Cento motivi per
essere James
«A me ne
basta uno».
Il
cielo dell’abituale tinta scura della notte avvolgeva Hogwarts in un silenzioso
sonno e in una calma quasi irreale se messa a confronto col fracasso che alunni
e professori generavano quando a regnare era il sole.
Nei
dormitori delle varie case tutti dormivano: le chiacchiere delle ragazze si
erano spente, così come i giochi a cui partecipavano i giovani e anche i più
temerari, quelli che, per troppo studio o troppo poco erano ancora chini su libri
e pergamene, erano ormai chini con la testa sul banco a stesi per terra,
cullati da Morfeo e ignari dei problemi che li avrebbero travolti una volta
svegliati, quando si sarebbero resi conto che le pergamene non si erano di
certo scritte da sole durante il loro riposino notturno.
Nel
dormitorio dei Grifondoro, nella stanza di quelli che ormai tutta la scuola
conosceva come “I Malandrini”, la pace regnava come in tutti gli altri
ambienti, ma forse con qualche soddisfazione in più: era raro associarla, infatti,
a quei quattro ragazzi.
Erano
da poco passate le 4:00 quando uno dei ragazzi, James Potter, aprì gli occhi
con aria seria, concentrata… non da lui. Rimase a guardare il soffitto del sul
letto a baldacchino per alcuni minuti, arrovellandosi per chissà quale pensiero,
poi, non avendone trovato la soluzione, scese e si accostò a Remus che sembrava
dormire fin troppo tranquillamente considerando che la Luna piena c’era stata
solo la notte prima. In effetti da quando il giovane Lupin aveva preso a frequentare
Potter, Black e Minus era migliorato sotto molti punti di vista.
Il
malandrino si fece coraggio – non che gliene volesse molto: in fondo non si era
mai fatto scrupoli del genere – e scosse Remus, chiamandolo per nome finché il
giovane Grifondoro non ebbe aperto i suoi occhi ambra e visualizzato il
compagno.
«Mmh…
James.. bisogna alzarsi…? Ma…ma è notte! Perché mi hai svegliato?» chiese con
la voce ancora impastata dal sonno e James si stupì di quanto fosse lucido
anche appena svegliato; poco male: era ciò di cui aveva bisogno.
«Devo
darti una domanda importantissima» fece
con tono serio ed occhi scintillanti e dopo che ebbe attirato l’attenzione
dell’amico si preparò – sempre con fare serio, quasi solenne – a porre la
questione «Remus, perché sono James?»
Remus
corrugò la fronte, convinto di aver capito male, che il sonno gli annebbiava
ancora la mente o che era stordito per una qualsiasi altra cosa: James non
aveva potuto fargli una domanda del genere alle… - guardò l’orologio
- …alle 4:10
di mattina!
«Prego?»
chiese.
«Perché
sono James?» ripeté lui con lo stesso tono da domanda di vitale importanza.
«James,
per favore… sono le 4:10 di mattina, sono stanco… e tu mi vieni a chiedere “Perché
sono James?”… Ma che domanda è?»
Il
giovane Potter fece una faccia offesa ed incrociò le braccia al petto.
«Lunastorta!
Mi deludi! Possibile che tu non abbia capito la mia domanda? Ma che secchione
sei?! Intendevo» e qui scandì le parole come se Remus fosse duro di comprendonio
«Cosa mi caratterizza come James? Quali sono i
punti che mi distinguono dal resto della marmaglia di studenti di Hogwarts?»
Remus
si mise a sedere: la domanda si rivelava più intelligente e complessa del
previsto. Cosa aveva spinto James a chiedersi una cosa simile – a parte il suo smisurato
ego? E soprattutto perché lo stava chiedendo proprio a lui?
«James…
perché stai facendo proprio a me questa domanda? Insomma Sirius ti conosce così
bene e… penso che sia la persona più adatta per questo genere di domande…»
«Ma io voglio
saperlo da
te! Sirius mi prenderebbe in giro e poi… di te mi fido…»
Remus
fece un’enorme fatica a trattenersi dall’abbracciare il Grifondoro, ma un
calore che non aveva mai provato in vita sua si impadronì del suo petto e gli
occhi gli luccicarono.
