Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
love me do
E infine eccomi qui, non mi sembra vero ma ce l’ho fatta. Domani avrà inizio la mia nuova e perfetta vita al fianco dell’uomo che amo, ed io so già che stanotte non riuscirò a dormire. E’
stata dura conquistare l’amore di John, ma oggi mi ha promesso che
domani parlerà con Cyn e la lascerà, così potremo stare insieme senza
più problemi. Niente più “una botta e via”, niente più bugie, niente
più sotterfugi, niente. Saremo solo io e lui. Suonano così bene queste parole insieme… Io e lui. Io e John. Chris & John. John & Chris. In
un certo senso mi sento come un’attrice nella notte degli oscar: ho gli
occhi lucidi, ma non per tristezza. Sono felice, invece, molto felice. Tuttavia mi dispiace un po’ per Cyn: le si spezzerà il cuore… Lei
è la ragazza migliore che io conosca e la più adatta a stare al fianco
di John, se non fosse….sì, beh, se non fosse che ci sono io! Crollerà
a pezzi quando John le dirà di volerla lasciare per me e a me si
spezzerà il cuore alla vista del suo sguardo confuso che cercherà in
John le tracce di quell’amore che sarebbe dovuto durare per sempre. In ogni caso, non devo farmi bloccare da questi pensieri. E’
brutto gioire per le disgrazie altrui, ma se queste disgrazie
realizzeranno il mio più grande desiderio, il sogno per cui combatto da
una vita, non è allora forse giusto che io mi senta felice? Non è un
mio diritto? Chi lo avrebbe mai detto in quella calda estate del
’57, quando per la prima volta lo vidi e mi innamorai di lui che sarei
riuscita nel mio intento? …è stata dura, durissima, ma ce l’ho fatta. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi (come potrei dimenticarlo?) Ricordo esattamente come tutto ebbe inizio e come lui arrivò ad illuminare la mia vita. Avevo solo quattordici anni, allora, mentre lui diciassette… Non
ne voleva sapere niente di me, in quel periodo; non mi guardava
neanche, non nel modo in cui io desideravo tanto essere guardata da
lui, almeno. Mi considerava solo una bambina, me ne rendevo conto, ma quella “bambina” è stata in grado di farlo innamorare, dopo tutto. Sono così felice. Potrò baciarlo senza che nessuno abbia niente da ridire! Né quello stupido di Paul, né Cynthia, né nessun altro... Scommetto che neppure Paul se lo sarebbe mai aspettato. Guardo
l’orologio e mi accorgo che la mezzanotte è già passata, ma non ho per
niente sonno, quindi con un album fotografico aperto sul letto, mi
lascio sprofondare nei ricordi…
[Questo è Paul e l’anno dovrebbe essere all’incirca il 1957, cioè quando tutto è cominciato.]
Era il 18 giugno del 1957 quando conobbi John. Lo ricordo bene perché era il quindicesimo compleanno di Paul, il primo dalla morte di sua madre Mary. Allora
io e Paul vivevamo entrambi nel quartiere di Speke, nella periferia di
Liverpool, ed eravamo vicini di casa. Le nostre case si affacciavano
l’una sull’altra ed erano divise solo da una piccola stradina
asfaltata, in modo tale che le finestre delle nostre stanze erano l’una
di fronte all’altra e la sera potevamo darci la buonanotte accendendo e
spegnendo a ripetizione la luce. Io, Paul e suo fratello Mike da
bambini eravamo inseparabili ed insieme ne combinavamo di tutti i
colori, solitamente facendone ricadere la colpa sul povero Miky, che
essendo il più piccolo di noi tre, non riusciva mai a difendersi a
dovere (ma anche fosse stato più grande, credo che ci sarebbe stato ben
poco da fare contro il bel faccino di Paul, che già allora incantava
tutti quanti). Le nostre famiglie erano molto amiche, quindi i
nostri genitori erano sempre felici di vederci così uniti e Mary
nonostante fosse molto impegnata con il lavoro, trovava sempre il tempo
per prepararci qualche biscotto o una torta da mangiare con il tè delle
cinque. Però poi Mary si ammalò e questo cambiò ogni cosa. Ricordo il giorno in cui me lo comunicarono ancora con dolore. “E’
cancro”, dissero e io non sapevo neppure cosa volesse dire, sapevo
soltanto che la donna che era per me come una zia o una seconda madre
stava molto male e forse sarebbe morta. Spesi per lei milioni di
lacrime, ma tutte le lacrime del mondo non servirono ad impedire alla
morte di raggiungerla, proprio nella notte di Halloween del 1956. Fu un brutto colpo per tutti, ma soprattutto (credo che sia superfluo dirlo, ma è necessario per capire) per Paul e Mike. Entrambi
ne rimasero traumatizzati, come ci si può aspettare da due ragazzi,
poco più che bambini, che vedono morire precocemente la loro mamma.
