destra posso vederlo con la coda dell'occhio. Non male.
Sbadata com'è, la prof ci mette parecchio tempo a capire che
c'è qualcosa di
nuovo, in classe. Non vede altro che il suo adorato ventaglio, dal
quale non si separa mai. Dopotutto, con le vampate di calore che ha
ogni mezz'ora, vorrei ben vedere come farebbe altrimenti.
Questo spiega anche la sua particolare simpatia per tutti gli
esemplari di sesso maschile. Praticamente la carriera scolastica di
tale Depp è già segnata.
Almeno, per quanto riguarda l'inglese, non dovrà
preoccuparsi.
< Oh. Un nuovo alunno? Scusi, non l'avevo notato. Signor Depp,
eh? Venga, venga, ci parli un po' di lei.>
Come fa a parlare senza lingua?
Mi volto e lo vedo guardarsi intorno smarrito. Si alza di malavoglia e
ciondola verso la cattedra.
< Coraggio, l'hanno fatto tutti. Ahm.. come preferisce essere
chiamato? Noto che ha due nomi.>
< Depp non va bene?> Risponde lui rivelandoci che
sì, ha una lingua. E anche una bella voce profonda.
La Oliver si schiarisce la voce, imbarazzata. < No, io
preferisco chiamare i miei alunni per nome.>
Ma va?
< Se proprio ci tiene.. mi chiamano Johnny>
Johnny Depp. Sentirlo così cambia parecchio la visione delle
cose.
Comincia a parlare un po' di sè, sembra scegliere con
cura le frasi da dire. Il suo sguardo si posa su ogni punto della
classe, e per parecchie volte io rientro tra questi punti.
Sovrappensiero, prendo la matita e comincio a giocherellarci, e
con grande stupore noto che l'ha mordicchiata. Santa me!
Chissà se ha qualche malattia! Non so niente di lui, se
non che viene dal Kentucky e apparentemente ha cambiato dieci case
diverse. L'aspetto non m'ispira granchè fiducia, anche se
è
bello. Da guardare e basta, però.
Mollo la matita come se fosse bollente, poi la prendo con le
estremità più estreme delle dita e mi alzo per
andarla a buttare nel
cestino.
Spero non se ne sia accorto. Non vorrei sembrare maleducata o cose
così, ma.. oh, chi se ne frega.
< Caratterialmente? Siete.. ehm, ti do del tu, dai.. sei un
tipo..
non so, aperto?> Cinguetta la Oliver ormai perdutamente
innamorata di lui.
Lui ridacchia. < Mah, non saprei. Ho iniziato a fumare e ho
perso la verginità a 13 anni, e a 14 avevo già
provato ogni tipo di
droga. Sì, direi che sono aperto alle nuove
esperienze..>
Tutti ridono. Tranne me.
Johnny incrocia il mio sguardo serio e corruga appena la
fronte. < Comunque non.. non ne faccio uso, adesso>
Aggiunge,
quasi mi avesse letto nel pensiero.
Per quanto mi riguarda può fare quel che gli pare, eccetto
avvicinarsi a me.
Ho sempre avuto il difetto di classificare subito le persone secondo
certi parametri e agire di conseguenza nei loro confronti. Poche
persone sono riuscite a farmi cambiare idea su di loro.
Una piccola parte di me forse spera che lui sia una di queste. Ma
è un'insignificante parte di me. Quella che viene sempre
soppressa.
Prosegue aggiungendo un altro paio di cose, tipo che gli piace
suonare la chitarra, che i suoi sono divorziati e che ha due
sorelle e un fratello.
L'ora passa in fretta, e la campanella
suona di nuovo.
Lo vedo passarmi davanti per andare al posto, mi giro a prendere un
libro dalla borsa e quando lo poso me lo ritrovo di fronte. Ha le
braccia poggiate sul mio banco.
< Guarda che non ho la peste.> Sussurra a pochi
centimetri
dal mio viso. Mi impongo di restare ferma, o combino qualche
guaio, goffa come sono.
< Nessuno l'ha mai messo in dubbio.> Rispondo fredda,
evitando il suo sguardo.
Apro il libro, aspettando che vada via. Ma lui non accenna a muovere un
muscolo. Che vuole, che lo abbracci?
Beh, in verità tutte le altre
ragazze lo hanno fatto, ma non è questo il punto.
< Il tuo gesto mi ha alquanto offeso, sai.> Quale gesto?
Aspetto l'illuminazione, che non tarda ad arrivare. < Oh,
ti riferisci alla matita? Ah, ecco.. beh..> Mi affanno alla
ricerca di una scusa plausibile.
Aspetta, ma io non devo
scusarmi proprio di niente! Questo tipo mi confonde le idee.
< Se non l'avessi mordicchiata, magari,
non l'avrei fatto. Non è tua, e oltretutto non ti conosco
nemmeno.
Non so con quale confidenza tu l'abbia fatto.> Non troppo acida,
menomale.
Sostengo il suo sguardo, incerta, per un'eternità o poco
più. Il professore dell'ora successiva mi salva poco prima
di
cedere.
Johnny torna al suo posto senza aggiungere altro.
Oddio. Ero in apnea?
Rachel si fa aria col quaderno. < Sai, vorrei
strozzarti. Ti
conosceva da due ore e già gli piacevi! E anche a te
piaceva,
non dire di no!>
< No, non mi piaceva.>
< Se, se.>
< Davvero! Non ancora almeno. Mi irritava la sua presenza, e
finivo sempre col rispondergli male.>
< Tipico di quando ti piace una persona.>
< La vuoi sentire la storia o no?!>
< Scusa scusa! Sì, sì, narra.>
< Tutto proseguì normalmente. Qualche occhiata,
qualche
frecciatina. Fino al mese seguente. Precisamente, fu all'inizio di
aprile che cominciai a sospettare che gli piacevo>
< Merda,
merdaaaaaaaa! Mamma,
perchè non mi hai svegliataaaa?! Oggi ho il compito alle
prime
due ore!> Lancio un urlo disperato che probabilmente sveglia il
resto dell'isolato.
Corro in cucina, infilo una brioche in bocca e allo stesso tempo bevo
un sorso di caffè cercando di non affogarmi. Torno di sopra,
in
bagno, e mentre mi lavo i denti e contemporaneamente faccio
pipì
cerco di allungare il collo verso la finestra per vedere che tempo fa
oggi.
Okay, c'è la bufera.
Dopo aver fatto una corsa e aver rischiato di spiaccicarmi contro sette
o otto macchine, arrivo in classe tutta trafelata.
Quando vedo che la prof non c'è, quasi mi metto a saltare
dalla
gioia. Poi mi giro verso la classe, e vedo il mio banco vuoto.
Menomale. Almeno
farò il
compito in santa pace. Sto per posare la borsa sulla sedia vuota,
quando qualcuno mi batte sul tempo.
E quella non
è la borsa di Joey.
Prima che possa dire qualsiasi cosa, Johnny si siede e mi sorride
sfrontato.
Mi guardo intorno velocemente, magari c'è un altro banco..
no, non c'è. Bene. Benissimo. Nessun problema.
Voglio dire, mica casca il mondo se mi siedo vicino a lui? E' solo per
un giorno, dai.
Le ultime parole famose.
