Dedicato
alla mia socia
e maritina<3, nonché sorellina adottiva, onorevole
sagittaria e
figlia di Saga.
Nota:
Questa
storia era originariamente stata postata alle tre di notte del 24
giugno mentre la mia valigia per il Canada languiva e mi guardava male,
in ritardo di un giorno sull'aniversario di matrimonio dei
nostri Amati Personaggi (matrimonio nato, ovviamente, in roleplay) e
faceva parte della raccolta Schegge. Mi dispiace moltio di aver perso i
vostri puccissimi commenti, ma quella raccolta stava diventando un po'
troppo un pentolone ingestibile e scomodo, e visto che ora EFP mette a
disposizione una vera funzione per le raccolte...
Milo♥Camus
~
Anniversary ~
Years
ago...
-Ti
ho preso!- urlò il biondino.
-Non
ancora!- ribatté l'altro sgusciandogli letteralmente via
dalle mani.
-Ehi,
così non vale! Se continui a barare Atena ti
punirà e non
diventerai mai cavaliere!- si infuriò Milo.
Camus non lo
calcolò minimamente, e forse neppure
lo udì mentre
correva via. Il giovane greco però non era tipo da
arrendersi tanto
facilmente. Questo Camus lo sapeva bene, ma non gliene importava
niente. Era sicuro di spuntarla nonostante la testardaggine
dell'amico.
Corse
a perdifiato, corse così veloce che gli sembrò di
volare e non
toccare neppure il suolo ricoperto di morbida erba verde.
-Guarda
che ti acchiappo!- urlò la voce di Milo, ormai sin troppo
vicina.
Camus non perse neppure tempo a voltarsi e cercò di
accelerare
ancora, ma un ostacolo imprevisto si oppose alla sua fuga. Prima
ancora di rendersene conto si ritrovò a terra con una
caviglia
dolorante e un Milo addosso, maledicendo la sfortuna di aver incontrato
l'unico sasso in tutto il prato e chiedendosi se per caso non fosse
davvero una punizione di Atena, che, non bisognava dimenticarlo, era la
dea della giustizia.
-Accidenti
a te, non ho fatto in tempo a frenare!- si lagnò questi
mentre si
spostava. -Ma... che è successo?- domandò poi.
-Cosa
vuoi che sia successo?- rispose Camus senza perdere la sua
proverbiale calma -Sono inciampato! E mi sono anche fatto male.-
-E
dove?- gli occhi di Milo percorsero premurosi l'amico per assicurarsi
di non trovare nulla di veramente grave.
-La
caviglia.- fece il rosso, indicandosi la destra. -Mi fa malissimo.-
-Però
non stai piangendo nemmeno un po'!- commentò Milo ammirato.
Camus
sbuffò -Checché tu ne dica, io sono un futuro
cavaliere di Atena,
non piagnucolo certo per un po' di bua!-
-Ehi,
io volevo solo farti un complimento! Allora se stai così
bene di
certo non avrai bisogno del mio aiuto per tornare al Santuario...-
disse, mentre si alzava e faceva per andarsene. Ma ovviamente si
fermò immediatamente: non avrebbe mai lasciato solo Camus
nemmeno se
gli si fosse solo spezzato un capello.
L'orgoglioso
ragazzino dai capelli rossi ignorò le parole dell'amico e
tentò di
alzarsi. Rimase molto stupito quando si rese conto che la sua
caviglia destra non reggeva più. Eppure non era caduto da
una grande
altezza! Ma proprio mentre il suo stupore stava per trasformarsi in
preoccupazione un paio di braccia lo sorressero prima che potesse
toccare nuovamente il suolo.
-Ah,-
mugugnò Milo, strascicando le parole per simulare
esasperazione -Mi
tocca sempre lavorare... Ma tu guarda se questo francesino doveva
essere così pesante! Di' non è che hai dei
mattoni nascosti nelle
tasche? No, perché sembri piuttosto mingherlino in
realtà.-
Camus
non si degnò nemmeno di rispondergli, mentre Milo se lo
caricava
sulle spalle, dimostrando una forza ragguardevole per la sua
età. Quel piccolo greco ciarliero alle volte era davvero
fastidioso.
