Being a war mage – capitolo zero
CAPITOLO 2: NUBI ALL’ORIZZONTE
So many people just running
Round and round
With no sense of logic
I see lies in the eyes of a stranger
And you’ll be living in danger
Living
in Danger, Ace of Base
***************
Quel sabato andare ad Hogsmeade
sembrò strano a tutti gli studenti di Hogwarts; nessuno si sentiva tranquillo,
tutti camminavano guardandosi in continuazione alle spalle, e c’erano auror per
tutto il paesino pronti a intervenire in qualunque eventualità. Ma neanche con la protezione dei soldati del Ministero si
poteva star tranquilli, d’altra parte con la stazione di King’s
Cross saltata in aria il monito di come i toni della battaglia si fossero
incrudeliti era fin troppo chiaro. I ragazzi non erano liberi e spigliati come al solito e si respirava un’atmosfera molto tesa, il che era
del tutto nuovo per un sabato studentesco a Hogsmeade.
Nonostante questo, comunque, alcune
cose restavano importanti abbastanza da attirare l’attenzione degli studenti di
Hogwarts, come ad esempio il nuovo modello di Firebolt che brillava nella
vetrina del negozio di articoli sportivi nella piazzetta del paese: Harry e
Ron, infatti, per qualche istante si erano dimenticati di tutta la storia cupa
della guerra e di Voldemort ed erano rimasti col viso appiccicato alla vetrina.
Hermione emise un sospiro esasperato. “Ehi, voi due…”
“Ma guardala, è semplicemente
perfetta!” esclamò Ron, col naso schiacciato contro il vetro. “E con il manico autosterzante, poi!”
“Guarda la forma, potresti stenderti sopra e staresti comodo
comunque.” Fece Harry, con lo stesso entusiasmo nella
voce.
“Prevedete di continuare a sbavare davanti a quella vetrina
per tutto il pomeriggio?”
I due ragazzi si scollarono dalla vetrina e si voltarono
verso di lei. “Come si vede che di queste cose tu non ne capisci niente.” Borbottò Ron, scuotendo la testa.
“Sarà, ma non possiamo passare tutto il giorno qui.” Replicò Hermione. “Avevate promesso che saremmo passati in
libreria.”
“Ma insomma, Granger, oltre che mezzosangue sei anche senza
cuore.” La voce di Draco Malfoy li fece girare di
scatto: eccoli lì, lui e i suoi tirapiedi, sempre pronti a dar fastidio.
“Almeno lascia a Weasley la possibilità di sognare quello che non potrebbe mai
comprarsi neanche vendendo casa e famiglia.”
“Ma tu vuoi proprio che te li
faccia duo occhi neri, eh?!” ruggì Ron, facendo due passi avanti con forza.
Tiger e Goyle fecero lo stesso.
Hermione si mise di mezzo, dando le spalle ai tre
Serpeverde. “Ron, andiamo.” Sibilò.
Ron e Malfoy si stavano uccidendo a colpi di sguardi. “Che c’è, Weasley? Ti dà più fastidio il fatto di essere al
livello in cui sei caduto…o che tutti i vestiti che hai valgono quanto una sola
delle mie camicie?”
“Lascia perdere questo verme.” Fece Harry al suo amico. Ron
aveva le nocche delle mani bianche per quanto erano serrate.
“Non vale la pena di rischiare l’espulsione per lui.” Gli disse ancora Hermione, tirandolo per un braccio e
cercando di allontanarsi. Ron le oppose resistenza, ma alla fine si lasciò
portare.
Malfoy rise. “Ma guardalo! Si fa
comandare a bacchetta da quella mezzababbana! Si vede che quel poveraccio di
suo padre gli ha dato il buon esempio, fa questo dalla mattina alla sera.”
Ron si voltò di scatto, furioso, e stavolta fu Harry a
trattenerlo. “Vaffanculo, Malfoy! Sei uno stronzissimo furetto col culo al posto della testa!!”
Ron gli stava urlando ancora di tutto quando Harry e
Hermione riuscirono ad allontanarlo. Ron si divincolò il braccio dalla presa di
Hermione e riprese a camminare con passo deciso. “Io vorrei sapere perché devi
sempre metterti in mezzo! Malfoy merita una lezione, e tu lo sai!”