Tutti i professori si sono mostrati a dir poco entusiasti vedendoci
seduti vicini, fatta eccezione per la Richards, che mentre distribuiva
i compiti ha lanciato un'occhiataccia a Johnny e ha mormorato <
Ti
sei messo vicino a lei per copiare, Depp?> (poi si è
ricordata che avevo preso una F qualche tempo prima, quindi da copiare
non c'era granchè, e si è tranquillizzata) e per
la
Oliver, che ormai avrà decretato la mia morte. E da questo
è nata una discussione che si è conclusa con
l'assegnazione dei posti in classe. La maggioranza ha vinto e
indovinate un po'? Divido il mio banco con lui ormai da due settimane.
E poi si domandano perchè sono sempre isterica.
< Vedi? Lo dicono tutti che siamo una bella coppia.
Perchè
sei così ostinata?> Johnny si materializza davanti a
me
facendomi saltare.
< La smetti di perseguitarmi anche fuori dalla classe? Non ti
basta
avermi accanto cinque ore su cinque per sei giorni alla
settimana?>
Rispondo sbattendo la porta dell'armadietto. Che non si chiude. Lo
sbatto ancora più forte, ottenendo lo stesso risultato. Sto
per
provare una terza volta quando la mano di Johnny si posa sulla mia, e
accompagna gentilmente la porta che si chiude con un 'clac'.
< No, non mi basta. Anche perchè non mi degni di uno
sguardo,
in classe.> Replica lui avvicinandosi sempre di più,
la mano
che stringe ancora la mia.
Ho il cuore in gola. < Non mi pare che adesso ci stiamo baciando
o
qualcosa di simile, quindi..> Mormoro con voce instabile.
< Non dirlo con quell'aria dispiaciuta, che potrei
accontentarti>
Okay, ora sta decisamente superando la distanza di sicurezza.
Sento il suo profumo, che mi fa girare la testa.
Non guardargli la bocca. Non guardargli la bocca. No. NO.
< Johnny! Vieni, dai!> La voce lontana di Sal, il suo
migliore
amico, spezza la calda atmosfera che si era creata. Bollente, oserei
dire.
Joh piega la testa da un lato, mi sorride e in un attimo è
già lontano. Lui, le sue labbra e la sua mano calda.
Oh, no. Si è girato e ha visto che lo stavo fissando.
Merda.
***
< Vieni da me. Domani, alle quattro. Suono qualcosa coi Flame,
in garage. Mh?>
< No.>
< Dai, così fai compagnia alla tua amica>
Indica Mary, tutta presa a slinguazzare con Jimmy.
< Che premuroso. Sei sicuro che sia lei ad aver bisogno di compagnia?
Perchè ha mandato te a chiedermelo?>
< Perchè io sono più convincente. E
perchè, in fondo, verresti per me, e non per lei.>
Lo guardo incredula. Crede di vivere nella mia testa? < La tua
insolenza non ti porterà da nessuna parte> Replico,
ma lui si
sta già allontanando.
< A domani!> Grida dall'altro lato della strada, prima di
entrare in macchina.
Ovvio che non ci andrò mai.
Ma nemmeno se mi pagano.
E oltretutto devo studiare le ottanta pagine arretrate di storia che ho
trascurato negli ultimi mesi.
Il giorno dopo, Johnny arriva in ritardo e si siede accanto a me senza
fiatare.
Dovrei salutarlo? Lo guardo con la coda dell'occhio. Ha preso il libro
di scienze e sta scorrendo le pagine.
Sbaglio o c'è qualcosa che non va? E perchè non
mi parla?
< Ti aspettavo.> Ah, ecco. Finalmente. Mi stavo
preoccupando.
< Hai detto bene ieri. L'unica cosa che mi avrebbe potuto
spingere a
venire, eri tu. E come hai notato non sono venuta, ergo..>
Lui mi guarda scuotendo la testa, con un sorriso appena accennato.
Dopo qualche attimo di silenzio imbarazzante, durante il quale il
professore spiega tutto interessato come si viviseziona una rana,
Johnny parla di nuovo.
< Che vuole quel Robert Ogan?>
Come fa a saperlo? Tutto il mio disprezzo per quell'individuo viene
fuori prima che possa fermarmi: < Oh, non ne ho idea! Lo detesto
con
ogni cellula del mio corpo. E' l'ultima persona sulla terra con la
quale parlerei, anche se non sono del tutto sicura possa sostenere una
conversazione, anche elementare. E' un maiale ignorante, e vuole uscire
con me. Ma dico! Io non esco con te, bello e tenebroso, e poi uscirei
con lui?! Tzè.>
Mi ci vogliono parecchi secondi prima di realizzare quello che ho
detto. Voglio sotterrarmi. Sotterratemi. Qualcuno faccia questo piacere
all'umanità.
Non oso guardare il mio compagno di banco.
< Mi trovi bello e tenebroso?>
< No>
< L'hai detto cinque secondi fa.>
< Non ho detto che io ti trovo bello e tenebroso.
Tutte ti trovano bello e tenebroso.> Ma che ragionamento
è?
Lui ridacchia. < Dai, mi trovi un po' bello e tenebroso?>
Mi da
di gomito. Come si fa a dare di gomito in un modo così sexy
devo
ancora capirlo.
Oddio, staccatemi la spina, che quì si degenera!
< Mmhh..> Una sorta di lamento pietoso. < Ma non
stavamo
parlando di Robert?> Una sorta di tentativo di deviare la
conversazione, anch'esso pietoso.
< Devo prenderlo come un sì?>
< No.>
< Devo prenderlo come un no?>
La campanella. Santa protettrice di Evelyn Stuarts.
Chi c'è ora?
Ah, educazione fisica. E se giocassi contro Johnny e gli tirassi
casualmente una pallonata in testa?
< Ragazzi, oggi la palestra non è disponibile. Visto
che
è una bella giornata, andiamo in cortile.> Come non
detto.
Come al solito, si formano i due gruppi. Ragazze di qua, maschietti di
la. Tranne per i fidanzati, che stanno in un gruppo loro.
Le ragazze si danno alla loro attività preferita:
cofecchiare. O cincischiare. O pettegolare. E' uguale.
Anche questa volta sono oggetto di gossip, come d'altronde sta
accadendo da tre mesi a questa parte.
< Ma allora che fai, Eve, ci esci con Bob?> Chiede Betty,
destando l'interesse del gruppo.
< Se lo chiami Bob lo fai sembrare ancora più
ripugnante> Replico io, disgustata.
< Ma dai, è carino! Che ti costa, ci esci, fai
ingelosire un po' Johnny..>
< Non c'è bisogno che esca con quel cerebroleso per
far ingelosire Johnny>
< Sì, ma non ti ha ancora chiesto di uscire
però!>
< Ma chi ci vuole uscire oh?! Usciteci voi con questi e
lasciatemi in pace!>
Tra i < ma questa non ci sta con la testa?>, i <
eh, magari
potessi uscirci io!>, e i < non fare la sostenuta che
tanto lo
sappiamo che ti piace!> si leva un < oddio, Robert! Sta
venendo
quì!>
Biascico un < nascondetemi!> sistemandomi tra Johanna e
Mary. < Ti ha vista, Eve> Sussurra a denti stretti Joey.
Oh no, no, no!
< Salve signore! Dov'è la mia dolce Evelyn?>
Sua? Dolce?!
Betty la bastarda mi indica, e le due che mi coprivano si spostano. Mi
giro lentamente, fingendo di cadere dalle nuvole. < Oh,
ciao.>
< Ciao bellezza.> Bleah, sto per vomitare.
< Posso rubarti un momento? Ragazze, posso?> No che non
può! No, leva quella zampa dal mio braccio!
Non so come ci troviamo accanto alle scale, dove sono seduti i ragazzi.
Indietreggio fino a trovarmi con le spalle al muro. Oh, merda.
< Allora? Cos'è che vogliamo combinare, io e
te?> Dice
mieloso Robert, investendomi con l'alito che puzza di fumo e di alcool.
< Niente. Non dobbiamo combinare niente, Robert. Ora, se non ti
dispiace..> Cerco di liberarmi dalla sua presa premendo la mano
contro il suo petto.
Ora vomito. Sicuro.
< Sì, mi dispiace.> Robert afferra il mio viso
con la mano
destra e lo spinge contro il muro, mentre con l'altra mi blocca il
braccio. Si è messo in una posizione tale che non riesco
nemmeno
a muovere le gambe. E' fatta. Ora mi bacia.
No, vi prego. Aiuto!
< Rob?> Qualcuno lo chiama, e lui si gira appena. Accade
tutto in
pochi secondi. Robert accasciato a terra col naso sanguinante e il
labbro gonfio. Davanti a me, Johnny, che si guarda la mano rossa con
una smorfia di dolore.
< Stai bene?> Mi domanda scrutandomi. Non riesco a
rispondere. Un
attimo prima ero.. e ora.. < Sei pallida> Continua lui,
posandomi
una mano sul viso.
< Che sta succedendo quì?!> Tuona il
professore, facendosi
spazio tra i ragazzi disposti a cerchio attorno a Robert. < Chi
è stato?!>
Johnny mi accarezza delicatamente la guancia, poi mi lascia e segue il
professore dal preside.
Il giorno dopo non c'era.
E quello dopo nemmeno. Sospeso, per una settimana.
***
Bene. Non chiedetemi perchè sono quì.
Nè
perchè ci sono venuta da sola. Al massimo potete chiedere
perchè non riesco a trovare la casa, maledizione!
Sento della musica provenire da una villetta poco lontana. Qualche voce
che urla qualcosa. Uhm, sarà lì.
Mi avvicino circospetta al garage, affacciandomi un po' alla volta. Il
primo viso che vedo è quello di Sal, che mi riconosce subito.
< Ehi Joh, abbiamo visite..>
Johnny alza lo sguardo e mi vede. Sembra interdetto. Mi aspettavo un
sorriso, un saluto, qualcosa.. quello che ottengo è un
< vuoi
restare lì fuori?>
Io non lo capisco. Non lo capirò mai. Forse dovrei fare
dietrofront e dimenticare di essere stata quì. Ma le gambe
si
muovono da sole, portandomi a mezzo metro da lui. La prima cosa che
noto è la mano fasciata, che mi fa ricordare il motivo per
cui
sono venuta.
< Ehm.. io.. volevo ringraziarti. Non ti ho visto più
e quindi..> Lascio cadere la frase.
< Figurati. E' stato un piacere. Stava simpatico a te quanto a
me..> Annuisco lentamente, infilando le mani in tasca.
I ragazzi ci osservano silenziosi, Johnny non stacca gli occhi dalla
sua chitarra.
Mi guardo intorno. Non so che altro fare. Il garage è pieno
di
poster di cantanti più o meno famosi, foto del gruppo e di
ragazze seminude, e strumenti musicali. C'è un piccolo
frigorifero in un angolo, accanto a un tavolino con sopra una radio e
dei fogli.
Un ragazzo biondo che non conosco si schiarisce la voce. <
Ragazzi,
io devo andare, continuiamo domani..> Gli altri sembrano
rinsavire e
si accodano.
Sembra che vogliano lasciarci soli.
Quando se ne sono andati tutti, Johnny posa la sua chitarra con cura su
un ripiano, e mi offre da bere. Rifiuto con gentilezza.
< In effetti c'è solo birra, quì.. vieni,
facciamo due
passi> Lo osservo mentre chiude il garage e mette le chiavi
sotto il
tappeto fuori casa.
Parliamo poco, durante il tragitto. Tragitto, poi. Non so dove stiamo
andando, nè se stiamo andando in un luogo preciso.
Vorrei dire qualcosa, ma davvero non so cosa. Mi sto scervellando.
< Ti fanno venire alla gita?> Chiedo, illuminata.
Dobbiamo
partire lunedì, tra due giorni, quando termina la
sospensione,
in effetti.
< Non ne hanno parlato, ma non credo> Replica lui, e io
mi sento morire. Sospiro, improvvisamente triste.
Sono lunatica all'inverosimile, si era notato?
< Ti dispiace?> Sapevo che me l'avrebbe chiesto. Ci avrei
scommesso la testa.
Sorrido. < Se ti dico di sì prometti di non esultare
troppo?>
Lui scoppia a ridere. < Dopo avermi detto che mi trovi tenebroso
e sexy non mi sorprendo più per così poco>
< Bello e tenebroso, non tenebroso e sexy> Lo correggo
senza pensarci.
< Aha! Fregata!>
< Nooo!> Nascondo il viso tra le mani, e mi unisco alla
sua risata.
Non mi accorgo che si è fermato, ma lui mi prende la mano e
mi
blocca, attirandomi a sè prima che possa fare un altro passo.
Stiamo ancora ridendo, poi lui si fa serio. Non riesco a guardarlo
negli occhi per più di un secondo, siamo troppo vicini.
Mi sposta un ciuffo ribelle sistemandolo dietro l'orecchio. <
I'm really trying not
to kiss you.> Dice in un soffio, facendomi fermare il cuore.
Alzo lo sguardo, stupita, e le cose sembrano sfuggire al mio controllo,
come se ormai la mente non avesse più potere sul
corpo.
Mi basta avvicinarmi a lui di pochi millimetri che la sua bocca
è già sulla mia.
Sento i battiti forti e irregolari del cuore nelle orecchie, mentre mi
allontano un po' per realizzare l'accaduto. Johnny mi sfiora la guancia
con la mano, e il contatto con la fasciatura ruvida mi fa rabbrividire
appena. E' in questo istante che mi bacia di nuovo, inaspettatamente.
Sento il suo respiro entrare a tradimento nella mia bocca socchiusa e
quasi mi meraviglio di come possa essere fresco e quasi dolce.
Nello stesso momento in cui le mani di Johnny corrono a stringermi la
vita, la sua lingua trova la mia, facendomi letteralmente drizzare ogni
pelo del corpo.
Potrebbe venire un terremoto da un momento all'altro e io non me ne
accorgerei nemmeno. Sono consapevole solo del terremoto di emozioni che
mi sta provocando tutto questo.
Poi, una goccia fredda mi sfiora uno zigomo, e quasi istintivamente
interrompo il bacio spostandomi. Entrambi alziamo il viso e guardiamo,
con gli occhi socchiusi, la pioggia che ha deciso di cadere proprio in
questo momento.
Johnny mi prende il braccio e indica la strada da cui siamo venuti.
< Vieni, andiamo a casa>
Io indietreggio scuotendo la testa, e mi libero dalla sua presa. Ci
siamo spinti troppo oltre e non era questo il motivo per cui sono
venuta da lui.
< Abito a pochi isolati da quì, non.. non
preoccuparti.>
Indico la direzione opposta cercando di coprirmi il viso con le
braccia.
Lui annuisce e mi attira a sè ancora una volta, premendo le
labbra sulle mie, prima di lasciarmi andare.
Comincio a correre verso casa, scossa e confusa come non mai, con un
miliardo di pensieri per la testa.
Speriamo solo che mamma non faccia storie, almeno.
***
Okay. Non dire a nessuno che hai baciato Johnny Depp. Zitta.
Zitta.
Prendo posto nel pullman accanto a Joey. Do uno sguardo veloce ai posti
in fondo, dove dovrebbe stare Johnny. Dovrebbe, appunto, ma non
c'è.
