Note:
copertina aggiunta 17.4.13. L'illustrazione è di
proprietà di PriestessLeiLei,
che mi ha dato il permesso di usarla :)
Andate a vedere la sua gallery, è carinissima!
I
“La festa”
Presto o
tardi, nella vita di un ragazzo arriva il momento di prendere delle decisioni.
Anche nella vita di un ragazzo molto viziato, ricco e capriccioso, che
resterebbe sempre in braccio a mamma e papà.
Molte volte
queste decisioni rimangono entro la sua giurisdizione.
Tuttavia,
nella vita di questo giovane rampollo c’è una cosa che può sfuggire di mano.
Può mandare in
frantumi patrimoni, amicizie, stabilità mentali.
Può iniziare
come un sogno e finire come un incubo. Ma può anche iniziare come incubo già da
subito.
E’ un mondo
nuovo ed inesplorato e, per questo, nell’immaginario maschile assume toni
foschi e indistinti.
Di sicuro il
giovane di sangue vivo tende ad evitarla come la peste.
Purtroppo,
però, arriva per tutti.
Il suo nome è
matrimonio.
‹‹Gianni,
vorresti smetterla per piacere?››
La luce degli
splendidi lampadari di cristallo brillò sulla porcellana di un servizio
completo, che Gianni Tornatore stava meticolosamente impilando. Ad ogni tazza
aggiunta uno stuolo di ragazze lo avrebbe applaudito.
Ormai la torre
raggiungeva una discreta altezza.
‹‹Andiamo,
Vier… non fare il musone. Non vedi come si divertono?››
‹‹Non sto
facendo il musone›› rispose il ragazzino, strappando di malagrazia lo champagne
ad un cameriere. ‹‹Quello è il servizio originale Wedgwood che Andrew mi ha
regalato il Natale scorso. Lo sai quanto ci tiene.››
L’altro
sbuffò, annoiato.
‹‹Ma è tuo,
no? Una volta regalato, ci puoi fare quello che vuoi›› e rivolse un sorriso
smagliante alle ammiratrici.
Olivier
sospirò, sorseggiando lo champagne. La scelta di sua madre era sempre
eccellente.
Non sapeva
quanto si sarebbe ricreduto nel giro di tre ore.
‹‹Insomma, è
questa festa che mi deprime. Io mi aspettavo musica classica, spettacoli, i
fuochi d’artificio a termine della serata. E invece guarda. Guardati intorno.
E’ la prima volta che mi vergogno di una festa in mio onore.››
Gianni
incrociò le braccia, dimenticando per un attimo le ragazze.
‹‹In effetti
sono rimasto un po’ stupito dalla mancanza del teatrino - ormai la comédie era
diventata una tradizione. E anche dell’opera, per non parlare della quadriglia,
dove rimorchiavo così bene…›› Improvvisò un sorriso, rendendosi conto d’aver
fatto una gaffe. ‹‹Ma questo non significa affatto che sia una festa deludente!
Anzi, il cibo, i costumi, la compagnia… sono raffinati come sempre.››
Olivier
sprofondò nella poltrona color crema.
‹‹Ormai ci
conosciamo da parecchio, non c’è bisogno di indorare la pillola.›› Guardò la pila
di tazze. ‹‹Ti stai annoiando anche tu, vero?››
‹‹Ehm…››
Olivier
sprofondò ulteriormente.
‹‹Ma almeno tu
hai sempre un ventaglio di belle ragazze intorno.››
‹‹Che stai
dicendo?›› esclamò l’italiano, salutando una brunetta. ‹‹Tu non sei meno
affascinante di me. Il tuo difetto è la timidezza. Coi ragazzi attacchi subito
bottone, mentre la vista di una donzella ti lascia gentile ma impietrito.
Goditi la vita!›› e così dicendo abbracciò tre deliziosi esponenti del gentil
sesso, tutti seduti sulle sue gambe.
Una gocciolina
di sudore imperlò la guancia dell’amico.
‹‹Mah.››
Poi notò un
movimento con la coda dell’occhio.
Accadde tutto
in un attimo.
Un donnone
arrivò a passo di marcia, oscillò paurosamente sulle gambe-prosciutti e
precipitò fra le torri di porcellana… abbattendole una dopo l’altra. Le ragazze
di Gianni si dispersero gridando. Ma il grido più acuto fu quello che squarciò
la gola di Olivier.
‹‹Noooooooooooooooooo!››
E, nel
silenzio generale, gli unici suoni udibili furono il pianto disperato del ragazzo,
curvo sui resti, e la rispettosa domanda di Gianni: ‹‹State bene, signorina?››
Essendo un
latin lover, Gianni non poteva abbandonare una fanciulla in difficoltà; anche
se la fanciulla non era una principessa. Ma la ragazza era molto, molto al di
là delle sue peggiori aspettative.
Una mano
carnosa e sudaticcia afferrò la sua, galantemente tesa. Gianni si violentò la
faccia per non lasciar trasparire il disgusto, obbligandosi a restar fermo. E
non era finita: nell’alzarsi l’amabile creatura lo tirò in terra, senza neanche
offrire delle scuse.
‹‹Ouch.››
Olivier alzò
gli occhi dal motivo del suo dolore.
Non poté che
fissare con orrore ciò che si presentava agli occhi di tutti. Gianni
indietreggiò, pulendo nervosamente la mano sui pantaloni del gessato.