Valeva
la pena essere svegliati in quel modo; avrebbe potuto anche rimanere sveglio
per due mesi: ne valeva la pena!
Dopo i
primi attimi di splendido intontimento, sul volto del giovane mannaro tornò il
classico cipiglio concentrato. James, di fronte a lui, teneva lo sguardo puntato
sul suo volto stranamente illuminato dai raggi della Luna.
«Egocentrico»
esclamò all’improvviso Remus «Sei… molto egocentrico: dopotutto il pormi questa
domanda ne è la prova…»
Potter
parve soppesare la risposta del compagno indeciso se prenderlo come un’offesa o
un complimento; alla fine si arrese al fatto che era la pura verità.
«E
poi?» fece con più brama di prima, suscitando il riso del Mannaro.
«Mmh…
poi… sei… Furbo, subdolamente furbo…»
«Si…
diciamo che faccio del mio meglio…» asserì lui ripensando a tutti gli scherzi
che aveva attuato attraverso i suoi geniali e furbi piani.
«E
vanitoso… esasperatamente vanitoso!» continuò Remus, che ora ci stava veramente
prendendo gusto nel fare quella divertente descrizione.
«Vanitoso?
Tu dici?» e con finta modestia si voltò verso lo specchio della stanza
ammirando la sua immagine riflesse e impreziosita dalla luce della Luna.
«Dico e
ribadisco!» confermò l’altro e i due scoppiarono a ridere senza curarsi del
fatto che non erano soli nella stanza; fortunatamente quella notte Sirius e
Peter avevano il sonno pensante.
Quando
si furono ripresi e ricomposti, James lanciò un altro sguardo indagatore sul
compagno chiedendogli di continuare.
«Sei il
trascinatore del gruppo: in alcuni casi la tua assenza si sente molto nel
gruppo…»
«Dici?»
chiese lui stavolta realmente sorpreso.
«Certo!
Sei un punto di rifermento e quando manchi si nota moltissimo l’assenza,
credimi…» confermò lui ed un nuovo sorriso – vanitoso, ma anche genuinamente
felice – comparve sul volto di Ramoso.
Andarono
avanti così fino alle 5:00 ed uscirono caratteristiche come orgoglioso,
strafottente, simpatico, ancora vanitoso, geniale, ancora
vanitoso e – e qui Remus ci tenne a sottolineare in modo particolare
la cosa – fissato con la Evans.
«E quella
sarebbe una caratteristica?»
«Certo!
Quella che ti contraddistingue dal resto della marmaglia di studenti di
Hogwarts… Dove lo troviamo un altro fissato a tal punto da chiedere anche 3
volte al giorno di uscire alla stessa persona? Sei il solo… fortunatamente per
Lily!»
«In
effetti… non unico anche sotto questo punto di vista»
Ecco.
Bisognava ancora ribadire il “vanitoso”? Probabilmente sì…
Remus
cominciava a chiedersi come potesse essere il cervo l’animale in cui si era
trasformato James: ci vedeva così bene un pavone…
«Penso
che possa bastare…» disse ad un tratto Potter soddisfatto «Penso che
bisognerebbe stilare un bell’elenco… così magari lo si continua a mente fresca
senza dimenticare i punti già marcati» propose.
L’ha presa proprio sul serio, eh? pensò il mannaro scuotendo la testa con
un sorriso.
«E
sentiamo quale sarebbe il titolo della pergamena? “Cento motivi per essere
James?» scherzò.
«Ma… ma
è perfetto! Remus, sei un genio! Ovviamente non al mio livello, ma sei sulla
buona strada: ti basterebbe qualche lezioncina… e potresti ottenere degli
ottimi risultati!»
Ok,
questo era il colmo: vedere fino a che punto James potesse gonfiarsi – e non
solo in senso metaforico, visto che il suo petto si era realmente ingrossato –
era una delle aspirazioni a cui Lupin propri non puntava.
