Pranzo al Grande Tempio
IL PRANZO DI MEZZA ESTATE
mezzogiorno di quell’afoso giorno
il sole riusciva pure a rendere incandescenti le gradinate che conducevano al
Grande Tempio, ma l’usanza del pranzo di mezza estate non venne dimenticata.
Così il Grande Sacerdote invitò tutti
i Gold Saint a pranzare con lui nel suo grande salone: sul biglietto d’invito
aveva anche aggiunto che non avrebbero dovuto portare le loro pesanti armature.
I primi ad
arrivare furono, come al solito, Aiolia e Milo, che avevano già preso posto a
tavola: non tardarono ad arrivare Aldebaran e Mu, poi Saga e Kanon e così via.
Mancavano pochi minuti all’una ed ancora una volta Camus era l’unico che
mancava.
- Ma dove si sarà cacciato quell’uomo? – continuava a ripetere stizzito
DeathMask. – Maledizione, ho fame! - .
- Abbia pazienza – scattò immediatamente Aiolia. – Sai bene che a Camus
non piace uscire sotto il sole cocente. Sarà rimasto a casa sua - .
Aprhodite rise piano. – Oppure si è sciolto come un ghiacciolo - .
Risate generali, a cui naturalmente Milo non prese parte.
- Non è salito con te, Milo? – gli chiese Kanon.
- No. Non l’ho visto - .
Il Grande Sacerdote si intratteneva a capotavola con Lady Isabel, che
però lanciava ad intervalli regolari delle occhiate ai Gold Saint che, in
piedi, stavano discutendo amichevolmente.
- Arriverà – disse Shaka.
Shura alzò gli occhi al soffitto, accomodandosi a tavola. – E pensare
che sta all’undicesima casa. Per fortuna! - .
Finalmente, proprio quando Shura finì di parlare, Camus apparve e fece
la sua solita entrata misteriosa nella stanza: vestiva un vistoso completo nero
e portava dei piccolissimi occhiali da lettura con una montatura così fine che
era quasi invisibile: sotto braccio aveva un pesante volume di fisica.
- O, eccoti! – esclamò Mur al suo arrivo.
Il Grande Sacerdote e Lady Isabel si voltarono e rimasero a guardare
senza dire nulla, anche quando i
Cavalieri, come una mandria di buoi, si avventarono sull’appena arrivato: a
Camus venne quasi voglia di scappare via appena vide che Milo si era lanciato
alla carica per raggiungerlo prima degli altri.
- Camus, Camus! – strillò Milo tutto felice ed esibendo uno di quei
suoi soliti sorrisini che mettevano allegria a tutti. Gli si lanciò
letteralmente addosso facendogli cadere di mano il prezioso libro di fisica:
insomma, si sentì obbligato a ricambiare quell’intimo abbraccio. Ciononostante
non cercò nemmeno di esibire un sorriso e restò composto e serio.
- Camus, sei sempre l’ultimo – gli disse Aiolia.
- Stavo... - .
- ...studiando? – finì per lui Milo, che ancora gli stava
appiccicatissimo. – O Camus, è per questo che ti voglio bene!! – Lo abbracciò
di nuovo, questa volta quasi rischiando di soffocarlo.
Gli altri Cavalieri risero a quella buffa scena.
- Forza, a tavola! – annunciò Aldebaran, sempre borioso e pimpante.
Camus ebbe appena il tempo di raccogliere il suo libro e di sistemarsi
la cravatta che Milo lo prese per la mano e lo accompagnò a sedersi di fianco a
lui.
- Tu stai qui, sì, vicino a me! - .
- Milo, io... - .
- O, non fare complimenti – lo zittì l’amico.
Gli altri Cavalieri fecero un po’ di baccano a scegliere i posti: tutti
volevano stare di fianco a Milo, ma alla fine si accaparrò il posto Kanon; di
fianco a Camus, invece, si sedette silenziosamente Mur.
Shura e DeathMask invece stavano ancora litigando.
- Figa, figa! – ripetava Shura. – Io voglio stare vicino ad Aiolia!
Io!... - .
- No! Io! – ribatteva l’altro. Alla fin fine Shura conquistò il posto e
lo sventurato DeathMask dovette sedersi di fianco ad Aphrodite.
