1. Prologo - Stivali
Squalo
Il mio nome è
Elion, e, sinceramente, non ho idea da dove vengo.
Sono fuggita dalla
Prigione Imperiale grazie al Re nostro Sovrano, che poi è
venuto meno affidandomi quel ciondolo acchiappa guai. Sono classificata
da molti come Elfo dei Boschi, ma se nascondo le orecchie a punta sotto
la mia massa castana di capelli, posso comunemente essere scambiata per
una donna Imperiale o addirittura per un Bretone, se si pensa alla
mutevolezza del mio caratterino in certe circostanze. Sono nata sotto
il segno del Mago, e tale sono, poiché me la cavo con gli
incantesimi. Dai miei sconosciuti genitori (mi dicono in molti,
complimentandosi) credo di aver ereditato una nota capacità
di recupero, evocazione, illusione, non ché un alto livello
di misticismo, alterazione e malia. Faccio sinceramente pena quando si
tratta di Alchimia. Credo che dovrò prendere delle
ripetizioni… Nonostante ciò, la Gilda dei Maghi
non ha esitato un secondo prima di prendermi con sé. In
circa un anno di viaggi per la Contea ho ottenuto le raccomandazioni di
tutti i Maghi Supremi dell’Impero e adesso studio
all’Università Arcana. Lì ho conosciuto
gente interessante, un po’ pazza, certo, ma davvero
affascinante. C’è stato un tempo in cui vivevo in
una baracca al porto (dove so si annida la comunità dei
ladri, protetti dalla famigerata Volpe Grigia) ma adesso trascorro le
notti sotto il magico tetto dell’Università. Ho
gli occhi scuri, a differenza di come detta la mia razza, e una statura
media. Ho un fisico asciutto, non troppo muscoloso, ma reggo comunque a
lunghe passeggiate. Il cavallo pezzato di Bruma al mio fianco
l’ho vinto scommettendo con uno spettatore
dell’Arena. Se posso, oserei aggiungere
“barando”. Quel giorno si fronteggiavano un mio
amico mago dell’Università (sul quale avevo
scommesso io) e un poco noto Gladiatore. La mia conoscenza si
è conquistata la vittoria senza il minimo sforzo, riducendo
in polvere il suo avversario. Ero perfettamente a conoscenza delle sue
capacità magiche. Quando scommisi, non avevo dubbi su chi
avrebbe vinto quell’incontro. Il poveraccio con cui avevo
messo in gioco una fruttuosa somma di denaro ha confessato poi di non
avere di che pagare, se non la sua cavalla. Ero lì
lì per rifiutare (avrei fatto lo stesso anche se i soldi li
avesse avuti) ma poi mi ha parlato di quanto gli pesasse sulla
coscienza quella povera bestia.
La cavalla
l’ho battezzata Noilé, il mio nome al contrario.
Che fantasia, eh? In effetti… ora che ci penso avrei potuto
fare di meglio, eppure… sento che le si addice molto. Ormai
sono mesi che mi accompagna in lungo e in largo per l’Impero
a caccia di avventure. In quest’arco di tempo ho scoperto che
abbiamo parecchio in comune. Per esempio odiamo entrambe il pesce.
Elion ripensò al vecchio e povero pescatore
che, in cambio di quattro squame, le aveva dato quegli strani stivali.
L’uomo aveva detto che possiedono un potente potere magico,
ma la ragazza non avvertiva in loro nessun flusso arcano.
Ma che strani…
pensò rigirandosi la scarpa destra tra le mani. Sembravano
comuni stivali di pelliccia, dall’aspetto sobrio. Puzzavano,
e di pesce! Mio Dio che
schifo… Fece una smorfia e Noilé
assieme a lei, sbuffando.
Elion sedeva su una roccia sulle sponde del lago nel quale galleggia
l’isola con la Città Imperiale. Alle sue spalle
incombeva il verde della natura, ma su tutto il Regno dominava la
magnifica Torre d’Argento fatta erigere dagli Antichi nel
centro della Capitale, assieme alle sue mura ciclopiche. Poco prima
poteva vedere con chiarezza l’ingresso delle fogne che, come
sapeva per certo grazie all’esperienza diretta di un anno
addietro, conducevano alle Prigioni Imperiali per via di un passaggio
segreto. La grata era chiusa a chiave da una serratura molto difficile.