La creatura
era a malapena definibile umana. Aveva la stazza di una balena e, in mezzo alla
faccia da razza, due occhietti porcini che scrutavano intorno con malignità. I
capelli, normalmente la salvezza delle donne poco attraenti, nel suo caso
peggioravano la situazione: stopposi, slavati, male acconciati.
Ai bisbigli
degli altri ospiti la creatura puntò altezzosamente il naso al soffitto.
‹‹S-state
bene, signorina?›› balbettò Gianni.
‹‹Hmf››
rispose quella.
E cannoneggiò
via, terremotando il suolo. Il ragazzo crollò sulla poltrona.
Olivier lottò
tenacemente per qualcosa contro un cameriere e venne piangendo sull’oggetto,
che si rivelò un coccio.
‹‹Il mio
servizio!››
‹‹Il mio
cuore›› boccheggiò l’amico, scarmigliato. ‹‹Per un attimo ho creduto di non
sopravvivere.››
Olivier
sedette poco distante da lui. Una lacrima gli solcò la guancia, piovendogli
sulle mani.
‹‹Il mio
servizio preferito…››
Poverino.
Sembrava davvero giù di corda. Gianni si sentì immensamente in colpa, anche
perché era difficile veder piangere l’orgoglioso Olivier Boringer.
‹‹Mi
dispiace›› mormorò. ‹‹Non avrei dovuto fare quelle torri. Mi annoiavo e ho
finito per combinare un disastro.››
L’imprudente
riferimento alla piattezza della festa gettò il ragazzino un gradino più in
basso, e ne seguì un torrente di lacrime.
Mentre Gianni
si affannava per distrarlo, giunse una seconda visita. Stavolta però era snella
e posata. Entrambi misero a fuoco un Andrew McGregor molto elegante, con tanto
di guanti neri alle mani.
‹‹Non
preoccuparti, Olivier. Te ne farò avere un altro, se ci tenevi così tanto.››
‹‹Oh mio Dio,
adesso sei diventato un damerino!›› sghignazzò l’italiano, guadagnandosi
un’occhiataccia.
Andrew sedette
con loro, analizzando i commestibili sul tavolino di vetro. Scelse una tartina
alle olive.
‹‹Immagino tu
ti sia goduto tutta la scena›› esordì Gianni.
‹‹Mh, sì.››
‹‹Beh, che hai
da dire? Dov’è la solita acredine che ora tanto curerebbe il mio orgoglio
ferito?››
L’inglese
parve assorto; il suo malumore permeò l’angolo di ritrovo.
‹‹Ti dirò invece
che la vostra disavventura mi ha fatto un sacco piacere. Sono stato salvato da
una persona forse peggiore della balena che ha demolito il servizio Wedgwood.››
‹‹No›› fu
l’esclamazione di Gianni. ‹‹Descrivila!››
‹‹Ecco…››
‹‹Scusate››
disse una voce lamentosa.
Impietriti,
smisero di fissarsi per inquadrare la nuova venuta. Il loro buon gusto gemette
come un bambino.
Presso il loro
tavolo sacro era giunta una povera sventurata. Il suo viso non sarebbe stato
brutto se avesse provato a sorridere; ma quella bocca sembrava incapace di
qualunque gioia. Olivier vide le sue spalle cascanti, le occhiaie scure, il
portamento scialbo – e sotto quel foulard c’era una gobba! E ricominciò a
piangere.
Gianni ed
Andrew, invece, digrignarono i denti.
‹‹Oh, perché è
triste?›› domandò la ragazza, facendosi premurosamente avanti. Il padroncino di
casa vide allungarsi una mano ossuta.
Non ne poteva
più. Normalmente la sua vita era molto tranquilla, controllabile e
abitudinaria. Vedere il controllo che aveva su di essa scivolar via proprio ad
una festa in suo onore era troppo. E quella piattezza, quelle presenze
denotavano una grande falla nel suo sistema di monitoraggio.
Indietreggiò
fino a salire in braccio a Gianni.
‹‹Non ti
avvicinare!››
L’unico a
conservare un minimo di decoro fu Andrew, che si alzò, fece un inchino e baciò
quella mano ossuta, gelandoli.
‹‹Perdonatelo,
miss. Ha avuto una brutta giornata.››
Altro che
brutta giornata, pensarono loro.
‹‹Ma non
dovete preoccuparvi per lui, ce ne occuperemo noi. Piuttosto, permettetemi di
condurvi al tavolo dello champagne. Sceglierò per voi il migliore.››
‹‹Oh… oh, come
siete gentile›› rispose la gobba, sempre trascinando la sua voce lamentosa.
‹‹Non dovreste, non dovreste…››
Gianni si
asciugò gli occhi, tremando, mentre i due si allontanavano.
‹‹Non
dimenticheremo il tuo sacrificio, Drew!››
Olivier lo
guardò male e, improvvisamente conscio del loro morboso abbracciarsi, gli scese
di dosso. Ormai la festa era destinata ad andare di male in peggio, ma che i
ripetuti shock mandassero Gianni in tilt era imprevisto e inquietante. Che cosa
avrebbe detto ai Tornatore?
Passarono
appena due minuti e il loro amico inglese era di ritorno.
‹‹Sei ancora
vivo?›› sogghignò Gianni.
‹‹Certo. L’ho
mollata a Ralf.››
‹‹Te la farà
pagare per questo, lo sai.››
‹‹Meglio con
lui che con noi›› fu la risposta. Andrew buttò giù il liquore tutto d’un fiato
- quasi strozzandosi, perché era molto più forte di quanto pensasse.
‹‹Comunque, se sentite la sua mancanza, posso mostrarvi la strada.››
Gianni chiuse
gli occhi, levando le mani.
‹‹Se non lo
farai, potrei anche regalarti la spider che ti avevo promesso in quella piccola
scommessa…››
Al ricordo,
l’inglese mandò lampi e sbatté un pugno sul tavolino. Olivier avrebbe
sobbalzato, non fosse stato immensamente stanco.
‹‹Ti ricordo
che ho legalmente vinto quella macchina! E che tu non sei un uomo di parola,
visto il sospetto ritardo che stai impiegando per onorare la scommessa.››
‹‹Spiacente,
amico mio. C’era quella postilla che…››
‹‹Me ne faccio
un baffo delle tue postille!››
E si
lanciarono in una discussione che ormai aveva tutte le battute scritte. Quando
ebbero finito si rivolsero al terzo blader, in strenua lotta contro il sonno.
Andrew rigirò
il bicchiere fra le dita, scrutandolo con criticismo.
‹‹Non so se il
bianco ti dona, sai.››
Olivier
sollevò le palpebre a fatica e sbirciò il proprio completo di gala.
‹‹Uh? Dici?
Eppure l’ho sempre messo.››
Gianni,
ferratissimo in materia, si sentì in dovere d’intervenire.
‹‹Drew ha
ragione.››
‹‹Ti ho detto
che odio quel soprannome. E’ un nome da femmina! L’unico mio soprannome
potrebbe essere Andy, e lo odio almeno altrettanto.››
L’italiano
fece orecchie da mercante.
‹‹Sei
cresciuto. Il verde dei tuoi capelli è diventato più intenso, e stona col
bianco.››
Olivier storse
la bocca, piccato.
‹‹Se è per
questo, Gianni, il gessato ti fa sembrare un…››
‹‹Che cosa mi
fa sembrare?›› scattò l’italiano, facendo per alzarsi.
Andrew li
fissò, sbalordito. Sbagliava, oppure si stavano rapidamente scaldando?
S’interpose
fra i due, beh, virtualmente fra i due, protendendo un braccio.
‹‹Hey,
ragazzi. Calmatevi. Questo vostro orgoglio è totalmente fuori luogo.››
‹‹Senti chi
parla›› rimbeccò Olivier.
‹‹Già, Mister
Acredine in persona!›› cantilenò Gianni.
Il giovane
rimase impassibile, deciso a dare il buon esempio. Quindi puntò il naso al
soffitto, facendo loro la predica, come se fossero dei mocciosi.
‹‹Via, siamo
gente civile. I nostri nomi sono sulle agende più in vista del mondo, che in
parte stanotte si trovano qui. Ecco, guardate Lady Windsor, al tavolo dei
dirigenti; Madame e Monsieur Bonacieux sulla pista da ballo, che scambiano
battute coi Lafayette; il signor di Trani insieme al barone von Thurn und
Taxis, accanto alle finestre, insieme ai nostri genitori. Pensate cosa si
direbbe nel bel mondo se facessimo a pugni nel bel mezzo di una festa.››
Nonostante il
tono di superiorità, le sue parole andarono a segno, e Gianni ed Olivier si
fissarono i piedi.
‹‹Perciò,
prendiamo le rimostranze con educazione e gli scherzi per quello che sono. Non
intendevamo offenderti, Olivier. E sono sicuro che Olivier non intendeva
offendere te, Gianni.››
‹‹A me non
sembrava…›› commentò quest’ultimo, ricevendo un’occhiata velenosa dal francese.
››Mi annoio›› spiegò tutt’a un tratto, alzando le spalle. ‹‹Litigare un po’ mi
sveglierebbe. Non voglio mica fare a pugni.››
Non sembrava
granché convinto però. Non dimentichiamo che il suo bitbeast è Amphisphena.
Olivier scurì
in volto.
‹‹Già,
sveglierebbe pure me…››
‹‹Basta,
basta, basta. Fermi. Cosa diavolo avete bevuto, stasera, nitroglicerina? Più vi
agitate, più rischiate d’esplodere. Sembrate psicopatici.››
‹‹Dillo ai due
mostri di prima.››
Inarcò un
sopracciglio.
‹‹Chi, Balena
e Maddalena Piangente?››
Olivier
dovette soffocare una risata.
‹‹Loro.››
‹‹Beh, potrei sempre…››
Non aveva
finito di parlare che una voce rasposa lo apostrofò con pusillanimità. Scattò
in piedi, come se uno scorpione l’avesse punto nel sedere.
‹‹No! Ancora
tu!›› urlò.
Buona parte
degli invitati si voltò. Gianni e Olivier ammutolirono, annichiliti.
‹‹Ti ho detto
che ne ho abbastanza della tua regale presenza per tutta la vita.››
La donna, che
probabilmente aveva il doppio della loro età ma si agghindava come una
ragazzina, ululò una volgare risata al soffitto. Olivier saltò di nuovo in
braccio a Gianni.
Era alta in
modo innaturale, zigomosa e priva di una qualunque forma. Le ossa del bacino
spuntavano dal vestito lungo, ammazzando qualunque illusione fosse rimasta.
Questa è la
sfilata degli orrori, pensò Gianni, paralizzato.
‹‹Mio caro
giovanotto, alla tua età dovresti preoccuparti delle ragazze, non degli
amici…›› e diede una timida occhiata a se stessa, quasi facendo vomitare
Andrew.
