Nuova pagina 1
24. Fight
for the Light
Era una bella
giornata, uno di quei pomeriggi primaverili in cui l’aria è tiepida, la brezza
fresca profumata di petali di fiore, e i raggi del sole splendono di lieve
tepore. La piccola sgranò gli occhioni verdi incantata dagli alberi di ciliegio,
dai boccioli teneri di quel rosa così intenso. Era così contenta: il suo papà le
aveva promesso che l’avrebbe portata a fare un bel picnic, per farsi perdonare
di essere mancato al suo compleanno per colpa del suo lavoro. Sapeva che il
lavoro del suo papà era importante: combatteva i cattivi e difendeva la città.
La sua mamma glielo diceva sempre, che lui era un vero eroe, e la piccola non ne
aveva mai dubitato. Anche lei da grande sarebbe diventata forte e coraggiosa
come lui, ne era sicura. Adesso se ne stava seduta, con le gambette incrociate
che sporgevano dal suo vestitino color arancio, e aspettava impaziente che il
suo papà la raggiungesse sotto i fiori di ciliegio, per pranzare insieme. Vide
arrivare un’auto bianca e blu, una di quelle del suo papà, lo sapeva perché
avevano tutte delle luci sul tettuccio e una volta lui le aveva accese e fatte
suonare per lei mentre erano in macchina. ‘Sirene’, le aveva chiamate lui, ma la
bambina era scoppiata a ridere di cuore, perché sapeva benissimo che le sirene
non erano luci, erano bellissime donne per metà pesci che vivevano sul fondo del
mare: il suo papà era un eroe, ma certe cose proprio non le capiva.
Si alzò di
scatto e cominciò a correre verso la macchina accostata, per saltare in braccio
al suo papi, ma si fermò di colpo quando vide scendere un agente che aveva visto
spesso con lui, e che ora le accarezzò la testa e le disse che il suo papà era
davvero dispiaciuto ma non sarebbe potuto venire, perché stava seguendo un caso
importante e non poteva proprio liberarsi. Improvvisamente lei non si sentì più
così contenta, e le lacrime cominciarono a pizzicarle agli angoli degli occhi:
urlò al poliziotto che non era possibile, perché lui gliel’aveva promesso e le
promesse si mantengono, sempre…ma il poliziotto continuava a insistere e alla
fine lei scappò via piangendo perché non era proprio giusto, doveva essere la
sua giornata speciale, dovevano pranzare insieme-lei aveva aiutato la mamma a
fare i panini e l’insalata e a preparare il cestino- e poi dovevano giocare lui
e lei sotto gli alberi in fiore. Cattivo, papà, gliel’aveva promesso! Si era
fermata a piangere accoccolata sotto un albero perché non voleva che la mamma
la vedesse, il viso nascosto nelle mani, quando sentì una voce che la fece
sussultare: “Perché piangi?” Chiese, e lei sbirciò attraverso le dita e vide un
bambino alto più o meno come lei, con la pelle di uno strano colore, che la
guardava perplesso, sbattendo le palpebre. Le sembrava di averlo già incontrato,
era il figlio di un amico del suo papà, ma non si erano mai parlati. “Che ti
importa?” replicò lei, la vocetta intrisa di pianto, asciugandosi le lacrime con
i pugnetti. Lui sembrò imbronciarsi: “Mamma e papà hanno detto che devo giocare
con te. Io gliel’ho detto che non mi va, perché le femmine sono solo delle
rompiscatole piagnucolose, ma loro…”
“Io non sono
una rompiscatole piagnucolosa!!” la interruppe lei, alzandosi in piedi per
essere alla sua stessa altezza, ricacciando indietro le lacrime e guardandolo
torva nei suoi occhioni verde-azzurri. Inaspettatamente, il bambino fece un
sorriso smagliante, mostrando i denti bianchissimi, e le porse la mano: “Così mi
piaci, grinta, ci vuole. Io sono Heiji.” La piccola restò interdetta per un
attimo, fissando incredula e sorpresa il bambino sorridente di fronte a lei, poi
gli strinse la mano, come la sua mamma le aveva insegnato, facendo un po’ su e
giù. “Io sono Kazuha.”
Non si era resa
conto praticamente di niente. Tutto era successo in un lampo, suoni, voci, tutto
si era confuso nella sua testa, ma aveva fatto esattamente come le aveva detto
Heiji: aveva preso la pistola dai suoi jeans e aveva sparato addosso al nemico,
senza mirare, scaricandogli addosso una raffica di pallottole, finché il
grilletto era scattato a vuoto con un sordo click. Allora si lasciò
andare sulle ginocchia, facendo cadere a terra l’arma, il respiro ancora
affannoso, la spalla che le doleva, probabilmente per il contraccolpo. Davanti a
lei, l’uomo non era altro che una massa informe di colore nero, accoccolata a
terra, con spruzzi rosso scuro qua e là, che andavano propagandosi. Aveva
sparato ad un uomo…era una strana sensazione, si sentiva disorientata,
sporca, in colpa quasi…ma fu solo per un attimo. Quando si ricordò che cosa
stava per fare loro, cosa aveva fatto a Heiji, i sensi di colpa si tramutarono
in rabbia e soddisfazione. Se l’era meritato, era un essere orribile. Anche se
una piccola parte di sé sperava angosciata di non averlo ucciso…
Si voltò
sorridendo debolmente verso Heiji: “Ce l’abbiamo fatta Hei-“ e improvvisamente
si sentì raggelare, gli occhi sbarrati che fissavano increduli il corpo del suo
amico d’infanzia, del suo unico grande amore; non riusciva a respirare,
l’accesso ai polmoni era sbarrato, restò lì, immobile a boccheggiare, scossa da
tremiti irrefrenabili, il sangue che aveva smesso di scorrerle nelle vene. “No”
riuscì a mormorare con voce roca e flebile, tutta la disperazione, il dolore,
l’angoscia, concentrati in un’unica parola, che risuonava sorda nelle sue
orecchie “No…no…no…”
“No…no e no!!”
gridò la piccola, sbattendo i piedi a terra. “Ti dico che il MIO papà è un
grande eroe, il più grande del mondo!”
“Ma il MIO è
il suo CAPO…fidati, è così” replicò il bambino, ostinato. Lei lo guardò
imbronciata, scuotendo la testa indispettita ,i due codini di capelli neri che
ciondolavano ai lati della testa. “Il mio papi è un eroe, lo dice sempre anche
la mamma…” insisté, decisa, poi la sua voce divenne flebile “È per questo che
non può venire alla mia festa, o al picnic, o alle recite all’asilo…” Abbassò lo
sguardo, fissando i sandali rossi, non avendo il coraggio di guardare lui. Non
voleva che la accusasse di nuovo di essere una piagnona, e cercò di non
rimettersi a piangere al pensiero che lui non aveva mantenuto la promessa che le
aveva fatto. Si erano stretti il mignolo, doveva pur valere qualcosa!
“È stata la
tua festa? Quando?” chiese lui, con tono stranamente interessato.
Lei alzò un
pochino la testa e si accorse che lui la stava fissando con gli occhioni
sgranati colmi di curiosità, le grosse e buffe sopracciglia inarcate “Due giorni
fa…ho fatto 4 anni” lo informò, alzando quattro dita. Lui annuì, poi parve perso
nei suoi pensieri. “Hmmm…”
“Che c’è?”
Chiese lei, scrutandolo con la fronte aggrottata.
