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23. In The Dark
Gin si guardava
intorno attentamente, cercando di penetrare l’oscurità, le mani strette
saldamente sulla pistola: quel maledetto bastardo dunque aveva più di un
complice dalla sua; che sciocco era stato a non aspettarsi un attacco a
sorpresa, avrebbe dovuto guardarsi le spalle. Comunque, non avrebbe lasciato che
un dettaglio così insignificante rovinasse tutto quanto, non importa quante
persone avrebbe dovuto uccidere per riuscirci. Se quel maledetto voleva la
guerra, l’avrebbe avuta, al diavolo il dolore pulsante alla spalla, colpita e
fortunatamente non penetrata dalla pallottola sparata a tradimento. Sentiva il
sangue scivolare, caldo e viscoso, lungo la schiena, e l’adrenalina crescergli
nel corpo, inebriandolo. Quanto amava tutto ciò…
Un fugace
movimento nell’ombra gli suggerì la posizione del suo avversario, e un sorriso
crudele gli increspò le labbra: chiunque fosse il nuovo arrivato non doveva
essere molto furbo: avrebbe fatto meglio a fuggire più lontano che poteva, dopo
aver colpito, e non ad intrufolarsi nel magazzino. Con quella mossa aveva
firmato la sua condanna.
“Vodka, blocca
l’altra uscita.” Ordinò, e l’uomo obbedì immediatamente, allontanandosi. Sapeva
che probabilmente gli altri due se l’erano già svignata, ma era deciso a farla
pagare cara a quel guastafeste. Sentì un rumore sordo: aveva individuato il
punto dove si era nascosto, dietro una catasta di legname marcio, e vi si
avvicinò, lento ma inesorabile, pronto a qualsiasi attacco, la pistola in pugno.
Ormai poteva quasi vedere dietro la barriera lignea, si leccò le labbra, ansioso
di colpire.
“Bene…è la tua
fin-“
Vuota.
Non c’era nessuno
nascosto lì, e nello stesso momento in cui la rabbia divampava nel suo corpo
sentì la fredda canna di una pistola puntata contro la sua testa.
“Non un
movimento, Gin” sibilò, voce fredda e tagliente come una lama di ghiaccio. Il
suo sorriso si fece divertito.
“Ciao, Sherry.”
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Shinichi Kudo non
aveva accumulato un così gran numero di casi risolti solo per fortuna, e di
certo non perché qualcun altro addormentandolo faceva tutto il lavoro al suo
posto. Durante la sua brillante carriera aveva imparato che poteva fidarsi
ciecamente del suo intelletto e dei suoi presentimenti, e di certo ora non li
avrebbe ignorati per un dettaglio insignificante quale l’essere in grave
pericolo di morte. Lo sparo che aveva salvato lui e il suo collega non era
frutto di un qualche miracolo divino, né ne era l’artefice qualche poliziotto:
anche ammesso che in qualche modo l’ispettore avesse saputo che erano in
pericolo, la procedura per quel genere di situazioni non prevedeva certo lo
sparare addosso ai criminali senza alcun preavviso, bensì un’irruzione armata,
che li avrebbe costretti a gettare le armi. Un’azione di quel genere sarebbe
costata il posto con disonore a qualsiasi agente, e non conosceva nessuno fra
gli uomini di Megure con simili aspirazioni. Dunque, ad aiutarli non era stata
la polizia, e non ricordava di avere stretto solide amicizie da quelle parti.
Perciò, chi li aveva aiutati?
Era la domanda
che la sua mente si era posta subito dopo aver sentito il rombo dell’arma da
fuoco e l’infrangersi dei vetri. Così, lasciando volutamente che Heiji lo
distanziasse mentre ripercorrevano l’asse di legno, conscio che non poteva
chiedergli di restare ancora lì dentro dopo quello che era successo per una sua
vaga supposizione, si fermò a metà strada, fece scivolare giù dall’asse le gambe
sorreggendosi con le braccia, e con una mossa atletica riuscì a mettere i piedi
per terra, aiutandosi anche con le rientranze del muro più vicino. Dopodiché si
nascose nell’ombra, osservando ora la scena da un’angolazione migliore, attento
a non farsi scorgere: era certo che Gin e Vodka pensassero che era scappato via
dalla finestrella. Sperava solo che Hattori non fosse così stupido da rientrare,
non vedendolo, e che andasse invece a chiamare la polizia: la sua
ricetrasmittente era stata distrutta dal proiettile che Gin aveva sparato poco
prima.
I due Uomini in
Nero si guardavano intorno con circospezione, Shinichi poteva vedere quanto
fossero tesi: sicuramente non si aspettavano un attacco da due fronti. Alle
labbra gli affiorò un lieve sorriso, che si spense subito quando la supposizione
si fece largo nella sua mente. Stavolta, avrebbe tanto voluto sbagliarsi.
Non può essere
lei…non avrebbe mai potuto saperlo…
Ma ancora una
volta era la voce della speranza a parlare, non della razionalità. Avrebbe
potuto scoprirlo in cento modi diversi, e non ci sarebbe stato modo di impedirle
di raggiungerli, in quel caso. Udì Gin lanciare al suo complice l’ordine di
bloccare l’altra uscita, e seppe che adesso non avrebbe potuto più andar via,
non prima di aver sistemato gli Uomini in Nero. Era in trappola, solo e
disarmato. Fantastico. Nonostante tutto però non era pentito della sua scelta:
se le cose stavano davvero come pensava, non si sarebbe mai perdonato di averla
lasciata sola in quel magazzino con quei due assassini.
Scrutò l’oscurità
con attenzione, cercando di individuarla: vide un movimento dietro Gin, non
troppo vicino, e non si trattava certo di Vodka, che si era allontanato verso il
retro del magazzino e la finestrella, unica altra via di fuga. Gin era attento,
e sapeva che se non avesse creato un diversivo, l’uomo avrebbe avvertito la
presenza alle sue spalle e l’avrebbe preceduta, uccidendola. Anche ammesso che
non si trattasse di Ai, come aveva supposto, non poteva permettere che qualcuno
perdesse la vita, qualcuno che per di più aveva appena salvato la sua. Si guardò
intorno e notò un pezzo di calce non distante da lui, sul pavimento,
probabilmente staccatosi dal soffitto o dal muro. Lo afferrò, attento a non far
rumore, prese la mira e lo lanciò verso un cumulo di legname marcio, alto
abbastanza da nascondere un individuo adulto. Il rumore che provocò attirò
l’attenzione di Gin, che cominciò ad avvicinarvisi lento e vigile. Shinichi
sorrise soddisfatto: a quanto pare, anche lui sapeva attirarlo in una trappola,
volendo.
Abbassa la
cresta, galletto…hai solo tirato un sasso…
Sbuffò
silenziosamente, scocciato. Prima o poi avrebbe dovuto andare dall’analista,
chissà quali traumi infantili aveva dovuto subire, se nei momenti meno opportuni
la voce canzonatoria di suo padre gli rimbombava fastidiosa nella testa con quel
suo tono saccente di sufficienza…
Gin era arrivato
vicinissimo alla catasta e aveva puntato la pistola, pronto a colpire. Proprio
in quel momento, una donna bionda sbucò dall’ombra e con un balzo fu dietro di
lui, puntandogli un’arma alla testa. Shinichi si sentì sprofondare: aveva avuto
ragione, era proprio Ai Haibara, la misteriosa soccorritrice. Non gli importava
che l’avesse salvato, avrebbe preferito mille volte che se ne restasse a casa.
Perché era uscita allo scoperto?? Cosa aveva intenzione di fare, scontrandosi
faccia a faccia con gli odiati Uomini in Nero??? Strinse i pugni: se le cose si
fossero messe davvero male, non avrebbe saputo come aiutarla. Forse avrebbe
dovuto arrendersi alle proteste di Hattori e prendere lui la pistola! Qualunque
cosa avesse in mente Ai, non gli piaceva per niente. Il fatto stesso che si
fosse intrufolata nel magazzino e non fosse scappata, dopo averli aiutati,
dimostrava che aveva cercato di proposito lo scontro con Gin. Ma perché?? Per
quel che ne sapeva, Ai era spaventata a morte dall’Organizzazione. Parlava
sempre di scappare e nascondersi, più di una volta aveva perfino cercato di
suicidarsi. Non faceva che ripetergli quanto fossero pericolosi, e ogni volta
che lui aveva l’occasione di fare concretamente qualcosa, come quando li avevano
incontrati per strada e lui aveva deciso di seguirli di nascosto, era sempre
stata pronta a scoraggiarlo, a cercare di dissuaderlo dall’andare contro di
loro, definendolo ‘inutile e pericoloso’. E adesso si scopriva così
stupidamente, attaccandolo frontalmente. Cosa sperava di ottenere? Perché?
Però in fondo lo
sapeva. Gli era accaduto così tante volte in passato…vedere persone normalissime
cadere in quella spirale di autodistruzione. Sarebbe stato facile considerarle
persone sciocche, o cattive, e lasciarsi tutto dietro le spalle. Ma la realtà
era ben diversa: tutti loro, non erano né sciocchi, né cattivi: solo accecati da
un dolore insopportabile, che li aveva consumati dentro, fino a fargli prendere
quella decisione così terribile, per i loro obiettivi ma anche per loro stessi.
Vendetta.
Una delle
motivazioni più frequenti per un omicidio. Quante volte, dopo aver incastrato il
colpevole, aveva udito dalle sue labbra che l’aveva fatto per vendicare qualcuno
a cui voleva davvero bene, che gli era stato portato via per colpa della persona
che aveva assassinato? Aveva visto i loro occhi umidi di pianto privi di
qualsiasi luce, bensì colmi di un’oscurità soffocante che inghiottiva qualsiasi
sentimento che non fosse la disperazione più assoluta. Molti di loro, dopo
l’omicidio, non avevano trovato l’appagamento desiderato: perché non è a questo
che porta la vendetta. No, porta solo altra sofferenza. A quanti di loro aveva
cercato di impedire di suicidarsi, dopo il loro atto? E non con tutti c’era
riuscito, purtroppo.
Seppe con
certezza che Ai voleva vendicare la morte di sua sorella Akemi uccidendo Gin, e
seppe con altrettanta certezza che non gliel’avrebbe permesso. Non per lui,
quell’odioso bastardo assassino, perché per quanto volesse negarlo a se stesso
non avrebbe potuto che tirare un sospiro di sollievo, se un giorno avesse letto
sul giornale della sua morte. L’avrebbe fatto per lei: non voleva vedere anche
nei suoi occhi quel buio così opprimente, non voleva perderla per sempre. Quella
cosa l’avrebbe distrutta in un modo tanto doloroso che lei non poteva nemmeno
immaginare.