Non l'ho visto per una settimana, poi l'ho baciato, e ora non lo
vedrò per altri tre giorni.
Che tristezza.
< Perchè quel muso?> Chiede Joey corrugando la
fronte. Eh, sapessi.
Mi stampo un sorriso da paresi facciale per non destare sospetti.
< Niente, niente.>
Lei alza un sopracciglio -scema non è di sicuro- e mormora
un
< Bah> sottovoce. Spero solo che Johnny non abbia detto a
nessuno
del bacio.
Sarebbe la mia fine, di sicuro. La Oliver mi spella viva. Per non
parlare della miriade di ragazze che sbavano per lui.
E Robert morirebbe di crepacuore.
A proposito. Chissà come sta. < Robert è
vivo?>
< Sì. Viene anche la sua classe in gita. Faranno bene
a
metterci in due alberghi diversi, altrimenti si scatena il putiferio.
Per colpa tua, ora le nostre classi si odiano. E Robert non vede l'ora
di restituire il pugno a Johnny, pare.>
< Ma Johnny non viene> Replico come se fosse ovvio.
< Ne sei sicura?> Indica la porta del pullman, dove
è
comparso dal nulla l'oggetto delle mie fant.. ehm, della nostra
discussione.
Un'ondata di sollievo mi attraversa il corpo e mi appoggio rincuorata
allo schienale. Sospiro.
Johnny attraversa il corridoio guardando uno per uno i ragazzi seduti,
fino a che non incontra il mio sguardo, e sorride con gli occhi.
Mi sciolgo.
No, ma che mi succede?! Reprimo l'istinto di schiaffeggiarmi da sola.
Non devo perdere la testa per quello. E' un tocco di gnoc.. no, un poco
di buono, volevo dire.
In gita succederà chissà quale casino e io vado a
cuocermi del responsabile? No, no, e no.
Autocontrollo e determinazione, Eve.
Durante il viaggio mi impongo di pensare ad altro. Metto le cuffie del
lettore cd e sparo i Bee Gees a palla. Appunto. Devo cercare di stayin'
alive.
Difficile.
Uhm. Quasi quasi mi addormento. Stanotte non ho chiuso occhio, quindi...
- Due ore dopo -
< Eve svegliati, siamo arrivati!> Joey mi da uno
schiaffetto
sulla gamba. Socchiudo gli occhi e vedo il panorama moderno e latino di
Miami.
Dopo un lungo sbadiglio e una stiracchiata come si deve, riassumo il
pieno controllo delle facoltà mentali e riesco a sedermi
civilmente.
Il pullman si ferma proprio davanti al nostro albergo, e i ragazzi
cominciano ad alzarsi, stanchi ma contenti.
Arrivati nella hall c'è chi sbadiglia, chi si siede, chi
prende
un caffè, e chi, come me, cerca di evitare il più
possibile qualcuno.
Il professore Ryan sta chiedendo le chiavi delle camere alla
signorina della reception. All'improvviso sento che sbuffa, mentre la
ragazza si scusa balbettando sotto gli occhi del vicedirettore.
< Ragazzi, a quanto pare si è verificato un errore
durante la prenotazione.
Le camere sono tutte di quattro persone, eccetto una, che è
singola. Qualcuno dovrà restare da solo.>
Non me lo faccio ripetere due volte.
Alzo la mano sbracciandomi come un'ossessa. Oh, il mio paradiso: niente
pettegolezzi, niente ragazzi che entrano in camera, pace e
tranquillità.
< Posso averla io? Vi prego!> Joey mi guarda sconvolta
insieme a Betty e Johanna.
< Oh. Allora abbiamo risolto i nostri problemi. Ecco,
Stuarts.> Il professore mi porge la chiave della stanza.
Sto per intonare il coro dell'alleluja, quando una voce alle mie spalle
mi fa infartare. Sempre lui.
< Buongiorno, comunque>
< Devi smetterla di comparirmi alle spalle, rischio un infarto
ogni
volta!> Farfuglio a denti stretti spingendolo in un angolo,
lontano da occhi indiscreti.
< Buongiorno.> Aggiungo,
imbronciata.
< Immagino che darti un bacio sarebbe inopportuno> Il cuore sta cominciando la
solita galoppata, tipica di ogni volta che mi guarda con quegli occhi..
Cerco con tutte le mie forze di
trattenermi dal sorridere. < Immagini bene.>
Lui alza una mano come a volermi accarezzare o qualcosa del genere, ma
io lo fermo dandogli uno schiaffetto.
< Che c'è? Ti da fastidio?> Chiede apprensivo.
< Mi da fastidio averti baciato, ecco cosa mi da
fastidio.> Lui sorride scaltro.
< Spero cambierai idea> Ribatte, strappandomi una carezza
veloce. Poi si allontana e va dai suoi compagni di stanza.
Io spero che nessuno abbia visto, invece! Oh, questa gita
sarà tremenda. Me lo sento.
***
Okay. Devo ricredermi. Il cibo è buono, la città
meravigliosa, la compagnia non male. E il fatto di stare da sola
è la parte migliore.
Siamo appena tornati da Key West, una città delle Florida
Keys.
Mio Dio, mai vista una città così bella. Siamo
andati in
barca, abbiamo visitato la casa di Hemingway, visto il tramonto a
Mallory Square, e la barriera corallina all'Eco Discovery Center.
Tutto molto romantico, sotto un certo punto di vista. Specialmente il
tramonto. C'erano decine e decine di coppiette, più quelle
della
nostra classe e della classe di Robert. E c'eravamo io e Johnny a pochi
metri di distanza, divisi da musicisti e giocolieri che intrattenevano
i turisti.
Certo, non che mi aspettassi che corresse da me e mi abbracciasse
mentre guardavamo il sole calare, dopotutto ieri sono stata fredda come
il polo nord, nella hall.
E comunque non m'importa.
Mentre sto infilando il pantaloncino del pigiama -l'ho comprato
apposta, un pigiamino striminzito di seta beige, sapendo di dover stare
in stanza con quelle oche, quando invece sto da sola- qualcuno bussa
alla porta.
Mi do una controllatina veloce allo specchio: presentabile. Riavvio al
volo i capelli e apro. Davanti a me, il professor Ryan e Johnny.
Aggrotto le sopracciglia sorpresa. Che è successo? Mi
meraviglia
la presenza di Joh, ma quella del prof mi sta inquietando parecchio.
< Stuarts, lo so che volevi stare da sola e tutto il
resto..> Incalza quest'ultimo, passandosi una mano sulla fronte.
Un < NO > gigante compare nella mia testa quando capisco
dove
vuole andare a parare. No, vi scongiuro. Tutto, ma non questo.
< ..ma questi quattro disgraziati dei tuoi compagni stavano per
mettersi a fumare come i turchi, e ho dovuto dividerli. Lo so, lo so.
Mi vorresti uccidere.>
Oh, che perspicace.
< Ti "affido" Johnny perchè è il tuo
compagno di
banco. Immagino tu abbia più affinità con lui che
con
Jimmy Powell, no?>
Grugnisco una specie di risposta affermativa.
< Bene. Mi fido di te, Stuarts. So che non succederà
niente.>
Mi verrebbe da ridere, se fosse una barzelletta. Ma è tutto
vero. Il professore è andato nella sua stanza e Johnny mi
guarda
con un'aria strana.
Appoggio la tempia allo stipite della porta, sbuffando appena. Non so
che dire.