Ma con le abilità di mago in suo possesso, se avesse voluto,
avrebbe potuto farla saltare con la stessa facilità di una
mela da sbucciare.
Elion tornò a guardare i suoi nuovi stivali che
nell’equipaggiamento non pesavano granché.
Effettivamente erano leggeri, particolarmente leggeri ed elasticizzati.
Al tatto erano freddi, lisci, apparentemente di pelle, ma in
realtà svelavano una superficie umida e squamosa come quella
di un pesce.
Senza riuscire a trattenere una medesima smorfia, Elion
gettò prima uno poi l’altro stivale
nell’acqua.
-Che ricompensa ignobile…- sbuffò alzandosi dalla
roccia sulla quale sedeva. Si voltò, ma la sua cavalla le
diede una musata in pieno ventre esortandola a guardare di nuovo verso
il lago.
Nel gesto esasperato di girarsi alzando gli occhi al cielo, Elion
notò con stupore che gli stivali galleggiavano sulla
superficie dell’acqua nonostante li avesse scagliati dove la
profondità avrebbe dovuto coprire l’altezza di un
essere umano.
Dio mio! Galleggiano!
Gli stivali galleggiano! Esultò a bocca
aperta. Ecco di che
potere parlava quel vecchio pescatore!
Elion si avviò verso la sponda e s’immerse in
acqua fino alle ginocchia, allungandosi ad afferrare gli stivali e
riportandoli all’asciutto tra le sue braccia. Ancora una
volta la magia entra a far parte della mia vita, e nel modo
più assurdo di quelle precedenti! Rise di gioia e
divertimento a tal pensiero, mentre tornava sulla riva e si sfilava le
scarpette che abbandonò sul prato.
Forse è
meglio che eviti di bagnare i vestiti, anche se sarei in grado di farli
asciugare con un colpo di bacchetta, pensò
iniziando a spogliarsi sino ai limiti consentiti dalla decenza,
restando con indosso solo la biancheria intima e una canottiera fino a
metà coscia. Tanto,
in quest’angolo sperduto dell’isola, ai piedi
dell’ingresso tappato per le fogne, chi vuoi che passi mai?
Giusto i gabbiani o qualche cerbiatto! Senza contare la
sua Noilé che la fissava con occhi curiosi.
Così la ragazza s’infilò gli stivali ai
piedi, affondando i plantari nella viscida stoffa squamosa che li
rivestiva sia all’interno che all’esterno. Mosse i
primi passi sull’acqua e si accorse ben presto, con un solare
sorriso sulle labbra, di poter camminare su quell’immensa
superficie cristallina come se stesse normalmente passeggiando su un
sentiero di città.
Intraprese una piccola corsa che in breve tempo la portò
quasi sulla sponda opposta del lago. Tornò indietro,
saltò, piroettò ridendo come una matta. Poi si
fermò, si piegò e scoprì che con le
mani poteva catturare i pesciolini che abitano a pochi centimetri dalla
cresta. La sua immagine si rifletteva come su uno specchio, sul quale
camminava con estrema grazia e compostezza, fingendomi una reale
principessa.
-Largo alla Signora di Bruma!- scherzò mimando dei gesti di
saluto con le mani e improvvisando con l’immaginazione un
corteo di sudditi e trombe alle sue spalle. –La donna che
camminava sull’acqua! Questa cosa farebbe invidia a
Mattiùs (il mio amico mago più caro)-
ridacchiò.
D’un tratto sentì nitrire la cavalla.
Elion si voltò verso la costa e vide Noilé
agitata per via di un movimento sospetto dietro una felce poco
distante, vicino all’ingresso della fogna, che
catturò la sua attenzione fin da subito.
