Barbara aveva finito già da un pezzo di vestirsi, ma non
aveva nessuna voglia di andare in salotto. Sentiva le voci del fratello
Alfredo, della moglie Luisa e quelle degli ospiti tanto attesi che
dovevano essere arrivati da un bel po’. Non riusciva a capire
cosa dicessero ma udiva bene Grazia Sulis con il suo forte
accento sardo e la tipica risata acuta del marito Lino ma, pur
tendendo l’orecchio, non coglieva nemmeno una
parola pronunciata dall’ingegner Forrest che avrebbe dovuto
accompagnarli.
- Probabilmente non sarà nemmeno venuto o forse non conosce
l’italiano – si disse, pensando
all’assurdità dell’appuntamento che
l’anziano padrino aveva organizzato per cercare di combinare
un matrimonio tra lei e quel tipo inglese. Una cosa che non stava
né in cielo né in terra.
Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dal violento spalancarsi
dell’uscio che la fece sobbalzare.
- Ragazze, ma che maniere sono queste!? Vi pare un modo
educato di entrare? – irritata, rimproverò le
nipoti che avevano fatto irruzione così poco
delicatamente.
Le due ragazze erano troppo eccitate per starla a sentire.
- Zia, c’è anche lui con i Sulis,
l’ingegnere Robert Forrest ed è…
– cominciò a dire Caterina,
agitatissima.
La sorella Carolina non le diede il tempo di finire la frase
perché voleva essere lei a dirlo:
- Bellissimo! Mamma mia, che uomo affascinante! Sei proprio fortunata,
sai?
Barbara restò perplessa a guardarle: non c’era
molto da fidarsi dell’impressione avuta da due
ragazzine di sedici e quindici anni, ma nonostante ciò,
ugualmente si sentì scossa. Non era mai stata convinta di
voler fare quella conoscenza e se aveva accettato, era stato solo per
accontentare il fratello. Si rendeva conto che a trent’anni,
senza un’ indipendenza economica e con un triste passato alle
spalle, per Alfredo lei era solo una grossa preoccupazione. Riuscire
ad accasarla in qualche modo gli avrebbe dato un grosso
sollievo.
Intanto Carolina continuava a descriverle con entusiasmo
l’uomo che era venuto a conoscerla. Neanche
l’ascoltava però, troppo preoccupata
dalla decisione da dover prendere. E ciò perché,
nonostante la sua vita si fosse fatta insostenibile, aveva comunque
paura di cambiarla.
Più pratica della sorella maggiore e brusca come la madre,
Carolina quasi la rimproverò:
- Ma insomma, sei vestita di tutto punto e di là ti stanno
aspettando. Ti decidi o no a venire?
Barbara suo malgrado si alzò e seguì le due
giovani in salotto. Luisa stava servendo il tè. Naturalmente
non era una loro abitudine prenderlo, ma poiché
l’ingegnere era inglese, anzi, per la precisione gallese, la
cognata aveva deciso di fare bella figura ed aveva preparato quella
bevanda accompagnata da prelibati pasticcini. Ora la stavano sorbendo
tutti con la massima naturalezza come se nella loro casa di Alghero lo
si facesse tutti i giorni. Colpita nel suo spiccato senso
dell’umorismo, la giovane donna non trattenne un sorriso
divertito mentre salutava gli ospiti.
I due uomini si alzarono entrambi in piedi. Lino Sulis le si
avvicinò e con estrema familiarità le
posò un bacio sulla guancia. La conosceva da quando aveva
sette o otto anni e le era stato sempre molto affezionato, anche nei
periodi peggiori. Anche lei gli voleva bene e lo aveva
considerato come uno zio buono sin da quando, tanti anni
prima, si erano trasferiti in Sardegna dalla natia Genova per seguire
il padre medico condotto.
Nel guardarlo Barbara notò che aveva perso quasi tutti i
capelli e anche il viso grassoccio e gioviale era molto invecchiato.
Nonostante ciò, sotto la pelata e la fronte oramai rugosa,
continuavano a brillare due occhietti scuri, intelligenti e simpatici.
Non lo vedeva dalla morte del padre. Nei due anni trascorsi, Lino Sulis
era stato a lavorare come contabile in una miniera di
proprietà di un inglese situata nel sud ovest della Sardegna
e lì aveva conosciuto l’ingegner Forrest che ne
era il direttore.