Joh si passa una mano tra i capelli, sembra imbarazzato. < Mi
dispiace> Dice, con una smorfia.
Mi sposto per farlo entrare, poi chiudo la porta.
Piccolo problema tecnico: il letto è uno.
Non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello l'ipotesi di farlo
dormire con me. Cioè, ma nemmeno se il pavimento fosse
coperto
di anaconde.
Bleah, che schifo. Come mi sono venute in mente le anaconde?
< Ehm..> Johnny si guarda intorno e alza quello che forse
è il suo pigiama.
< Il bagno sta lì> Lo indico con un cenno
della testa, poi mi siedo sul letto.
Dio, ti prego, fa che il suo pigiama non consista in un paio di boxer
striminziti o io non rispondo più di me.
In effetti, fa parecchio caldo in questa stanza. In bretelline e
calzoncini si sta bene, però. Mi sistemo assicurandomi che
non
ci siano eventuali nudità nelle parti alte.
Oddio, non porto il reggiseno.
Arrossisco da sola, incrociando istintivamente le braccia al petto. Il
problema è che è ridicolo questo pigiama col
reggiseno
sotto, perchè si vede. E magari far vedere il reggiseno di
pizzo
non è proprio un'ottima idea.
Maledizione.
Johnny esce dal bagno e io lo guardo con tanto d'occhi. Addosso ha una
maglietta bianca aderentissima e un paio di pantaloni tipo tuta. Non ha
caldo? Io sto andando in ebollizione. Ora so come si sente la Oliver
quando ha le sue vampate.
Ma.. da dove sono sbucati tutti quei muscoli? Figlio mio, togliti
più spesso la giacca e mostraci i bicipiti!
Cavolo, ma che sto pensando?! Sposto lo sguardo dal bicipite e lo poso
su.. no, non sul cavallo dei pantaloni!
Merda.
Sposto le coperte e mi ci infilo sotto per coprire le guance viola.
Dopo qualche secondo tiro fuori la testa, e lo vedo ancora
lì, in piedi, che mi guarda sorridendo.
< Che c'è?>
< Niente. Sei carina in pigiama.>
Sbatabam.
Ecco che il muro di determinazione eretto da Evelyn Stuarts crolla come
un castello di carte francesi.
Spero non abbia notato l'assenza di reggiseno.
Ecco che tendo di nuovo al rosso semaforo. Oh, non ne uscirò
viva stanotte.
< Ehm, grazie. Tu.. immagino che.. dovrai dormire.. per terra.
Ci dovrebbe essere qualche coperta nell'armadio.>
Lui fa una smorfia di disgusto guardando la moquette sudicia. Poi
guarda il letto.
< No.> Rispondo alla sua domanda silenziosa. Lui si
avvicina e
tira fuori il labbro inferiore assumendo un'espressione talmente tenera
che non si addice proprio all'aria da duro che normalmente ha.
< Dai. E' un crimine costringermi a dormire per terra. Se fosse
una tua amica non lo faresti.>
< Certo che no. Ma tu non sei una mia amica.>
< Ma non sono nemmeno Robert Ogan.> Giustamente. E' come
dire "non ti faccio schifo, scema".
Sbuffo. La sto tirando per le lunghe ma in realtà lo sanno
tutti che non avrebbe mai dormito per terra.
< E sia. Ma starai il più lontano possibile da me,
sia chiaro.>
< Ci proverò> Fa lui, infilandosi sotto le
coperte.
Non che sia fattibile, in un misero lettino a una piazza e mezzo.
< Chiudi la finestra> Bisbiglio, girandomi sul fianco
destro.
< Mmm.. no>
Mi giro. < Come no? Muoviti, o stanotte ci congeliamo!>
< Vorrà dire che ci riscalderemo a modo
nostro> Dice
avvicinandosi. Posa una mano sul mio fianco, le nostre gambe
già
si sfiorano.
Non riesco a trovare la forza per togliere la sua mano da
lì. O meglio, la forza ce l'ho, ma la voglia no.
Sono gli ormoni che parlano. Hanno preso il sopravvento.
Brividi, farfalle e Dio solo sa cos'altro mi attraversano tutta quando
comincia ad accarezzami la schiena. Sotto il pigiama.
Chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare dal turbine di sensazioni
sconosciute. In un attimo ci troviamo praticamente avvinghiati l'uno
all'altra, io con la gamba all'altezza del suo bacino e lui con la mano
sulla mia coscia, che sale sempre di più.
Sono in iperventilazione. E stiamo per oltrepassare un punto oltre il
quale non sarò più in grado di fermarmi. E di
fermarlo.
Cerco di allontanarmi ma lui, non so come, riesce a bloccarmi e si gira
finendo per mettersi sopra di me.
Oh, merda.
Cioè, a parte il fatto che è la prima volta.. ma
non posso proprio. Non posso farlo. Con lui, poi. No.
< Joh..> Sussurro con voce rauca mentre provo a non
pensare al
fatto che la sua bocca si trova sul mio collo e le sue mani sono..
ovunque.
Forza e coraggio, Eve.
< Johnny. Non..> Come inizio a parlare, lui si sposta e
si mette
al mio fianco, senza smettere di guardarmi. Le sue dita ora sono sul
mio viso, lo sfiorano dolcemente. Sorride. < Scusa. Hai ragione,
me
l'avevi detto. Se vuoi dormo per terra, se credi che..>
Gli poso l'indice sulle labbra perfette. < Abbracciami.>
Lui non se lo fa ripetere due volte. Mi sistemo sul suo petto e mi
lascio stringere dalle sue braccia forti.
Il battito del suo cuore scandisce il tempo, e non ne passa molto prima
che mi addormenti.
***
Mmm.. è la prima volta che dormo con un ragazzo, e
già mi
piace. Dimenticato il fatto che stavo quasi per fare sesso con
lui, il resto è stato solo coccole e carezze.
Chissà se è sveglio.
Devo ancora collegare il cervello perchè di fatto, se mi sta
facendo i grattini sulla schiena evidentemente è sveglio.
Un brivido improvviso mi attraversa dalla testa ai piedi e d'istinto mi
accoccolo di più contro di lui, poi sento una specie di..
cosa..
dura.. premermi all'altezza del bacino.
< Oddio ma che
èèèè?!> Urlo
allontanandomi e sperando che non sia quello che sto pensando.
Johnny ridacchia e fa spallucce: < Il Principe Albert sta
così la mattina>
A sentirlo chiamare così vorrei ridere, ma non posso. E' la
prima volta che ho un contatto così.. ravvicinato con.. beh,
insomma. Non devo continuare, no?
Povera me, che imbarazzo. Io senza reggiseno e lui col Principe
sull'attenti.
Andiamo bene di nulla.
< Dai, vieni quì> Apre le braccia mentre mi
guarda con lo sguardo più arrapante del pianeta.
Poi, come un getto d'acqua fredda sulla testa bollente, prendo atto del
fatto che è mattina e probabilmente devo avere un aspetto
ributtante.
Corro in bagno e quasi caccio un urlo di gioia vedendo che di
ributtante ho solo i capelli, che sono un po' disordinati.
Lui invece pare aver passato la notte in una beauty farm ed
è bello come sempre.
Dopo essermi lavata e vestita mi decido a uscire e ad affrontare di
nuovo la visione di quel dio in pigiama.
Almeno credevo fosse in pigiama.
Johnny è in piedi davanti alla finestra senza maglia. I
pantaloni della tuta sono calati appena sui fianchi e lasciano
intravedere i boxer neri.