Ti salverò
Ai…fosse l’ultima cosa che faccio…
E non era un modo
di dire. Contro l’Organizzazione, la possibilità era più che reale. Inarcò le
sopracciglia, pronto ad intervenire.
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Aveva creduto
che nel momento cruciale si sarebbe sentita agitata e spaventata a morte, che
avrebbe esitato, e fu un sollievo riscoprirsi perfettamente calma. Aveva trovato
la sua pace interiore nell’oceano di paura che tempestava nel suo animo, e si
era mossa con grande abilità, riuscendo a non farsi vedere dai suoi nemici.
Sapeva che con il suo gesto aveva salvato Kudo e il suo amico di Osaka, e la
cosa la faceva sentire soddisfatta e fiera. Ormai loro due erano certamente
fuggiti via, sperava solo che Kudo, memore del favore che gli aveva appena
fatto, non ce l’avesse troppo con lei per averlo ingannato, e, se ci fosse
riuscita, per aver commesso un omicidio. Ma sapeva che era una vana illusione:
lui l’avrebbe odiata e disprezzata, oh sì. Le avrebbe urlato contro che era
un’assassina e un mostro, proprio come quando gli aveva rivelato il suo passato
a casa del dottor Agasa, il giorno del loro primo incontro. Si sarebbe rifiutato
di continuare ad aiutarla e l’avrebbe mandata via dall’unico posto che, dopo
tanti anni, poteva considerare davvero come casa. Lei sarebbe rimasta sola. Di
nuovo. In fondo c’era abituata, no? Non poteva sperare che Kudo, simbolo
impeccabile di giustizia e onestà, collaborasse con un’assassina. Lui pensava
che non c’era cosa peggiore dell’omicidio; ma lei sapeva bene che c’è più di un
modo per uccidere una persona, uno di questi era ciò che avevano fatto a lei,
rubandole la sua infanzia, i suoi affetti più cari…la sua vita. L’Organizzazione
l’aveva prosciugata di qualsiasi cosa la rendesse minimamente felice. E ora,
inconsciamente consapevole, l’avrebbe aiutata lei stessa a toglierle l’ultima
cosa che le era rimasta che la faceva stare bene.
Vide Gin
avvicinarsi ad una catasta di legname, mentre quell’idiota di Vodka si era
allontanato sotto suo ordine verso il retro del magazzino. Seppe che quello era
il momento che aspettava, se l’avesse sprecato non ne avrebbe avuti più. Gin era
troppo furbo per creare due situazioni a suo svantaggio in una sola volta…
Inspirò
profondamente e si lanciò verso di lui, la sua fedele pistola in pugno, e senza
un attimo di esitazione gliela puntò saldamente contro la nuca, buttando fuori
l’aria prima di sibilare minacciosa: “Non un movimento, Gin”.
Sperava di
vederlo agitato, magari impaurito, ma le sue illusioni crollarono non appena
sentì la sua voce rilassata e divertita.
“Ciao, Sherry”
disse lui, come se l’avesse salutata incontrandola per la strada. Sentì insieme
collera e timore crescere dentro di sé: possibile che non fosse minimamente
preoccupato dal fatto che gli stava puntando una pistola addosso? Avrebbe potuto
fargli saltare in aria il cervello con il semplice gesto di un dito…
“Non credevo che
ti avrei trovata qui. Sei venuta ad aiutare il tuo amichetto come ha fatto lui,
qualche tempo fa? Una specie di scambio di favori?” le chiese, perfettamente
immobile. Lei aggrottò la fronte, decisa a far affiorare la collera e non il
timore. “Taci.” Ringhiò.
“Sono curioso di
sapere quale altro genere di favori vi scambiate…”
Tolse la sicura
alla pistola, sperando che lo scatto gli infondesse un po’ di timore, ma,
sebbene non potesse vederlo in volto, avvertiva la sua calma.
“Cosa pensi di
fare adesso, Sherry? Vuoi forse uccidermi?” le domandò, sempre con quel tono
divertito.
“Credi che non lo
farei?” replicò, tenendo così saldamente la pistola che le sudavano le mani.
Gin non rispose.
Voltò lievemente la testa in modo di farle scorgere il suo sorriso.
“Vuoi sapere
perché ho ucciso tua sorella?” mormorò, il blu dei suoi occhi pervasi da uno
strano luccichio che non aveva mai visto.
“C…cosa?” disse
lei, spiazzata.
“Quella
stupida…per tutta la vita non ha fatto altro che eseguire gli ordini,
macchiandosi del sangue di molte persone, nella sciocca illusione che in questo
modo ti avrebbe salvata.”
“Zitto! Non
parlare di Akemi…!”
“E
invece…l’abbiamo solo usata, per tutta la sua miserabile esistenza, e quando non
ci è più servita l’ho gettata via…come un pezzo di carta igienica.”
Questo era
troppo. Non poteva sentir parlare così di sua sorella, dell’unica persona che
l’aveva davvero amata… Fece per sparare, ormai non le importava più nulla, non
aveva niente da perdere…
“Ricorda,
sorellina…non lasciarti mai corrompere. Puoi lavorare per loro…ma non sarai mai
come loro. Tu sei migliore.”
La voce di Akemi,
limpida e chiara, riaffiorò alla sua mente. Buffo, non ricordava nemmeno in che
occasione gliel’avesse detto...ma le infuse qualcosa che prima non aveva,
qualcosa che le fece allentare la pressione sul grilletto.
Inaspettatamente
Gin con un gesto improvviso e violento la colpì allo stomaco, facendole
strizzare gli occhi per il dolore cadendo a terra. Teneva ancora la pistola in
mano, ma Gin premette con forza il piede sulla sua mano, facendole scricchiolare
dolorosamente le ossa e gemere, e la lasciò andare, cosa che permise a lui di
raccoglierla.
“E anche tu sei
una povera stupida…proprio come lei.” rise, un suono agghiacciante che risuonò
nell’edificio vuoto. “La vostra vita ci è appartenuta…è giusto che sia così
anche per la vostra morte, non credi?”
“Va all’inferno,
stronzo” ringhiò lei, tenendosi la mano dolorante. Ora sapeva che era davvero
finita. Gin l’avrebbe uccisa, proprio lì, e nessuno avrebbe più saputo nulla di
lei. Non che avesse importanza.
“Prima le
signore…” replicò lui con un sorriso crudele, ma prima che potesse spararle il
suo braccio fu colpito da un grosso pezzo di legno, che gli scatenò un grugnito
soffocato e lo costrinse ad abbassare la mira. Ai approfittò dell’occasione per
rialzarsi, sferrandogli un calcio e fuggendo nella direzione dalla quale era
partito il proiettile. Gin le sparò un colpo che la mancò di pochi centimetri, e
prima che potesse rendersene conto una mano le afferrò il polso e la costrinse a
rifugiarsi dietro un cumulo di materiale vario da costruzione, vecchio
abbastanza da essere inutilizzabile. Si ritrovò faccia a faccia con un Kudo
adulto, il giovane viso tirato per la tensione, che le fece cenno di tacere con
un dito sulle labbra.
“Stupido! Gli hai
rivelato la tua posizione così!” sbottò, e infatti Gin ora puntava verso di
loro, la pistola in pugno.
“Tranquilla.”
Ribatté, restando nascosto e mirando con il suo orologio spara-anestetico.
“Aspetta solo che sia abbastanza vicino…”
Nonostante la
situazione piuttosto critica, non poté fare a meno di sentirsi sollevata al
pensiero che Kudo fosse al suo fianco. Le venne da sorridere quando pensò che la
scena era molto simile alla battaglia finale di “Amore e Morte a Broadway”,
nella quale i due protagonisti affrontavano i cattivi aiutandosi l’un l’altra.
L’unica cosa che restava da chiedersi era se il finale sarebbe stato lo stesso.
Adesso Gin era
vicinissimo a loro. Kudo sorrise, puntandolo con il suo orologio e sparando il
dardo narcotizzante, che lo colpì al braccio. L’uomo guardò strabuzzando gli
occhi l’ago che spuntava dalla veste nera, poi si afflosciò, cadendo a terra
addormentato. Il sorriso sul viso di Kudo era trionfante, e lei non poté fare a
meno di notare quanto fosse bello, gli occhi che brillavano, i capelli
scompigliati, il fisico atletico che si intravedeva attraverso la camicia
bianca.
Era pur sempre
una ragazza, dopotutto.
Kudo si alzò,
dirigendosi verso Gin e guardandolo con circospezione. Dentro di sé, Ai sentiva
un misto di sensazioni diverse confondersi insieme: gioia, soddisfazione,
incredulità…Avevano vinto.
Fu allora che Gin
prese Kudo per la caviglia e lo atterrò.
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Era davvero
ridicolo che riuscisse a catturare assassini scaltri e abili e non fosse in
grado di ritrovare sua figlia, poco più di una bambina. Dovette fermarsi a
riprendere fiato, il volto in fiamme, la testa che gli faceva male da morire per
la mancanza di ossigeno, che i suoi polmoni cercavano di compensare lavorando
furiosamente, così come il suo cuore, mentre una forte nausea cominciava a
propagarsi alla bocca dello stomaco.
Dannate
sigarette.
“Mouri-san, forse
è meglio se si riposa. Posso continuare…”
“Stai qui” riuscì
a bofonchiare, ancora con il fiato corto, ansimante. L’ultima cosa di cui aveva
bisogno era perdersi anche la figlia del capo della polizia di Osaka. Oltretutto
era davvero preoccupato per Ran: se era in corso un’azione armata, avrebbe
potuto trovarsi in pericolo. Tutta colpa di quel ragazzino viziato e odioso.
Meglio per lui che non gli capitasse fra le mani in quel momento, non escludeva
che avrebbe potuto ammazzarlo per quello che aveva fatto alla sua bambina.
“Non le è
sembrato di sentire un rumore?” chiese dietro di lui l’amica di Ran.
Kogoro, che
faticava persino a sentire i propri pensieri dato il fiatone, la guardò
interrogativamente. Kazuha indicò col dito una vecchia casa dall’altra parte
della strada. “Ho sentito come un rumore di vetri rotti…”
L’investigatore
sospirò, avanzando a fatica verso il punto indicato. Fece cenno alla ragazza di
restare dov’era e raggiunse la porta, aprendola con cautela e sbirciando
attraverso la fessura. In effetti, c’era qualcuno accoccolato in terra, che
smise improvvisamente di muoversi quando sentì la porta cigolare; il buio gli
impediva di vedere chi era, ma dal profilo sembrava una donna.