Il Grande Sacerdote e Lady Isabel erano uno di fianco all’altra, a
capotavola, e di fianco a loro si misero rispettivamente Dohko e Shaka.
Milo era felicissimo. – Che bello, si mangia! Camus! - Rubò dalle mani
di Camus il libro di fisica, lo mise sotto la sua sedia ed infine spostò quest’ultima
più vicino a quella dell’amico: poi, senza pensare molto, prese Kanon per la
camicia e lo spinse vicino a lui, in modo da poter cingere le spalle a tutti e
due. – Sì che bello! Camus! Kanon! Non siete felici?? - .
I due si guardarono, condividendo le stesse sensazioni (Ma cosa si è
bevuto Milo?), poi fu Kanon a prendere la parola:
- Certo Milo – Da un po’ più lontano (da lontanissimo, diciamo la
verità), il fratello Saga lo guardava severamente e con un cipiglio minaccioso.
Per alcuni secondi regnò un parlottare fastidiosissimo, poi il Grande
Sacerdote richiamò l’attenzione battendo la forchetta sul suo bicchiere di
cristallo:
- Benvenuti Cavalieri – incominciò a dire. – Sono lieto che abbiate
accettato il mio invito. Come ogni anno, non mi sono certo dimenticato
dell’usuale pranzo di mezza estate. Lascio la parola a Saori – Si riaccomodò ed
invece la Dea Atena si alzò: i Cavalieri ora avevano occhi solo per lei.
- Salve Cavalieri. Questo pranzo non è sufficiente a ripagare tutti i
servigi che fate a me ed al Grande Sacerdote, ma con esso voglio rendervi
partecipi della mia riconoscenza nei vostri confronti. Spero che sia di vostro
gradimento - .
Si riaccomodò accompagnata dagli applausi e dai ringraziamente dei
tredici Cavalieri.
Appena i maggiordomi comparvero da dietro le sontuose tende rosse con
in mano portate e bottiglie di vino, si levò un boato dall’intera tavolata:
- Evviva! Si mangia! – gridava entusiasta Aldebaran.
- A me il pollo, a me! – diceva invece Aiolia, sventolando in aria le
mani.
- C’è pesce?? C’è anche del pesce?? – ululava invece Aphrodite.
Appena le portate furono servite, tutti si avventarono sul proprio
piatto come un branco di lupi affamati: ci si scambiavano sguardi e cenni, come
per dire: “Uhm, buona ‘sta carne”, “Delizioso il pollo”, eccetera eccetera.
E mentre si mangiava e si discuteva animatamente, Milo lanciava
occhiate feline al caro amico Camus, che non si scomponeva nemmeno a mangiare.
Maledizione! Fece correre la mano sotto alla tovaglia per andare ad accarezzare
la gamba sinistra di Camus, e quello stralunando gli occhi si bloccò con la
forchetta in bocca e la schiena drittissima: Mur e Kanon, che erano i più
vicini, non ci fecero caso.
- Ma perché sei venuto così vestito? – gli chiedeva insistentemente
Milo. – Eh? Eh? Fa un pochino caldo per un completo così pesante? Non hai
caldo? Eh? Non senti?... - .
Camus contenne a stento il nervosismo che gli stava salendo al cervello
ed allontanò l’agile mano dell’amico che giocherellava con la camicia e con la
cintura. - Milo, piantala. Non è il caso di... - .
- Uf, lasciati un po’ andare. Ecco – Si sporse e gli sbottonò la giacca
per poi toglierla dalle spalle dell’amico. – O, così stai meglio - .
- Milo! - .
- Che c’è? - .
- Mangia e taci - .
Finì così la discussione. Milo ritornò composto a mangiare il suo
arrosto ma si sentiva un po’ deluso da quelle reazioni così nevrotiche di
Camus. Insomma, in mezzo a tutte quelle persone si sentiva la temperatura
salire: doveva... doveva trovare più contatti, più contatti!!
Kanon, che aveva seguito la scena per alcuni tratti, sorrise un poco,
si pulì la bocca con il suo tovagliolo e si sporse verso Milo. – Milo? - .
Milo si voltò.
- Non devi sentirti così deluso. Se qui Camus non vuole, non vuole e
basta - .
