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Ah, beh. Visto che lo spirito natalizio mi evita come la peste (ma non
è colpa mia, ho avuto brutte esperienze ai pranzi di Natale. Si
tratta della lasagna di mia zia... Ma a voi questo non interessa,
quindi dimenticatevene. ) per Natale pubblico una roba che col Natale
non c'entra un picchio. Sopportate.
E buone feste a tutti (che possiate essere liberi dalle lasagne!)^^
In realtà non era la prima volta.
Solo che ultimamente capitava più spesso.
Con conseguenze catastrofiche, a detta di Kisame. Ma Kisame esagerava sempre.
D'accordo. Oggettivamente, colpire quella vecchietta al posto di un ninja di Kiri alto due metri era stato un errore grossolano.
Ma poteva capitare a chiunque di loro. Non era certo colpa del suo problemino.
E poi, che accidenti ci faceva lì, una vecchietta?
Sbuffò, riaprendo gli occhi per la seconda volta.
Niente da fare.
Si alzò dal letto, la vaga idea di mandare Kisame a compiere da
solo la missione del giorno, subito accantonata per via del timore di
essere costretto a ricominciare una delle estenuanti discussioni delle
settimane precedenti.
Il suo tentativo di trovare un elastico per legarsi i capelli, lo
portò unicamente a centrare il comodino con l'alluce,
costringendolo ad arretrare imprecando a mezza voce.
Beh. Almeno aveva individuato il comodino.
Vi ci fece scorrere sopra la mano, rovesciando un bicchiere e rischiando di mozzarsi le dita con uno shuriken.
Afferrato l'elastico, legare i capelli fu in verità piuttosto
semplice, salvo inciampare subito dopo nelle sue stesse scarpe.
« Itachi! Hai deciso di restare in letargo per tutto l'inverno o esci fuori? Guarda che è tardi. »
Itachi, che al momento era impegnato nel difficile tentativo di
districare il suo indice destro, rimasto intrappolato nell'elastico, e,
come se non bastasse, si trovava ancora in una poco dignitosa posizione
supina, grugnì una mezza risposta in direzione di quella macchia
scura che supponeva essere la porta.
A giudicare dal tono quasi divertito con il quale Kisame l'aveva
chiamato, o l'idiota aveva intuito dal tonfo in quale situazione si
trovava, o – anche questo era estremamente probabile – la
parola “letargo”, pronunciata con naturale
casualità, sottintendeva un velato riferimento alle marmotte*.
Quale che fosse la realtà, Itachi decise che l'avrebbe pestato.
Sempre che fosse riuscito ad uscire dalla sua stanza, ovviamente.
Lo stesso albero, di nuovo.
« Kabuto. So che ti sembro monotono, ma ti sei perso. »
L'espressione stizzita che gli arrivò in risposta , fu accolta
da Sasuke con la stessa aria di sufficienza mantenuta durante l'intero
tragitto.
« Non ci siamo persi, Sasuke kun. » rispose Kabuto, scrutando torvo il paesaggio circostante.
« Lo hai detto anche le prime sedici volte che te l'ho fatto notare. » insinuò Sasuke, in tono piatto.
Non era certo del perché continuasse a provocare Kabuto da
più di sei ore, ma il vedere quell'insopportabile medicastro in
difficoltà rappresentava uno tra i suoi maggiori divertimenti,
da quando era arrivato al covo di Orochimaru.
Anche perché non c'era molto altro con cui divertirsi.
Kabuto si tolse gli occhiali e iniziò a pulirli, con stizza malcelata.
« Senti, ragazzino. » sibilò, infilandoseli di nuovo
sul naso. « Solo perché oggi il maestro Orochimaru ti ha
scaricato a me, non significa che io sia disposto a tollerare le tue
battutine saccenti. »
Sasuke decise di concentrare la sua attenzione su di una lumaca di passaggio: decisamente più interessante.
Kabuto parve non farci caso.
« Anzi, visto che fai tanto il saputello, perché non me lo
dici tu, come si fa ad uscire da questa stupida foresta? »
La lumaca raggiunse un mucchio di fogliame e scomparve alla vista.
« Direi di andare da quella parte. » sentenziò allora Sasuke, ammiccando alla sua destra.
« E perché, di grazia?! »
« Perché è la direzione opposta rispetto a quella
da cui siamo venuti. » spiegò, paziente. « E
spostarsi in linea retta potrebbe essere un'interessante variazione.
Girare su sé stessi è stancante, dopo un po' . »
Kabuto emise un breve ringhio esasperato, mugugnando qualcosa del tipo
“e non potevi dirlo prima?”; ma Sasuke preferì
restare in silenzio.
Quando il giorno prima Orochimaru - evidentemente stanco di vederselo
girare attorno - aveva deciso di spedirlo con quell'idiota di Kabuto a
“prendere una boccata d'aria”, Sasuke aveva stabilito con
sé stesso che non si sarebbe arrabbiato.
Il sennin, costretto a letto da una curiosa influenza, aveva comunque
dovuto interrompere i suoi allenamenti: in circostanze simili, tanto
valeva andarsene a spasso al guinzaglio di Kabuto, piuttosto che
girovagare nel covo come un'anima in pena, col serio pericolo di
imbattersi in una delle stanze adibite alle torture e agli squartamenti.
Doveva essere stato più o meno lo stesso pensiero di Orchimaru
che, molto preso dal suo naso gocciolante, non aveva alcuna voglia di
essere costantemente tallonato da un adolescente avido di tecniche
ninja.
E così erano partiti, lui e Kabuto, per un'inutile gita –
Sasuke non aveva trovato altro modo per definirla – che
consisteva semplicemente nel andare per foreste in cerca di funghi
interessanti.
« Non li hai ancora trovati, i tuoi funghi? »
Kabuto, a giudicare dall'espressione, colse distintamente il sarcasmo insito nella frase.
«No. Come hai potuto constatare tu stesso. »
sospirò, tra i denti. « E, tanto per la cronaca, non sono
“funghi”. Sono rare erbe mediche. Chiaro? »
« Cristallino, Kabuto. »
Anche stressare il medicastro stava iniziando a diventare tedioso, oramai.
Sasuke sospirò impercettibilmente.
No. Non sarebbe successo nulla di interessante, quel giorno.
Sbuffò impercettibilmente e si rassegnò a seguire
l'ondeggiare nervoso del codino di Kabuto, diversi metri davanti a lui.
Dopo una serie di complicate manovre ed innumerevoli, colorite
imprecazioni – decisamente non degne di un Uchiha - Itachi era
finalmente riuscito a lavarsi, vestirsi, centrare la porta ed uscire in
corridoio.
Dovette persino costringere il suo orgoglio a piegarsi per ringraziare
mentalmente l'arredatore del covo: chiunque fosse, sebbene
possedesse un innegabile pessimo gusto, evitando alcuna illuminazione
più soddisfacente di mezzo cero ogni venti metri l'aveva
abituato a muoversi praticamente al buio; cosa che al momento risultava
piuttosto utile.
Raggiunse quindi l'uscita con relativa facilità, stupendosi nel
constatare che il suo umore non era peggiorato di molto, al contrario
di quanto aveva supposto.
« Itachi... Ma come accidenti ti sei conciato?! »
Ah. Il dannato pesce blu. Si stava prendendo troppe confidenze, negli ultimi tempi.
« Perché, cos'è che ti disturba, nel mio aspetto?
» chiese bruscamente Itachi, celando con abilità una punta
di timore; in effetti aveva afferrato una cosa che somigliava alla
divisa, ma l'aveva indossata contando semplicemente sul fatto che, nel
suo armadio, non c'era altro a parte quella.
« Beh, come dire... Hai la divisa al contrario. »
« Ah. »
La pausa imbarazzata che seguì, fu provvidenzialmente interrotta da passi affrettati.
« Ehi, gente! Il capo dice che vengo con voi... Itachi. Sai di avere la divisa alla rovescia? »
L'ingenua domanda di Deidara servì solo a far in modo che la
furia omicidia che aveva colto Itachi poco prima quando, svegliandosi,
si era accorto di non riuscire a distinguere uno spazzolino da denti da
un kunai - con tutte le conseguenze del caso - tornasse ad assalirlo.
« Sì, Deidara. Itachi ci stava lavorando. Giusto, Itachi? »
Kisame, dopo anni di assidua frequentazione, sembrava aver imparato a
riconoscere il momento esatto in cui gli occhi dell'Uchiha prendevano a
lampeggiare in modo sinistro; segnale sicuro di un'imminente e poco
piacevole attacco di follia omicida.
Ma Itachi liquidò l'intera faccenda con una non compromettente
alzata di spalle che gli conferiva, a suo dire, un piglio da persona
perfettamente consapevole di ogni sua azione. Poi si ingegnò con
caparbietà per fare in modo che le nuvolette sulla sua divisa
tornassero a vedere la luce del sole, mentre Deidara si lasciava
convincere a lasciar cadere la questione da un Kisame improvvisamente
ligio al dovere.
« Allora muoviamoci. I cercoteri non si trovano da soli! Quest'oggi ci tocca la bicoda, contenti? »
« Entusiasti. » sibilò Itachi, ancora risentito.
« Solo un dubbio: perché lui deve venire con noi? »
Già subire Kisame talvolta andava oltre le sue possibilità. In coppia con Deidara poteva diventare insostenibile.
« Oh, è tutta colpa del capo! » prese a dire questi,
in tono leggero. « Mi impedisce di esprimere appieno la mia arte
all'interno del covo... »
Il “chissà perché”, borbottato da Kisame, si perse fortunatamente nel rumore dei loro stessi passi.
Stava facendo buio.
Nella penombra, era quasi impossibile distinguere il sottobosco. E poi iniziava anche a far freddo.
« Ci fermiamo qui. » annunciò Kabuto, amareggiato.
Decisamente, non era così che aveva previsto di trascorrere la giornata.
Osservò Sasuke annuire con distacco ed accomodarsi accanto ad
una grossa radice, aspettando che fosse lui ad organizzare un fuoco per
la notte.
Quel ragazzino viziato doveva averlo preso per una specie di cameriere.
Stava davvero iniziando a stancarlo.
Eppure, Kabuto era sempre stato piuttosto soddisfatto della sua vita;
essere alle dipendenze di Orochimaru aveva numerosi vantaggi,
specialmente per quanto riguardava il procurarsi la materia prima per i
suoi esperimenti.
In virtù di questi aspetti positivi, era solito accettare di buon grado anche incarichi come quello.
Tuttavia, dopo un'intera giornata, poteva tranquillamente affermare che
scarrozzare in giro un ragazzino taciturno, sarcastico e poco
collaborativo rientrava a pieno titolo nel novero delle mansioni che
più detestava. Se poi questi era anche il prezioso futuro
contenitore di Orochimaru, la situazione diventava quasi insostenibile,
per i suoi poveri nervi.
A tutto, si aggiungeva la stizza per non essere riuscito a trovare neanche una delle erbe che cercava.
« Che fai? » chiese.
Sasuke si era appena sdraiato, dandogli le spalle.
« Cerco di rendere fruttuosa questa giornata. »
« Dormendo? »
« Dormendo, Kabuto. Dopo un'attenta analisi, sono giunto alla conclusione che questo sia l'unico modo. »
Kabuto preferì non ribattere e prese a ravvivare il fuoco.
Ottimo. Un Sasuke addormentato era esattamente l'unico Sasuke di cui riusciva, certo non a desiderare, ma almeno a tollerare
la compagnia. Si stava quasi rasserenando, al pensiero che avrebbe
finalmente avuto una ragionevole tregua dai suoi commenti e dai suoi
inquietanti silenzi quando, inaspettato, un rumore secco ed un
frusciò alle sue spalle lo fecero sussultare.
Rapido, Kabuto spense il fuoco e si mise in all'erta.
Tese l'orecchio.
Probabilmente si trattava di un animale, e non c'era assolutamente nulla di cui preoccuparsi.
E quasi sicuramente lui era uno stupido, in preda all'isteria dovuta
alla responsabilità di dover preservare completamente intatto il
prezioso contenitore di Orochimaru.
Pur essendo perfettamente consapevole di questo, non riuscì però a rimettersi tranquillamente a dormire.
« Sasuke kun. »
« Se devi andare a svuotare la vescica, fallo e basta. »
Kabuto dovette usare un profondo autocontrollo su sé stesso per
trattenersi dal praticargli una tracheotomia lì, seduta stante.