“Chi diavolo..?”
entrò nell’abitazione, con circospezione, e avvicinandosi si accorse che la
donna era legata e imbavagliata: dei frammenti e la canna di una bottiglia
spaccata gli fecero capire da dove proveniva il rumore di vetri rotti udito da
Kazuha. Ma fu quando si accorse chi era la donna che ebbe un sussulto violento,
e sgranò gli occhi dalla sorpresa: “S-signorina Sato?!?” esclamò con il cuore in
gola, affrettandosi a toglierle il bavaglio e cominciando a trafficare con le
funi per scioglierle. Dopo aver respirato un paio di volte profondamente con la
bocca, Sato gli si rivolse con un mezzo sorriso di sollievo. “La ringrazio,
detective. Non ci speravo più…per fortuna che qualche ubriacone ha lasciato per
terra una bottiglia, pensavo di tagliare le corde con il vetro, ma ora non ce
n’è più bisogno.” Lui stava ancora armeggiando con le funi e le chiese
incredulo: “Chi è stato a…?”
“Non lo so.”
Sospirò “Ero di pattuglia quando ho sentito il rumore di uno sparo. L’ispettore
Megure ha aperto la comunicazione e proprio mentre stavo per rispondere qualcuno
mi ha colpito forte alla testa e ho perso i sensi. Accidenti!” strinse i pugni,
e Kogoro si accorse che era profondamente frustrata e arrabbiata con se stessa
“Avrei dovuto accorgermi che qualcuno mi era arrivato alle spalle, insomma, sono
un’agente esperta! Invece…”
“Sono sicuro che
non è colpa sua” cercò di rincuorarla Kogoro, riuscendo finalmente a sciogliere
le funi. Lei si alzò, sgranchendosi le braccia intorpidite. Lei so voltò verso
di lui, le sopracciglia scure inarcate. “Lo è invece! E come se non bastasse,
quando ancora ero semi cosciente, mi è sembrato di sentire…” la voce divenne
fioca, mentre aggrottava la fronte a quel che pareva perplessa.
“Cosa?” la
incoraggiò lui. Sato sospirò. “Mi è sembrato di sentire la mia voce, che
indirizzava le truppe di Megure in un palazzo del mio settore.” disse
debolmente, Kogoro scoppiò a ridere. “Ma è assurdo, no? Forse stava già
sognando.” Concluse semplicemente. Lei lo guardò poco convinta, fece per
replicare ma all’ultimo minuto parve rinunciarci e annuì. “Andiamo, devo
raggiungere la squadra e avvertire l’ispettore dell’accaduto.”
“Non ha con sé la
ricetrasmittente?”
“No. È questo il
problema. Chiunque ce l’abbia, ora è in grado di conoscere tutte le mosse della
polizia.”
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Era nei guai.
L’aveva presagito sin da quando aveva messo piede in quel caseggiato. Le
sopracciglia scure inarcate, lo sguardo passava teso dalla pistola puntata
contro di lui al ghigno terribile dell’uomo e ai suoi occhi gelidi e spietati.
Cosa avrebbe potuto fare? Non poteva muoversi senza beccarsi una pallottola, e
ad ogni modo stava per sparargli comunque. Non poteva usare la sua pistola, che
fuggendo sull’impalcatura si era re-infilato nei jeans. Non c’era via d’uscita:
era evidente che l’uomo che gli stava davanti era un killer esperto. Una
orribile sensazione di impotenza e di disperazione si fece largo nel suo
animo…era spacciato. Poteva solo sperare nell’arrivo di qualcuno…Kudo, forse…
“Uhm…data la
delusione della serata, vediamo se posso divertirmi un po’ con te…” si leccò le
labbra, gli occhi che scintillavano famelici “Non sarà bello come con il piccolo
Toshio, ma mi posso accontentare.” Rise, un suono spaventoso e crepitante che
non poté udire più di qualche istante, sebbene fosse durata di più. L’uomo aveva
premuto il grilletto, e Heiji sentì un’esplosione di dolore lancinante alla
spalla, che lo fece urlare strizzando gli occhi, mentre il sangue colava lento e
inesorabile dalla ferita pulsante e bruciante. La mano corse istintivamente a
tamponarsi, mentre il dolore, concentrato in un unico punto, fluiva in tutto il
suo corpo, teso alla sofferenza.
Aprì gli occhi a
fatica, ansimante, e incontrò lo sguardo divertito ed eccitato del suo nemico,
che non aveva smesso di ridere quella sua risata raccapricciante.
“Fa male, vero?”
chiese retoricamente, sempre ghignando. “Tu sai, ragazzo, quanti proiettili
possono entrare nel corpo umano prima che il malcapitato muoia?”
Heiji lo guardò
con odio e disprezzo, continuando a tenersi stretta la spalla. Aveva paura,
questo sì, non voleva morire…ma se proprio non c’era via d’uscita, non gli
avrebbe dato la soddisfazione di mostrarsi debole e spaventato. L’avrebbe
affrontato, e sarebbe morto con onore. In fondo, non era compiacendo quel mostro
che si sarebbe salvato. Non rispose, continuando a fissarlo quasi con sfida, e
cercando di raddrizzarsi, dato che il suo corpo si era come curvato in direzione
della parte lesa.
“No..? Non lo
sai?” insisté l’assassino. Si avvicinò a lui, poi abbassò un po’ la voce con
fare cospiratorio e gli sorrise complice, strizzandogli l’occhio. “Nemmeno io.”
Mentre con l’altra teneva la pistola puntata, allungò una mano e strinse forte
la spalla, che grondò di sangue mentre lui emetteva un gemito soffocato a causa
della nuova scarica di dolore.
“Ma lo scopriremo
insieme, vero, ragazzo?” si allontanò di nuovo da lui, leccandosi via il sangue
dalla mano. Nonostante la sofferenza, Heiji storse la bocca disgustato. Era
l’uomo più mostruoso che avesse mai incontrato, sembrava uscito da un racconto
dell’orrore, stentava quasi a credere che una feccia del genere fosse un essere
umano. Non voleva nemmeno immaginare cosa aveva potuto fare al piccolo Toshio e
agli altri bambini di cui parlava. Non c’era alcuna traccia di pietà o di calore
nei suoi modi, nel suo viso. Sembrava un essere crudele senza nessuna traccia di
umanità.
“Stronzo” imprecò
lui. Aveva bisogno solo di un’occasione, un attimo di distrazione avrebbe potuto
sfilare la sua pistola e sarebbero stati alla pari. Ma come distrarlo?
“Braccio Gamba braccio gamba…” cantilenò
lui, apparentemente indeciso, facendo oscillare appena il revolver.
“HEIJI!!!!”
Una voce
femminile terrorizzata li fece sobbalzare entrambi. Passò quasi un secondo prima
che la sua mente, completamente concentrata su ciò che stava accadendo,
registrasse il suono e la riconoscesse, nonostante la sentisse tutti i giorni
fin da quando aveva i ricordi. E malgrado ciò, non volle subito prestare fede
alle sue orecchie: era semplicemente assurdo. Assurdo e terrificante. Non
riusciva a credere che fosse lì…non voleva credere che fosse lì…
Ma era la verità.
Dietro la figura del killer la vide, le guance arrossate, gli occhi verdi
scintillanti e determinati sotto le sopracciglia inarcate, i capelli leggermente
arruffati che si curvavano in riccioli scomposti attorno al viso, il petto che
si alzava e abbassava velocemente. Non stava guardando lui, ma la schiena del
suo avversario, le mani strette a pugno.
“Lascialo stare.”
Ringhiò, voce carica di rabbia. L’uomo si voltò appena, il ghigno si propagò
sulla sua faccia spaventosa. “Ma senti un po’…” commentò divertito.
“Kazuha, vattene
via di qui!!! Scappa!!” le urlò lui, ma lei parve ignorarlo, focalizzata
sull’assassino.
“Bene mocciosetta…vieni
qui davanti a me, se non ti dispiace. Perché se non lo fai, ti dispiacerà
immensamente vedere il tuo amico morire.” Le gridò, senza voltarsi, la pistola
saldamente in pugno. Heiji si sentì pervadere da un misto di collera e
disperazione: perché quell’idiota era uscita così allo scoperto?? Che diavolo
sperava di fare disarmata contro quell’uomo? Perché non era corsa ad avvertire
la polizia invece? E soprattutto: come cavolo faceva a trovarsi là??? La seguì
con lo sguardo avvicinarsi, il viso tirato per la tensione e la paura.
“Questa cosa mi
fa venire in mente un altro giochino divertente.” Disse l’uomo, negli occhi un
luccichio perverso.
“Allora
ragazzina…Ka-zu-ha, giusto? Se muovi solo un altro passo, uccido il tuo
amichetto. Un colpo secco in fronte. Ti assicuro che ho una mira impeccabile. Se
invece il primo a muoversi sei tu…” si rivolse di nuovo a lui, con un sorriso
che scoprì un paio di denti mancanti “...sparo a lei. Bum. La vedi e ora non la
vedi più. Chi sarà il vincitore?” rise di nuovo, gli occhi che si spostavano
dall’uno all’altra. “Oh, naturalmente, se nessuno si muove entro il 10…deciderò
io.”
“Kazuha, stammi
bene a sentire” bisbigliò, cercando di non muovere le labbra. Forse sapeva che
cosa fare: era rischioso, dannatamente, ma non poteva fare altrimenti. In ogni
caso, lei si sarebbe salvata.
“1…2…3…”
“Al mio segnale,
prendi la pistola che ho dietro la schiena, nei jeans. ”
“Ma…se mi muovo…”
sussurrò lei, la voce acuta.
“Non
preoccuparti. Fa’ come ti ho detto, non ti accadrà nulla.”
“Ma…”
“4…5…”
“Ehi…ti fidi di
me?”
“Io…sì, certo.”
confermò lei, e sebbene nel sussurro, Heiji percepì la nota di speranza nella
sua voce.
“6…7…”
“Bene. Quando hai
la pistola, sparagli. Non perdere tempo a prendere la mira, sparagli e basta.
