Be', tutto ciò comincia con Salice che mi
convince a partecipare a un concorso sui nuovi personaggi esattamente due giorni dopo che avevo detto "oh,
mai più storie con nuovi personaggi".
Di conseguenza, è tutta colpa sua. Io vi prego di fare pressione su di lei (lettere minatorie, ricatti,
minacce di rapimento di cani-gatti-criceti-pesci rossi) perché pubblichi anche la sua storia, perché io
l'ho letta e voglio rileggerla quando l'avrà scritta di nuovo con quella scena che mi ha promesso.
E me l'ha promessa.
Detto questo, ringrazio Verolax, Arwen88 e Araya94 per la disponibilità, la gentilezza
e la cortesia: malgrado il mio catastrofico ritardo hanno accettato di prendersi la storia e correggerla.
Le ringrazio anche per avermi permesso di partecipare, perché - dopo qualche iniziale mugugno ad uso e
consumo di Salice - mi sono davvero divertita.
Ho un paio di cosine ancora da dire, ma metto tutto a fondo pagina. Buona lettura!
Oggi - Konoha - Paternità
Finisce con il gomito contro la maniglia e la botta le comunica una spiacevole scossa elettrica: protesta
con un mugugno insoddisfatto - chi è stato il cretino abissale che ha avuto la gran pensata di mettere
una porta chiusa proprio qui? - e butta indietro una mano, staccandola di malavoglia da una delle
spalle dell'uomo e premendo alla cieca per aprire. Incespicano un po' nello stuoino steso all'ingresso,
arretrando lei butta giù il portaombrelli - il piede di lui si alza con uno scatto dolce a trattenerlo
prima che finisca per terra con un frastuono di metallo - e strisciano indietro come un bizzarro animale a
quattro zampe lungo il corridoio.
La spinta che lui le dà la schiaccia contro la parete: annaspa un po', la ragazza, cercando di trovare una
specie di equilibrio tra la gamba compressa e quell'altra che si è piegata autonomamente, scollegata dal
cervello, andando ad allacciarsi attorno al fianco dell'uomo. Gli affonda le mani nelle spalle, ché quei
cinque millimetri che li separavano le sembrano un po' troppi al momento, allegramente disinteressata allo
spigolo del quadro che le si è appena piantato dolorosamente nella costola.
Lo spigolo smette di farle male cinque minuti più tardi, quando, dopo l'ennesima spinta contro la parete,
la cornice si stacca e rovina sul pavimento.
Nota numero uno: trovare una spiegazione ragionevole per giustificare a Kurai il quadro rotto
nell'ingresso.
- Forse è meglio se... ci spostiamo altrove. - La voce esce fuori tutta spezzata, perché le labbra
dell'uomo si mangiano le sue attraverso la stoffa sottile della maschera, e si mangiano le parole, il
respiro, e sembrano maldisposte a staccarsi.
- Mh...? -
- Mh. - Conferma lei. - Non mi spiacerebbe... - Si interrompe quando una delle mani dell'uomo trova
finalmente l'orlo della sua maglia - nella testa della ragazza si accende tutto ad un tratto quello che
assomiglia terribilmente ad una specie di coro esultante - e si infila a contatto con la pelle. Le
occorre un'indescrivibile sforzo di volontà per riuscire ad estrarsi dal groviglio di piacere assurdo nel
quale il gesto l'ha cacciata e ritrovare la voce necessaria a concludere: - ... non mi spiacerebbe
conservare integra almeno una parte dell'arredamento, non so se rendo l'idea... -
Lui le ghigna contro la gola - quando diamine ci sono finite, le sue labbra, lì? - e, senza nemmeno
provare a staccarsi da lei, la spinge verso una delle porte. La ragazza finisce con la schiena contro lo
stipite e il mugolio sofferto che le scappa dalle labbra ha poco a che vedere con il piacere.
L'uomo si blocca e alza gli occhi, l'occhio, l'ha tirata su di peso tenendola sotto le gambe ed ora
la guarda dal basso verso l'alto:
- Tutto a posto? -
Lei ansima e ridacchia:
- Avevo una costola intera, lì, da quelle parti. - Non appena lui accenna a togliere la mano via dal suo
fianco, pelle contro pelle, la ragazza si affretta ad inchiodargliela lì dove si trova, stringendogli il
polso: - Non ci provare, caposquadra, o ti strappo l'occhio che ti è rimasto. -
Per sottolineare il concetto gli allaccia le gambe attorno alla vita, cercando di imprigionarlo. L'uomo
pare scarsamente dispiaciuto dalla cosa, perché le si strofina addosso.
E' caldo, ed ha un buon odore un po' aspro - devono essere state le due rampe di scale salite
discretamente di fretta - e un po' verde, come l'odore di Kusa, boschi che si infilano nelle strade e
ci si perdono dentro, e quell'odore sa tanto di nostalgia.