« Mi sembra di aver sentito un rumore. » sussurrò
invece, calmo. « Probabilmente non è nulla, ma credo che
andrò a controllare. »
« Grandioso. Buona fortuna. »
Kabuto si alzò, contrariato.
D'accordo. Cinque minuti.
Sarebbe andato a dare un'occhiata nei paraggi e poi sarebbe tornato subito.
Cinque minuti.
« Non ti riaddormentare. E soprattutto, non ti spostare da qui, intesi, Sasuke kun? »
« Intesi. Ora lasciami dormire, razza di paranoico. »
Lui inspirò profondamente, ripetendosi che, per quanto
desiderasse affondare i suoi bisturi di chakra nel collo del ragazzo,
poi Orochimaru - nella migliore delle ipotesi - avrebbe usato il suo
cadavere come scendiletto. Così si voltò, addentrandosi
rapido nella foresta.
E tre.
« Itachi, sicuro di star bene? E' la terza volta che rischi di inciampare... »
Kisame spinse prudentemente in avanti Deidara: per esperienza
personale, quando Itachi si innervosiva, era molto saggio evitare che
esseri viventi si trovassero nel suo raggio di azione; specie se tra
gli esseri in gli esseri in questione c'era anche lui stesso. Ed uno
scultore psicopatico capace di sostenere un monologo di due ore e
mezza sulle presunte bellezze di un'arte effimera ed irripetibile,
ovviamente.
Scavalcò una radice, lanciando un'occhiata di sfuggita ad Itachi
che, dietro di loro, procedeva con evidente difficoltà.
La cosa iniziava a preoccuparlo: va bene qualche diottria mancante, ma
qui si rischiava di precipitare nella cecità. E lui non ci
teneva a diventare il prossimo bersaglio di uno tsukuyomi solo
perché il suo compagno rifiutava di portare occhiali da vista.
« Itachi, senti... »
« E' tutto perfettamente apposto, Kisame. » ringhiò, senza dargli il tempo di finire.
Kisame rabbrividì, felice, almeno in quel frangente, che lui non potesse vedere la sua espressione.
« No, ecco... Ormai è buio. Penso che dovremmo fermarci. »
Itachi lo squadrò – o almeno questa era la sensazione,
anche se Kisame dubitava che il compare riuscisse a distinguerlo da un
tronco – e poi annuì, borbottando un assenso.
Deidara accolse la notizia della sosta con entusiasmo e si offrì
volontario per raccogliere della legna, senza comunque rinunciare a
tediarli con ameni blateramenti su quanto un fuoco scoppiettante
condividesse del fascino di una buona esplosione, pur senza eguagliarne
la spettacolarità.
Kisame non riuscì a trattenersi dal sospirare di sollievo, quando il logorroico biondinosi fu allontanato a sufficienza.
« Itachi, riguardo... »
« Kisame. Io ci vedo perfettamente. »
« Naturalmente. Ho capito, ne riparliamo un'altra volta. »
Decise di considerare come un assenso il mezzo ringhio che ricevette in
risposta e si sedette di fronte al compagno, aspettando che Deidara
tornasse a riempire il silenzio con le sue chiacchiere.
Stava giusto per rilassarsi, poggiando la schiena contro il tronco alle
sue spalle, quando un rumore secco ed un fruscio lo misero in all'erta.
Anche Itachi si era irrigidito, tendendo l'orecchio.
« Vado io. » sussurrò Kisame: non aveva alcuna
intenzione di rischiare complicazioni, con un Itachi che non vedeva ad
un palmo dal suo stesso naso.
« Probabilmente sarà un animale. O magari Deidara è inciampato nei suoi piedi. Vado e torno. »
E, per una volta, Itachi annuì, docile. Evidentemente convinto -
come Kisame stesso, del resto - che in quella foresta attualmente, le
creature più pericolose fossero proprio loro.
Nda. Non ne sono proprio certa ma, da quello che ho sentito, Itachi significa appunto “marmotta”.
Ho cercato scrivere più in grande (se le vostre
diottrie saranno risparmiate, dovrete ringraziare una donna di nome Any
Ikisy, signori Eventuali Lettori^^), però non sono certa del
risultato, vista la mia abissale ignoranza nell'uso dell' html. Siete
pregati di lamentarvi. Anche ululando insulti, basta che siano
intellegibili.
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