“Ti piacciono
i fiori di ciliegio?” le domandò, ignorando la sua domanda. Lei annuì. “E al tuo
papà?” Un altro cenno di assenso dalla piccola. Lui sorrise di nuovo. “Bene,
allora.”
Si voltò,
guardando in alto, e lei lo imitò, contemplando nuovamente con ammirazione i
boccioli rosa sugli alberi, così delicati e belli. Quando abbassò la testa, vide
che lui aveva cominciato con fatica ad arrampicarsi sull’albero.
“Ma che fai
fermati!! Non hai il permesso!!” gridò, guardandosi intorno per vedere se
arrivava qualche adulto. “Scendi subito, scemo!!” lo sapeva che non poteva dire
parolacce, ma era evidente che la situazione lo richiedeva. E nel caso fosse
stato necessario, ne aveva sentite di altre parecchio bizzarre dal suo papà.
“Tra un
attimo.” Replicò lui, continuando a scalare senza paura il grosso ciliegio,
incurante del piede che ogni tanto slittava, facendogli quasi perdere
l’equilibrio. La piccola Kazuha lo guardò disperata, le manine sulla bocca
spalancata.
“Heiji”
bisbigliò, guardandolo attraverso l’umida pellicola delle lacrime “Heiji ti
prego rispondi…” Ma lui non si mosse, immobile, gli occhi chiusi, la mano ancora
poggiata sulla ferita sanguinante, la pelle esangue. Sentiva che non poteva
resistere, stava troppo male, aveva un forte impulso a vomitare, mentre gocce di
sudore gelido le imperlavano la fronte, appiccicandole i capelli sulla pelle.
Heiji, non poteva essere capitato a lui, no…le aveva promesso che sarebbe andato
tutto bene, e le promesse si mantengono. Non poteva lasciarla così…loro dovevano
andare a cena fuori, lui gliel’aveva detto quella mattina, un tempo che le
sembrava eternamente lontano, un qualcosa successo secoli prima. Aveva detto che
sarebbero andati al cinema, e lei avrebbe scelto il film… “Me l’hai promesso,
Heiji, ti ricordi? Non hai scuse…dobbiamo andarci…” insisté, guardandolo, mentre
le lacrime scendevano lente e pesanti, solcando le guance e lasciandosi dietro
una scia di dolore. “A-Andremo al cinema…ti farò vedere uno di quei film
romantici strappalacrime…quelli che odi tanto…e t-tu ti addormenterai durante il
film, e io, io mi arrabbierò, e litigheremo perché tu dirai che sono stata…una
strega a costringerti a vedere una schifezza del genere e-e io ti dirò che sei
un maleducato e un egoista e sai pensare solo alle tue indagini…ma poi faremo
pace…noi facciamo sempre pace. E tutto torna com’era prima. Giusto,
Heiji?” Riuscì a toccarlo, esitante, accarezzandogli il braccio, per poi
lasciarsi andare completamente su di lui, la testa nascosta fra le braccia
incrociate, piangendo disperatamente, lasciandosi andare completamente. Voleva
restare lì per sempre, piangere fino a consumarsi, anche se sapeva che non
sarebbe servito a nulla, tutte le lacrime del mondo non avrebbero potuto
cancellare il dolore forte e pressante che martellava nel suo corpo, che
divorava ogni fibra del suo essere, a partire dal cuore. Ma non poteva fare
nient’altro, e quindi sarebbe rimasta lì, per sempre, perché non aveva la forza
di alzarsi, di affrontare il mondo, di vivere sapendo che lui non sarebbe stato
con lei, a sorriderle, ogni giorno, a farla ridere con le sue stupide battute, a
prenderla in giro, a consolarla se piangeva. Una vita senza di lui, no, non
poteva esistere. Tutto ciò che era in grado di fare era piangere, e
piangere....ancora, fino alla fine.
“Visto? Non
era poi così difficile.”disse lui, scendendo dall’albero con un ultimo salto,
con gran sollievo della piccola, che poté finalmente ricominciare a respirare e
smettere di aver paura dell’arrivo di qualche adulto, che di certo avrebbe dato
la colpa anche a lei, sebbene non c’entrasse proprio nulla. Il piccolo Heiji
teneva fra le mani un mazzolino grande di fiori rosa, alcuni ancora teneri
boccioli, altri fioriti e bellissimi, e glieli porse. “Ecco. Un regalo per te,
buon compleanno.” Disse con un sorriso, la bambina non poté fare a meno di
arrossire, ammirando quella meraviglia, gli occhioni verdi che brillavano.
“Oooh…io…grazie.” Mormorò, ancora contemplando quei fiori stupendi che ora
teneva fra le mani, accarezzandone i petali morbidi e lisci. “Ne ho presi un bel
mucchio, così puoi darne un po’ anche al tuo papà, e non si perderà questo
spettacolo.” Lei rivolse di nuovo l’attenzione verso di lui, che sorrideva beato
e soddisfatto, strofinandosi il naso. E fu in quel momento che lei se ne
accorse. “Le tue mani…” mormorò inorridita, indicando i suoi palmi, che erano
tutti scorticati e in più punti sanguinanti. Lui li guardò per qualche breve
istante, poi scrollò le spalle. “Cose che capitano. Gli alberi fanno questi
scherzi.”
“Ma…ma…la tua
mamma? Non si arrabbierà con te?” insisté lei, senza poter fare a meno di
fissare le mani di lui. Cavoli, erano ferite GROSSE. Lui scosse la testa.
“Macché!! La mamma è abituata a vedermi tornare con qualche taglio e livido.”
“Ma…non ti
fanno male?” chiese lei,rabbrividendo. Una volta, disubbidendo alla mamma, aveva
preso in mano le forbici da cucito, quelle con la punta affilata, e si era
tagliata. Ricordò che bruciava da morire, tanto che le erano venute le lacrime
agli occhi. Lui alzò le spalle. “Un po’, ma il dolore non mi spaventa. Io…”
assunse un tono pomposo, gli occhi chiari che brillavano. “…sono un detective.
E noi detective non temiamo nulla.” Aggiunse, sempre atteggiandosi. Lei scoppiò
a ridere e lui la guardò perplesso e un pochino infastidito. “Che c’è?” sbottò,
e lei fra una risatina e l’altra rispose. “Tu sei troppo piccolo per essere un
detective. Bugiardo.”
“Sì? beh,
almeno io non sono una femminuccia piagnucolosa…” replicò, e lei gli diede un
calcio, buttandolo a terra.
“Ahi! Però,
sei forte per essere una femmina…”
“E tu sei
stupido, proprio come tutti i maschi.” Replicò lei, poi ci ripensò e aggiunse
“Tranne il mio papà.” Lui sbuffò
“Figuriamoci…”
e entrambi scoppiarono a ridere. Poi lei gli si avvicinò, gli scoccò un veloce
bacio sulla guancia e gli sussurrò un “grazie dei fiori” prima di correre
lontano, lasciandolo come inebetito a massaggiarsi la guancia, ora rosso
fuoco.
“Non puoi
lasciarmi Heiji…non puoi…” alzò la testa, quel tanto che bastava per guardalo in
faccia, si sentiva così debole. I suoi occhi erano chiusi, le labbra dischiuse.