A quelle parole l’istinto del Cavaliere dello Scorpione si riaccese. -
Che cosa vai a sottintendere? – chiese.
Silenzio tra i due: il parlottare copriva benissimo le loro parole.
- Avanti, sono un greco – fu la risposta di Kanon. Lanciò un’occhiata a
Camus, poi ritornò a guardare Milo. – Insomma, si nota - .
Milo restò un momento lì, sulle difensive, poi però sbuffò e sorrise
come sempre faceva in quelle circostanze: – Mah, mi sa che noi dobbiamo
scambiarci due chiacchere dopo - .
Quando si finì di mangiare e quando erano
iniziate le solite partite di poker tra i convitati (Shura e DeathMask erano i
re indiscussi), Milo prese Kanon per un braccio e senza fare caso all’occhiata
che Camus gli aveva rivolto scattò via dal tavolo trascinandosi dietro il
Cavaliere.
I due si
appartarono dietro una delle enormi tende rosse: lì la luce filtrava poco ed il
parlottare non era così fastidioso.
- Insomma, si nota – incominciò Kanon, - e ti dico io, è inutile
provarci se l’altro non vuole. Lo innervosisci ancora di più - .
- Scusami la domanda, ma che ne sai tu? – Quell’occhiata di Milo
iniziava ad incutere un certo timore. – Non dirmi che tu e Saga?... - .
- Non sparare stronzate – lo fermò acidamente Kanon. – è da mesi che non ci parlo. Figuriamoci
- .
Milo sembrò deluso da quella risposta. – Ah – disse solamente. – Ora
capisco perché nella casa dei Gemelli i bagni sono divisi – Si fece scappare
dei risolini mentre l’altro lo guardava con un sorrisino malizioso stampato sul
volto. Fu proprio quest’ultimo a prendere la parola per primo:
- Allora, caro il mio greco, hai capito? - .
- Cosa dovrei capire? - .
- Come cosa dovresti capire? – Iniziò così un lunghissimo e noiosissimo
discorso di cui Milo perse subito il filo: però alla fine, per Kanon, risultava
che lui avesse ben inteso.
- Sì sì, va bene – diceva in continuazione Milo. – Veramente molto
interessante. Grazie Kanny – Lo abbracciò forte e gli stuzzicò un momento la
cravatta: Kanon lo lasciò fare. Alla fine Milo si allontanò; insomma, si
allontanò appena in tempo per non essere scoperto da Shura, che aveva tirato un
momento la tenda per “entrare” anche lui in quel posticino intimo.
- Come? – disse. – Siete qui e non mi avete avvisato? Ero preoccupato
per voi - .
- O, senti cosa dice lo spagnolo! – scattò subito Milo, prendendolo per
la camicia e tirandolo verso di sé. – Mica te lo mangio, sai? – .
- Chi? - .
- O cosa, Shura: sai, dipende... – Lasciò in sospeso la frase per poter
assaporare tutte le facce che esibì lo spagnolo a quella frase.
- Milo, che schifo! – disse poi. Fece per allontanarsi ma Kanon gli
ostacolò l’uscita: Shura era in trappola, ora.
- O, chi abbiamo qui? – Dalla tenda sopraggiunse anche Aiolia, rosso in
viso per il troppo vino che aveva bevuto. – Tutti qui? Ed io manco? – Guardò un
momento i tre Cavalieri. – O, uno spagnolo e due greci... tre, con me... che
bella compagnia - .
- No, non me! Ragazzi, avete bevuto! – strillò il povero Shura, -
Fig!... – Non riuscì nemmeno ad imprecare perché i tre gli balzarono addosso
come un branco di leonesse a caccia.
E mentre dietro la tenda c’era quel ben di Dio (scusate il termine), a
Camus in quel rumore erano scattati i nervi e si era rifugiato praticamente in
fondo alla sala con il suo amato libro di fisica: non era minimamente
interessato a dove si fosse cacciato Milo.
Con lui però, a fargli compagnia (...) c’era Mur, che non parlava, era
silenzioso, garbato, era eccezionale!
Quindi, stranamente, fu Camus ad attaccare il discorso: - Perché non
vai con gli altri? - .
- Uhm, non sopporto la loro villanità. Preferisco la calma - .
Silenzio.
- