Un Canto di Natale

di Rucci
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Un Canto di Natale

Un Canto di Natale

 

Capitolo 1. Carola di Vigilia

Dove si legge tutti assieme un bel racconto e si parla di feste.

 

 

 

La lunga gamba del Pontefice di Atena aveva smesso di penzolare, interessata, da tempo. Pareva avere qualche raro momento di ripresa quando gli elementi gotici si facevano più forti, alimentando la suspense del racconto; ma erano ormai minuti che persino il gotico era stato soffocato dal buonismo dilagante. Senza sapere se i più provati in quella stanza fossero i ragazzi o lui stesso, arrivò alla fine con il mento stancamente appoggiato sulla mano, diligentemente cantilenando:

“Con gli Spiriti non ebbe più a che fare; ma se ne rifece con gli uomini, e di lui fu sempre detto che non c'era uomo al mondo che sapesse così bene festeggiare il Natale. Così lo stesso si dica di noi, di tutti noi e di ciascuno! E così, come il piccolo Tim diceva…” Qui ebbe un attimo di cedimento, le sopracciglia che si alzavano automaticamente al nominare il personaggio più melenso del romanzo. Esitò, abbassò le palpebre, e chiuse il libro con un tonfo secco. Ma non censurò nulla, terminando con un tono tra l’annoiato e il pedante: “Dio ci protegga tutti e ci benedica.”

Shun rialzò con un piccolo scatto la testa dalla spalla del primo a cui si era appoggiato: i suoi grandi occhi verdi erano puri e sinceri, ma non c’era nemmeno dubbio alcuno sul fatto che si fosse ingloriosamente addormentato. Seiya, invece, che era stato il suo cuscino per tutto quel tempo, pareva non essersene accorto:

“Beh. Bello.”

Vittoriano, avrebbe spregevolmente commentato Ikki, se fosse stato un inglese cinico.

“Spazzatura”, si limitò a borbottare, senza essere udito da nessuno, a parte forse Hyoga, che gli lanciò uno sguardo non proprio di approvazione. La Fenice non se ne curò, mani in tasca e sguardo da duro. Hyoga di Cygnus poteva rimanersene a baloccarsi per sempre con romanzi sentimentali, festeggiamenti natalizi e pure bambole di porcellana, per quel che gliene riguardava. Ma non vedeva perché lui dovesse mostrare gradimento.

“Beh… è una bella storia…” pigolò Shun, forse per rimediare ai suoi pochi minuti di sonno.

Seiya aveva un parere ben preciso: “A me piacevano i fantasmi.”

“È un racconto da leggere ai bambini” intervenne Shiryu, tanto pacatamente che entrambi i ragazzi gli rivolsero subito l’attenzione. “Contiene una morale ben precisa.”

“Sì, direi di sì.” Shion di Aries cercò per una volta in vita sua di mostrarsi neutrale, scavallando e accavallando le gambe con un sorriso dolcissimo. Per niente promettente. “Ed ecco che vi è stato letto un racconto edificante, proprio come la dolce Atena mi aveva chiesto di fare per intrattenervi. È molto indaffarata con i preparativi della festa.”

Aveva esattamente quel tono di voce che faceva intuire con tutti i crismi che non l’avrebbe fatto per nessuno, se non per la propria dea. In effetti pareva a sua volta provato, sotto la maschera disinvolta. Ma continuò come se nulla fosse: “Ringraziate lei, dunque.”

“Ah, la ringrazierò eccome” minacciò una voce fosca dal fondo della stanza. Nessuno ebbe dubbi sul proprietario.

“Ikki!” Seiya si arrampicò fin sullo schienale del divano, mentre Shun nascondeva educatamente uno sbadiglio nella mano. “Sei ancora qui? Ma questo è un record!”

“Il miele mi ha incollato i piedi al pavimento” fu la sarcastica risposta. Tuttavia, Seiya rise, anche un po’ troppo forte, ma di cuore.

“Il nostro lupo solitario! Bada che se continui così non riceverai nessun regalo di Natale.”

“E che vuoi che m’importi.”

“T’importerà, quando domani noi saremo sommersi di pacchi colorati e tu te ne starai in un angolo a calciare la neve!”

“Seiya…” Shun si adoperò subito per cercare di contenere il ragazzino, che evidentemente dopo essere stato tanto tempo fermo su un divano in silenzio sentiva il bisogno di riattivarsi. In tutti i sensi. Infatti, mentre parlava a macchinetta, si era allungato fino a salire a cavalcioni sullo schienale. Shion, mentre riponeva il libro, gli lanciò uno sguardo decisamente perplesso.