‹‹Ma quali
ragazze›› replicò lui.
‹‹Ma come, non
vedi, non riesci a vedere? Mio caro, mio caro!›› la strega fece alcuni
passi avanti, per ognuno dei quali il ragazzo ne fece uno indietro. ‹‹Mio
giovane gentiluomo, la tua cortesia sfiora la frigidità!››
Paura o no,
c’erano occasioni che Gianni Tornatore non poteva lasciarsi sfuggire. Incapace
di trattenerla, scoppiò in una fragorosa risata.
Andrew gli
passò attraverso con uno sguardo. Olivier invece si alzò e, piuttosto che
commentare, corse fuori a velocità supersonica. Gianni ingoiò il resto della
risata.
‹‹Olivier,
dove vai?! Aspetta!›› e di galoppo dietro l’altro.
Ormai il
brusio intorno a lui era difficile da ignorare; Andrew se ne infischiò,
dimenticando a bella posta le proprie perle di saggezza. Era stato importunato,
offeso, umiliato pubblicamente, e ci vedeva abbastanza giustamente rosso. Ciò
che era peggio era che in qualche modo la consideravano una donna, quindi non
poteva sbatterle in faccia il guanto di sfida.
Cercò nella
sala, poi vide Ralf. I loro occhi si incontrarono.
Tornò
all’ibrido umano che ridacchiava dietro il ventaglio rosa, come per uno scherzo
noto a lui solo. Dentro di sé avvertì una profonda repulsione.
‹‹Vedete, signora,
l’amicizia è molto importante per me. E poi come fate a dire che non sono
impegnato?››
Negli occhi
petulanti della racchia passò un lampo.
‹‹Oh, io so,
io so.››
‹‹E sapete
male!›› sputacchiò, fuori di sé. Basta. Non ce la faceva più – e cominciava a
capire le reazioni di Olivier.
Doveva uscire
di lì.
‹‹La festa è
finita!›› sbatté in faccia ai convitati, uscendo a grandi passi.
Ralf lo
precedette, mentre i signori Boringer si affannavano a porre scuse e a sbollire
gli animi.
‹‹Olivier!
Olivier, apri la porta!›› supplicò Gianni, picchiando con insistenza. ‹‹Apri!››
‹‹Che cosa gli
è preso?›› chiese Ralf.
Andrew era
rimasto in cima alla scala, per controllare se qualcuno li seguiva.
‹‹Non lo so››
rispose il biondo, preoccupato. ‹‹Ma mi è sembrato molto strano… prima di
entrare in camera si teneva una mano sulla bocca, e ha bevuto più del solito…››
‹‹Ah, non sarà
un po’ di champagne a buttarlo giù›› esclamò Andrew, raggiungendoli. ‹‹Non mi
stupirei se fosse invece colpa della strega. Stava cominciando a spaventare
anche me. Era lei la persona di cui vi parlavo. Mi ha tampinato tutta la
sera.››
‹‹Miseriaccia.››
‹‹Già, e non è
tutto.››
E descrisse
loro come si fosse dichiarata gran dama tedesca, invitata espressamente dai
Boringer insieme alle sue tre sorelle.
‹‹Gente del
tuo paese, Ralf.››
‹‹Hmph.››
‹‹Quindi
c’erano quattro esemplari di quel genere qui stasera?›› piagnucolò Gianni,
ricordando con malinconia lo stuolo di belle ragazze che l’avevano applaudito.
‹‹Mi chiedo se
non avesse qualcosa a che fare con quella mademoiselle che è finita sul
mio servizio›› intervenne Olivier, dallo spiraglio nella porta.
Eccetto il
beyblade che stringeva convulsamente nella mano, sembrava normale. Tutti
tirarono un respiro di sollievo.
‹‹La donna
cannone?›› chiese Andrew.
‹‹Olivier.
Tutto bene?›› aggiunse Ralf, squadrandolo.
Il minuto
francese sorrise, sicuro di sé.
Gianni parve
assorto. ‹‹E quella – come l’hai chiamata? Maddalena Piangente? Pure lei ci ha
tormentato l’anima.››
‹‹Una ragazza
molto sfortunata invero›› fu il commento di Ralf.
‹‹Beh, allora
cuccatela tu. Io…››
‹‹Sst!
Ascoltate!›› sibilò Andrew.
Dalle scale
provenivano alcune voci concitate. Erano femminili, e salivano.
Olivier
spalancò la porta.
‹‹Presto,
entrate.››
Scivolarono
dentro, chiudendo appena in tempo. Chiunque fosse adesso era sul loro stesso
piano.
‹‹…affatto
gentili, sorelle care, ma con un visetto come il loro, oh mio Dio, avessi visto
i loro visetti, così innocenti, così affascinanti…››
Un brivido
corse lungo la schiena dei quattro amici, incollati alla porta.
‹‹Chi è?››
sussurrò Gianni.
Andrew era
livido.
‹‹Non vorrei
spaventarvi, ma…››
‹‹…ora, quale
sarà la stanza del signorino Olivier? Dopotutto non ti sei presentata come si
deve…››
‹‹Cerchiamo in
ogni stanza›› suggerì un’altra voce, piuttosto corpulenta.
Intanto,
Olivier vedeva rosso.
‹‹Come osano
girare impunemente per casa mia?!››
Andrew si
voltò verso di lui.
‹‹Dove si
trova questa stanza?››
‹‹E’ la…
seconda dalle rampe.››
‹‹Ci
troveranno!››
‹‹Presto, al
passaggio segreto!››
E
caracollarono verso un magnifico quadro del Re Sole, che Olivier staccò dalla
parete spingendo un bottone nascosto. Ai loro occhi si rivelò un passaggio
scuro, percorso da una corrente fredda e ululante. Fossero stati da soli,
probabilmente ci avrebbero pensato due volte prima di avventurarvisi; lo stesso
campione francese preferiva la Ragnatela (come chiamava tra amici il sistema di
passaggi) poco, poiché, qualora si fosse ferito là dentro, la situazione
sarebbe stata grave.
Solo lui
conosceva certi passaggi.
Ma adesso
erano insieme, e lo stato delle cose non lasciava loro molta scelta. Uno dopo
l’altro scomparvero, inghiottiti dal dedalo di vie segrete. Ralf, l’ultimo, si
tirò dietro il pannello, riappendendolo alla parete.
Tempismo
perfetto.
Scivolando
via, udirono la porta socchiudersi e la voce corpulenta commentare la bellezza
della stanza.
‹‹Ma è vuota.
Non è questa.››
Poi tutto fu
inghiottito dall’oscurità.
Camminarono
per un bel pezzo, maledicendo la mancanza di una luce, tremando dal freddo. Era
estate, ma quei cunicoli non vedevano la luce del sole dalla costruzione della
villa, risalente ai primi Ottocento.
La disperata
conventicola procedette, tra gli sbuffi ed un insistente rumore di cuoio.
‹‹Chi è che ha
le scarpe col tacco?›› chiese Olivier tra i denti.
‹‹Non sei
tu?››
‹‹Non credo,
visto che ha le pantofole.››
‹‹Ma allora
chi è?››
Gianni abbozzò
una risatina.
‹‹Capisco. Te
le puoi togliere?››
‹‹Perché
dovrei?››
‹‹Fai troppo
rumore. Le pareti sono spesse, ma la profondità della Ragnatela amplifica i
suoni. Come capirai, in questo momento preferisco continuare senza interventi
esterni. La mia casa è diventata improvvisamente un covo di estranei.››
L’italiano
grugnì di malcontento.
Tu guarda
se con un paio di Armani sottobraccio devo camminare in calze!
Ma il
padroncino di casa aveva ragione. Un paio di volte incapparono in un’uscita e
udirono distintamente delle voci. Olivier sbirciò fuori attraverso gli occhi di
un quadro. Andrew rabbrividì.
‹‹Non guarderò
mai più un quadro con la stessa fiducia›› giurò.
Poi
registrarono il silenzio del francese.
‹‹Che c’è,
Vier?››
‹‹Siamo ancora
al secondo piano. Se usciamo, potremmo ritrovarcele davanti.››
Gianni
fischiò.
‹‹Continuiamo,
allora.››
‹‹Olivier, sei
ben sicuro di dove stiamo andando?›› aggiunse l’inglese, fissando con una certa
apprensione oltre la spalla di Ralf. ‹‹Non vorrei passare il resto della mia
vita a girovagar per casa tua – senza offesa…››
‹‹Non
preoccuparti›› rimbeccò Olivier.
Strinse con
maggior convinzione il suo beyblade, chiedendogli silenziosamente protezione –
non sapeva contro che cosa… magari il freddo. La sola risposta di Unicol fu una
lampeggiante risata.
Al diavolo anche te, imprecò il ragazzo, sbalordito.
‹‹Non c’è niente
di cui preoccuparsi. Uso questi passaggi da quando ero bambino.››
‹‹Ed
esattamente quando hai smesso di esserlo?›› sghignazzò Gianni.
Olivier ignorò
il commento.
Quindi andò
per l’affondo.
‹‹Cambieremo
piano usando il vecchio scarico.››
Gianni parve
oppresso da un cattivo ricordo. ‹‹Che cosa intendi per “scarico”?››
Il sogghigno
del francese fu facilmente intuibile dal tono della sua risposta.
‹‹Oh, l’hai
già provato quando avevamo nove anni.››
Gianni
Tornatore e Olivier Boringer si conoscevano infatti sin da piccoli,
contrariamente a quanto valeva per gli altri, poiché una zia del primo aveva
sposato un cugino del secondo.
Stupide
complicazioni di parentela.
‹‹No! Non può
essere quello!››
‹‹Abbassa la
voce›› intimò Andrew.
Arrivarono ad
una svolta. Lì si diramavano tre cunicoli.
Uno era così
basso che solo un bambino di cinque anni avrebbe potuto passarci stando in
piedi; da lì saliva gran parte dell’aria fredda. Ralf diede segni di
inquietudine.
‹‹Vuoi
chiedermi qualcosa?››
‹‹Beh, sì.››
‹‹Quello è lo
scarico.››
‹‹Non c’è un
altro modo?›› rispose il tedesco, presentando per la prima volta delle
rimostranze. ‹‹Credo di esser troppo cresciuto per passarci.››
‹‹Fidati. Ci
passerai.››
Egli non
aggiunse altro, limitandosi ad annuire.
Olivier guardò
il cunicolo.
‹‹E ora
silenzio. Passiamo sulle stanze dei miei genitori.››
Si accucciò,
mise le ginocchia a terra ed entrò. Andrew, Gianni e Ralf lo seguirono,
sentendosi improvvisamente degli avventurieri.
Almeno finché
le loro mani non slittarono su uno spesso strato di muschio.
‹‹Bleah.››
Gianni
ringhiò.