“I-Io non posso…capisci? Andare avanti, continuare…senza di te. Non…non sono
capace. Io…” tirò su col naso, mentre altre lacrime continuavano a fuoriuscire,
il petto scosso dai singhiozzi “ho bisogno di te. Del modo in cui mi tratti,
della tua presenza…io ti amo.” Avvicinò il proprio viso, caldo e
zuppo, al suo, tiepido e pallido. “Mi hai sentita? Ti amo.” Posò le labbra su
quelle di lui, lambendole amorevolmente, in un bacio lieve e dolce, un contatto
che non voleva finisse mai. Non voleva staccarsi, continuare a baciarlo era
l’ultima illusione che le era rimasta, l’illusione che lui era ancora lì, per
lei, e così sarebbe sempre stato. Ed era così persa nel lieve tepore che quel
bacio le stava donando che si accorse a malapena della mano che si posò con
delicatezza sulla sua nuca, accarezzandole i capelli, o del fatto che le labbra
di lui cominciarono debolmente a ricambiare, accettando il contatto e coccolando
a loro volta le sue labbra, sfiorandole dolcemente, lentamente. Di colpo
realizzò e si staccò, guardandolo con gli occhi sbarrati, le guance arrossate
ancora umide di lacrime, il respiro affannato. Heiji aprì a fatica gli occhi,
sorridendole attraverso la fronte aggrottata. “Ciao.” Sussurrò, senza voce. Lei
restò immobile e incredula, il suo corpo, ormai conquistato e devastato
dall’estremo dolore che aveva provato credendolo morto, non riuscì subito ad
accettare quell’improvviso sentimento di gioia e felicità che si faceva largo
nel suo animo. Perciò restò imbambolata a fissarlo, incapace di parlare, di
muoversi, nella mente un solo pensiero che rimbombava incessante:
lui è vivo…Heiji è vivo…
“OH mio DIO!!”
gridò infine, sorridente, ricominciando a piangere, ma stavolta per la felicità,
incapace di trattenersi. Lo abbracciò convulsamente, stringendolo forte, udendo
a malapena il suo gemito soffocato di dolore. Quando si rese conto lo lasciò
andare e lo vide afflosciarsi con una smorfia di dolore. “Ma sei scema??”
bofonchiò, tossendo un paio di volte. “Ehm…scusa.” Disse lei, ancora sorridente.
Lui respirò profondamente un paio di volte. “Vattene da qui. Dovrebbe esserci la
polizia qui intorno, da qualche parte.”
“Sì, ma vieni
anche tu.” Replicò lei decisa.
“Io sono ferito,
come puoi vedere anche tu. Vai, cerca aiuto, io me la caverò.” Insisté lui, con
voce roca.
“Non se ne
parla.” Esclamò, con un tono che non ammetteva repliche. “Se ti aiuto, dovremmo
farcela.”
Lui sospirò. “E
va bene. Comunque non possiamo stare qui, è pericoloso.”
“Okay” Disse
Kazuha, e lo aiutò ad alzarsi, lui le passò un braccio intorno al collo, mentre
lei gli teneva il fianco sano.
“Camminiamo
rasente al muro così evitiamole luci.” Suggerì lui, tossendo di nuovo. Lei
annuì; era un po’ faticoso portarlo, ma strinse i denti: ce l’avrebbe fatta, per
lui. Non poteva abbandonarlo. Non ora che l’aveva ritrovato.
“Dobbiamo
assolutamente avvertire un poliziotto…dovrebbero essercene in giro.” Bofonchiò
Heiji accanto a lei, che scosse la testa. “No, sei ferito, troviamo un posto
riparato e poi andrò a cercare un medico.”
“Tu non capisci!”
cercò di gridare, con il risultato che ricominciò a tossire in modo
preoccupante. “Kudo…io, l’ho perso. Dobbiamo aiutarlo”
Kazuha sbuffò:
“Sono sicura che riuscirà a cavarsela da sé. È pure lui un detective, no? E tu
certamente non sei in grado di dargli una mano, ora come ora.” . Era convinta
che Kudo gli avesse già fatto abbastanza, trascinandolo in quel pericolo. Sapeva
che non avrebbe dovuto provare quell’astio nei confronti del ragazzo di Ran, ma
in quel momento non poteva fare a meno di ricordare che era solo colpa sua se
Heiji pesava sulla sua spalla sanguinante ed esausto. Erano a Tokyo, di sicuro
lui l’aveva chiamato per chiedergli aiuto, e come al solito il suo amico
d’infanzia era scattato pronto ad accorrere al suo richiamo. Era un mistero per
lei come Kudo riuscisse ad avere quell’influenza su di lui.
“Tu non capisci…”
obiettò lui, con un nuovo colpo di tosse.
“Non sforzarti a
parlare. Troviamo un rifugio e poi penseremo a Kudo-kun, d’accordo?” Lo disse
solo per farlo smettere di insistere: pareva che ogni parola gli costasse un
grande sforzo, eppure era convinta che avrebbe continuato a parlare senza
riserve se lei non gliel’avesse data vinta. Comunque, dentro di sé, era sicura
che Kudo se la stesse cavando benissimo anche da solo.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Shinichi si sentì
stringere la caviglia e quasi contemporaneamente perse l’equilibrio e cadde a
terra con un tonfo e un gemito soffocato. In quei pochi decimi di secondo che
gli ci vollero per realizzare cosa fosse successo, sentì anche una nuvola di
timore e preoccupazione oscurare la serenità che aveva provato quando aveva
creduto di aver vinto. Strinse i denti e ruotò, per trovarsi davanti il suo
avversario, che sogghignava, ora in ginocchio, con la pistola ancora in pugno.
Aveva creduto che la partita fosse finita? Cavoli, erano solo al calcio
d’inizio.
Invece di
perderti in colorite metafore calcistiche cerca di pensare a qualcosa per
cavarti fuori dai guai...
Facile a dirsi.
Adesso sì che era in trappola, finché Gin lo teneva sotto tiro con la sua arma
non poteva sperare di fuggire o contrattaccare.
“Ma tu credevi
davvero che mi sarei fatto fregare due volte di seguito dallo stesso giochetto?
Povero illuso.” Si lasciò andare ad una risata agghiacciante, senza smettere di
tenerlo d’occhio. “Cappotto imbottito, a prova di aghi. Non sono meravigliosi, i
ritrovati della sartoria moderna?”
“Sì, peccato che
non possano fare nulla per la tua brutta faccia.” Replicò Shinichi, il cervello
che lavorava furiosamente. Doveva trovare una via d’uscita, una qualsiasi.
“Siamo spiritosi,
eh? Beh, credo che…Sherry, non provare a fare ciò che hai in mente di fare
perché ti ucciderei prima che tu possa anche solo avvicinarti a me.” Disse,
cambiando tono di voce. Era evidente che Ai voleva colpirlo alle spalle, ma Gin
sapeva che lei era lì, e naturalmente non si era fatto cogliere di sorpresa.
Dunque,
ricapitolando: devo riuscire a salvare me e Ai, catturare Gin se possibile…e a
proposito, che fine avrà fatto Heiji?
“Lo sai, mi
sembra di averti già visto da qualche parte…la tua faccia mi evoca una
sensazione sgradevole di fastidio e disgusto allo stesso tempo…chi sei,
moccioso?”
Shinichi sorrise,
uno dei suoi soliti sorrisi tutti sicurezza e spavalderia, e vide Ai dietro Gin
guardarlo perplessa, sbattendo le palpebre.
“Io sono quello
che ti sconfiggerà.” Disse, con voce bassa e lenta, e Gin sorrise, sferrandogli
un calcio nello stomaco dolorosamente potente. Lui gemette soffocato, le braccia
strette intorno alla parte dolente e pulsante, mentre un forte senso di nausea
si impossessava del suo corpo.