«Va
bene professor Potter, ora però torni nel suo letto: alla lezione e la pergamena da compilare ci
penseremo domani, ok?»
L’altro
annuì fin troppo convinto e tornò nel suo letto, mentre Remus pregava – in
realtà già rassegnato – che domani il ragazzo avesse dimenticato tutto.
Sono in ritardo, sono in ritardo, sono in
ritardo! Maledetto Potter e le sue domande notturne di vitale importanza! Se
salto la colazione, giuro che lui non la vedrà per un mese!
Remus
correva per i corridoi con il colletto della camicia tutti stropicciato e la
cravatta ancora in una mano: dopo la chiacchierata notturna con James, il sonno
l’aveva preso immediatamente e, complice la scorsa notte passata a girare nella
Foresta Proibita, quando si era svegliato si era accorto di essere in netto
ritardo e che in più i suoi compagni non l’avevano svegliato, ma si erano
limitati a lasciargli un biglietto in cui dicevano di essersi presi la
premura di non svegliarlo perché dormiva troppo bene, accollandosi inoltre
la responsabilità
di giustificarlo con i professori della prime ore che sicuramente lo avrebbero
compreso.
Ramoso non sapeva averla stanotte la premura di non svegliarmi?! Si chiese irritato mentre correva lungo
il corridoio del primo piano.
Mentre
correva urtò con la spalla uno studente che giungeva da un corridoio laterale e
che per poco non cadde a terra per l’urto. Rem si fermò per vedere quanti danni
avesse fatto la sua corsa.
«Mi
spiace, tutto ok?» chiese prima di accorgersi chi aveva urtato.
«Benissimo,
Lupin… prima di incontrare te!»
Davanti
al Grifondoro c’era un Severus con il suo solito colorito olivastro ed i
capelli unticci che lo guardava biecamente. In breve gli si avvicinarono tre
compagni del suo stesso anni, anch’essi Serpeverde.
«Scusa
Piton, andavo di fretta: sono in ritardo per la colazione» fece lui cercando di
ignorare la tensione che stava cominciando ad avvolgere l’aria.
«Oh! Il
caro, piccolo Lupin è in ritardo! Prendi nota Wilshare: sarà la prima volta da
quando è qui!» ridacchiò il Serpeverde «Ma visto che ci sei e che ormai sei in
ritardo, perché non facciamo un bel discorsetto?» chiese sempre con quel ghigno
maligno sul volto.
Remus
parve titubante: conosceva tutto l’odio che Piton provava nei loro confronti,
soprattutto verso James e Sirius e aveva la netta sensazione che quella
chiacchierata si sarebbe trasformata in una specie di vendetta.
«Di che
vuoi parlare?» chiese sulla difensiva.
«Di
questo!» e con un cenno Piton diede ordine a due dei Serpeverde che erano con
lui di afferrargli le braccia.
In poco
Remus, nonostante la forza del Mannaro, si ritrovò in ginocchio; Severus gli
era di fronte, nello sguardo una gioia perversa che gli fece venire i brividi:
il Serpeverde stava per ottenere la sua vendetta.
Il
pugno arrivò con tutta la sua forza, dritto nello stomaco proprio nel punto in
cui ancora li doleva uno dei, fortunatamente pochi, lividi della precedente
Luna. La testa gli girò all’improvviso e suo malgrado, sarebbe sbattuto a terra
se a sorreggerlo non ci fossero stati i due grossi amici di Piton.
«Questo
è per tutto ciò che i tuoi cari amici mi fanno sopportare ogni giorno!» gli
urlò contro, quasi folle mentre gli mollava un altro pugno, stavolta diretto al
volto.
Remus
sentì l’abituale sapore metallico del ferro in bocca: con molta probabilità gli
si era spaccato il labbro.
Fantastico rifletté stranamente distaccato a tutte le ferite che non mi sono procurato
durante la trasformazione, sta pensando il caro Sev!
«Io vi
odio! Vi odio!» ripeteva Piton, colpendo il corpo del mannaro con dei calci.