‹‹Dannazione,
l’ho appena comprato questo vestito!››
‹‹Fa’ silenzio.››
La traversata
sembrò durare un’eternità. Procedere gattoni era davvero difficile là dentro e,
a partire da chissà dove, le loro ginocchia facevano un sacco male. Di punto in
bianco, una debole serie di luci baluginò sull’irregolare pavimento di pietra,
mostrando la strada come la pista d’atterraggio di un aeroporto; provenivano da
profonde crepe, formatesi nel punto d’incontro fra un mattone e l’altro.
La vista
avrebbe fatto rabbrividire l’uomo più coraggioso del mondo. Immaginatevi loro.
‹‹Non c’erano
l’ultima volta›› commentò Olivier.
‹‹E’ davvero
confortante›› fece Andrew, pieno di sarcasmo. ‹‹Ti spiacerebbe accelerare?››
Gianni
impallidì.
‹‹Oddio. Avete
sentito anche voi quello scricchiolio?››
‹‹Per niente››
rispose Ralf, calmo. ‹‹Vai avanti.››
‹‹S-sì››
obbedì Olivier, che apriva la fila.
Ma i loro
timori restarono timori. Quei muri avevano resistito per secoli, e anche se
quella sera la sorte ce l’aveva con loro, non ce l’aveva così tanto.
Proprio allora
la corrente d’aria si fece più forte.
Erano giunti
alla fine del passaggio.
‹‹Beh?››
chiese Andrew, sottovoce.
‹‹Qui comincia
la discesa›› rispose Olivier, un po’ soffocato. ‹‹Ogni volta è un’emozione.››
Quel commento
non fece bene ai loro nervi. Gianni gemette.
‹‹Io odio le
altezze.››
‹‹Non ne
vedrai. Scivolerai soltanto.››
‹‹Oh che
consolazione.››
Infatti odiava
anche gli scivoli.
‹‹Che dobbiamo
fare?›› chiese Ralf, sempre pratico.
‹‹Ci butteremo
di testa›› spiegò il francese. Il gemito di Gianni risuonò più forte. ‹‹Ora, la
prima svolta è un angolo largo. Un cuscino attutirà la caduta e ci aiuterà a
fermarci. Da lì proseguiremo con le gambe avanti. Tenetele vicine al corpo.››
Andrew diede
segni di nervosismo. Avrebbe tanto voluto chiedere come avevano piazzato il
cuscino, ma decise che preferiva non sapere. Gianni, che lo seguiva, non vide
che s’era fermato e gli sbatté contro.
Il ragazzo
oscillò e cadde dritto sulla faccia.
‹‹Che
cavolo?!››
‹‹Oh, scusa.
Olivier.››
‹‹Cosa. C’è.››
‹‹Per favore
dimmi perché devo rifare tutto questo.››
Gli occhi di
Olivier scintillarono nella flebile luce, divertiti, proprio al di sopra della
sua spalla.
‹‹Non lo farai
da solo, lo sai? E non scendi nemmeno per primo, visto che apro io la fila e
non c’è modo di cambiare posto.››
‹‹Beh, grazie.
Questo lo vedevo da solo.››
‹‹Sembravi
ansioso di scappare dai tre mostri.››
L’altro rimase
a bocca aperta per un secondo, poi il ricordo lo zittì una volta per tutte.
Silenzio.
‹‹Vado›› disse
Olivier.
E si buttò,
scivolando sulla pancia. Un suono sibilante lo accompagnò. Gli amici divennero
tutt’orecchie, aspettando l’urlo raccapricciante che sicuramente avrebbe
echeggiato.
Ma non accadde
nulla del genere.
L’imboccatura
dello scivolo amplificò un tonfo (sobbalzarono, dando una testata al soffitto)
e subito dopo il sussurro del ragazzo.
‹‹Io proseguo.
Andrew, puoi venire. Non abbiate paura.››
‹‹Facile a
dirsi.››
Quando fu il
suo turno, Gianni deglutì.
‹‹Avevo
giurato di non farlo mai più…››
Tirarla per le
lunghe non serviva.
E si tuffò,
trattenendo il fiato finché non sbatté contro l’imbottitura del muro. Sentì il
terreno scivolare via e si aggrappò con tutte le forze, battendo i denti. Non
era cambiato. Olivier aveva ragione, non si scorgevano altezze – ma c’era pur
sempre lo scivolo. Un oscuro, umido passaggio, senza alcuna apparente via di
fuga.
Cercò di
respirare. Calma. Niente panico.
Magari sono
anche claustrofobico?
Dannazione,
lui aveva bisogno di spazi ampi, come il Colosseo e il Foro. Guardò sotto, dove
il grande salto assumeva la forma di un buco nero; la pendenza pareva notevole.
Mio Dio.
Prese tre
respiri profondi, tentando di calmare i nervi.
‹‹Pss, Gianni!
Avanti›› esortò la voce di Olivier, distante. ‹‹C’è un materasso alla fine. Non
aver paura.››
Oh beh, pensò.
E si lasciò
andare, sentendo subito l’aria gelida sibilare tutt’intorno. Nello spazio di
qualche secondo aveva acquistato grande velocità. Due o tre volte credette di
andare a sbattere contro il muro, ma il pavimento era modellato e sterzò.
Strinse i denti, sobbalzando per i dislivelli.
Altro che
Gardaland! La casa di Olivier era la vera Mad House!