Tornando sulla riva in pochi balzi, afferrò la casacca
bianca primaverile da maga e se la strinse al petto per nascondere le
forme. Sollevò la mano libera che, appena prese a
cantilenare due formule elementari, s’illuminò di
un azzurro intenso e vitale.
-So che sei lì, non costringermi a dar fuoco al cespuglio!
Ovviamente con te dietro, straniero!- minacciò agguerrita.
Con un nuovo incantesimo Elion scrutò attraverso il fogliame
e colse un corpo maschile avvolto da una divisa nera come la notte. Il
volto celato da un cappuccio, un pugnale alla cintola, stivali e nel
complesso una tenuta leggera, da stratega di agilità.
-Non ti farò del male, lo prometto- disse lei un poco in
ansia. –Esci allo scoperto, chiedi perdono per la tua
impertinenza e sarai libero di andare- pronunciò ferrea.
Sull’educazione
sono irremovibile come tutti gli Elfi a questo mondo. In ogni caso,
potrebbe aver rubato qualcosa dalle bisacce legate alla sella di
Noilé.
Il ragazzo non sembrò d’accordo, e di punto in
bianco scomparve alla sua vista, volatilizzandosi nel nulla. Di lui
restava solo il prato scomposto dove un tempo c’era stato il
peso quasi nullo dei suoi calzari.
-Ma che diavolo…- borbottò lei guardandosi
attorno.
Ipotizzando che potesse essersi trattato di una banale trasfigurazione
da camaleonte, Elion era già pronta a rilanciare un contro
incantesimo. Recitò la formula, stendendo il braccio verso
l’alto e tutt’attorno a lei, per venti metri, si
condensò una nube rosata che le mostrò il suo
bersaglio.
Il ragazzo si allontanava di gran corsa sul prato diretto al
ponticciolo lì vicino.
Elion abbandonò la veste da mago a terra e montò
in sella alla cavalla, che poi spronò al galoppo
all’inseguimento.
Il giovane nel frattempo raggiunse il ponticciolo, ma non fece in tempo
ad abbandonare il raggio dell’incantesimo di smascheramento.
Elion stava per recitare una nuova formula che gli avrebbe
immobilizzato le gambe, ma la sua imbranataggine con
l’equitazione chiese il conto all’ultimo momento.
Noilé inciampò su un’asse sconnessa del
ponticciolo ed Elion, pur di salvarsi la pelle, si gettò
fuori di sella, finendo addosso al ragazzo.
Caddero entrambi in acqua dal ponticciolo, crogiolandosi nelle calme
correnti del limpido lago. Elion, coi suoi stivali ai piedi, riemerse
subito in superficie, mentre il ragazzo restò affondo per
parecchi secondi, che poi condensarono in un minuto buono.
Strano…
pensò lei. Il
mio incantesimo ancora mi permette di vederlo sotto i miei piedi, ma
allora perché non torna su? Si chiese.
Elion attese per poco prima di giungere ad una fredda conclusione.
Come si sfilò gli stivali sprofondò
nell’abisso. Poche bracciate, e raggiunse il corpo del
ragazzo mollemente adagiato sul fondo del lago. Lo afferrò
per il gomito, se lo caricò sulle spalle, poi entrambi
risalirono in superficie con l’ausilio di un nuovo
incantesimo che triplicava temporaneamente le forza fisica
dell’Elfa; la stessa che lo riaccompagnò sulla
riva.
Elion lo adagiò sull’erba e lei, esausta
perché indebolita dal troppo Magika speso, si
accasciò affianco a lui, sentendolo tossicchiare.
Ed io che ti avevo
scambiato per il solito ragazzino guardone, pensò
con stupore inarcando un sopracciglio. Studiò a lungo il suo
abbigliamento davvero insolito. Era una tenuta nera leggera. Alla
cintola aveva un pugnale che ispirava minacce anche da dentro il suo
fodero. Il cappuccio gli era scivolato via dalla testa durante il bagno
e adesso la ragazza poteva scorgere per intero il suo viso bianco, due
meravigliosi occhi azzurri e un medio taglio di capelli neri.
Era un Imperial.
Forse il più affascinante che avesse mai visto.
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