Santa me. Provo a deglutire constatando che non ho più
salivazione. Okay, magari esco e faccio finta di niente e gli dico che
il bagno è libero girata di spalle.
< Ehi. Buongiorno, raggio di sole.> Troppo tardi. Mi ha
visto e ora sta venendo verso di me. Seminudo.
Do una controllatina veloce al Principe Albert, che sembra essersi
assopito almeno un po'.
< Buongiorno, Adone>
No. Ditemi che non l'ho detto.
Johnny ride e mi coglie alla sprovvista prendendomi e facendomi fare un
casquet; io lancio un gridolino di sorpresa e istintivamente getto la
testa all'indietro così che lui si appropria del mio collo e
vi
porge due baci e un piccolo morso.
In quella, la porta della stanza si apre e sbucano Joey, Betty e
Johanna. Le mie mancate coinquiline.
Johnny mi riporta in posizione verticale e va a nascondersi in bagno.
Ne esce tre secondi dopo per andare a prendere i vestiti che sono sul
letto.
Guardo le tre dell'Ave Maria che hanno visto la scena e hanno
letteralmente la bocca spalancata.
Lo spigolo di muro alla mia destra sembra proprio invitante. Magari, se
ci dessi un paio di testate...
MALEDIZIONEPERCHÈTUTTEAME?!
L'unica cosa che riesco a dire, sono le classiche quattro parole che si
dicono in momenti come questo.
< Non è come sembra.>
< Fu un trauma fare colazione e sentirsi
quarantasei occhi
addosso. E la voce si sparse subito, anche nelle altre classi.
Ovviamente a quel punto la cosa era stata travisata talmente che
secondo loro avevo fatto sesso selvaggio con Johnny ed avevo pure
abortito tre volte. L'ignoranza della gente non ha mai fine. Nessuno
sembrava accorgersi però del fatto che io e Joh non
parlavamo
per niente e ci evitavamo il più possibile. Durante quel
penultimo giorno di gita riuscì solo a dirmi che gli
dispiaceva,
e che era colpa sua se ora mi trovavo in questa situazione. Quella sera
successe il casino che aveva previsto Joey: eravamo usciti a mangiare
qualcosa, i professori stavano per conto loro e Robert
cominciò
a insultare Johnny con tutti gli appellativi possibili. Quelli del suo
gruppo già si stavano sfregando le mani pronti alla rissa,
ma
lui sembrava voler ignorare quell'essere ignobile. Lo fece fino a
quando non tirò in ballo me.>
< Che
c'è? Ora che ti sei fatto quella troietta non hai
più interesse a prendermi a pugni?>
Joey si porta una mano alla bocca prevedendo il peggio. Prego
silenziosamente Johnny di lasciarlo perdere. Ti prego guardami,
guardami!
Ma non c'è più tempo.
Johnny si gira e lo colpisce con tanta violenza in faccia che credo gli
abbia rotto la mandibola. Caccio un urlo, inorridita, mentre lo imploro
di fermarsi.
Nel momento in cui finalmente si gira e mi vede, Robert si rialza
infermo e gli da un pugno nello stomaco, facendolo accasciare a terra.
Lo colpisce in testa, e poi sul viso.
Lacrime silenziose mi rigano le guance mentre vedo Johnny sputare
sangue e rialzarsi. Joey cerca di trattenermi ma non ci riesce. Corro
da lui prima che possano picchiarsi ancora, e chiedo aiuto a Jimmy e a
Brian che capiscono le mie intenzioni e separano i due.
< Torniamo in albergo prima che si accorgano di questo
casino!> Dico mentre cerco tremante un fazzoletto nella tasca.
Non so per quale grazia divina riusciamo a rientrare senza farci
vedere, o meglio, senza far vedere Johnny in questo stato. Lo porto in
camera e chiudo la porta a chiave.
< Resta quì> Gli dico quasi inutilmente
lasciandolo sul
letto. Scendo il più velocemente possibile e chiedo
del
ghiaccio e qualcosa per medicare una ferita.
< Ti prego, non dire niente ai professori.> Supplico il
ragazzo
della reception che dopo un attimo di esitazione mi dice di non
preoccuparmi.
Una volta in camera, mi prende un colpo quando non vedo Johnny sul
letto.
< Johnny!> Urlo in preda al panico, poi sento il rumore
dell'acqua e mi precipito in bagno, dove lo vedo sciacquarsi il viso
sanguinolento. Una volta ripulito per bene lo faccio sistemare sul
letto, precisamente sulle mie gambe. Rispetto a Robert che
avrà
praticamente la mandibola lussata, Johnny ha un occhio viola e una
ferita sullo zigomo, oltre a un livido enorme all'altezza dello stomaco.
Ho messo del ghiaccio tra la sua testa e la mia gamba -che è
quasi congelata, infatti- e sto imbevendo una garza con l'acqua
ossigenata.
Chiudo la boccetta e avvicino la garza allo zigomo. Quando lo tocco lui
stringe gli occhi, e mi si chiude lo stomaco solo a pensare al dolore e
al bruciore.
Grazie a Dio non è niente di grave, o mi sarei pure dovuta
improvvisare sarta.
Okay, magari non è tempo di fare dello humour.
Sospiro a bocca chiusa, mentre lui mi guarda senza dire nulla.
Se non avessi fatto qualcosa chissà dove staremmo ora.
Probabilmente si sarebbero uccisi a vicenda, questi due. E per cosa?
Per me?!
Io odio le risse.
< Devi smetterla dannazione!> Sbotto rabbiosa. Questo
comportamento gli farà solo male, non capisco
perchè si
ostina a voler prendere a pugni tutti quando poi sotto sotto
è
dolce e gentile. O almeno lo è con me. Ma potrebbe benissimo
esserlo d'abitudine.
Lui non risponde.
< Vedi, è per questo che..> Mi interrompo. Non
serve a niente parlare. Non posso certo aspettarmi che cambi.
< E' per questo cosa? E' per questo che non puoi stare con
me?> Johnny si alza di scatto guardandomi torvo.
< Cosa vuoi che faccia? Stare con te e guardare mentre
ti
azzuffi con mezzo mondo e fare finta che non sia successo niente? Non
potrei mai!>
Lo guardo scioccata prendere la sua roba e andare verso la porta.
< Hai ragione, mi dispiace> Il rumore della porta che
sbatte mi
fa sussultare. E riecco le lacrime che imperlano le ciglia e poi
rotolano giù, segnando la fine di qualcosa che forse non
è mai iniziato.
< A
quella rissa ne
seguirono altre. Fu un miracolo che non lo espulsero dalla scuola.
Durante il mese o poco più che mancava alla fine dell'anno
non
ci rivolgemmo la parola nemmeno casualmente. Poi un giorno si
presentò sotto casa, di notte, a un'ora improbabile.
Ringraziando il cielo i miei non se ne accorsero. Scesi tutta assonnata
e anche un po' infastidita dal fatto che tra tanti momenti avesse
scelto proprio quello per parlarmi. Mi disse che aveva due inviti per
il ballo della scuola, a cui normalmente partecipavano solo quelli
dell'ultimo anno. Dovevo scegliere in pochi secondi, alle tre di notte
e per giunta in pigiama. Gli dissi di no, per le ragioni che conosceva.
Ero troppo razionale e lui troppo sbandato, seppure fosse sexy da
morire(²). Un paio di giorni dopo seppi da non so chi che era
andato via
di
casa, e che non sarebbe più tornato a scuola. E poi la
storia
prosegue con quello che sicuramente saprai anche tu. Il telefilm, le
piccole parti e poi.. Johnny Depp la star planetaria. Johnny Depp
l'uomo meraviglioso. E io, povera fessa che l'ho perso
così.>
Rachel mi guarda boccheggiante come una triglia.