“Tsk” fu comunque il laconico commento del lupo solitario.

“Il Natale è una bella festività” giunse le mani Shun, attirando l’attenzione del gruppetto. Shion ne approfittava più che altro per spolverare i libri. “Non solo per i regali. È una bella occasione per ritrovarsi tutti assieme.”

“Già. Peccato che il Natale non sia una festività prettamente giapponese.”

“Nemmeno ateniese” chiosò l’autorità massima, giusto per dovere di cronaca, spolverandosi pure il pince-nez. Ne osservò le lenti da vista, ora pulite. Tutti e quattro i ragazzi – Ikki non se ne diede la pena – si rivolsero verso di lui.

Era la prima volta in tanti anni di onorata carriera che il Pontefice Shion si trovava alle prese con dei preparativi di feste natalizie. Se le sue dita sapevano maneggiare la fine polvere di stelle, i suoi occhi leggere gli astri e le costellazioni di tutto l’emisfero, e i suoi sensi trascendere l’umano, bene, tra le sue competenze non v’era quello di addobbare un enorme abete posto proprio di fronte alla statua di Atena Parthenos. Quando l’aveva visto lì dov’era, un colpo al cuore per la sorpresa e assieme per la blasfemia sconvolgente del gesto, si era a stento trattenuto dal mettersi le mani nei capelli.

Sinchè non aveva visto la stessa Atena trotterellare allegra nei suoi scaldamuscoli rossi a dirigere le operazioni.

Allora si era ricordato che era cresciuta in Giappone.

“Beh, ma noi giapponesi siamo fatti così!” stava infatti ridendo allegramente Seiya. Passò a sedersi sul bracciolo, dondolandosi appena. Shun si alzò per raggiungere con un sorriso benevolo il fratello, ostinatamente appoggiato al davanzale della finestra, come a distanza di sicurezza.

Shiryu confermò, prendendo il posto di Shun: “È vero.”

“Facciamo nostre molte feste altrui.”

Solo il lato kitch, annotò mentalmente il sommo Pontefice mentre riponeva gli occhialini, con una sinteticità e aderenza alla realtà invidiabile. Ma non si sarebbe mai permesso di infrangere i sogni d’infanzia di innocenti ragazzini, né di argomentare nulla, non dopo il dissidio verbale avuto con Death Mask riguardo alle decorazioni di vischio. Facevano un po’ a pugni con l’arredamento consueto, in effetti.

“Sì, come il Natale…”

“O San Valentino!”

“È vero, anche San Valentino!” Shun giunse di nuovo le mani, piegandosi leggermente verso l’altra finestra, dove stava appoggiato un altro ragazzo. “Hyoga-kun ha ricevuto un sacco di cioccolata, questo San Valentino! Non è vero?”

Hyoga, apparentemente imbarazzato, si limitò a un vago cenno di assenso. Seiya, ovviamente, colse subito. E ghignò, con aria adorabilmente sbarazzina – quella che o ti fa prendere a schiaffi da subito, o sei salvo per tutta la vita.

“Bene, bene. Il nostro latin lover.”

“E piantala, Seiya.” L’algido biondo, notoriamente molto più incline alle emozioni di quanto non lasciasse presagire, si mise subito sulla difensiva. Seiya seppe di avere la vittoria in pugno.

“Certo che ne hai parecchie, che ti girano attorno, eh?”

“Pensa per te” fu la risposta, tra un mugugno e l’altro, che parve accontentarlo. Infatti il ragazzo rise, assolutamente spensierato, sebbene nella stanza un po’ tutti si chiesero quando Seiya avrebbe realizzato di avere due o tre conti in sospeso con qualcuna, lì fuori. Tutti tranne Ikki, a cui non gliene poteva fregare di meno, e Shion: l’unica donna che al momento vorticava nei suoi pensieri era l’inserviente addetta alla sua vasca da bagno. Aveva bisogno di un bagno caldo. Ma tanto.

“E Shunrei?”

“Come?”

“Non viene, Shunrei? Alla festa di Natale, intendo.”

Shiryu guardò Seiya come perplesso, per appena una manciata di secondi. Poi sorrise, rassicurante:

“Non è mai venuta al Grande Tempio. Non sapendo se le sarebbe stato consentito l’accesso, ha preferito rimanere a Goro-ho.”

Shunrei l’aveva salutato come sempre, con un sorriso e una carezza. Sembrava serena, nella piccola casa accogliente della cascata, non avvezza alla città, non avvezza ad altro che non fosse quel limbo quieto di terra. Shiryu era andato, perché Saori l’aveva chiamato. Lei era restata, sorridendo.