Dopo un
secolo, intravide finalmente l’uscita; e fu sputato fuori dallo scarico come un
mucchio di spazzatura. Sedette sul materasso, rigido. Andrew gli ficcò un
fazzoletto in bocca.
Aveva urlato a
squarciagola per tutta la discesa.
‹‹G-grazie.››
‹‹Non c’è di
che.››
Poco dopo
arrivò Ralf, dignitoso come sempre.
Si guardarono,
chiedendosi cosa sarebbe venuto dopo. Erano molto, molto sporchi. Specialmente
Olivier, vestito di bianco.
‹‹…beh?››
‹‹Muu.››
‹‹…››
‹‹Fate buon
viaggio!››
Non si sa bene
come, erano riusciti a raggiungere l’immenso retro della villa, un giardino che
chiuso al pubblico, dove si potevano trovare grandi voliere d’oro, daini e
altri animali rari, ma anche l’ovale di atterraggio per elicotteri e, accanto
agli edifici, i garages.
In quel
momento, l’ovale era occupato dal dirigibile Boringer IV, sul quale
salivano Gianni Tornatore ed Andrew McGregor. L’orizzonte schiariva in un blu
infinito, come spesso fa in estate.
‹‹Mi dispiace
che dobbiate già tornare a casa›› disse Olivier, innervosito. ‹‹Ora che i
Mostri se n’erano andati…››
‹‹Lo so. E
concordo.›› rispose Gianni, grattandosi la nuca.
Ci fu un
silenzio piuttosto teso.
Non volevano
tradurre in parola il tremendo sospetto che si sentivano addosso; ma tutti
sapevano quanto strane potessero andare le cose, nei paraggi del Palais
Boringer. A volte, era più sinistro del castello di Ralf. E questo non era
dir poco. Povero Olivier, con quei pazzi genitori!
Andrew e
Gianni studiarono l’amico, apparentemente padrone della situazione.
‹‹Bene›› disse
Ralf, ‹‹ho un volo che mi aspetta al Charles de Gaulle. Io andrei.››
‹‹A presto,
Ralf›› annuì Andrew.
Il tedesco
rispose con un altro cenno, sorrise a Olivier e si diresse verso un’auto
rombante.
Intanto,
Gianni si guardava attorno, forse sperando che gli amici che li avevano
accompagnati a Parigi (per poi sparire) rispuntassero alla chetichella. Inutile
dire che non accadde.
Dannazione.
Avrebbe dovuto volare su quella cosa. Di solito non gli dava fastidio –
si sentiva al sicuro – ma…
‹‹Sembra che
non vogliano farci cambiare rotta›› notò Andrew, lanciando un’occhiata al suo
maggiordomo, comparso dal nulla e silenziosamente appostato sul dirigibile.
‹‹Da ieri sera, tutto prende una strana piega. Non so voi, ma io ho la netta
impressione che i nostri amati genitori stiano per tirarci un brutto scherzo.››
Gianni corrugò
la fronte.
‹‹Hmm.››
Olivier invece
deglutì, sapendo che quella sarebbe stata una cosa degna dei suoi.
‹‹Speriamo di
no.››
‹‹Già. Dopo
quello che è successo a Sabine…››
‹‹Per favore.
Non nominiamo certe pietre miliari, per scaramanzia.››
‹‹Giusto.››
Sabine era la
sorella minore di Olivier. Era passato appena un anno da quando i loro
genitori, seguendo qualche folle idea, l’avevano gettata dalla finestra più
alta del palazzo dichiarando che sarebbe stata presa dall’angelo della sua
vita. Olivier era quasi morto di paura. Fortunatamente (o fatalmente?) i
Bladebreakers erano giunti in visita proprio quel giorno, e Max l’aveva
acchiappata per un pelo.
Che ricordo.
‹‹Comunque
saremo presto di ritorno. A Roma quest’estate fa troppo caldo, e non ho
intenzione di passare le vacanze a sudare da solo›› affermò Gianni, aspettando
che Andrew salisse sul dirigibile. ‹‹Ciao!››
‹‹Sì, ci
vediamo›› salutò l’altro.
E la porta
ermetica si chiuse alle loro spalle.
Olivier
osservò il suo dirigibile manovrare e rimpicciolire nel cielo azzurro, alla
volta di Londra. Poi notò che l’auto di Ralf era ancora lì, con il suo profondo
rombare. La raggiunse, perplesso.
‹‹C’è qualcosa
che non va?››
Il tedesco
abbassò il finestrino nero, controllando che nessuno origliasse e, infine,
guardandolo.
‹‹Occhi
aperti.››
Detto da Ralf
Iurgens, l’impassibile, il sicuro, era inquietante. E inquieto divenne Olivier,
stringendosi nel solito cappotto blu, gettato sulle spalle, mentre il suo
ultimo appoggio se ne andava. Ora lo aspettavano quegli squilibrati dei suoi
genitori. Mon Dieu. Qualcosa lo attendeva. Ma cosa?
Andrew aveva
ragione, l’atmosfera era strana. La gente che incrociava cercava di
dissimulare… sorrisi? Compassione?
Quanto
vorrei che Sabine fosse qui.
Non tanta
fortuna.
Tornò
lentamente indietro, diretto all’edificio color albicocca, cercando consolazione
nell’aria frizzante. A colazione - lo sentiva - avrebbe saputo la verità.
E così
avvenne.
Gianni ed
Andrew fissarono il moderno telefono a video, il cui schermo mandava i sorrisi
smaglianti delle loro famiglie. I loro occhi erano quasi fuori delle orbite.