Finalmente alzò lo sguardo su quest’ultimo che nel
frattempo aveva posato la tazza e se ne stava tutto impettito ad
aspettare di essere presentato. Barbara pensò che le nipoti
non avevano detto una sciocchezza. Aveva davvero un aspetto gradevole
perché era alto e snello, con i corti capelli castani e una
barba rada dello stesso colore. Il viso in particolare era assai
piacente anche se gli occhi, di un azzurro intenso, sembravano tristi.
Si augurò di non tremare mentre gli porgeva la mano nel
saluto perché il sorriso che le stava rivolgendo in quel
momento era talmente accattivante da riuscire a turbarla.
- Lieto di conoscervi, signorina. Il vostro padrino mi ha parlato
talmente tanto di voi che non vedevo l’ora
d’incontrarvi - le disse in un italiano perfetto anche se con
un forte accento straniero.
- Davvero? E cosa vi ha raccontato di me, sentiamo?
- Che siete una splendida donna di casa, colta e signorile ed anche
molto carina. Ma su questo si è sbagliato: non siete carina,
siete davvero bella.
Tra le risatine maliziose delle ragazze ed i sorrisi compiaciuti dei
parenti, la giovane donna si sentì avvampare e si
vergognò ancora di più per questo. Non aveva
più quindici anni, ma un complimento da un uomo
così affascinante non poteva non colpirla.
- Grazie ingegnere, ma volete essere galante e perciò
esagerate. So che le donne del vostro paese sono assai attraenti e non
vedo come il mio aspetto possa apparirvi tale.
Robert restò un momento in silenzio. In effetti non aveva
detto una bugia, la giovane davanti a lui era di sicuro bella, ma la
bionda grazia della sua Julie gli era rimasta talmente dentro
che mai e poi mai si sarebbe sognato di fare un complimento ad una
donna se non fosse stato per una questione di pura educazione.
Però, poiché era lì con uno scopo ben
preciso, era meglio sforzarsi di apparire cortese.
- Siete troppo modesta. Le donne italiane non hanno nulla da invidiare
alle altre in quanto ad avvenenza e voi ne siete la testimonianza
vivente - aggiunse.
- Certo, però vostra moglie era davvero un incanto,
consentitemi di dirlo, Robert – intervenne
l’anziano amico e poi rivolto agli ospiti spiegò
– Io ho avuto l’onore di conoscere la sfortunata
signora Forrest e vi assicuro che era più bella di un raggio
di sole. Purtroppo il Signore l’ha voluta con sé
ed il mio povero amico è rimasto solo con un bambino appena
nato. Per questo mi sono permesso di parlargli di te, Barbara,
perché sono sicuro che la tua bellezza e la tua
dolcezza potrebbero dare sollievo ad un dolore
così immenso.
Come un’ombra nera era passata sul bel volto di lui a quelle
parole e la giovane donna lo aveva notato. Non riusciva a capire
perché un uomo tanto attraente e con una posizione di
prestigio avesse avuto voglia di farsi un viaggio così
lungo per venire a conoscere una zitella qualunque
quando avrebbe potuto avere quante donne voleva per consolarsi della
perdita della moglie. Probabilmente Lino aveva un vero talento come
sensale di matrimoni.
Doveva pensarlo anche la moglie perché intervenne
compiaciuta:
- Avete visto come il nostro ingegnere parla bene l’italiano?
Eppure, pensate, è in Sardegna da soli tre anni.
- Come mai siete venuto a lavorare qui? – gli chiese Luisa,
fingendo di non saperlo.
- Noi gallesi le miniere ce l’abbiamo nel sangue. Mio nonno
era minatore e dopo di lui, mio padre. Anch’io lo
sarei stato, ma grazie ad un piccolo lascito di un fratello
di mia madre, ho potuto studiare e prendere la laurea in ingegneria
mineraria. Ho cominciato a lavorare subito dopo nelle miniere di
proprietà di sir Paul Bradley e quando mi ha
proposto di aiutarlo nella conduzione di quelle di piombo e zinco di
cui aveva appena avuto la concessione qui, non ho esitato un attimo a
seguirlo.
- Sir Bradley è davvero una gran brava persona, ha molto a
cuore il benessere dei suoi minatori e degli impiegati –
osservò Lino.
- E vostra moglie non si è opposta a seguirvi in un posto
così sperduto e lontano da casa sua? – gli chiese
ancora la donna, molto curiosa di conoscere qualcosa sul passato di
quel bel giovane.
- Non ero ancora spostato all’epoca. Julie era una nipote di
Lady Margaret Bradley e, anche se ci eravamo già conosciuti
ad una festa, abbiamo deciso di sposarci l’estate successiva
quando è venuta qui in Sardegna a far visita alla
zia.