“Ma figurati se non la lasciano venire!” Seiya lo distolse dalle sue riflessioni. “No, Shion?”

“Mmmh?”

“Shunrei.”

“Chi?”

Seiya aprì la bocca per sillabare meglio il nome. Per fortuna Shion lo prevenne – stava semplicemente pensando con desiderio alle sue vasche termali – altrimenti l’avrebbe preso come grave insinuazione sulla sua vecchiaia. Lì non sarebbe stato risparmiato nessuno.

“Oh, la ragazza di Goro-ho. Ma naturalmente, Doko me ne ha parlato. Perché non è qui?”

“Ha preferito rimanere a casa, Pontefice.”

“Oh, ma poveretta. Sarà lì da sola” i grandi occhi dell’antico cavaliere d’oro saettarono in qualcosa che, seppure attutito dal fare conciliante, aveva l’aria del rimprovero. “Avresti dovuto insistere di più.”

Shiryu lo raccolse, quello sguardo. Non era tipo da passare leggermente sulle cose, e quel rimprovero l’aveva colpito. Non ci aveva assolutamente pensato.

“Seiya-kun” intervenne Shun, non appena vide Shiryu pensieroso. “Di sicuro Shiryu ci avrà pensato. Siamo ancora in tempo per…”

“Non siete in tempo per un bel niente, ora.” Li interruppe la voce dolcissima e minacciosa di Shion, che finalmente torreggiava su di loro. Alzarono tutti lo sguardo. Aveva in volto il sorriso sornione del gatto che si è appena sbafato un salmone. “Adesso basta parlare di ragazze, bambini.”

Un rossore comune avvampò le gote di tutti. Tranne che quelle di Ikki.

Lui cercava solo di andarsene, e da un pezzo.

“È la vigilia di Natale, e a quanto sono stato indottrinato dalla nostra amabile dea, la mezzanotte va passata sotto le coltri. Santa Claus non sarà contento se vi vedrà curiosare in giro per tutta notte. Quindi sciò, a letto.”

Ikki non se lo fece ripetere due volte. Imboccò l’uscita, ovviamente non per dirigersi alla stanza che era stata preparata per lui, ma per farsi un giro. Seiya si stiracchio, Shiryu lo accompagnò, appena più pensieroso del solito. Hyoga aspettò Shun.

Shion, finalmente libero dalle sue incombenze, li lasciò andare. Nel pomeriggio aveva accolto i cinque santi che più si erano distinti in quell’epoca di miracoli, i cavalieri che Atena teneva sul palmo della mano, per fare loro da guida nel Santuario addobbato a festa. Li aveva alloggiati, nutriti ed edificati con un bel racconto, come una madre premurosa, e ora erano liberi di andarsene dove più gli aggradava. Lui sicuramente si sarebbe fatto un bagno.

 

“Buonanotte” salutò per primo Shiryu, infilandosi nella propria stanza.

I ragazzi lo salutarono, senza risparmiare qualche occhiata complice fra di loro.

“Ci sta ancora pensando.”

“Non ti preoccupare per lui.”

“Mi dispiace, avremmo dovuto pensarci anche noi, forse…”

“Non ti crucciare, Shun. Sai com’è fatto Shiryu. Se le parole di Shion l’hanno davvero fatto pensare, non perderà tempo e agirà di conseguenza.”

Seiya annuì solennemente, alle parole di Hyoga. Poi sbadigliò, finendo per sfregarsi gli occhi.

“Vabbè, a questo punto me ne vado a dormire anche io.”

“Di già, Seiya?”

“Mica ho fatto il pisolino dopocena, io.”

Shun arrossì un bel po’, sotto lo sguardo curioso di Hyoga. Evidentemente Seiya si era accorto eccome di essere stato usato come cuscino per gli ultimi due capitoli del racconto.

“Buonanotte! E aspettatemi per i regali!”

“Buonanotte, Seiya-kun.”

“Buonanotte.”

Hyoga, dopo aver augurato la buonanotte a sua volta, si voltò per salutare anche Shun. Ma lui si era appoggiato alla finestra del corridoio, osservando in maniera quasi insistente al di fuori. Lo raggiunse, silenziosamente.

“Che cosa guardi?” gli domandò dopo un po’.

“Oh, nulla. Tutto.” Sorrise, poi carezzò il vetro freddo con le dita, placidamente. “Dove sarà andato Ikki?”

“Starà rientrando, non preoccuparti.”