“Non a prezzo della tua espulsione.” Replicò Hermione. “Lo
sai come funziona, il padre di Malfoy lo farebbe
reintegrare in un secondo. Verrà il momento adatto per dirgliene quattro, ma
certo non è ora.”
Ron scosse la testa, sempre camminando. “Non vedo nessun
valido motivo per cui io dovrei essere espulso, mentre lui che è figlio di un mangiamorte
deve fare il suo porco comodo, che tanto non lo tocca nessuno.”
“Silente sostiene che i figli non devono scontare le colpe
dei genitori, è per questo che ha permesso ai Serpeverde di restare.” Si ostinò Hermione.
“L’unico motivo vero è che Silente è eccessivamente buono, e
i Serpeverde sono e restano delle carogne, padri, madri e figli.” Fu la decisa risposta di Ron.
Harry scosse la testa. “Molti di loro, comunque,
sono figli di bastardi che mantengono pulito il proprio nome. Guarda Malfoy:
sappiamo tutti che è un mangiamorte, ma non ci sono le
prove per dimostrarlo.”
“Solo perché non cercano abbastanza.” Borbottò Ron.
Hermione, che fino a quel momento era stata completamente
presa dalla loro discussione, si accorse di essere arrivata finalmente davanti
alla libreria dove doveva andare; ma con suo grande stupore notò che la porta
era sbarrata. Un ragazzo la stava chiudendo.
“Scusami?” Hermione lo avvicinò. “Perché
la libreria è chiusa?”
“Come, non lo sai?” fece quello. “Il fratello del
proprietario è morto nell’attentato di King’s Cross due giorni fa.”
Hermione, Harry e Ron rimasero in silenzio. Era dura vedere
e sentire ovunque gli effetti della guerra, anche nelle piccole cose del
quotidiano; era diventato quasi come se ogni mattina fossero in
attesa del bollettino dei danni quotidiani. I mangiamorte avanzavano giorno
dopo giorno con attacchi sempre più mirati e sconvolgenti. Non era più la
stessa cosa vivere nel mondo della magia in quel modo angosciante. Faceva male.
***************
Entrando nei Tre Manici di Scopa Harry, Ron e Hermione si
avviarono subito al bancone da Madama Rosmerta per bersi una buona burrobirra
rifocillante; la grassoccia signora fece un gran sorriso a tutti e tre,
riconoscendoli.
“Oh, mi stavo giusto chiedendo dove foste finiti voi tre.” Esclamò.
“Ma lei lo sa bene che non potremmo
mai rinunciare al goccetto, no?” disse Ron, ridacchiando allegramente.
La signora fece loro un occhiolino. “Che
vi porto, il solito?”
“Tre burrobirre.” Fece Harry, prendendo dalla tasca i soldi
per offrire da bere anche ai suoi amici.
“Ve le porto subito, cari.” Madama Rosmerta si defilò oltre
una porta alle spalle del bancone.
“Scusami?”
Una voce femminile fece voltare i tre ragazzi: c’erano due
ragazze bionde molto sorridenti, indubbiamente molto giovani ma non più
studentesse, e terribilmente uguali l’una all’altra.
“Tu sei Harry Potter, non è vero?” disse cordialmente una
delle due. “Io sono Elise, e questa è mia sorella Emily.”
Harry fece loro un gran sorriso. “Si, sono proprio io.
Ciao.”
“Molto piacere.” Replicò la sorridente ragazza.
Anche la sorella sorrise, ma a Ron.
“Tu sei figlio di Arthur Weasley, vero? Mio padre è un
suo collega, tu gli somigli molto.”
Ron scansò leggermente Hermione, mettendosi più dritto.
“Già, io sono Ron.”
“Vi avevamo riconosciuti da
lontano, ma non eravamo sicure che foste voi.” Riprese la prima ragazza.
“Sapete, noi siamo inglesi, ma abbiamo studiato a Beauxbatons.”
“Ah, davvero?” Ron sembrava abbastanza a suo agio. “E com’è studiare in Francia?”
Mentre la conversazione andava
avanti, Hermione stava letteralmente dando fuoco ai quattro ragazzi col solo
sguardo. L’avevano completamente ignorata, come se neanche fosse stata lì, sia
le due galline che i suoi cosiddetti amici! Quando Madama Rosmerta uscì con le burrobirre lei si prese la sua e si avviò verso il primo
tavolo disponibile. E per una volta ebbe la fortuna di trovarne uno a cui stava seduta l’unica persona che aveva voglia di
vedere in quel momento.
