Che dire?
Questo è un tema scolastico che ho fatto
l'anno scorso (primo anno di liceo classico) come compito per le vacanze di
Pasqua ma che il mio professore non mi ha mai ritirato. Si tratta dell'ultimo
duello tra Ettore e Achille, visto dagli occhi di Ettore. Così, per avere
un giudizio esterno, ho pensato di postarlo... l'ho ricopiato uguale identico,
senza correggere praticamente nulla. Spero che vi piaccia, anche se era solo un
tema...lasciate un commentino, please! Secondo voi che voto avrei preso??
Tua moglie voleva che tu restassi...
Potevi restare e non l’hai fatto. Tuo padre urla dalle mura, tua madre
piange. Andromaca, dov’è?
Forse ancora non sa niente. Forse è nella casa, forse lavora con le ancelle,
forse gioca col vostro figlio piccolo.
Ti mancherà nell’Ade. Forse lei più di tutti, più di tua madre, più del
padre.
E tuo figlio, ti mancherà. Dei, avresti voluto vederlo crescere…
L’hai amata. Hai amato lei, hai amato tuo figlio, il padre e la madre, che
hai onorato perché tu solo, principe troiano, difendevi Troia.
Vorresti rivederla… ma no, non c’è più tempo: stai per morire. Ne sei
consapevole come del fatto che il cielo è azzurro e che il fuoco scotta, come di
queste tue mani.
Morirai sotto Troia e Achille ti seguirà, perché questo è il vostro destino.
Patroclo te lo predisse e tu lo ascoltasti, ne ridesti, lo disprezzasti, non gli
credesti. Se solo gli avessi dato ascolto…
E ora sei qui, e paghi il giusto prezzo della tua vigliaccheria: perché
trafiggesti un uomo ferito…
Sei un pavido, principe troiano?
No; tu che difendesti Troia, col tuo coraggio e la tua forza, non tu, che
l’hai protetta dalla follia di tuo fratello…
No, non sei un vigliacco, domatore di cavalli. E allora perché corri, perché
scappi?
Perché scappi da Achille, dal tuo assassino? Perché non lo affronti a testa
alta, tu figlio di Ilio, con l’orgoglio della tua gente e dei tuoi padri?
Ti fermi.
Scappare non ti servirà perché morirai oggi, lontano dalla tua casa, lontano
dal tuo letto, dalla tua sposa, da tutto ciò che di caro hai avuto – o hai- al
mondo.
Lascia che Achille si vendichi, principe di Troia. Di te si vendicherà, che
gli hai ucciso il compagno: ti ucciderà e non hai speranze, perché lui è molto
più forte di te.
Achille attacca e tu schivi: per un attimo, il tuo riflesso ti dà speranza,
forse hai ancora una possibilità…
E la tua lancia che colpisce il suo scudo infrange la tua speranza: morirai.
Sei solo, disarmato, ed egli è furioso…
Il collo.
La gola.
È scoperta.
E là ti colpisce il figlio di Teti, là ti trafigge con la lancia.
E con la forza della disperazione, ti ritrovi a implorarlo. Tu, orgoglioso
figlio della rocca, che implori un uomo… e non un uomo qualunque, ma il tuo
assassino e dei tuoi fratelli, il nemico della patria, che tanti forti e
orgogliosi giovani ha ucciso: quanti ne hai visti morire?
Ma non c’è più orgoglio, né fierezza nella morte o nella lancia che ti
trafigge la gola. Ormai niente hai più da perdere nell’implorarlo: che Ecuba ti
pianga su un letto cosparso di fiori, forse almeno questo lo permetterà…
Ma la sua risposta è crudele e furiosa: cosa importa a lui di tua madre che
piange lassù, sull’alta rocca? Cosa importa a lui della tua sposa che non più
rivedrà il suo uomo?
E adesso basta, non c’è più tempo, non più per pensare: va’ via da questa
terra, bel principe di Troia, e che la morte ti porti la pace.