“Divertente. Ma
ti passerà la voglia di scherzare, spiritosone, quando avrò finito con te.” Rise
di nuovo, gli occhi che luccicavano, come se avesse aspettato quel momento con
ansia da tempo. Poi, prima che Shinichi potesse reagire, con un movimento veloce
lo colpì alla mascella con l’impugnatura della pistola. Una miriade di luccichii
comparvero davanti ai suoi occhi, mentre un dolore pungente esplose dalla bocca,
che si riempì di un caldo liquido dolciastro e ferroso. Shinichi cadde di nuovo
con la schiena a terra, ansimando, gli occhi chiusi. Gin si avvicinò a lui,
afferrandolo per i capelli, proprio come aveva fatto quel giorno di molto tempo
prima, al Tropical Land.
“Aspetta…adesso
mi ricordo di te.” Disse, costringendolo a guardarlo, il sorriso sul suo volto
si allargò, mentre gli occhi si animavano di comprensione. “Ma scusa, non ti
avevo già ucciso?”
“Tu che ne dici,
genio?” replicò lui, sputandogli in faccia uno spruzzo di sangue. Lui si portò
istintivamente il braccio sugli occhi per pulirsi e Shinichi ne approfittò per
mollargli una gomitata e liberarsi dalla sua stretta, mentre un po’ di capelli
dissero addio alla sua testa. Si alzò, ancora un po’ barcollante per i colpi
ricevuti, e si gettò sopra di lui, cercando di rubargli la pistola. Non era in
grado di stabilire quanto durò la lotta, tutto il suo cervello era impegnato nel
tentativo di sottrargli la sua arma, incurante dei colpi che incassava –in fondo
anche lui non era da meno, nei confronti del suo avversario- e finalmente riuscì
a fargliela sfuggire di mano con un colpo ben assestato del ginocchio.
“PRENDILA!!”
urlò, e vide Ai precipitarsi verso l’arma e raccoglierla. Ma per accertarsi
che lei la prendesse si era distratto, e Gin ne approfittò per colpirlo
violentemente al lato del collo e bloccarlo con il braccio piegato dietro la
schiena. Ai puntava verso di loro, la fronte aggrottata, lo sguardo deciso.
“Lascialo, Gin.”
Ordinò, con voce dura e carica di determinazione. Gin rise, ma non c’era traccia
di allegria in quella risata, era fredda e gracchiante.
“Se no cosa
farai, sparerai rischiando di uccidere il tuo amichetto?” Ai strinse le labbra,
evidentemente cercando di reprimere la rabbia. “No, non lo farai, Sherry. Sei
sempre stata una debole, incatenata ai tuoi sciocchi sentimenti, incapace di
reagire, di liberarti dei legami e diventare finalmente qualcosa di più,
innalzarti ai miei livelli. È per questo che non sei mai riuscita a fare
veramente parte di noi. Sei una stupida, patetica ragazzina. Avresti potuto
avere una carriera brillante, con il corpo e il cervello che ti ritrovi, saresti
perfino potuta diventare una dei capi dell’Organizzazione. Invece, hai sputato
addosso al successo solo per un capriccio, ritrovandoti a fare la puttana di un
ragazzino patetico quanto te. Cosa credevi, di poter vincere? Lui forse poteva
illudersi, ma tu? Hai conosciuto la nostra potenza, sapevi di andare incontro
alla rovina, eppure non ti sei fermata, trascinando giù con te anche lui. Hai
scavato una fossa per te e per il tuo amico, non puoi che biasimare te stessa,
mia cara, per essere stata tanto sciocca. E lui non può che biasimare se stesso
per averti dato retta. Scommetto che in questo momento la odi, eh, ragazzino?”
Gli chiese, dandogli uno scrollone secco. Shinichi sorrise alla ragazza davanti
a lui, scuotendo lievemente la testa.
“No. Io non ti
odio, Shiho. Anzi, sono fiero di te: non tutti avrebbero avuto la forza di
reagire come hai fatto tu, dopo quello che hai passato. Hai conosciuto
l’oscurità, ma sei riuscita a riemergere alla luce del sole, nonostante tutto il
male che hai dovuto subire, nonostante tu abbia avuto una vita che avrebbe
distrutto e consumato da dentro qualsiasi altra ragazza. Sei stata in grado di
conservare la tua forza d’animo, i tuoi ideali, di rimanere una persona buona e
degna di fiducia seppure circondata per quasi tutta la tua vita da persone
perfide e senza scrupoli. Ti ammiro, e non credo che tu sia debole: ci vuole
molta più forza a rialzarsi dopo essere caduti, che a non cadere mai.”
Ai lo guardava
con gli occhi sgranati e sorpresi, le guance soffuse di un lieve rossore, e
Shinichi si rese conto di non averle mai veramente dimostrato fino a quel
momento quanto la sua opinione di lei si fosse evoluta durante il periodo che
avevano passato insieme. La prima volta che aveva saputo del suo passato l’aveva
definita un’assassina e un mostro, e da quel momento in poi, seppure non si era
più dimostrato ostile nei confronti di lei, non aveva mai rinnegato quelle
parole. Non perché le pensasse ancora, semplicemente le aveva dimenticate. Ma
adesso capiva, dall’espressione incredula sul volto della bionda scienziata, che
lei non le aveva dimenticate, tutt’altro. Era stato sciocco a non comprendere
quanto le parole potessero ferire.
“Commovente.”
Commentò Gin, stringendo ancora di più il braccio di Shinichi, finché scosse di
dolore si propagarono per tutto il corpo. Lui strizzò un attimo gli occhi, poi,
li riaprì, focalizzandosi di nuovo su Ai.
“Scappa adesso!!
Lui non può colpirti senza pistola, va’ via!! Io me la caverò.” Le gridò, lei
sussultò.
“No, io non…”
“MUOVITI!!” urlò,
Gin rise di nuovo. “E chi ha detto che sono senza pistola?” Estrasse una Magnum
dalla cintura. Logico, aveva ancora la sua, quella che gli aveva sottratto
apparteneva ad Ai. Shinichi non l’aveva dimenticato, ma sperava in qualche modo
che fosse scarica o che lui non potesse prenderla.
Stiamo
perdendo colpi, eh Shin?? In tutti i sensi…
“Chiudi
il becco.” Mormorò alla voce-padre, irritato, e cominciò a divincolarsi
furiosamente, cercando di liberarsi dalla stretta dell’uomo. Se Gin pensava a
tenerlo fermo, Ai poteva nel frattempo fuggire, sperava che lei ci arrivasse.
“Buono,
moccioso!” ringhiò lui, e di nuovo si udì uno scoppio tonante e allo stesso
tempo la stretta sul suo braccio si allentò, e Shinichi poté con uno strattone
liberarsi, nelle orecchie il lamento di dolore del suo avversario, mentre un
taglio bruciante si apriva sulla sua guancia. Corse verso Ai, che teneva la
pistola in mano ancora fumante, e senza voltarsi la prese per mano e la trascinò
fuori, e corsero entrambi velocissimi, senza una meta prestabilita. Avanzarono
rapidamente a perdifiato per un po’, Shinichi sapeva che non poteva affrontare
Gin, non prima di aver messo in salvo Ai, e perciò doveva portarla in un posto
sicuro. Finalmente si fermarono, ansimanti, all’ombra di un alto edificio.
“Credi che ci
troverà?” chiese Ai, fra un respiro e l’altro.
“Forse sì forse
no. Comunque, spero che il tuo sparo attiri la polizia da quelle parti. A dire
il vero, sono sorpreso che non sia già successo.” Commentò, asciugandosi il
sudore dalla fronte e passandosi una mano sulla guancia, riscoprendola sporca di
sangue. Si voltò imbronciato verso di lei.