Ginny Weasley.
La loro amicizia aveva fatto passi da gigante negli anni:
inizialmente non avevano legato un granchè, ma col tempo per lei Ginny era
diventata più che la sorella del suo migliore amico. Era una persona dolce e
comprensiva, ma anche molto determinata e testarda. E
non era assolutamente frivola e pettegola come le gemelle Patil o Lavanda
Brown.
Hermione si lasciò cadere sulla panca al suo tavolo e buttò
giù un sorso piuttosto consistente di burrobirra. Ginny inarcò un sopracciglio.
“Bevi per dimenticare?”
Hermione mise giù il suo boccale. “Si, per dimenticare che
quei due ragionano con una parte del corpo completamente diversa dal cervello.” Borbottò odiosamente, fulminando ancora una volta con lo sguardo i suoi amici, che sembravano molto allegri e a loro
agio a parlare con le due ragazze appena conosciute.
Ginny si sporse un po’ in avanti per guardare nella sua
stessa direzione. “Beh…davanti a due come quelle, poveretti…sono maschi, è automatica la reazione.” Disse con un sorrisetto.
Hermione scosse la testa. “Li hanno avvicinati solo perché
sono Harry Potter e Ron Weasley, cosa che normalmente li avrebbe mandati in bestia,
ma non se a farlo sono quelle due…quelle due Barbie!” esclamò, irritata.
Ginny rise. “La bambola babbana, eh?”
Hermione, stupita, la guardò. “E tu
come la conosci?”
Ginny scrollò le spalle con un sorriso. “Faceva parte della
raccolta di cose babbane che papà portava a casa per il weekend fino a qualche
anno fa…una volta mi ci ha fatto anche giocare, ma non era un granchè
divertente. Non faceva niente, era solo tutta bella e perfetta…nah, non era la
bambola giusta per me.”
“Già.” Annuì Hermione, bevendo anche l’ultimo sorso della
sua burrobirra. “Sei qui da sola?”
“Sto aspettando Colin.” Il tono di Ginny non era
particolarmente entusiasta. “Dovevamo prenderci qualcosa insieme, ma poi…”
“…è scappato alla redazione della Gazzetta del Profeta a trovare
un pretesto per farsi assumere.”
Ginny annuì. “Esatto. Mi ha detto di aspettarlo qui, che
tanto ci avrebbe messo cinque minuti…ne sono passati venti.”
Hermione ridacchiò. “Che vuoi
farci, quello non cambierà mai. Non finchè continueranno a dirgli che è troppo
giovane per lavorare al giornale.”
“Stavolta è andato munito di un progetto, sai.” Fece Ginny, con uno sguardo vispo. “Vuole offrirsi come
inviato speciale a Hogwarts. Vuole mandare alla Gazzetta del Profeta ogni
settimana un articolo su noi studenti e sulle nostre reazioni alla guerra.”
Hermione scosse la testa. “Un po’ da sciacallo, direi.”
“Lui è convinto che sia l’idea del secolo.”
“Allora forse dovremmo cominciare ad ordinargli una
cioccolata calda per alleviare l’affronto del rifiuto.”
Le due ragazze risero.
In quel momento Harry e Ron salutarono le due ragazze con
cui stavano parlando e si andarono a sedere al loro tavolo. Ginny decise di non
lasciar cadere la cosa e tormentarli un po’. “Dite un po’, è una mia
impressione o con le bionde avete l’approccio facile?” disse con un sorriso
falsamente angelico.
Ron buttò giù la sua burrobirra. “O sono loro che ce l’hanno con noi.” Fece allegramente.
Hermione scosse la testa. “Sto cominciando
a preoccuparmi, sai, ormai guardi solo le ragazze belle e senza
cervello. Non è molto maturo da parte tua. Finirai per sposarne una e
divorziare la sera stessa del matrimonio.”
Ron le fece un occhiolino. “Nah, non finchè tu sarai il mio
grillo parlante, non ci riuscirei neanche se volessi.”
Hermione gli mollò una gomitata mentre lui, Ginny e Harry risero allegramente.
Harry si guardò un po’ in giro nel locale. “Ehi, ma …sbaglio
o non c’è neanche un Serpeverde qua dentro?”
“No, infatti.” Gli rispose Ginny. “Il prefetto dei
Corvonero, Duke Salvage, ha organizzato una specie di comizio. Vuole
raccogliere quante più firme può e presentare a
Silente una petizione ufficiale per far espellere tutti i Serpeverde in quanto
figli di criminali.”