Le posate
caddero sul tavolo.
‹‹E’ uno
scherzo›› minacciò Andrew.
‹‹Affatto,
tesoro›› rispose sua madre, appena visibile sotto il grande cappello inglese.
‹‹Io e tuo padre ne abbiamo discusso ampiamente e abbiamo deciso che è la cosa
migliore che ti potesse accadere.››
Il ragazzo
tenne a freno il sarcasmo, ben consapevole di far il proprio interesse.
‹‹Ma non ne
avete discusso con me!››
E la
combriccola di adulti scoppiò a ridere, come se fosse la battuta più bella del
mondo. Lui e Gianni si guardarono, sperando ancora che si trattasse di una
semplice farsa.
Non poteva
essere vero.
‹‹Gianni,
zuccherino, anche tu la pensi così?›› chiese la signora Tornatore. Peccato
sapere che quella bellezza nascondesse insania mentale.
‹‹Cavolo,
sì!›› disse lui, impedendosi di colpire il tavolo. ‹‹Io sono convinto che
ognuno abbia diritto a scegliere per sé, soprattutto in un campo come questo!
L’amore è una cosa meravigliosa. Non lo si più incatenare e ammaestrare, perché
muore. E non si può vivere senza l’amore!››
L’aria intorno
brillò, mentre fiori sbocciavano tutt’intorno a lui.
Andrew cacciò
la testa in una mano. Ecco che ci
risiamo.
Lo spirito del
Gran Latin Lover lo aveva sopraffatto di nuovo.
‹‹Nulla potrà
mai sostituire la gioia, la meraviglia nell’incontrare per la prima volta una
ragazza, la speranza che lei sia quella giusta, il calore del suo sorriso. Il
dolore di una perdita cancellato da un nuovo incontro. Per questo sì, la penso
come Drew!››
Le quattro
facce di alla tele non risposero. Sembravano colti alla sprovvista. Wow, non
poteva crederci. Gianni li aveva impressionati.
Bisognava
battere il ferro finché era caldo.
‹‹Siamo ancora
molto giovani›› disse Andrew, professionale. ‹‹Cosa vi fa pensare che non
vogliamo goderci questi anni?››
Inaspettatamente
fu il padre di Gianni a rispondere, in un inglese perfetto.
‹‹Sì, è vero,
siete ancora molto giovani. Ma oltre al piacere, lo sapete, esiste il dovere.
Avete giocato per quindici anni. Adesso è il momento di ripagarci prendendo in
mano una parte degli affari di famiglia.››
Ah, e così si
erano alleati, i farabutti!
‹‹Nulla contro
il progetto - ma perché dovremmo… che diavolo ha che farci quello con
questo?!›› replicò Gianni.
‹‹E’ ora,
tutto qui.››
‹‹Personalmente
non mi sento pronto.››
Andrew annuì.
La famosa irascibilità del signor McGregor, allora, entrò in funzione e l’uomo
esplose.
‹‹Voi non
avete parola in questo!›› suo figlio spalancò la bocca, ‹‹Così abbiamo deciso,
così farete!››
Andrew,
essendo l’erede di un uomo simile, non poteva che imitarlo. Gianni si turò le
orecchie.
‹‹Io farò come
mi pare e piace! Detesto ricevere ordini, tu lo sai meglio di chiunque
altro, papà! E quando mi si ordina qualcosa, per ripicca mi faccio punto
d’onore di non farlo. E allora? Che intendete fare? Diseredarmi? Ma se avete
avuto me per grazia di Dio! A chi lascereste i vostri amatissimi milioni?››
‹‹Tu…››
ringhiò McGregor.
‹‹Io cosa?
Non dimenticate, papà, mamma, ho anch’io dei conti alla London Bank, piuttosto
cospicui e del tutto indipendenti dalla vostra volontà. Siete stati voi a
volerli così!›› Sogghignò. ‹‹Anche per te è così, vero Gianni?››
L’amico annuì,
soddisfatto.
Sentivano che
qualcosa di buono stava arrivando. Magari la vittoria. Sarebbe stato perfetto.
Ma dovevano
ancora scoprire tutta la testardaggine dei loro genitori.
‹‹Bene. Allora
è tutto sistemato. Cercate di costringermi a questo passo e non mi rivedrete…››
‹‹…mai più!››
ansimò Olivier, curvo sul tavolo.
I signori
Boringer guardarono la faccia paonazza del figlio, la signora sventolando un
ventaglio, il signore arricciandosi i baffi sul labbro.
‹‹Figlio mio,
stento a riconoscerti.››
Il ragazzo li
fissò negli occhi.
‹‹Sono io che
lo dovrei dire! Mamma, papà. Sono sempre stato un figlio obbediente. Non potete
negarlo. Ma se decidete di continuare su questa strada, beh, ho una notizia per
voi: le mie decisioni le voglio prendere da solo, senza l’aiuto di nessuno, e
grazie tante!››
I due non si
mossero.
Sua madre
sorrise, poi i genitori uniti andarono per l’affondo.
‹‹Ma voi non
siete ancora maggiorenni. Per questo le banche vi bloccheranno i conti sotto
nostro ordine. Per questo, mon petit chou, rimarrete senza una proprietà
se non sposerete quelle ragazze.››
‹‹Sposatevi.››
ab
Continua!
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Disclaimer: Beyblade e tutti i suoi personaggi appartengono a Takao Aoki e agli altri aventi diritto… io li ho solo presi in prestito per un po', per loro immensa gioia XD
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