Ora il volto di Robert si era rabbuiato e le parole sembravano venir
fuori a forza. Barbara intuì che non amava raccontare della
moglie.
- Avete un maschietto, non è così? –
gli chiese per cambiare argomento.
All’ingegner Forrest si illuminarono gli occhi.
- Sì, si chiama Charles ed è la mia gioia
– disse – È molto bello ed
è anche buono. Purtroppo ho difficoltà a
crescerlo da solo perché sono molto preso dal lavoro.
Sapete, ad Ingurtosu non c’è nulla, è
un posto molto isolato dove è difficile trovare qualcuno in
grado di occuparsi degnamente di un bambino di poco più di
un anno. Per questo ho pensato di riammogliarmi e quando il
signor Sulis mi ha parlato della signorina Barbara, ho immaginato che
potesse essere la persona adatta a me.
Aveva rivolto le ultime parole ad Alfredo che lo seguiva con un sorriso
compiaciuto. Sentendosi chiamare in causa, Barbara però non
poté trattenersi dall’osservare scherzosamente:
- Noto con piacere che andate dritto al sodo, ingegnere!
Le appariva una persona molto franca, così decise di andare
fino in fondo anche lei ed esprimere i propri dubbi.
- Scusatemi, ma non riesco a spiegarmi come mai un uomo di
bell’aspetto e con una buona posizione sociale come voi abbia
difficoltà a trovare una nuova compagna e decida piuttosto
di affidarsi ad un vecchio signore che decanta le doti della sua
figlioccia!
- Ve l’ho detto, signorina, sono molto preso dal lavoro e non
ho tempo per cercarmi una moglie. Ad Ingurtosu poi
c’è molta carenza di ragazze da marito, perlomeno
quelle ad un certo livello sociale.
- Quindi preferite sposare qualcuna che nemmeno conoscete e che di
sicuro non amate solo per non prendervi il fastidio di cercare una
moglie?
- Esattamente. Il matrimonio d’amore l’ho
già fatto una volta e purtroppo è finito quando
la mia adorata Julie è morta di febbre puerperale.
Potrà sembrare strano che dopo appena un anno io stia
pensando di risposarmi, ma ho la necessità di una donna su
cui poter fare affidamento per crescere Charles ed aiutarmi a tenere la
casa.
- Perché non prendete una governante allora? –
osservò la ragazza assai piccata e guardandolo dritto negli
occhi.
- Non mi serve una governante, mi serve una moglie – le
rispose lui sostenendone lo sguardo mentre gli occhi gli
balenavano freddi come il ghiaccio.
- Se potreste andarla a comprare in un negozio sarebbe ancora meglio,
non è così? – osservò ancora
lei con marcato sarcasmo.
- Certo, sarebbe meglio, ma non credo ce ne sarà
bisogno. Troverò di certo qualcuna disposta a
sposarmi. Non pretendo molto, in fondo, vorrei solo che fosse onesta e
disposta a prendersi cura di me e di mio figlio.
- È naturale, ogni uomo ha bisogno della guida di una donna!
– intervenne Alfredo – Del resto i migliori
matrimoni nascono sulle basi della reciproca utilità e
collaborazione. Solo tu ti ostini, alla tua non più tenera
età, a credere ancora all’amore!
- E lo fa come se non ne fosse già rimasta abbastanza
scottata poi! – aggiunse acida Luisa che non perdeva mai
l’occasione per rinfacciarle il passato.
Barbara ne fu molto irritata ed alzandosi in piedi, con un sorriso
cortese, prese congedo dall’ingegnere Forrest e dai Sulis.
- Bene, mister Forrest, sono sicura che ben presto troverete una donna
molto più saggia di me disposta a seguirvi in quel solitario
paesino di minatori e che invece di un regolare stipendio quale
governante, sarà contenta di ricevere un bel certificato di
matrimonio. Vi faccio i miei migliori auguri e vi saluto.
Lasciò il salotto con altezzosità, non senza aver
lanciato prima uno sguardo alle persone sedute lì
che non riuscivano a nascondere i propri sentimenti: irritazione il
fratello e la moglie, smarrimento i coniugi Sulis, curiosità
le due ragazze. Solo Robert Forrest la guardava calmo con un mezzo
sorrisino sulle labbra.
Barbara non riuscì a spiegarsi se la stesse apprezzando per
la dignità mostrata o la stesse deridendo per
l’occasione che si stava lasciando sfuggire.
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