< Ma..> E' tutto quello che dice, e in effetti non
è che
ci sarebbe da aggiungere altro. E' già abbastanza umiliante
così.
< Perchè non hai mai provato a contattarlo?>
Mi chiede, dispiaciuta.
< Perchè lui mi avrà disconosciuta nel
momento
in cui gli dissi di no, ecco perchè. E perchè nel
frattempo si è sposato ed è stato fidanzato con
almeno tre
attrici e una top model.>
< Ma tu sei più bella di Kate Moss!>
Silenzio.
< Comunque, se non lo vuoi.. io sono disponibile eh.>
Prosegue, con nonchalance.
Dalle mie labbra esce una risatina finta, che si trasforma in
un'occhiataccia. Mica può pensare una cosa del genere?!
< Sto scherzando ziaaaa! Oddio, dovevi vedere la tua faccia. No,
tu dovresti rivederlo.>
Scuoto la testa lentamente. < Chissà dove abita
adesso..>
< A Los Angeles.>
Per poco non mi affogo con la mia stessa saliva.
Abita quì?!
< Sei sicura?!> Domando, cercando di rendere il meno
possibile evidente la mia apprensione.
< Per quanto ne so sì.. non so esattamente dove, sta
quì da poco.. e io non l'ho ancora visto. Argh!>
Le accarezzo i capelli. < Da qualche parte dovrà pur
essere. Tu tieni sempre gli occhi aperti, non si sa mai.>
< Minimo. Ma se lo incontrassi devo dirgli che sono tua nipote?
Pensi che avrei una chance in più per questo? No,
eh?>
La guardo inespressiva.
Lei comincia a ridere. < Daiiii, che scherzo! Allora? Se per
caso
qualcuno lassù mi fa la grazia, glielo dico o no?>
< No. No, assolutamente. Che figura.> Mi copro il viso
con le mani,
avvampando solo all'idea. Sono piuttosto convinta, in effetti, che se
lo incontrassi lo supplicherei in turco di darmi una seconda chance. Se
riuscissi a parlare, ovviamente. L'ipotesi più probabile
è che mi parte un embolo e muoio sul colpo.
< Uhm. Okay. Vado a vedere The
Real World. Grazie per la storia. Sconcertante, ma mi ha
sicuramente cambiato la giornata!> Mi da un bacio e corre in
salotto.
Eh sì, ci credo che è sconcertante.
Mah. Magari l'averlo raccontato può farmi bene. Mi sono
liberata
di questo grande peso, e ora posso anche aprirmi a nuove relazioni
sociali.
Guardo l'orologio.
< Rak, hai mezz'ora al massimo, chè poi devi andare a
danza!>
< Sìììì!>
Urla lei dal divano.
Come non detto. Stiamo facendo le corse.
< Ma ti dico che non fa niente se arrivo più tardi!
L'altra
volta sono arrivata in ritardo di venti minuti e non mi hanno detto
nulla!>
Sbuffo.
< Allora dici che ce la faccio a prendere un caffè al
volo?>
< Sì che ce la fai.>
< Uhm. D'accordo.>
Cambio direzione e comincio a camminare a passo svelto diretta allo
Starbucks più vicino. Che è a tre isolati da
quì.
< Ti aspetto qui, io.> Rachel indica una
panchina poco distante da un parco.
< Okay.> L'urgente bisogno di caffè offusca
per qualche
minuto le mie facoltà mentali. Il tempo di percorrere il
primo
isolato.
Ma che sto facendo, la lascio lì da sola?!
Torno indietro di corsa, sperando che non sia successo niente. Svolto a
destra e vedo un uomo in piedi accanto a lei. Non ho idea di chi sia,
è di spalle. Nessuno di familiare, comunque.
Stanno andando verso il parco! Oddio, oddio, lo sapevo.
Stava per succederle qualcosa e io pensavo al mio caffè! Ma
che ho in testa?!
Eppure credevo di aver recuperato il cervello dalla cervelliera della
nonna, che diamine!
Mi avvicino veloce ma cauta, cercando di capire che intenzioni hanno
questo tizio e la sua giacca di pelle.
< Mi scusi, chi è lei?> Dico fredda come il
ghiaccio affiancandolo.
Lui si gira, e sento l'embolo fare il conto alla rovescia prima di
partire.
Sbatto le palpebre circa trentasei volte. Se qualcuno può
alzarmi la parte inferiore della mandibola riportandola in una
posizione consona a una persona mentalmente sana gliene sarei grata.
Oddio, mi manca l'aria.
Lo vedo stringere appena gli occhi e allontanarsi di qualche
centimetro, come per esaminarmi meglio.
< Evelyn?> Sussurra con un'espressione indecifrabile.
Vorrei tanto deglutire, ma pare che la mia scorta di saliva sia fuggita
alle Bahamas.
< Joh..> E' l'unica cosa che riesco a dire.
Per un secondo lui sposta lo sguardo sulla mia mano, che stringe le
spalle di Rachel. < E' tua..?> Lascia cadere la frase,
incerto.
< Sono sua nipote, e sono la tua più enormissima
fan!!> Risponde lei pronta.
Ovviamente confido nel buon senso della mia unica nipote, che se
prova a dire una sola parola di tutto quello che le ho raccontato
diventerà la mia defunta
nipote.
Tira fuori il diario dalla borsa e gli porge una penna, con chiare
intenzioni.
Johnny non stacca lo sguardo dal mio, mentre la prende e.. non so,
pensa
a cosa scrivere? Vorrei tanto avere un'idea di quello che gli passa per
la testa.
Restituisce penna e diario a Rachel, e comincia a dire qualcosa
nell'esatto momento in cui lo faccio io.
< Tu..>
< Io..>
Mi lascio sfuggire un sospiro e accenno un sorriso. < Devo..
devo
accompagnarla a danza, siamo già in ritardo..> Dico
controvoglia. Maledetta Rachel.
< No, macchè, posso aspettare eh! Oppure vado da
sola..>
Sorrido per i suoi tentativi di instaurare l'approccio, ma mi sa che
non c'è niente da fare.
< Posso accompagnarvi?> Mormora lui, con mio immenso
stupore e sommo sollievo.
< Oh. Se non hai impegni.. se.. ti va..> Balbetto io,
incerta.
< Ma sì, vieni!> Rak non perde tempo e gli
prende la mano, trascinandolo accanto a me.
< Con piacere> Dice lui, posando una mano dietro la mia
schiena, che ora sta andando a fuoco.
Dai, morire a trentadue anni non sarebbe poi così male.
< Ahm.. forse è meglio che aspetti fuori>
Suggerisco io
prima di entrare nella scuola. Lui annuisce e si apposta in un angolo.
< Scusate il ritardo, ho avuto.. qualche complicazione>
Farfuglio alla segretaria.
Una complicazione che non vedevo da quindici anni e che mi procura
molto imbarazzo. Una complicazione con un paio di labbra da urlo e un
naso che è la fine del mondo.
< Dopo ti viene a prendere mamma, okay? Io.. vado> Do un
bacio a Rachel che mi guarda sorridente.
< Stendilo!> Mi dice col pollice alzato.
La saluto ed esco fuori. Mi guardo intorno e perdo un battito, non
vedendolo. Oddio. Che abbia immaginato tutto?
< Sono quì.> Una voce profonda alle mie
spalle. Come vedo non ha perso il vizio.