Appoggiato al davanzale, Hyoga pensava ai fatti suoi, nel silenzio placido. La sera, attraverso le ampie vetrate, era scurissima, ma le luci blu della notte si riflettevano su un marmo talmente bianco che pareva di essere intrappolati in un palazzo sulla luna. Il silenzio era leggero, per niente opprimente. Hyoga seguì lo sguardo di Shun sino a carezzare con un brivido il roseto dai petali chiusi, scintillante nella notte. Le spine erano crudeli, e non riportavano alla mente lieti ricordi. Quello Cygnus lo sapeva bene.

Quando il cavaliere di Andromeda si rese conto che i loro sguardi avevano coinciso, sussultò appena, come a distogliere gli occhi dell’altro anche dai suoi pensieri. Si voltò verso di lui, sorridendo, e domandando, quasi frettolosamente:

“Secondo te nevicherà, domani?”

“Come?”

“Stavo pensando… domani è Natale, no? Quindi guardavo fuori e pensavo: nevicherà? Me lo sai dire, Hyoga-kun?”

Per un attimo Hyoga fu tentato di domandargli a cosa stesse pensando veramente.

Invece dopo un attimo di pausa allungò le braccia allenate ad aprire le finestre, senza cambiare espressione, nonostante fosse appena in maniche corte. Shun invece emise un lieve gemito di sorpresa, stringendosi nel maglione: faceva davvero molto freddo. Ma non abbastanza, stimò il ragazzo più grande, in piedi davanti alla finestra. Osservò con attenzione la lievissima pioggerellina che poteva scorgere solo sul davanzale, e non nella notte nera, che oscurava il resto. Non rispose subito.

“Può darsi” mentì.

“Che bello. Sarebbe veramente bellissimo se nevicasse per Natale.”

“Ehi, voi due. Volete prendervi un accidente?”

Hyoga si voltò, appena scocciato dal tono di voce sin troppo burbero.

“Ecco. Che ti avevo detto?” si rivolse a Shun, invece che rispondere a chi li aveva interpellati, chiudendo con forza le finestre.

“Ikki-nii-san!”

“A letto, Shun. È tardi.”

“Non stai dando il buon esempio, Ikki.”

Hyoga ricevette la migliore occhiataccia della serata, ma non se ne curò granché. Serrò bene la maniglia, che non passasse il freddo.

“Tsk. Tanto non c’è niente, in questo posto.”

“Vai a dormire anche tu, nii-san?”

“Mh. Vai anche tu, Shun.”

“Sì!”

Ikki scompigliò affettuosamente i capelli al fratello minore, pur mantenendo un’aria di assoluta serietà. Salutò con un cenno del capo Hyoga, e dopo gli ultimi convenevoli con Shun si ritirò.

Il cavaliere di Andromeda rimase solo, dopo che anche Cygnus fu andato, con un ultimo saluto. Lui, che aveva avuto tanto sonno prima, andava a letto per ultimo. Così pensava, almeno, ed era quasi la mezzanotte, mentre si lavava scrupolosamente i denti.

Al momento d’infilarsi a letto, ormai a metà nel mondo dei sogni, pensò confusamente che non aveva sentito come andava a finire il Canto di Natale, anche se sicuramente la storia l’aveva già sentita, molto, molto tempo prima… ma fu un ultimo pensiero confuso, prima di addormentarsi.

 

 

 

 

 

The Carol

 

Quanto tempo che non riscrivo il Christmas Carol! Sono così feliceh!

È quasi tradizione per me rispolverare il Christmas Carol di Dickens – come la maggior parte delle persone, infatti, amo il Christmas Carol pur odiando Dickens – e lo faccio ogni anno, a Natale, nel fandom che al momento mi sta stravolgendo l’esistenza. Saint Seiya me la sta stravolgendo da parecchio, ma ancora non era incappato in questa trappola mortale, se non per una lemon Rhada/Kanon scritta a quattro mani con LeFleurDuMal l’anno scorso, ma ehi, non era assolutamente un Christmas Carol. Il titolo era ironico e c’erano solo due uomini che si davano da fare a letto.

 

Questa volta il Fluff impererà come Dio comanda!

Ed essendo io particolarmente in spirito natalizio, vi annuncio che questa amabile carola sarà di sette capitoli, e che verranno pubblicati ogni martedì e venerdì, a partire da oggi, sino al giorno di Natale (un venerdì, appunto).

Un piccolo augurio per tutti quelli che mi/ci seguono – Gold Insanity vi ama – e ai soliti affezionati a cui io sono davvero tanto grata. A voi!





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