“Ci è mancato
poco che mi prendessi, con quel proiettile. Perché diavolo non sei scappata come
ti ho detto??” Borbottò, lei fece uno dei suoi sorrisetti ironici. “Oh, non mi
dire che il Grande Detective ha avuto paura di un piccolo sparo! Male che fosse
andata, c’è sempre la chirurgia plastica, e tu sei ricco.” Disse con tono di
sufficienza, scrollando le spalle. Shinichi sbuffò, gli occhi socchiusi. “Beh,
spero che almeno la ferita alla spalla lo tenga occupato abbastanza da farci
cercare un rifugio.”
“Vuoi
nasconderti?” chiese lei, con tono falsamente casuale. Lui continuò a guardarla
male attraverso la frangetta arruffata.
“No, tu
devi nasconderti. Non posso lavorare in pace se devo pensare a salvarti.”
“Non sono
d’accordo con la distribuzione dei ruoli, Kudo-kun. Sono stata io a
salvare te, stasera, e per ben due volte.” Replicò con tono saccente,
passandosi una mano fra i capelli biondi, cercando di metterli in ordine. Lui
sbuffò, ma non rispose, evitando di farle notare che aveva impedito a Gin di
scoprirla, distraendolo. Sua madre gli aveva insegnato che non era carino
rinfacciare alle ragazze di averle tirate fuori dai guai. Poco ‘gentleman’, a
suo dire.
“Dobbiamo anche
cercare Hattori. Andiamo, muoviamoci, è pericoloso restare fermi troppo a lungo
nello stesso punto.”
Le afferrò di
nuovo la mano quasi senza rendersene conto e fecero per avanzare, quando
improvvisamente Shinichi si bloccò, sgranando gli occhi, la bocca
istantaneamente asciutta. Il tempo parve congelarsi intorno a lui: non era
possibile, non poteva essere…
“Ran!?”
soffiò, senza voce, impallidendo, senza poter staccare gli occhi di dosso alla
ragazza che si stava dirigendo in quella direzione, ancora senza essersi accorta
della sua presenza. Percepì senza registrarlo Ai che si irrigidiva dietro di
lui, mentre, incapace di dare aria ai polmoni, se ne stava lì impalato, e non
solo per la sorpresa di trovare lì la sua amica d’infanzia. Soprattutto per la
donna che la stava scortando, tanto innocua e aggraziata all’apparenza quanto
pericolosa e sadica in realtà.
Vermouth!!!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Ran camminava al
fianco di Sheila, la fronte aggrottata, scoccandole sempre più spesso occhiate
di apprezzamento. Secondo quanto le aveva detto, la stava portando dove voleva,
la lei stessa non era ben sicura di dove volesse andare in quel momento: una
parte di lei avrebbe tanto desiderato tornarsene a casa, infilarsi sotto le
coperte soffici e calde, al sicuro nella sua cameretta, e dimenticare tutta
quella brutta storia, invece di starsene lì, al freddo, a camminare accompagnata
da un’estranea in mezzo a un cumulo dì edifici dall’aspetto poco rassicurante.
Un’altra parte di lei, quella più determinata e sicura, desiderava invece
scoprire dove si trovava Shinichi, andare da lui, incurante dei possibili
pericoli, disposta a tutto pur di rivedere quegli occhi, quel sorriso…
Indecisa sul da
farsi aveva scelto la via di mezzo, ovvero continuare la sua avanzata verso
l’ignoto al fianco della bellissima poliziotta. Le lanciò l’ennesima occhiata,
soffermandosi un momento sul modo ricercato e raffinato con cui i capelli le
ricadevano sulle spalle, leggermente mossi e vaporosi, di un biondo lucente, e
poi scorgendo tutta la sua figura, le labbra fini e rosse, che sembravano
disegnate per essere perfette, il corpo sinuoso, le forme aggraziate, il
portamento fiero e delicato allo stesso tempo, con il mento alto, lo sguardo
dritto davanti a lei, quasi stesse sfilando davanti ad una platea di spettatori
e non camminando in un quartiere malfamato nel bel mezzo della notte. Il
cappotto nero di cachemire, di certo costato una fortuna, avvolgeva la sua
figura senza però soffocarne la silhuette, e scopriva le sue gambe, altrettanto
perfette, e i piedi calzati in scarpe con il tacco alto, anch’esse visibilmente
preziose e scomodissime, che lei portava con disinvoltura e naturalezza.
Distogliendo lo sguardo da lei, Ran non poté fare a meno di pensare che si
sarebbe aspettata di trovare una donna del genere in un ristorante di lusso, uno
di quelli in cui solo per sederti al tavolo dovresti aprire un mutuo in banca, e
magari al braccio di un affascinante gentiluomo, non certo in un posto come
quello, o in una centrale di polizia, dietro una scrivania. Insomma, tutto in
lei trasmetteva classe, eleganza, sfarzo. Certo, aveva conosciuto altre
poliziotte molto attraenti: Sato, ad esempio, era una bella donna, anche lei di
un certo livello. Eppure, le sensazioni che le trasmetteva erano completamente
diverse da quelle che avvertiva vicino a Sheila. C’era qualcosa che non tornava,
in tutto ciò.
“Mi scusi, può
ripetermi dove stiamo andando?” chiese, gentilmente. Non si spiegava il motivo,
ma lei la metteva in soggezione.
Sheila le si
rivolse con un sorriso dolce e caldo, di cui Ran non poté fare a meno di
fidarsi: l’aura di superiorità era crollata ed ora lei sembrava una donna
qualunque, onesta e buona.
Forse anche
troppo…
“Siamo quasi
arrivate, abbi pazienza.” Le disse, senza smettere di sorridere, ma prima che si
voltasse Ran percepì qualcosa nei suoi occhi, come un’ombra poco rassicurante,
uno strano scintillio, che aveva un qualcosa di familiare. Come se l’avesse già
visto, non molto tempo prima. Qualcosa che la fece rabbrividire.
“Incontreremo
Sato?” domandò ancora.
“Chissà, my
darling…il destino è così imprevedibile…” rispose, stavolta senza voltarsi.
“Ehm…” voleva
chiederle altre cose, ma, sebbene Sheila fosse stata cordiale, aveva
l’impressione che non le facesse piacere ricevere troppo domande.
Coraggio
Ran…non siamo alla fiera della cortesia…questa donna ti ha chiesto di fidarti di
lei e tu hai tutto il diritto di accertarti che non ti stia ingannando…no?
Certo era più
semplice pensarlo che metterlo in atto.
“…mi perdoni se
insisto, ma…” una breve pausa, per testare le acque. Sheila continuava a
muoversi decisa, senza guardarla, un’espressione indecifrabile sul viso
abilmente truccato. Beh, tanto valeva finire, ormai.
“…ehm…mio padre è
stato un poliziotto e, per quanto ne so io, insomma…non dovrebbe avvertire
l’ispettore Megure della nostra posizione? E…beh, portarmi in un posto sicuro?”
non voleva che lei pensasse che stesse criticando il suo modo di lavorare, così
aggiunse precipitosa “Almeno così mi ha detto, potrei sbagliarmi.”
Lei sorrise,
senza voltarsi, e da quel poco che scorgeva, Ran si rese conto che non era il
sorriso tutto affetto e fiducia di prima.
Era…sinistro.
“No, you’re right, Angel, but…what can I say? I’m not an
ordinary policewoman. Well, actually, I’m definitely not a
policewoman.[1] ”
“Ehm…scusi?” non
era certa di aver capito bene.