Comunque Mike, seppure lentamente, dopo qualche mese iniziò a mostrare
segni di ripresa, mentre Paul impiegò molto più tempo per tornare ad
assomigliare anche vagamente al ragazzo spensierato di prima. Paul
era sempre stato il mio migliore amico e la persona con cui ero più in
sintonia; solitamente riuscivo a capire cosa pensava grazie a un
semplice sguardo, ma in quei giorni quasi non lo riconoscevo: si
rinchiudeva in camera sua per ore intere, rifiutando di parlare con
chiunque, per strimpellare quella chitarra che aveva ottenuto
barattandola con la tromba che suo padre, Jim McCartney, gli aveva
regalato qualche tempo prima. In breve divenne molto bravo a
suonare, ma sfido chiunque a non diventarlo nelle sue condizioni: credo
che la chitarra fosse la sua unica distrazione al dolore. Avrei
tanto voluto poter fare qualcosa per lui, ma l’unica cosa che potevo
fare in realtà era rimanere al suo fianco in silenzio, mentre lui
sfogava il dolore suonando. La situazione era questa, quindi, quando il giorno del suo compleanno andai a trovarlo. Mi
ero impuntata che quel giorno, volente o nolente, Paul sarebbe uscito
con me e Mike, si sarebbe divertito, e avrebbe anche riso, magari. In questa disposizione d’animo, bussai alla porta dei McCartney. Ad aprirmi fu Jim, che stava giusto uscendo per andare a lavoro. «Sono
tutti e due in camera di Paul», mi disse sbrigativo, a mo’ di
buongiorno, ma si leggeva nei suoi occhi che era felice di vedermi «Grazie», risposi allegra, «Ciao, Jim!» Così
dicendo corsi nella direzione indicatami e, prendendo una boccata
d’aria, come si fa prima di un tuffo, entrai in camera di Paul. «Ciao, ragazzi!», esclamai, tutta sorridente «Ciao, Chris!», mi salutò con un tiepido sorriso Mike. Paul
si limitò a fare un cenno della testa nella mia direzione e a guardarmi
fisso negli occhi per qualche istante, prima di tornare a concentrarsi
sulle corde di quella chitarra che io stavo iniziando ad odiare. «Ho portato una torta per il compleanno di Paulie!», dissi, mostrando loro il dolce che mia madre aveva fatto per Paul «Non
mi chiamare con quello stupido nomignolo», brontolò Paul ed io non
replicai, ma poteva pure scordarselo che io smettessi di chiamarlo
“Paulie”! «Buona! Con cos’è?», chiese Mike avvicinandosi a me per
vedere meglio il dolce. Fortuna che c’era lui che faceva le feste alla
torta! «Al cioccolato» Ne tagliai tre fette e passai a Paul e Mike le loro porzioni. «Non l’hai fatta tu,vero?», mi chiese il fratellino minore con espressione guardinga, prima assaggiare il primo boccone. «No.», risposi facendogli una smorfia «…Altrimenti
non avrebbe un così bell’aspetto!», commentò Paul, lanciando uno
sguardo di sbieco al piatto che non aveva neppure preso in mano. Se non
altro quel giorno sembrava in vena di parlare! «Ma quanto siete simpatici!», esclamai, fingendomi offesa. Mike rise, mentre Paul, al solito, non diede segni di vita. Finii
di mangiare la mia fetta di torta e poi, stanca dei perenni
strimpellamenti senza senso di Paul, andai allo stereo e poggiai la
puntina del giradischi sull’LP “Rock, Rock, Rock” di Chuck Berry, in
modo da ascoltare “Maybellene”, che era la traccia numero tre.