< Credevi fossi fuggito?> Aggiunge con un sorriso. Santa
me,
è ancora più sexy di quanto ricordassi. Mi sento
proprio
come allora, incerta e fragile.
Cominciamo a camminare. Le nostre braccia si sfiorano ad ogni passo.
< No, credevo di aver immaginato tutto, in realtà.
Anche se
non sono solita fare viaggi mentali o cose così. Accidenti.
Sei
proprio tu eh!>
< Eh sì, sono proprio io. E tu, guardati.. sei
identica a come ti ricordavo. Più bella, se
possibile.>
E via con la vampata.
Lui si accorge del mio imbarazzo sconfinato e cambia argomento:
<
Come mai tua nipote non ha urlato come un'ossessa dicendo "Ma come, vi
conoscete?!">
< Bella domanda.> Ridacchio. < I casi della vita!
Proprio oggi
le ho raccontato la nostra storia. Lei aveva tirato fuori quel diario
strapieno di tue foto e io mi sono lasciata sfuggire un "Maledizione,
perchè non gli ho detto sì?!" mentre le guardavo
affranta, e allora..>
Come al solito, il cervello si collega solo dopo aver parlato.
Devo avere qualche difetto di fabbrica o qualcosa del genere.
< Okay. Avrei voluto arrivarci con più calma.. ma in
pratica il succo è questo, sì.>
Ci siamo fermati. Lui, appoggiato a un muretto con le mani nelle tasche
della giacca e io davanti a lui con le mani in grembo che non riescono
a stare un secondo ferme.
Cominciamo a parlare di quello che è successo, della sua
vita e
della mia, e lui mi dice quanto avessi ragione sulla sua indole a fare
botte sempre e comunque.
Parlando però, mi accorgo di quanto è cambiato.
< Ho commesso i miei errori e ne ho sempre subìto i
danni, non proprio piacevoli.>
Fa una pausa, durante la quale ci guardiamo negli occhi ed è
proprio come quindici anni fa, lo stesso ardore nei suoi occhi e la
stessa voglia nei miei.
Ci avviciniamo sempre di più l'uno all'altra, anche se
impercettibilmente.
< Ho fatto un errore tanti anni fa e ne sto ancora pagando le
conseguenze. Adesso, forse, ho la possibilità di
rimediare.>
Prende il mio viso tra le mani, ed è come se
qualcuno
avesse premuto il tasto replay.
Le sue labbra sulle mie hanno lo stesso sapore fresco e dolce, le mani
mi attirano a sè come hanno sempre saputo fare e mi sento
sciogliere sotto il suo tocco, che mi era mancato da morire.
Quando ci separiamo, col fiato corto, lui mi sorride gentilmente e
sussurra piano: < Forse è stato meglio
così. Non avrei
potuto offrirti nulla allora, e probabilmente me ne sarei andato
ugualmente. Non lo meritavi. Anche se, devo dirtelo.. mi piacevi
davvero>
< A me piaci più adesso> Dico contro le sue
labbra che sento piegarsi in un sorriso, prima di baciarlo di nuovo.
You mean so much
And
I'd fix all that I've done
If
I could start again
I'd
throw it all away
To
the shadows of regrets
And
you would have the best of me
E così,
mentre ce ne stiamo avvinghiati come ai tempi del liceo, sento che
finalmente, finalmente,
i pezzi della mia vita si incastrano nei punti giusti.
Il resto non conta più nulla.
- Quattordici anni
dopo, ovvero, nel 2009 -
Da:
rak.renner@yahoo.com
Inviato: 24
giugno 2009 21:49
A:
deeplydeppendent@hotmail.com
Oggetto:
(Nessun oggetto)
Ciao zietta! O forse dovrei dire Mrs
Depp? (bastarda! Ora mi tocca pure chiamarlo zio!)
Come vanno le cose ai Caraibi? La vita matrimoniale? Com'è
essere infine sposata con l'uomo più figo della terra (mio
ZIO! Roba da
non crederci!) da esattamente due settimane e tre giorni? Immagino
che non vi sarete mossi dalla camera da letto per un bel po', eh!!
Dovevate recuperare il tempo perduto..
No, seriamente. Non voglio chiamarlo zio. E' un trauma.
Non che nessuno mi costringa, ovvio.. ma se solo si azzarda a dire
qualcosa tipo "ascolta lo zio" giuro che gli taglio la sua (o meglio,
la tua, forse) appendice preferita.
Sconvolgente, guarda. E dire che devi ringraziare solo me, me,
e ancora ME! Se non mi fossi fermata su quella panchina ora staresti
ancora rimuginando sul tuo scabroso passato mangiandoti le mani a
morsi, mentre lui avrebbe figliato con una qualche cantante francese o
che so io. Bleah.
Menomale che esisto, vah.
Comunque. Vi volevo chiedere una cosa. Visto che devo venire da voi..
su quell'isola dimenticata da Dio.. non è che posso portare
anche un'altra persona?
No, non è Federica. (Che, a proposito, è ancora
in stato
comatoso da quando le hai presentato Johnny, James Marsden e Gerard
Butler al party dello scorso mese. Dice che per riprendersi vuole un
bacio da tutti e tre. Per ora ha avuto solo quello da James. Beh,
veramente è stato qualcosa di più che un bacio..
ma
comunque. Torniamo a me.)
E'.. una persona che mi ha presentato Johnny. Io volevo Orlando, ma
quello c'ha quel mucchio di ossa ambulante sempre dietro.. (ma se la fa cremare e
la mette in un vaso non è la stessa cosa? Ha un qualche
significato la sua presenza sulla terra? Bah.) e così mi ha
presentato *RULLODITAMBURI* James Franco! Dio, ogni volta che penso a
lui i miei ormoni vanno in modalità centrifuga. E'
così..
così.. mmm.. dai, dimmi che posso portarlo! Io non avevo
nemmeno
idea di come facesse a conoscere Joh, ma tant'è.. e ora
stiamo
uscendo, e.. mi piace un sacco. Troppo.
Magari possiamo metterci d'accordo e ce li scambiamo per una notte, no?
L'idea non sarebbe male per niente eh.
Oddio, non far leggere questa mail a Johnny. Piuttosto butta il
portatile dalla finestra!
Rispondimi al più presto. E dici SI!
So già che faresti di tutto per la tua unica bellissima
nipotina che ti ha fatto sposare il suo sogno erotico.
Ti voglio bene,
Rachel.
P.S. Non sono ancora pronta per un cuginetto, perciò USATE
PRECAUZIONI, thanks. Baci!
Bon.
Questa storia
è dedicata a
tutte le personcine meravigliose che mi seguono sempre, ma in
particolare a Federica e Rachele, che l'hanno vista nascere e crescere
in circa quattro giorni e mi hanno aiutato tantissimo.
Vi adoro <3
(¹) Il film è "La Dura Verità", è uscito da poco. Se non l'avete visto (correte!) quì c'è la scena di cui
parlo. XD
(²) Frase
azzeccatissima di proprietà della Fede. Un applauso ai suoi
colpi di genio, su.
Uhm. Ovviamente non è
mia
intenzione offendere lo Zio Joh -assolutamente, non potrei mai- e
nemmeno Sal Jenco, il suo amico col nome da salsa messicana.
Un tributo anche al
Principe Albert,
che mi è stato di GRANDE ispirazione (se volete capire
questa,
guardatevi Nemico Pubblico).
E niente. Spero vi siate divertite/i leggendo questo delirio. Io mi
sono divertita tanto scrivendolo.
Un abbraccio,
Sara.
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