Camus non si sentiva né francesino
né mingherlino, e
soprattutto non si sentiva in dovere di ringraziare il biondo che lo
stava riportando al Santuario, visto che questi si permetteva di
rivolgersi a lui in quel modo.
~
image
~
-Aiolia?-
chiamò Milo, fermo all'ingresso della Casa del Leone.
Espanse un
pochino il suo cosmo per assicurarsi che il suo amico fosse in casa.
Anche
se ancora non avevano ricevuto l'armatura e l'investitura ufficiale,
già da qualche mese erano quasi tutti alloggiati nelle
rispettive
case. Quando anche gli ultimi dei futuri Gold Saint fossero giunti in
Grecia si sarebbe svolta la solenne cerimonia dell'investitura, sulla
quale Milo fantasticava sin dall'inizio del suo allenamento, e della
quale si faceva un gran parlare. Shura, Death Mask e Aphrodite erano
stati praticamente costretti a raccontare di quando avevano ricevuto
l'armatura d'oro miriadi di volte. Aiolos e Saga invece non venivano
disturbati più di tanto dai sogni di gloria dei giovanissimi
difensori di Atena, poiché ai loro occhi i sette-otto anni
di
differenza li rendevano già degli adulti.
-Ciao,
Milo... Ehi, Camus, cos'è successo?- chiese Aiolia,
comparendo sulla
soglia.
-Mi
sono fatto male ad una caviglia, non so se è rotta o
slogata, però
non riesco a camminare.- spiegò Camus, prima che Milo
potesse
decidere di iniziare anche a parlare al posto suo.
-Oh,
mi dispiace! Milo, mettilo giù per favore, ci penso io.-
disse
Aiolia in tono pratico. Sotto sotto però brillava di
contentezza,
fiero di poter aiutare i suoi amici, e fiero di quanto era riuscito
ad imparare sull'utilizzo del cosmo nei duri anni di addestramento.
Il fatto che oltre che offensivi i suoi poteri potessero essere anche
curativi lo rendeva orgoglioso.
-Questa
caviglia qui, vero?-
Il
rosso annuì, e Aiolia vi posò delicatamente le
mani. Una vaga
luminescenza dorata dorata fluì da lui e dopo pochissimo
tempo Camus
esclamò: -Non mi fa più male!-
-Prova
ad alzarti.- suggerì Aiolia con un sorriso soddisfatto.
-Riesco
anche a camminare.- constatò -Grazie mille, Aiolia! Sai che
quasi
quasi mi fai invidia?- si interruppe subito, però. Non gli
pareva
degno né giusto desiderare capacità che non gli
competevano. Era
uno che sapeva qual era il suo posto, Camus, e che conosceva i suoi
doveri. Eppure alle volte si sentiva un po' stanco di tutto quel
gelo. Certo, avrebbe usato i suoi poteri per difendere la Giustizia,
ma avrebbe potuto dire altrettanto delle persone? I
freddi a
cui lui era abituato sin da bambino erano mortali per quasi tutte le
altre forme di vita.
Si
rimproverò mentalmente per quei pensieri e decise di tornare
verso
la casa dell'Aquario. Si accomiatò da Aiolia ringraziandolo
ancora,
ed imboccò la scalinata verso l'alto. Milo camminava di
fianco a
lui, stranamente silenzioso.
~
Camus
prese dalla libreria una vecchia e consunta copia di Robin Hood e si
sdraiò a pancia in su sul tappeto. Aveva voglia di starsene
in pace
a leggere, ma sapeva che con Milo per casa non ci sarebbe mai
riuscito. Stranamente però non aveva nemmeno voglia di
cacciarlo.
-Io
sono un po' stanco, leggo. Se vuoi restare qui a farmi compagnia
però
non mi dispiace...-
-Allora
rimango qui.- rispose Milo -I nostri templi sono troppo grandi per
starci da soli, non trovi?- chiese, sistemandosi anche lui sul
tappeto, con la testa vicina a quella di Camus.