Okay?” Heiji sorrise, guardando il loro assalitore. Avrebbe voluto dirle altre
cose...molte altre cose…di quanto era stato bello conoscerla, di come ogni
giorno della propria vita avesse amato incontrarla, parlare con lei, anche solo
starle accanto. Avrebbe voluto ringraziarla, per essergli stata accanto per
tutto questo tempo, per averlo fatto stare così bene. Avrebbe voluto
ringraziarla anche semplicemente di esistere…di essere quella che era. E
improvvisamente si accorse che l’amava. Il suo viso, il suo carattere…il modo in
cui sporgeva il labbro inferiore quando era imbronciata, in cui la coda di
cavallo ciondolava ogni volta che muoveva la testa, il fuoco che vedeva nei suoi
occhi ogni volta che si arrabbiava con lui, il suono della sua voce…il suo
profumo fruttato, di mirtilli. Io amo Kazuha, pensò, e si chiese perché
diavolo non se ne era accorto prima. In un attimo, rimpianse tutte le occasioni
in cui avrebbe potuto rivelarglielo, tutti i momenti che avrebbero potuto
passare insieme…e il bacio che avrebbe potuto darle al Tropical Land. Se fosse
stato possibile tornare indietro nel tempo, l’avrebbe baciata e abbracciata e le
avrebbe detto tutto ciò che era stato così stupido da non rivelarle prima, anche
davanti all’amica di Mouri, se necessario.
Ma ora era troppo
tardi.
Quelle sarebbero
state probabilmente le ultime parole che le avrebbe detto in tutta la sua vita.
“Kazuha…”
bisbigliò, gli occhi fissi sull’uomo davanti a lui.
“8…”
“Sì?”
I suoi occhi si
posarono su di lei per un istante e le sorrise, cercando di confortare la paura
che vide nel verde dei suoi occhi.
“Hai davvero un
bel nastro, stasera.”
“9…”
Si voltò di nuovo
verso il mostro. “ADESSO!!”
Il resto successe
in un lampo. Sentì Kazuha muoversi accanto a lui, estrarre la pistola dai suoi
jeans, e contemporaneamente uno sparo squarciò il silenzio della notte.
E poi…solo buio.
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Note dell’Autrice:
salve a tutti!! Ecco terminato un altro capitolo, mi
auguro di non avervi fatto aspettare troppo (se così vi chiedo scusa un’infinità
di volte!! ^^” Sorry!!) e naturalmente che vi sia piaciuto. È un altro
capitoletto all’insegna dell’azione, ma non preoccupatevi, fra poco inserirò
anche il love, anzi, un accenno c’è anche in questo, #^^# come avrete letto.
Spero davvero di non aver commesso errori nell’intreccio, devo tenere i fili di
varie situazioni diverse e quindi è possibilissimo che io commetta qualche
imprecisione; naturalmente faccio del mio meglio per evitarle, ma se qualcuna
sfugge al mio controllo confido in voi per farmelo notare (ehi, con gentilezza,
però: non riducete in lacrime una povera pseudo scrittrice, per favore! ^^”).
Allora, ringrazio come al solito tutti i lettori di questa ff, e passo ai
ringraziamenti singoli di quelle persone assolutamente ADORABILI che hanno
commentato:
Yuki:
ciao! Grazie per l’incoraggiamento, spero che non mi sia rovinata con quest’ultimo
capitolo! Mi auguro anche che sia arrivato abbastanza presto.
Ruka88:
ciao! Non credo di poter rispondere subito alle tue domande, ma continua a
leggere la storia e vedrai che ti sarà tutto chiaro (“che strazio!” nd Ruka). Ho
aggiornato, spero che anche questo chap ti sia piaciuto, e naturalmente grazie
mille per la recensione, sei stata un angelo.
Akemichan:
davvero? Il mio albergo ospitava un casinò aperto al pubblico
tutta la notte, quindi entrava e usciva gente di tutti i generi…immaginerai che
non era auspicabile uscire dalle stanze oltre una certa ora! Alla reception
parlavano pochissimo inglese e quasi nulla italiano, una sera sono andata lì per
chiedere un termometro per una mia amica che stava male e ti assicuro che è
stata un’impresa da Indiana Jones fargli capire la parola ‘termometro’. Ti
risparmio i particolari, ma immaginami gesticolare disperatamente davanti ad un
tizio dall’aria smarrita. Comunque, si parlava della ff, temerai ancora di più
per i nostri due giovani detective dopo questo capitolo…poveri!! Ti ringrazio
per i complimenti comunque, mi ha fatto piacere il tuo commento su Vermouth,
perché mi è piaciuto come l’hai caratterizzata nella tua storia e quindi, se
senti in sintonia con il personaggio anche la mia…a proposito, Ai è entrata in
scena, come hai visto, e vorrei chiederti se ti è sembrata un po’ OOC in
questa scena. Io ho il terrore che sia così, ma non ho potuto costruire la
vicenda altrimenti. Fammi sapere la tua opinione, ok?
Kiara:
ciao! Sono contenta che la storia continui a piacerti…la scuola per fortuna è
finita, questo spero acceleri i miei ritmi; mi dispiace tantissimo farti penare
tanto, scusa, faccio del mio meglio con gli aggiornamenti. Se vuoi un consiglio,
cerca un nuovo capitolo almeno due settimane dopo che ho postato quello
precedete: ti assicuro che con tutta la buona volontà, è raro che riesca ad
aggiornare prima che siano passati almeno 14 giorni, sai, tendo a rileggere e
modificare tutto più volte prima di pubblicare, per evitare che ci siano errori
ecc. che fra l’altro non riesco comunque ad evitare!! Ciao, a presto.