Il sorriso
s’intensificò, mentre i suoi occhi grigio-verdi si focalizzavano su qualcosa
davanti a lei, facendole aggrottare le sopracciglia ritoccate con la matita
nera. Ran seguì il suo sguardo e rimase pietrificata, non credendo ai propri
occhi: il ragazzo che sperava di vedere da così tanto tempo, di cui per mesi non
aveva potuto che udire la voce modificata dalla cornetta del telefono, per il
quale aveva pianto tanto, col cuore gonfio di dolore e apprensione, per il quale
aveva passato tanti guai, prima nelle mani del giornalista e poi in quelle di
quegli uomini...il ragazzo che desiderava più di ogni altra cosa riabbracciare,
e che aveva sognato tante volte di incontrare di nuovo svegliandosi poi con le
lacrime agli occhi, era lì, davanti a lei, concreto e reale, identico a come la
sua mente lo rievocava, sempre più spesso col passare del tempo: i capelli
bruni, che non volevano mai stare giù, gli occhi blu limpidi e sinceri, il viso
rassicurante…
Shinichi…Shinichi…
La sua mente non
poté pensare nient’altro per più di un minuto, mentre fissava incredula il suo
amico d’infanzia, ansiosa di corrergli incontro eppure incapace di muovere un
muscolo, pregando che non fosse un sogno, o comunque di non svegliarsi...
Finché i suoi
occhi, completamente calamitati dalla sua figura non si spostarono di qualche
centimetro, e videro la mano di lui, dell’unico ragazzo che avesse mai amato in
tutta la sua vita, stretta saldamente a quella di un’altra ragazza. Nella
completa felicità che l’aveva avvolta s’insinuò repentino un altro sentimento,
spiacevole, che le mandò violente fitte dolorose al cuore. Fissò da capo a piedi
la sconosciuta: era bella, non c’era dubbio, anche se non aveva quella bellezza
ricercata, da copertina di riviste di moda, bensì semplice e allo stesso tempo
attraente: i capelli biondo cenere le incorniciavano il viso, da cui spiccavano
i suoi occhi, azzurri e profondi, gelidi. Il golf viola aderente avvolgeva il
suo busto modellato e il seno, lasciando lievemente scoperti i fianchi, da cui
scendevano i pantaloni attillati grigio perla, terminando a campana su
stivaletti di cuoio. Non era solo bella, era anche sexy. Ran si sentì
improvvisamente inadeguata, e scoccò un’occhiata quasi vergognosa alla camicia a
righe che spuntava da sotto il pullover rosa, e poi ai jeans e alle scarpe da
ginnastica. Si sentì arrossire, e contemporaneamente limpida rabbia arse nel suo
corpo: così, dunque? Mentre lei si struggeva come un’idiota per la sua
lontananza Shinichi se la spassava con una bionda, bene, grandioso.
Uomini…puoi
fare quello che vuoi, ma andranno sempre appresso alla prima barbie che
incontrano…
Sbuffò
aggrottando la fronte, sentendosi ferita: doveva essergli mancata davvero molto,
oh certo, ma lui sapeva come consolarsi. Magari era quella lì il motivo per cui
era mancato all’appuntamento, ora capiva perché non avesse potuto giustificarsi
al telefono. Insomma, cosa avrebbe potuto dirle?
“Perdonami Ran, so che volevi parlarmi urgentemente, ma vedi, le ho promesso che
avremmo fatto compere insieme, e poi che l’avrei portata al cinema, e…non potevo
mica deluderla, no?”
S’imbronciò, e
quando lo sguardo tornò sul suo amico d’infanzia era gelido e bruciante di
rabbia allo stesso tempo. Anche Shinichi stavolta la stava guardando, e sussultò
sorpreso e colpito quando vide la sua espressione. Ran sorrise spietatamente:
ben ti sta, odioso dongiovanni.
Shinichi la fissò
come imbambolato e ferito per qualche attimo, poi parve risvegliarsi da una
specie di trance, lasciò la mano della bionda e le fece cenno di aspettare,-
sembrano James Bond e la ragazza di turno pensò Ran con stizza-
mentre lui si faceva avanti, serio e deciso, la mano poggiata inspiegabilmente
sul proprio orologio, quasi fosse un’arma. Le venne da ridere, e improvviso le
tornò alla mente un episodio di qualche tempo prima, quando aveva scoperto Conan
che puntava la sua amica Sonoko con uno strano orologio, e dopo averlo
rimproverato lui le aveva spiegato che era un giocattolo del professor Agasa,
che sparava fuori una biglia. Beh, se anche Shinichi se n’era fatto fare uno,
era più infantile di quanto pensasse.
Ma forse la
spiegazione è un’altra…
Di nuovo quella
vocina fastidiosa, quella che ormai lei accostava all’irrazionalità. Doveva
smettere di farla affiorare e tapparle la bocca per sempre. Quello non era un
film di fantascienza.
“Si allontani da
lei.” ordinò perentorio Shinichi, sempre con le sopracciglia aggrottate e la
mano sul polso sinistro, fissando minaccioso Sheila. Ran si voltò verso di lei e
la scoprì perfettamente tranquilla, anzi, divertita. Alzò l’indice e lo agitò
davanti a sé, con un’espressione di rimprovero.
“You’re so rude, Cool Guy. Now, say please [2]”
“Lei non c’entra,
è una questione fra me e voi” replicò lui duro, ignorandola. “La lasci andare.”
Sheila rise. Ran
pensò che era molto probabile che prima non l’avesse fraintesa, nonostante
l’inglese. Aveva davvero detto che non era una poliziotta. Ma allora chi
diavolo..? Scoccò un’occhiata a lei, perfettamente a suo agio e divertita, e a
Shinichi, teso e determinato: sembrava quasi avere paura di lei.
“Oh no, così è
troppo semplice, Cool Guy. Devi seguire le regole del gioco.”
Ran fece per
allontanarsi, cauta, ma Sheila, se davvero questo era il suo nome, la afferrò
per il braccio, saldamente, abbastanza da bloccarla ma non da farle male. Pensò
di liberarsi con una mossa di karate, ma poi le tornò in mente la mossa agile
con cui prima lei si era difesa, e lo sguardo apprensivo di Shinichi.
Decisamente, lei non era una con cui si poteva scherzare. Ora era irritata con
se stessa: ma perché doveva sempre fidarsi delle persone sbagliate?? Scoccò
un’occhiata dolorosa a Shinichi.
Già…sempre
delle persone sbagliate…sono proprio una stupida…
Inghiottì a
fatica un groppo in gola: non era il momento di lasciarsi andare.
“Cosa vuole
dire?” replicò Shinichi aspro, e, nonostante la situazione pesante, una parte
della mente di Ran registrò il ‘lei’ formale e lo trovò ridicolo. Incredibile e
quasi esilarante come Shinichi riuscisse a tenere conto di certe regole sociali
anche nei momenti critici.
“Well” la donna
tirò fuori con un gesto fluido e aggraziato la pistola dal cappotto, e la puntò
alla sua testa. Wow.
E il premio
per la serata più disastrosa dell’anno va a Ran Mouri! Prego signori,
applaudite…
Perfino la
ragione cominciava a vacillare in quel caos, notò con una punta di ironia, che
doveva affievolire la paura che stava di nuovo crescendo dentro di lei. Cercò di
divincolarsi, strattonando il braccio che la teneva stretta, ma era ben saldo;
una forza incredibile per una donna così fine, realizzò.