Dopo
un po' questi credette che si fosse addormentato, perché era
davvero
troppo tranquillo per i suoi standard.
-Io
voglio esserci, la prossima volta che cadi. Così ti
potrò di nuovo
portare in spalla e tu non dovrai preoccuparti di niente.-
scandì Milo lentamente, come se avesse avuto bisogno di
molto
tempo per pensare ad ogni parola.
Camus
si posò il libro sulla pancia e alzò gli occhi.
Milo si era
sollevato sui gomiti e lo osservava dall'alto con quei suoi occhioni
azzurri perennemente spalancati e sorrideva. Anzi, ridacchiava.
-Che
hai da ridere dopo essere venuto a dirmi dire certe frasi poetiche ed
eccessivamente drammatiche?- domando il francese piuttosto perplesso.
-Sei
buffo così.-
-Così
come?-
-Al
contrario.- spiegò il biondo inclinando leggermente il capo.
I due
erano infatti sistemati in modo che i loro corpi formassero una linea
retta, con le teste vicine. E Milo vedeva Camus capovolto.
-Che
cosa stupida.- commentò il rosso. Ma sorrideva.
-Però,-
il greco tornò al discorso iniziale, ostinato -Quello che io
ti
volevo dire è che io ti voglio sposare, Camus.
Così staremo sempre
insieme.-
L'interpellato
rischiò seriamente di soffocare per la sorpresa. -Questo
sì che è
veramente stupido.-
-E
perché?- si rabbuiò Milo.
~
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~
Today...
-...perché
per fare un matrimonio ci vogliono un uomo e una donna!- concluse
Milo sghignazzando. -Com'era ingenuo il mio piccolo pinguino
francese!-
Camus
mise su un'espressione superba e offesa decisamente esagerata. -Hai
dimenticato il secondo motivo per cui non ti avrei sposato.
È perché
noi abbiamo una missione nella vita. Una sola. E nulla può
venire
prima.- il suo tono si addolcì -Nemmeno tu, Milo.-
Eppure
lo sguardo con cui pronunciò quelle parole era carico di
tanti altro
significati che il ligio Cavaliere di Aquarius non avrebbe mai
neppure formulato nella propria mente, ma che Milo conosceva. Camus
gli diceva sempre che non era il più importante. E Milo era
contento
così. Perché giocava a fare l'irresponsabile, ma
era fiero,
incredibilmente fiero del suo splendido Camus, bello come un dio,
incrollabile come un ghiacciaio eterno, cangiante come la neve e
dalla fede profonda come il mare. Era fiero di avere un compagno
così
forte, di poter dire: “Io combatto al fianco di Camus
dell'Aquario”.
Camus
gli ricordava sempre qual era il suo vero valore, qual era il suo
posto. Ma sapeva farlo con la dolcezza di una madre e quella di un
amante mescolate nel suo sguardo fiero e carezzevole, che in fondo
diceva: “Io morirò per Atena, ma vivrò
per te.”
Perché
il giovane dai capelli rossi finiva sempre per tradirsi davanti al
suo Milo. Come quella volta, una decina d'anni prima, quando aveva
detto che l'idea di sposarsi era veramente stupida,
ma poi
aveva sorriso come faceva di rado, davvero felice per quella buffa
proposta, e aveva allungato una mano sino a sfiorare la guancia
dell'amico. “Però va bene”,
aveva detto, “Tu mi piaci
tanto, Milo, anche se spesso sei sciocco. E poi sono sicuro che
nessuno mi porterebbe in braccio bene come te.”
-Va
bene, Camus. Non siamo sposati, se non vuoi.- disse simulando un tono
ingenuo e fanciullesco. -Però io ero un bambino veramente
adorabile,
devi ammetterlo.- aggiunse, circondando la vita del compagno con un
braccio.
-Io
quasi quasi ti preferisco adesso.- sussurrò Camus malizioso,
sfiorandogli il collo con un dito elegante, bianco e sottile.
Milo
sorrise, e tutto il suo volto si illuminò, mentre sembrava
che i
suoi capelli d'oro riflettessero i raggi di un sole inesistente.