“Maybellene” e “Roll Over Beethoven”, infatti, sono sempre state le mie
canzoni preferite di quel disco. La musica inondò la stanza, Paul
iniziò a protestare perché così non poteva suonare la sua chitarra ed
io, per tutta risposta, alzai il volume. Mi esibii in una danza
improvvisata, imitando i modi di fare di Chuck Berry, che avevo visto
un paio di volte in tv, ma nessuno dei due McCartney si lasciò
coinvolgere e quando alla fine mi arrivò una cuscinata in faccia decisi
che era meglio che anch’io smettessi di ballare. «Allora che facciamo?», chiesi un po’ imbronciata, dato che la mia idea di ballare e scatenarci in casa era stata bocciata. Paul
alzò le spalle e dopo aver posato la chitarra sul letto, iniziò a
fissare con sguardo vacuo il paesaggio fuori dalla finestra. «E se andiamo a fare un giro in bici?», propose Mike «Sìììì!!!», acconsentii subito, «Oggi è anche una bella giornata!» «Andate voi», disse Paul, stroncando subito tutto il mio entusiasmo, «Io sto qui» Basta,
io proprio non ce la facevo più: provavo l’impulso irresistibile di
prendere Paul e sbattergli la testa contro il muro, ma poi pensai che
non avrei risolto molto, quindi sbuffai e dissi: «No, invece. Tu vieni con noi!» «No.» «Sì!», voleva giocare a chi resisteva di più? perché a quel genere di giochi ero imbattibile! «Non rompere» Ah, adesso gli stavo anche rompendo?! «Paul, è il tuo compleanno: devi divertirti. Quindi vieni con noi!» Presi
Paul per un braccio cercando di trascinarlo verso la porta, ma Paul
aveva un anno più di me – come direbbe Geo, ha sempre avuto un anno più
di me – era più forte e per di più era un uomo, quindi io non avevo
molte chance…e ben presto rinunciai. «Fai come ti pare!», ringhiai, «Io vado a fare un giro, con o senza di te.» «Vengo anche io», disse Mike e insieme ci avviammo verso la porta d’ingresso. Solo
quando Mike era già fuori ed io stavo per chiudermi la porta d’ingresso
alle spalle, mi accorsi che Paul aveva lasciato il suo rifugio la sua
camera da letto per seguirci. «Dopo torni, vero?», mormorò speranzoso, guardandomi dritto negli occhi. Avrei
voluto rispondergli male, per mostrare quanto fossi arrabbiata con lui,
ma la vista di quegli occhi verde scuro che per una volta non
apparivano vacui o annebbiati, mi sciolse. «Certo che torno, stupido!», risposi dolcemente, «Ma avrei voluto che venissi con noi pure tu!» Gli
diedi un bacino sulla guancia (cosa che mi costrinse a mettermi in
punta di piedi, da tanto che era più alto di me) e uscii di casa.
Piece
of my Heart
Ciao a tutti! Finalmente anche io ho trovato un nome per il mio spazio (:D)…dalla stupenda canzone di Janis Joplin!!!
…quindi
eccomi qui con una nuova storia (prometto che prima o poi aggiorno
anche “Linda”, ma ultimamente ho solo questa storia che mi frulla in
testa), all’inizio non sapevo se pubblicarla perché non mi convinceva
poi tanto, ma poi mi sono decisa a pubblicare lo stesso(sfortunatamente
per voi). La storia parte “in medias res” (come l’odissea xD --> mamma
mia,che battuta brutta!), quindi temo che la parte iniziale sia poco
chiara… …Ho cercato di attenermi il più possibile alla storia vera
dei Beatles, ma per esigenze della storia ho dovuto cambiare
qualcosa…ad esempio Paul a Speke ci abitava solo da bambino, poi si
trasferisce, invece in questa storia continua ad abitare lì e ad essere
vicino di casa di Chris. Spero che vi piaccia… Mi raccomando, recensite! thank you!