“Magnifico, dov’è che si firma?” disse subito Ron, emozionato
all’idea.
Harry annuì. “Già, voglio il mio nome in cima alla lista.”
“Non credo che servirà a molto, comunque.”
Replicò Ginny. “Anche se raccogliesse tutte le firme
della scuola, la decisione finale spetta sempre a Silente.”
“Appunto.” Annuì Hermione.
Ron fece una smorfia. “Comunque
vale la pena almeno fare un tentativo.”
Duke Salvage, Carl Peterson e Ronin McRegan, i prefetti di
Corvonero, Grifondoro e Tassorosso, si misero in piedi su una panca e
iniziarono il loro discorso attirando l’attenzione di tutti i presenti. Il loro
discorso non si aprì con troppi convenevoli: i Serpeverde, in
quanto figli di assassini privi di morale, non avevano alcun diritto di
continuare a frequentare una scuola come Hogwarts. Il discorso venne interrotto più volte da una serie di applausi, tutti
supportati da incitamenti molto vigorosi.
Harry e Ron, in effetti, erano talmente presi che nemmeno
videro arrivare Colin Canon, che si sedette al tavolo con loro. Ginny invece
non solo lo vide, ma vide anche che era pallido e sembrava sconvolto. “Colin?”
Anche Hermione lo guardò un po’
perplessa. “Tutto bene?”
Finalmente anche i due ragazzi si voltarono. “Ma che hai passato, hai visto un fantasma?” fece divertito
Ron, inarcando un sopracciglio.
“Quasi.” La risposta di Colin Canon fu stranamente molto
seria e tesa. “Non l’ho visto, ma ne ho sentito parlare.”
Ginny inarcò le sopracciglia. “Potresti essere un po’ più
chiaro?”
“…oh no, non si può.” Fece tutto all’improvviso il ragazzo magrolino,
scuotendo la testa. “Non posso dire niente.”
“Nemmeno a Harry?” provò Ron, e il suo migliore amico gli
lanciò un’occhiataccia.
“L’hai avuta dalla redazione della Gazzetta del Profeta questa informazione?” chiese Harry, e Colin annuì con gli occhi
bassi. “Allora è solo questione di tempo prima che tutto il mondo della magia
venga a sapere. Ci darai solo un’anticipazione, tutto qui.”
Ron annuì. “Pensaci, darai una dritta a Harry Potter, non è
una roba che capita tutti i giorni.” Harry gli mollò un
pestone sotto il tavolo.
Alla fine Colin annuì e alzò lo sguardo, voltandosi a destra
e a sinistra e sporgendosi in avanti per rivelare la cosa in gran segreto. “Ok,
va bene. Ma non dovete assolutamente farne parola con nessuno fino a domani,
quando sarà uscita la Gazzetta.”
“Dai, spara.” Lo incoraggiò Harry.
“La notizia è solo di pochi minuti
fa, sapete…” disse finalmente Colin. “…ma sembra proprio che i mangiamorte
abbiano ucciso il Ministro, Cornelius Caramell.”
“Come?” chiese Ginny, con la voce che le tremava.
“Non so bene i particolari…quello che è sicuro è che hanno
attaccato casa sua mentre era a pranzo con la sua famiglia. Hanno ucciso anche
la moglie.”
Hermione e Ginny si guardarono in faccia a bocca spalancata.
Fu Ron il primo a rompere il silenzio, anche se con qualche difficoltà. “Hanno…hanno fatto fuori Caramell?”
Colin annuì. “In casa sua.”
“Ma…e gli auror che aveva di guardia?” balbettò Ginny, ormai
bianca come un cencio.
Il silenzio di Colin fui più
eloquente che mai. Hermione si coprì la bocca con una mano. “…sono… sono riusciti a superare le guardie armate del
Ministro?”
“E’ questo il motivo per cui
domani, quando si spargerà la notizia, assisteremo a scene di allarmismo e
panico da tutte le parti.” Il tono di Colin, forse per la prima volta in
assoluto, era non solo serio ma anche cupo. “Penseranno tutti che non abbiamo più nessuna protezione contro Voi-Sapete-Chi.”
“E non hanno mica tutti i torti.”
Ron si passò una mano fra i capelli. “Le guardie del corpo del Ministro sono
considerate quasi invincibili…”
Ginny, pallida e visibilmente agitata, trovò la voce per
mormorare qualcosa. “…ma allora noi? Che protezione abbiamo noi?”
“Noi abbiamo Harry.” Colin sembrò ritrovare il suo solito
irritante quanto inappropriato buonumore. “Tu ci proteggerai, Harry, vero?”
Harry rimase in silenzio, stringendo forte fra le mani il suo bicchiere di burrobirra. Non riuscì a mantenersi
molto a lungo, comunque: solo pochi secondi dopo si
alzò bruscamente dalla panca e si diresse rapidamente verso l’uscita del
locale. Ron si alzò a sua volta per andargli dietro, lanciando un’occhiataccia
a Colin, e anche Hermione li seguì subito.
“Ehi, ma che ho detto?” fece confuso Colin. Ginny avrebbe tanto voluto andare con loro tre, ma in fondo il
povero Colin non meritava di essere abbandonato come un criminale, e si sforzò
di restare e rassicurarlo che lui non aveva colpe.
***************
“Ti vuoi fermare?”
Ron e Hermione facevano fatica a stare dietro a Harry, che
camminava molto rapidamente e soprattutto senza voltarsi indietro. Si stava
dirigendo verso la zona meno affollata di Hogsmeade, ma le sue intenzioni non
erano chiare.
“Harry, per favore!” provò Hermione.
Harry si voltò di scatto. Sembrava arrabbiato. “Che ti prende, si può sapere?” fece Ron.
“Non lo so, va bene?!” urlò Harry. Per fortuna c’era poca gente per strada, altrimenti si sarebbero voltati
tutti.
“Almeno mi fai capire dove stai andando?” Ron cercò di
mantenersi calmo.
“Io…non lo so, ma sono stanco!” Harry si stava chiaramente
sfogando. “Ho la sensazione che tutta questa guerra sia
un gigantesco giocare al gatto e al topo! Beh, io odio essere il topo, e odio
essere in trappola!”
“Quello che sta succedendo non è colpa tua.” Lo interruppe Hermione. “Non ci sei sempre tu al centro di
tutto, Harry, non puoi sempre prenderti anche le colpe che non hai.”
“Lui sta cercando me, possibile che non lo capisci?” replicò
Harry. “Ci sta facendo il vuoto attorno, sta uccidendo
centinaia di persone. Forse se mi consegnassi a lui finirebbe tutto una volta e per tutte.”
“Non dirlo neanche per scherzo! Ma
sei scemo?!” ora Ron stava davvero perdendo le staffe. “E
che avremo risolto se ti avrà fatto fuori, credi che si fermerà? Credi che si
prenderà i suoi amici mangiamorte e se ne tornerà tranquillamente da dove è
venuto?!”
Hermione scosse la testa. “Sarebbe un sacrificio inutile,
Harry.” Disse piano.
A farle eco fu un cane che stava abbaiando con forza; i tre
ragazzi rimasero stupiti nel riconoscere Sirius: era parecchio che non si
mostrava a loro nemmeno nella sua forma di Animagus.
Sirius scodinzolò e si fece seguire lungo una stradina sdrucciolevole che dava
su un prato parallelo alla strada, poi si voltò e abbaiò di nuovo. I tre
giovani Grifondoro seguirono il cagnone in silenzio finchè
non raggiunsero una specie di catapecchia abbandonata in mezzo ai campi.
Entrarono e si chiusero la porta alle spalle e solo allora Sirius si rivelò,
ritrasformandosi in essere umano.
“Ciao Sirius.” Disse gentilmente Hermione, sedendosi su un
tavolo traballante che stava al centro della stanza. Ron ci si appoggiò
soltanto, per evitare di farlo crollare direttamente. Harry rimase in piedi,
appoggiato al muro e con lo sguardo basso e torvo.
“Come va, ragazzi?” disse amichevolmente Sirius,
appoggiandosi a una sedia a dondolo alquanto
instabile.
Ron scrollò le spalle. “Siamo ancora vivi. In tempi come
questi è una fortuna, no?”
Sirius annuì, comprendendo il suo sarcasmo. “Già.”
Hermione si morse per un attimo il labbro inferiore.
“Sirius…forse tu non lo sai, ma Cornelius Caramell…”
“…è stato ucciso dai mangiamorte stamattina, si.” L’uomo si accigliò. “E voi come
lo sapete?”