“Cool Guy,
abbiamo entrambi qualcosa, qualcuno, che l’altro desidera disperatamente.
Quindi, che ne dici se lasciamo da parte la violenza e le minacce e arriviamo ad
un accordo?” spiegò lei con voce melliflua.
“Io non stipulo
accordi con gli assassini. Se lo può scordare.” Obiettò lui, lo sguardo deciso e
la voce ferma. Nonostante tutto, non poté che ammirare il suo coraggio, il modo
in cui, anche nelle situazioni critiche, lui rimanesse fedele ai suoi ideali di
giustizia. Temeva quella donna, era evidente, ma non aveva alcuna intenzione di
piegarsi a lei, e nessuna paura ad affrontarla. Adorava quel suo sguardo
temerario e intenso, lo stesso che aveva la notte in cui la salvò dal serial
killer a New York, la notte in cui si accorse che per lei non era più solo un
amico…e che nulla sarebbe stato più uguale fra loro.
Si sentì
arrossire e si costrinse a distogliere gli occhi da lui, così inevitabilmente si
ritrovò di nuovo a fissare la bionda, e l’affetto si trasformò subito in
collera: anche l’altra la stava osservando, ma il suo sguardo era assolutamente
indecifrabile, la sua espressione neutra: aveva l’occhio clinico e distaccato
del medico, si ritrovò a pensare.
“Era quello che
volevo sentire.” Annuì la falsa poliziotta, e con la coda dell’occhio Ran vide
che sorrideva compiaciuta. Shinichi parve spiazzato, ma non perse
l’atteggiamento di sfida.
“Non devi
mischiarti a simili individui di basso livello, Cool Guy; lascia a me Sherry. E
tu potrai tornartene a casa con la tua Angel, pura e incontaminata, non te lo
impedirò.” Disse, e le dita che stringevano la pistola le accarezzarono
lievemente la guancia. Ran rabbrividì a quel contatto, sebbene delicato e quasi
impercettibile. Dedusse che ‘Angel’ fosse lei stessa e ‘Sherry’ fosse proprio la
bionda, che si era irrigidita visibilmente quando si era pronunciato quel nome,
e ora fissava attentamente il suo amico d’infanzia. All’improvviso, il cuore di
lei ebbe un tuffo: dalla conversazione che aveva ascoltato il giorno prima,
aveva capito che gli uomini vestiti di nero che l’avevano catturata usavano come
nomi in codice quelli degli alcolici. E per quanto ne sapeva, lo sherry era un
alcolico alla ciliegia….dunque la bionda era una di loro, una criminale, e
Shinichi la teneva per mano per non farla fuggire. Che stupida era stata!
Nonostante la situazione critica, si ritrovò a sorridere, sollevata, non solo
perché ora sapeva che Shinichi non l’aveva tradita: se Sheila voleva solamente
che Shinichi le riconsegnasse quella che di sicuro era una sua complice, beh, la
faccenda si sarebbe conclusa in un attimo: era certa che il suo amico d’infanzia
non l’avrebbe lasciata in pericolo solo per aggiungere l’ennesimo arresto alla
sua lista, e comunque avrebbe potuto riprenderla in seguito. Inoltre, era troppo
astuto per farsi imbrogliare da uno scambio fasullo.
Ma Shinichi emise
uno strano suono, a metà fra uno sbuffo e una risatina, e disse qualcosa che non
si sarebbe mai aspettata: “Niente da fare. Non te la consegnerò mai, puoi
scordartelo.”
Fu come se tutta
se stessa, il suo corpo, le sue viscere, la sua anima, sprofondassero in un
baratro profondo. Guardò Shinichi, intensamente, senza riuscire ad arginare le
lacrime stavolta, e quando i loro sguardi s’incontrarono, lo vide fissarla,
colpito, e impallidire di colpo, come se avesse appena realizzato qualcosa, i
suoi occhi blu colmi di dispiacere e dolore. Dopo qualche penoso attimo, in cui
lei sentiva il proprio cuore sbriciolarsi e sanguinare, lui si focalizzò di
nuovo sulla donna che la teneva intrappolata, e Ran fu sicura che i suoi occhi
attenti non avessero perso nemmeno un particolare di quello che era accaduto fra
loro due, ma stranamente non le importava. Davvero Shinichi, il ragazzo con cui
era cresciuta e che amava tanto, era disposto a sacrificarla per uno stupido
arresto?
Allora è
proprio vero...preferisci il tuo lavoro…a me…
“Complimenti
Shinichi” si ritrovò a dire, con voce ironica incrinata dalle lacrime “Sei
diventato il detective freddo e razionale che hai sempre voluto essere.”
Non lo guardava.
Non poteva. Ma, non essendo in grado di coprirsi le orecchie con le mani, udì la
sua risposta.
“Non è così
Ran…hai frainteso….” La sua voce non era più ferma e determinata, ma debole e
incerta. Sembrava del tutto dimentico della situazione in cui si trovava. Ran
guardò in tralice Sherry e la vide rabbuiarsi in un’espressione di dolorosa
rassegnazione.
“Dunque accetti?”
incalzò la bionda, allentando di poco la stretta sul suo braccio.
“No.” Replicò
deciso, e Ran avvertì un’altra lama affilata trafiggerle il petto. Lo sentì
sospirare, e poi aggiungere, con molta meno decisione. “Io…le salverò entrambe.”
“You can’t, Cool Guy. You know that, I can feel it.
[3]” Replicò dolcemente, quasi con benevolenza.
“And the girls…they know that too. [4]”
Sì, quella strana donna aveva ragione.
Se Shinichi fosse fuggito con la bionda, lei sarebbe morta. Se
invece lui avesse cercato di salvarla, a morire sarebbe stata la bionda.
Dipendeva da lui. Era tutta questione di…
“Choice” disse
Sheila, come se le avesse letto nel pensiero. “Chi vuoi salvare, Cool Guy? Time’s
over: make your choice…or they’ll both die. [5]”
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Traduzione delle
parti in inglese (o quello che io intendevo quando le ho scritte, ad ogni modo.
^^”):
[1] No, hai
ragione, angelo, ma…che posso dire? Non sono una poliziotta come le altre. Beh,
in effetti, io decisamente non sono una poliziotta.
[2] Sei così
scortese, Cool Guy. Adesso, dì per favore”
[3] Non
puoi, Cool Guy. Lo sai, posso sentirlo.
[4]
E le ragazze…anche loro lo sanno.
[5]
Il tempo è scaduto: fai la tua scelta…o moriranno entrambe.
Note dell’Autrice:
bene, ecco un capitolo che ho ADORATO scrivere. *
__ * Davvero, non c’è una parte che non mi soddisfi, e dato che è una cosa che
capita piuttosto raramente (beh, più unica che rara, in effetti ^^”) mi voglio
godere questo momento di assoluto appagamento, prima che qualcuno mi demolisca
con una recensione. A proposito, a voi che leggete, come è sembrato? Come
sempre, ci tengo alla vostra opinione, in fondo, se scrivessi solo per me
stessa, eviterei di pubblicare… Ho cercato, in questo capitolo, di fondere
insieme azione e romanticismo, cominciava a sembrarmi troppo schematico scrivere
capitoli assolutamente privi dell’uno o dell’altro, e colmi dell’opposto.