Gli affonda le mani tra i capelli - brillano anche nel buio, sembra, disumanamente chiari, argento
chiaro - mentre lui la solleva di peso, staccandola dallo stipite e decidendosi a trasportarla
attraverso la stanza. Si trova sdraiata sul tavolo, piacevolmente oppressa, e non è che abbia una gran
voglia di protestare - la voglia viene via con le labbra che si aggrappano alla sua gola e sembra che
vogliano divorarle il sangue senza rompere la pelle né la stoffa, e poi scendono, denti, la clavicola,
ancora pelle, quella più morbida - però proprio non riesce a farne a meno:
- Guarda che ho un letto, sai? Siamo... - Le dita dell'uomo trovano sul suo corpo la fibbia che tiene su la
maglia di rete e le strisce di stoffa dell'imbracatura. Armeggiano e la aprono, e lei si chiede,
oziosamente, dove sia precisamente finito il giubbetto da jonin. - ... siamo ancora in grado di
permettercelo, quello... -
- Kami! - Geme lui, più sconcertato che seccato, alzando la testa quel tanto che serve per guardarla
in faccia. - Parli più di Naruto, e non credevo fosse umanamente possibile! -
Lei protesta lamentosamente, inchiodandolo nuovamente tra le gambe per impedirgli di ritrarsi:
- Sei troppo vestito! Se tu fossi meno vestito io starei più zitta! -
C'è ancora la maschera di mezzo, uno strato sottile di stoffa che si tende elastica sulla bocca e sul mento
nascondendogli l'espressione: però, malgrado il buio, malgrado l'impiccio, si vede benissimo il sorriso che
affiora, più un ghigno che un sorriso, mentre gli occhi, l'occhio, si socchiude divertito.
- E' un bel problema. Però credo si possa risolvere. -
E ci si adopera in tal senso, subito dopo, con le dita di lei che si chiudono attorno al bordo della
maschera e la abbassano, e quello è un gesto più intimo che spogliarlo dei calzoni, e la mano dell'uomo che
si stringe attorno al manicotto del braccio destro e con uno strattone lo tira via, la stoffa contro la
pelle rovinata sembra quasi bruciare - freddo aria niente nuda - e le scappa un mezzo gemito.
Le strofina il braccio con gentilezza tra le dita lunghe, e non è che lei sia una cosina di quelle piccole,
né esile né sottile, niente a che vedere con un giunco da spezzare, ma le mani dell'uomo sono comunque
piacevolmente grandi e non sono ruvide per niente contro la carne delicata.
Restano un po' sdraiati sul tavolo anche dopo.
Il dopo è la parte che lei preferisce. Cioè: il prima è favoloso, sempre, e il durante
è qualcosa che leva il fiato e le fa passare ogni voglia di protestare, obiettare o scherzare, con il
calore che monta da una qualche parte che è giù però è anche vicina al petto, ma il dopo è
meglio.
Il dopo è che lui rimane caldo un po' più a lungo di quanto non faccia il corpo di lei, e le si abbandona
addosso con una specie di stanchezza fiduciosa.
Le rimane a respirare contro il collo, e la sensazione delle sue labbra senza maschera contro la pelle è
qualcosa di indescrivibile, poterlo avere così è - semplicemente - assurdo e magnifico. E'
qualcosa che le fa dimenticare quanto è scomodo il tavolo e quanto sia fredda la notte.
Nota numero due. Si dice improvvisamente. Pulire bene il tavolo prima che Kurai rientri.
- Kakashi? -
- Mh? -
D'accordo: Kakashi Hatake non è un tipo comunicativo. In genere si sforza per sembrarlo. Fa fatica, preme
su sé stesso, per dare l'impressione di essere almeno due gradini sopra il livello di cortesia minimo per
una civile quanto faticosa convivenza con il mondo.
Non è sgarbato, non è arrogante. E' un po' orgoglioso - tipico dei geni, pensa spesso Yoru con una
punta di divertimento - ma sa riconoscere un errore ed è sempre pronto ad attribuirsene la responsabilità.
E' solo che Kakashi proprio non ci sa fare con le persone. Non gli piace dover avere rapporti con loro in
un certo modo: i convenevoli, le gentilezze, i modi di dire e di fare, i cerimoniali, le convenienze...
Quando tutto questo diventa un po' troppo, Kakashi sorride.
Yoru l'ha conosciuto proprio nel periodo in cui Kakashi aveva cominciato a fare così: un sorriso per ogni
problema, con la maschera che lo piega e lo esalta e quel sorriso che entra a farne parte,
mascherata, divenendo finzione. E' una finzione di quelle buone, però: fatte per non ferire, fatte
per cercare di comprendere, fatte per cercare di avere un rapporto più normale, più umano, perché a
Kakashi certe volte spiace non riuscire ad esserlo come vorrebbe.
Gli spiace malgrado la maschera - contraddizione, pensa Yoru, che però capisce.
Comunque non è comunicativo. Dopo in genere è ancora meno comunicativo, perché è stanco, in pace,
parlare non gli piace.