Ron fece una smorfia. “Abbiamo i nostri informatori.”
Sirius l’accettò come risposta. “Già, beh…si, presto tutto
il mondo della magia lo saprà.”
“E con King’s Cross siamo a due in tre giorni.” Fece Ron. “O a meno due, se
preferisci.”
“In queste ultime settimane i loro attacchi si sono
intensificati moltissimo.” Mormorò Hermione.
“Diciamoci la verità.” Disse serio Ron. “Si stanno
avvicinando. Ci scommetto che noi siamo tra i prossimi obbiettivi.”
Hermione rabbrividì e abbassò lo sguardo, stringendosi nelle
spalle; Ron lo notò e gli diede fastidio vederla così tesa. Le prese una mano
nella sua e lei gliene fu grata, perché gli rivolse un piccolissimo sorriso.
Sirius sospirò. “Non dovete avere paura. Hogwarts è
sorvegliata.”
“Anche casa Caramell lo era.”
“Ma a casa di Caramell non c’era Silente.”
La risposta di Sirius sembrò far riflettere Ron e Hermione. “Silente è il più grande mago dei nostri tempi. Vi proteggerà meglio di
chiunque altro.”
Harry fece una smorfia ironica piuttosto rumorosa, attirando
su di sé l’attenzione degli altri. “Perché continui a
dire queste palle? Perché li stai illudendo?”
Sirius lo guardò confuso. “Come…?”
Harry fece un passo avanti. “Hai sentito bene. Li stai
illudendo, esattamente come hai sempre fatto con me. Beh, questo non è giusto.”
“Harry, non ti capisco.”
“Ah, non mi capisci, eh?” ribattè duro Harry. “Beh, forse ti
serve solo un piccolo sforzo per accorgerti di quante volte tu hai illuso me! Tutte le volte che hai promesso che saremmo andati a vivere
insieme, per esempio!”
Sirius incassò il colpo e abbassò lo sguardo. “Credimi,
Harry, non c’è niente che vorrei di più al mondo.”
“Ma chissà come mai sono passati
tre anni e io vivo ancora in quella bettola di casa Dursley!” Harry incrociò le
braccia sul petto.
“Ci sono delle cose che per ora non posso
spiegarti.” Tentò di dirgli il suo padrino. “Quello che faccio nella vita non mi consente di
abitare in una tranquilla casetta assieme a te.”
“E che cos’è che fai?”
Sirius abbassò gli occhi. “Mi dispiace.”
Harry annuì con amarezza. “Già, dispiace anche a me. Soprattutto
mi dispiace che se io stessi da te sarebbe tutto più semplice.”
“Cosa sarebbe più semplice,
figliolo?”
“Se io stessi con te non starei a
Hogwarts.” La voce di Harry era tesa come una corda. “E non la renderei un
bersaglio di Voldemort.”
Sirius scosse la testa. “No, questo non è vero. E’ una
guerra, Harry, non è più una lotta personale.”
“Hogwarts è coinvolta perché ci studia Harry Potter.”
“Hogwarts è coinvolta perché ci studiano giovani promesse
del mondo della magia, guidati dai maghi e dalle streghe più forti e saggi dei
nostri tempi.”
Harry si appoggiò al muro e scosse stancamente la testa.
“…non lo so. Io so solo che vorrei andarmene dove nessuno saprebbe mai nemmeno
che esisto.”
“Beh, in tal caso avvertimi prima.” La risposta determinata
di Ron precedette quella di Sirius. “Perché io vengo
con te.”
Hermione annuì con decisione. “Anch’io.”
Sirius guardò per un momento i due ragazzi con gli occhi che
gli brillavano: volevano un tale bene al loro amico che la loro devozione e il
loro coraggio sarebbe bastato a dare a chiunque la forza di andare avanti. Ma
Sirius conosceva bene Harry e sapeva che in realtà se la loro amicizia era tutto per lui, era anche la sua più grande
preoccupazione: loro erano la sua famiglia, e per questo erano in pericolo più
di chiunque altro. E Harry avrebbe preferito morire
piuttosto che vederli feriti…o peggio…a causa sua.