Scivolò verso il basso e si lasciò cadere sul
tappeto,
immediatamente seguito dal compagno.
Quello
di matrimonio era un anniversario importante, da festeggiare a
dovere. E quel tappeto ai piedi del letto di Camus era ormai parte
del rito.
Tomorrow...
-Ho
una grande notizia.- comunicò Camus a Milo prima ancora di
salutarlo.
-Cosa,
adottiamo un bambino?- lo prese in giro il greco.
-Meglio.-
disse Camus con tono improvvisamente grave e forse un po' stanco. -Mi
sarà affidato un allievo.-
Milo
intuì che qualcosa non andava. Gli occhi del compagno
rilucevano
d'orgoglio per la responsabilità affidatagli, ma la sua voce
suonava
quasi preoccupata. -Dov'è la fregatura?-
Il
rosso sospirò e fece qualche passo verso Milo.
Appoggiò la fronte
alla sua e gli prese le mani. -Torno in Siberia.-
-Starai
scherzando, spero? Cosa ti impedisce di addestrare un allievo qui?-
Lo
sguardo di Camus pareva voler rispondere: “Tu, per
esempio.”
-Me
lo impedisce il fatto che il mio allievo dovrà ottenere
l'armatura
del Cigno, che è custodita laggiù. Senza contare
che la Grecia non
è il posto migliore del mondo per imparare a conoscere le
energie
fredde, non credi?-
Il
biondo si sforzò di sorridere, mentre il suo cuoricino
veniva fatto
in tanti pezzettini minuscoli dall'idea di non vedere Camus, il suo
Camus!, per un tempo indefinito. Sapeva che la separazione sarebbe
pesata anche al compagno, e non voleva farlo stare peggio. Non si
sarebbe comportato come un bambino capriccioso, ma come un degno
cavaliere di Atena.
-Già,
direi proprio di sì. Tra quanto devi partire?-
-Abbiamo
ancora un po' di tempo...- fece il francese evasivo. Avrebbe voluto
partire subito perché gli era dato il privilegio e l'onore
di
addestrare un nuovo cavaliere al servizio della Giustizia, ma nello
stesso tempo preferiva non pensare affatto alla partenza
finché era
ancora col suo sole.
-Ma
quindi...- balbettò Milo colpito da un improvviso pensiero,
forse sciocco, forse puerile, ma che difronte all'evenienza della
separazione assumeva un'importanza quasi spropositata:
-Non ci
sarai per il nostro prossimo anniversario?-
Camus
scosse il capo.
Milo
strinse ancora di più le sue mani -Ma potrò
venire a trovarti
almeno una volta?- aveva fatto di tutto perché il suo tono
non
suonasse implorante, ma alla fine era una supplica, nient'altro che
una misera supplica.
-Non
lo so... il Grande Sacerdote non è stato chiaro al riguardo.
Mi
prometti che non farai sciocchezze?-
-Beh,
io avevo programmato di nascondermi nella tua valigia, ma se me lo
chiedi con quegli occhioni non posso certo dirti di no.-
Camus
ridacchiò. -Mi piace essere così irresistibile.-
-Vedi
di fare in modo che il tuo allievo resista a te, oltre che al
freddo.- borbottò Milo, stringendolo a sé in un
moto di
possessività.
-Ma
figurati! Certo che pensi sempre male tu!-
-Mi
mancherai.- sussurrò Milo, tornato serio con uno scatto dei
suoi,
prima di baciare Camus sulla fronte.
-Anche
tu...- mormorò lui, affondando il viso nella spalla del
compagno,
accoccolandosi contro di lui come un bambino. -Forse sono troppo
giovane per questo compito...-
-Giovane
sì. Ma sono certo che ne sarai all'altezza. Anche se mi
sento che
detesterò questo tuo allievo...-
“Perché
ci tiene separati” concluse Camus nella sua mente, mentre
tutto
scompariva fra le labbra morbide di Milo, del suo
Milo,
che niente e
nessuno gli avrebbe mai portato via.
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{You're
the one person I'm gonna miss}
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