Sabry1611:
salve! L’azione continua, come avrai letto. Molti dei tuoi
interrogativi hanno trovato risposta in questo capitolo, sai, mi ha fatto
davvero piacere leggere il tuo commento, mi hai fatto arrossire. #^^# Thanks! Il
tuo ragionamento su Ran è molto azzeccato…in effetti per chiunque sarebbe
difficile credere una cosa del genere, e chiunque si illuderebbe su qualcosa di
più semplice e razionale. Non posso dirti se questo conflitto interiore di Ran
avrà soluzione nella storia, leggi e lo scoprirai! Spero di essere in grado di
gestire la situazione contro gli Uomini in Nero, non è facile avere a che fare
con loro nemmeno su carta, credimi!^^” io faccio del mio meglio, mi auguro che
sia di tuo gradimento! Baci, a presto.
Ersilia:
ciao, grazie dell’incoraggiamento, sei dolcissima, e ti ringrazio anche per
essere così indulgente sui miei ritardi. Sono felicissima di riuscire a
trasmetterti delle emozioni, spero di non averti deluso con questo capitolo.
Heiji e Kazuha compaiono entrambi in questo capitolo, e come promesso una
piccola parte è dedicata a loro…ehm, non mi uccidere, ti prego! Continua a
leggere la storia…un bacione!
Ginny85:
ehilà! Sono contenta di risentirti…scusa dell’estremo ritardo dell’altra volta,
sono stata davvero pessima, e mi sa che anche stavolta…ehm…comunque, spero di
essere in tempo prima della tua partenza. Mi coinvolge il tuo entusiasmo per
Shinichi, come vedi anche in questo capitolo ne abbiamo una descrizione dal
punto di vista di una persona che non è indifferente al suo charme… che non
siamo né io né te. Hai visto che gli è successo?? Cioè, dalla padella nella
brace, come si suol dire. E Heiji non è più fortunato di lui, con quel viscido
individuo…poveri i miei ragazzi!! Vermouth è contenta di avere per sé il suo
angelo, vedrai che combinerà! Quella parte ce l’ho in cantiere da un bel po’,
non vedo l’ora di scriverla. Sono felice che ti piaccia come ho caratterizzato
Ran, da un parte naturalmente volevo che fosse fedele al manga, dall’altra
intendevo analizzare più approfonditamente di quanto faccia Gosho l’interiorità,
la sua psicologia, come si sente per la situazione che è costretta a
vivere…ripeto, mi fa piacere che ti piaccia. Mi auguro di risentirti al più
presto, e buone vacanze!! (te ne vai via tutto luglio?? E come farò io senza di
te??? Cattiva!! ßignorami
-__-”)
Anto:
ciao, ti ringrazio moltissimo per la recensione e per le lodi, mi fa piacere che
la storia sia di tuo gradimento e spero che continui ad essere così.
Naturalmente il fatto che hai deciso di recensirla non può che lusingarmi!
Thanks!
IRENE:
salve, grazie dei complimenti e del commento, fa sempre piacere vedere nuovi
nomi in lista. Sono felice che la storia ti appassioni tanto quanto dici, e che
approvi la mia scelta di aver fatto tornare Shinichi adulto: non me ne vorrai
per averlo messo così nei guai, spero!^^” Sei troppo buona con i complimenti,
grazie, mi fai arrossire! #^^# Addirittura una scrittrice professionista?? Se
continui così mi farai montare la testa! Mi auguro di non deluderti con il
proseguimento della storia. Una domanda: dato che hai citato un episodio
(decisamente drammatico, tra l’altro) di Sherlock Holmes, mi chiedevo: il tuo
nick ha qualcosa a che fare con Irene Adler, l’unica donna che si dimostra più
astuta dell’investigatore londinese, e di cui lui chiede di poter tenere la
foto? Comparsa nel racconto “Uno Scandalo in Boemia” di Conan Doyle? O
non c’entra niente e sono io che faccio partire la testa per cavoli suoi?? Fammi
sapere!!
BPM: anche
tu sotto tortura, eh? Meno male che è finita, possiamo tirare un sospiro di
sollievo e rattoppare ciò che resta del nostro povero cervello maltrattato. Sono
felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, come ti è sembrato quest’ultimo??
Ho fallito miseramente o riesco ancora a cavarmela? Grazie della recensione, sei
sempre molto gentile, e non disperare: le tue aspettative potrebbero essere
presto soddisfatte.
APTX4869:
ciao! Grazie della recensione e dei complimenti, aspetto di sentire cosa ne
pensi di questo capitolo! Un bacio.
Lili: eh
sì, mi sono proprio divertita, è stato un viaggio stupendo, cibo a parte. Hai
ragione, l’azione continua a prevalere indisturbata anche in questo capitolo, ma
il romance si farà presto strada tra la polvere (oggi mi sento metaforica ^^).
Grazie delle lodi, sei carinissima, una cosa non ho capito: quando dici che
‘qui’ Ran non ti piace, con ‘qui’ intendi questo capitolo o tutta la storia? Mi
interessa conoscere la tua opinione, così posso cercare di migliorare. Fammi
sapere, ok? Un bacione, e non preoccuparti, fra ritardatarie ci si intende.
Questo è tutto mi
sembra. Nel capitolo c’è qualche riferimento al volume 24 del manga, nel quale
Conan e Ai vengono a conoscenza di certi piani dell’Organizzazione e cercano di
fermarli. È anche la storia della prima apparizione di Vermouth, una vera
chicca, mi è piaciuta molto. Ne hanno fatto l’episodio corrispondente qualche
tempo fa… ora vi saluto, spero di poter aggiornare il prima possibile.
A presto
-Melany
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