Naturalmente non posso escludere che ce ne saranno, in futuro…tutto dipende da
come gira alla mia musa.^^ Comunque, posso assicurarvi che ci saranno altre
scene Heiji/Kazuha e Shinichi/Ran…in quest’ultimo ho inserito anche una specie
di Shinichi/Shiho, come avete visto, ma non in chiave amorosa…che posso fare,
anche se non piace a molti, Ai è uno dei miei personaggi preferiti, mi piace
darle qualche piccola soddisfazione! Bando alle ciance, passo a rispondere ai
commenti. Grazie, ragazzi, siete i migliori!! #^^#
Ruka88:
ciao! Mi spiace che Ai non ti piaccia tanto, spero che comunque apprezzerai la
scena fra lei e Shinichi in questo chap. Niente di compromettente, giuro!^^”Beh,
il love c’è stato, come avevo promesso, ma per scene Shinichi/Ran abbi un po’ di
pazienza e fiducia: non ti deluderò! (o almeno così mi auguro ^^”)
Kiara:
grazie, spero che ti sia piaciuto altrettanto anche questo capitolo. Sei molto
gentile,^//^ ti ringrazio dei complimenti sullo stile, sono felice di riuscire
ad appassionarti. Ran è tornata in scena, insieme a Vermouth…non me l’ero perse,
tranquilla, l’avevo solo lasciate in stand-by. Esigenze di copione (okay, lo so,
sto delirando - _ -“). Credo che i tuoi dubbi siano stati soddisfatti in questo
capitolo…fammi sapere cosa ne pensi, ok?
Shizuka:
ciao, ti ringrazio tantissimo per le lodi, mi ha fatto davvero piacere leggere
la tua recensione. #^^# Sono contenta che nessuno dei miei personaggi ti sembri
OOC, è un timore ricorrente quando decido cosa far fare a chi.^^; Non
preoccuparti, anche Shinichi e Ran avranno i loro spazi…in questo capitolo ne ho
dato un assaggio, come avrai letto. A risentirci!
Ersilia:
Grazie mille, sei adorabile.^//^ Mi farai montare la testa con tutti questi
complimenti, spero di non deluderti mai, né adesso né in futuro. Credo che a
quest’ora tu sia già partita per il tuo viaggio, in ogni caso ti auguro di fare
buone vacanze e di divertirti…non vedo l’ora di risentirti a Settembre. Ciao!
Irene:
ciao! Ti ringrazio delle lodi, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, in
quanto alla deduzione…beh, Irene Adler è un personaggio che adoro, amo l’idea
che sia riuscita a raggirare quel maschilista patentato di Holmes (non
fraintendermi: anche il detective londinese mi piace, ma quando se ne esce con
certe frasi sessiste...Hmf!), perciò, quando ho letto il tuo nick, mi è venuta
subito in mente. Mi auguro che la mia storia continui a essere di tuo
gradimento, in quanto alle tue domande su Heiji, una ha trovato risposta nel
capitolo, l’altra…la troverà! Per ora ti basti sapere che l’assalitore è un
membro dell’Organizzazione, e che, come avrai già capito, non è per niente
simpatico. Ran e Shinichi hanno i loro guai, e Gin non scherza…come hai detto
tu, è un avversario al livello del nostro giovane detective. In quanto al
soprannome di Shinichi…beh, in un volume del manga, il 27 uscita giapponese, Ran
e Sonoko parlano di Shinichi con la loro insegnante d’inglese, Jodie
Saintemillion, e lei esclama: “Oh! He’s so cool!”. Poi, mentre le ragazze e
Conan si allontanano, dice fra sé e sé: “Bye bye, cool guy”. Da lì in poi sia
lei che Vermouth chiamano il giovane detective con quel nome, e chiaramente si
sospetta che siano la stessa persona, data la somiglianza fisica e caratteriale.
Se i sospetti siano fondati o meno, chissà… : p
Akemichan:
salve! In effetti, lì a Praga, casinò e sexy shop
abbondavano…praticamente vedevo in giro più quelli che negozi di alimentari! In
quanto alla salute, noi ci siamo tenuti su, a parte questa mia compagna di
classe di cui ti parlavo, che è dovuta stare per un paio di giorni in albergo
invece di girare per la città con noi, povera! Grazie dei complimenti sulla
storia, spero che anche lo stile di quest’ultimo capitolo ti sia piaciuto. In
effetti, l’assalitore di Heiji e Kazuha non è Vodka…lui è stato spedito da Gin a
controllare le uscite del magazzino, se ben ricordi, quindi si trova
all’interno, non all’esterno con i nostri due eroi, sebbene non partecipi
all’azione con il suo compare, contro Shinichi. Ma che vuoi farci? Il tipo è un
po’ tonto…esegue gli ordini senza pensare. Sono felice che Ai non risulti fuori
dal personaggio, spero che anche le scene di questo capitolo ti piacciano.
Sita89:
ciao, grazie della recensione. Mi auguro di non averti deluso con quest’ultimo
capitolo, e che continui a divertirti leggendo la mia storia.
APTX4869:
ciao, grazie dell’incoraggiamento! Ci sono altre scene d’azione, spero di non
aver bruciato i miei standard. Oh, continua a leggere, ricevere i tuoi commenti
mi fa sempre piacere.^^
Ginny85:
ciao Ginnuzza, sono contenta di risentirti. ^__^ Che dire, Heiji ha avuto
momenti decisamente migliori nella sua vita, ma dopotutto sono i rischi del
mestiere! C’è un altro bel momento con Kazuha in questo chap (okay, ‘bello’ a
seconda dei punti di vista ^^ ;), spero di aver reso il drammatico. Ebbene sì,
il tizio disgustoso che lo ha assalito è frutto del mio cervello, e mi fa
davvero piacere che lo odi: io ho cercato di farlo il più detestabile possibile,
in fondo fa parte della schiera dei bad guys. Se le riflessioni su Sherry ti
sono piaciute, credo che apprezzerai anche quello che Shinichi le dice in questo
capitolo! Cerco sempre di mettere parti carine fra loro due, nonostante la
limitazione di non poter scadere nel romantico…sai com’è, il ragazzo è cotto
della brunetta! E a proposito di lei, è rispuntata fuori insieme alla cara
Vermouth, che ha fatto proprio un bello scherzetto al giovane detective. Vedremo
come se la caverà! Un bacione, buone vacanze! Felicissima di poterti risentire
al più presto. Ciao!
BPM: ciao, grazie mille!! #^^#
Lo sai che sei davvero adorabile? ^//^ Sono contenta che il mio stile di
scrittura ti piaccia, così come sono fiera di riuscire a trasmetterti suspanse.
Mi auguro di non aver fallito con quest’ultimo capitolo. Guarda che sono io che
ti devo ringraziare per lasciarmi queste recensioni, risponderti a fine capitolo
è il minimo che possa fare per sdebitarmi. È così scoraggiante non ricevere
alcuna gratificazione o qualsivoglia commento per il lavoro svolto… é __ è Buone
vacanze anche a te, spero ti divertirai. A risentirci! ^^
Anto: salve!^^ Ti ringrazio
tanto dei complimenti, mi ha fatto davvero piacere leggere la tua recensione.
Addirittura un futuro come scrittrice?? Mi fai arrossire! ^//^ Mi auguro che la
storia continui a piacerti, e naturalmente che il tuo computer non faccia più
brutti scherzi e ti permetta di connetterti senza problemi. Anch’io ne ho avuti
un po’ con il mio l’estate scorsa, un vero strazio! Spero che anche questa
scena finale ti sia piaciuta, aspetto la tua prossima recensione!
Questo è tutto
per ora, mi auguro di non aver trascurato nessuno; ringrazio ancora una volta
tutti i lettori, spero che questo capitolo vi piaccia, cercherò di aggiornare al
più presto il prossimo.
Bye
-Melany
|