***************
Molte volte è più difficile aspettare che
le cose accadano piuttosto che essere parte attiva e farle succedere
grazie anche al proprio intervento. Ci sono persone che preferiscono aspettare
che le cose avvengano, e ce ne sono altre che invece lottano per agevolarle o
impedirle. Così come ci sono soldati che al momento cruciale scelgono di
risparmiarsi la vita per un’altra battaglia e scappano via, e ce ne sono altri
che preferiscono morire combattendo sul campo di battaglia fino all’ultimo
respiro.
E Harry era uno di questi.
L’aveva dimostrato sempre, in ogni occasione, in ogni circostanza.
Lui non amava tirarsi indietro né nascondersi, e certamente odiava essere una
bomba ad orologeria ambulante. Perché era questo che Harry si
sentiva: una minaccia alla felicità e alla serenità di quelli che amava.
Era già successo tempo prima: per colpa sua erano
morti i suoi genitori, poi non era stato capace di fermare Voldemort, non aveva
salvato Cedric Diggory, anzi…e dallo scoppio della guerra non aveva fatto più
nulla. Si era nascosto e aveva aspettato…che cosa, poi?
E che cosa stava aspettando ora, a
notte fonda, mentre fissava il cielo stellato nella Torre dell’Astronomia?
“Poche cose al mondo conservano la purezza
del cielo, non è vero?”
Harry sussultò e si voltò di soprassalto. “Professor
Silente…io…”
Il buon vecchio preside scosse la testa con un sorriso. “Non
sono qui per togliere punti a Grifondoro. Si dà il caso che avessi
il tuo stesso desiderio…volevo osservare un po’ le stelle.”
Harry tornò a rilassarsi di spalle al muro, e non disse
nulla.
Silente fece un paio di passi avanti. “Ci sono un sacco di
teorie sulle stelle, lo sai?” disse piano, con la sua voce tranquilla e pacata. “Alcuni dicono che sono finestre che danno su altri
mondi. Beh, potrebbe anche essere. Altri pensano che siano i nostri cari che ci
guardano dal mondo dei morti. E’ un po’ strano, ma in fondo è rassicurante
immaginarlo. La terza teoria è quella in cui credo di
meno.”
Harry si accigliò. “Cosa dice
esattamente?”
“Gli astrologi e gli appassionati di Divinazione credono che
il destino di ciascuno di noi sia già scritto nelle stelle.”
Harry esitò. “Perché non ci crede,
professore?”
Silente si voltò a guardare Harry oltre i suoi occhialetti a
mezzaluna. “Perché io penso che tutti noi dobbiamo
ancora scrivere il libro della nostra vita, Harry. Quello che ci succede non possiamo controllarlo, ma possiamo decidere come affrontare
la vita e come reagire ai problemi.”
Harry abbassò la testa. “Anch’io la
penso così.”
Silente inarcò leggermente le sopracciglia. “E come la pensi, figliolo?”
Harry sospirò, quindi rialzò la testa. “Io sono libero di
fare quello che voglio, non è vero? Sono libero anche di lasciare questa
scuola, perché sono maggiorenne. Nessuno potrebbe fermarmi.”
Silente rimase per un momento in silenzio,
poi parlò col suo solito tono calmo. “E dove
vorresti andare?”
“Ad affrontare Voldemort.” Disse Harry senza mezzi termini.
“Cos’ questa guerra maledetta finirà e smetteranno tutti di soffrire.”
“Non tutti.”
“Si, invece. Comunque andranno le
cose, la guerra almeno finirà.”
“Ma tu potresti perdere. O morire.”
Harry scosse la testa. “Sarebbe meglio che a morire fossi
io, e non chi ha una famiglia che ne soffrirebbe.”
“Io credo che il signor Weasley e la signorina Granger
avrebbero qualcosa a che ridire su questo.”
Harry serrò la mascella. “Io non voglio che a Ron e Hermione
succeda qualcosa. E neanche agli altri. Se posso
evitarlo, se posso fermarlo prima, io…professor Silente, la prego, mi lasci
andare.”
Silente guardò il ragazzo per un lungo momento, alla fine si
sedette sulla panca accanto a lui e continuò a fissare il cielo stellato. “Lo
credevo anch’io molti anni fa.” Disse piano, e per la prima volta Harry sentì
la sua voce appesantita dagli anni. “Credevo anch’io che se avessi affrontato
Voldemort lo avrei fermato. Dicevano che ero l’unico che poteva ucciderlo; non
ci ho mai creduto fino in fondo, ma pur di difendere quelli che amavo avrei
fatto di tutto. Ci ho provato. E ho fallito.” E qui si voltò a guardarlo negli occhi. “Ho fallito, e sono
morti in tanti senza che io potessi fare niente. E
credimi, avrei volentieri dato la vita pur di salvare tutti quegli innocenti. Ma non era in mio potere farlo.”