«Viscida
serpe! Giù le mani dal nostro Lunastorta!» gridò una voce dal fondo del
corridoio e in un attimo a sostenere il Mannaro non erano più due Serpeverdi,
bensì Peter e Sirius, mentre James guardava con aria torva la combriccola a cui
capo faceva Mocciosus.
«Codardo!
Te la sai prendere solo con chi sai che non alzerebbe mai un dito su di te?!»
gli urlò contro livido di rabbia.
«E in
più eravate 4 contro uno…» continuò Sirius, mentre risollevava Rem «Siete la
vera e propria feccia magica!»
I
Serpeverde rimasero in silenzio, mentre Lupin rassicurava Minus sulle sue
condizione e con gli occhi cercava di placare gli istinti omicidi di Potter e
Black; quest’ultimo però scattò in avanti facendo fare un passo indietro agli
avversari.
«Mocciosus,
tu il conto ce l’hai in sospeso con me e con James… non ti azzardare mai più a
toccare Remus, chiaro?»
«Altrimenti?»
ebbe il coraggio di chiedere Piton.
«Beh,
prenota già una camera al San Mungo!» controbatté Black, al limite.
Potter
gli posò una mano sulla spalla, accogliendo, finalmente le mute richieste di
Remus di bloccarlo.
«Vuoi
saperla una cosa, Piton? La tua è tutta invidia!» disse serio come in
pochissime altre occasioni.
I
Serpeverde lo guardarono come se fosse impazzito.
«Invidia»
ripeté sicuro quello «Perché voi non sarete mai puri e semplici come Remus,
neanche se nasceste di nuovo! C’è qualcosa in lui che voi non avrete mai! E ha
imparato cose lui, che voi non saprete, mai; portategli rispetto!» gridò e
nessuno osò fiatare stavolta «Ora sparite: la vostra vista mi disgusta!»
I
quattro ragazzi, nonostante fosse un duro colpo per il loro orgoglio, dovettero
fuggire via: un James Potter così non l’avevano mai visto… e – dura da
ammettere – faceva davvero paura.
Da
parte sua Remus si sentì gonfiare il petto dall’orgoglio proprio come il
giovane Potter quella notte; era come se tutte le ferite si fossero risanate in
una sola volta, grazie al suo intervento.
«Stai
bene?» chiese improvvisamente preoccupato.
«Ora
sì…» rispose lui con un sorriso.
«Allora
andiamo: ci aspetta la colazione!» gridò allegro Peter e tutti scoppiarono a
ridere.
«Ah,
James?» chiamò il Mannaro mentre scendevano le scale «Per quanto riguarda il
discorso di stanotte… potrei anche dimenticare i cento motivi per essere James…
a me ne basta uno: questo!»
LO
SPAZIO DELL’AUTRICE
Ennesima
One-Shot che scrivo su questo fandom… Ma questa ha un importanza tutta sua! Perché
è scritta per il compleanno (anche se la pubblico con un giorno di ritardo)
della mia sorellina malandrina, MissProngs… e quindi chi poteva avere come
protagonista se non James, in tutto il suo splendore???
Devo
dire che quest’idea è nata in un modo del tutto particolare: infatti, uno di
questo giorni, MissProngs mi ha davvero fatto la domanda che James porge a
Remus nella storia, o meglio, mi ha chiesto in che cosa lei somiglia al caro
Potter ed io (da perfetta Moony del gruppo), dopo qualche secondo di
smarrimento, ho cominciato a fare tutto un elenco di aggettivi… Per questo
quando la Felpato del gruppo mi ha detto che sarebbe stato carino allegare al
regalo una ff scritta da me, mi si è accesa subito una lampadina… ululante XD
Questo
è il – credo pessimo – risultato della mia genialità… Che ve ne pare??
Ringrazio
in anticipo i temerari che la leggeranno e quelli ancora più coraggiosi che
recensiranno o metteranno fra preferite/ricordate…
Un
bacione a tutti… alla prossima (“a mai più!” nt d lettori)
La
vostra Alchimista <3<3