Yoru soffoca insieme un ghigno e uno sbadiglio:
- Stiamo sempre a casa mia per una qualche ragione particolare? Voglio dire, so di avere dei mobili
straordinariamente comodi, ma è solo per questo? -
Kakashi bofonchia:
- Ti è tornato già tutto quel fiato, Yu? -
- Invecchi, Kakashi. Una volta saresti stato già pronto per un secondo giro. -
- Yoru... -
Lei si aspetta che lui se ne esca fuori con qualche commento un po' esasperato, un po', suo malgrado,
divertito: e invece Kakashi si tira su, facendo leva sulle braccia, e la guarda in viso.
- Ti sei mai chiesta che cosa si prova ad avere un figlio? -
D'accordo: questa non se l'aspettava. Yoru rimane per un po' a bocca aperta, senza neanche preoccuparsi di
tirare il fiato, finché il bisogno d'aria non la costringe ad inghiottirne un po': si strozza quasi per la
fretta, annaspando con una risatina incredula e incerta.
- Kakashi... da dove ti è uscita fuori, questa? -
Gli occhi dell'uomo sopra di lei si socchiudono, per un attimo; si chiude quello nero, che nell'ombra è a
malapena visibile, buio nel buio, e quell'altro, l'occhio del guercio, rosso e fiorito di segni che
si muovono in circolo al suo interno:
- E' nato il bambino di Kurenai Yuhi. Il figlio di Asuma Sarutobi. E' sempre un po' strano vedere il
figlio di un ninja, no? -
- Mah... - Yoru alza una mano, lentamente, per passarla sulla fronte dell'uomo e scansargli una ciocca
chiara che il sudore gli ha incollato alla pelle. - ... non lo so. Neanche troppo, credo. Voglio dire...
Noi due lo siamo. Non è detto che noi si muoia sempre prima di vederli, i nostri figli: se così non fosse,
Konoha non esisterebbe. No? -
E poi, con un mezzo sogghigno che sembra un tentativo di riportare l'atmosfera a prima, al momento di
calore e sudore dove erano stati bene e non c'era stato niente e nessuno con loro:
- Cos'è, caposquadra? Un improvviso desiderio di paternità? -
Gli occhi dell'uomo si riaprono, tutto ad un tratto, e Yoru pensa che le piacciono, asimmetrici e
incompleti, con quel nero e rosso dentro che spicca contro la pelle chiara, la testa chiara, e anche
l'occhio dello sharingan che solleva tante dicerie, tante malignità, per lei è solo l'occhio che in
battaglia protegge i suoi compagni, ha protetto lei e Kurai e chissà quanti altri, ed un dono così è un
dono buono, nulla che possa essere malvagio o innaturale.
Lui si china e le domanda placidamente, con un tono di noncuranza che stona con gli occhi vigili e attenti:
- E se anche fosse? -
Si chiamava Yoru Kitamori.
La prima volta che l'ho vista avevamo tredici anni tutti e due: ma se i suoi erano stati tutto sommato
lievi e l'avevano graziata, i miei pesavano come se invece che tredici fossero stati centotrenta.
Aveva il viso intatto e un corpo da adolescente maschio tutto ossa spigolose e curve mancate, alto
precisamente quanto quello del fratello, Kurai, che, d'altronde, era uguale a lei in tutto e per tutto.
In quei giorni che abbiamo passato insieme Yoru diceva spesso - scherzando, ché scherzare le è sempre
piaciuto - che i loro genitori dovevano aver deciso al momento del concepimento che una cosa perfetta
andava buttata giù almeno in duplice copia, per essere preservata intatta per ogni evenienza.
- Se uno di noi due, poniamo caso, finisse con il naso contro una padella... - Se ne uscì fuori una volta.
- ... la bella faccia che ci ritroviamo rimarrebbe così com'è sull'altro. -
Kurai sembrava seccato, ma Kurai sembra sempre seccato, e lei ghignava nel dirlo:
- E' meglio che guardarsi allo specchio, al mattino! -
Strano come tutto ciò sembri così simile ad una voce di profezia, a guardarlo con gli occhi di
oggi.
Note
Al momento di pubblicare, grazie ai commenti puntuali di Araya94, Arwen88 e Verolax,
mi sono trovata davanti alla scelta: correggo o non correggo?
Alla fine ho optato per una via di mezzo.
Qualche correzione (grammaticale, distrazione, errori di battitura, Orrori di ortografia e via discorrendo)
ci sarà; ma per quanto riguarda le scelte di forma e stile non toccherò niente. Preferisco lasciarla così
com'è, e così com'è stata giudicata.
Per il bando, i giudizi e i punteggi delle quattro storie partecipanti il link di riferimento è:
Kakashi loves... SORPRESA!"
Questo, invece, è il link della storia di the forgotten dreamer, che l'ha pubblicata stamane:
Remember
Al prossimo capitolo e ancora grazie a chi mi ha permesso di giocare!
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