“Lei…crede che io non riuscirei a fermarlo?” mormorò Harry.
“Io credo solo che qualunque cosa succeda, il tuo momento
verrà senza che tu te lo vada a cercare. Come verrà il mio.”
Harry abbassò lo sguardo. “Quindi dobbiamo restare qui ad
aspettare.”
Silente annuì. “E’ la scelta più difficile, ma
sfortunatamente è l’unica cosa saggia da fare. E
voglio che tu lo ricordi sempre, Harry. Questa guerra è iniziata molto prima
che tu fossi concepito, e quello che succede non è a causa tua. Tu sei solo
parte degli eventi, come tutti noi.”
Harry sospirò e si alzò. “Io spero solo che questo momento
arrivi, e anche presto.”
Silente sorrise. “Arriverà, arriverà…mio
giovane e impaziente Grifondoro. Lascia che sia lui a trovare te, e non il
contrario.”
Harry annuì e abbozzò un piccolo sorriso. “Grazie,
professore. Per tutto.” Il buon vecchio preside gli
sorrise e lui fece per andarsene.
“Harry?” il ragazzo si voltò. “Tutte le stelle per essere
viste devono brillare di più. E ci impiegano del
tempo…ma poi sono abbaglianti in tutto il loro splendore.”
Harry tese le labbra in qualcosa che assomigliava a un sorriso e poi annuì, lasciando la Torre per tornare nel
suo dormitorio.
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Oh, ecco finalmente finito anche il secondo capitolo. Grazie
Sara Lee per la velocità con cui lo hai beta letto!
Sei la migliore, come sempre. =)
Vorrei fare una piccola precisazione prima di andare avanti:
Harry afferma di essere maggiorenne nonostante abbia
ancora 17 anni perché in Inghilterra a quell’età si è maggiorenni.
Wow, quante bellissime recensioni! Vi adoro tutti, ragazzi!
=) Ci tengo a ringraziarvi uno per uno!
Vale: sono felicissima di sentirti! Io adoro
le tue recensioni, è sempre un piacere leggerle. Spero davvero di
riuscire a soddisfare le tue attese ^^
Strekon: Seamus piace un casino anche a me! =) si, se
vedemu…ma tu aggiorna, capito? Sto aspettando con molto interesse…
Alexis: maestro! Allora ti piace leggere le cose che scrive il “marocchino”, eh? ^^ eh eh… muchas gracias, Yo soy muy…contenta
come si dice? ^^
Ginny, Mao_Chan91, Mikisainkeiko e Kimmy: grazie infinite!!! =)
Beppe90: grazie, sei davvero molto gentile!
Kim: grazie! E comunque sei
veramente molto brava, lo sai? Devo ancora recensirti l’ultimo chap che hai
postato…ma meriti un sacco di complimenti perché mi piace molto il tuo modo di
scrivere e interpretare le situazioni. Sto rileggendo anche la tua prima
storia…è molto, molto bella!
Danae: il tuo entusiasmo mi ha messo di buonumore =) e sì,
Seamus è proprio un grande….
Vega: dai un’occhiata alla tua
posta stasera =) un bacio grande
Kiara: carissima! Spero davvero che la storia continuerà a
piacerti, mi piace trovare le tue recensioni =)
Marilia: tranquilla, non succede proprio niente…non è la
fine del mondo, è solo un titolo ed è una coincidenza! Buon trasloco!
Virginia: non capisco la tua recensione (c’è ben poco da
capire, comunque), ma interpreto la tua vaga
esclamazione in modo non positivo. E onestamente non capisco perché se devi
dire che una cosa non ti piace non lo dici e basta, senza lasciare messaggi “cifrati”.
Alice: ti voglio un bene dell’anima! E sono contenta che tu
abbia risolto tutto... sei grande =)
Neo: …già sai! =)
Ah, dimenticavo: mia sorella ringrazia tutti per gli auguri
al suo sito! =)
Beh, ora devo lasciarvi…il prossimo capitolo, mh…”Addio
Hogwarts”. Suona familiare? Per chi ha letto le altre storie della saga sicuramente
si. Baci e baciotti
Sunny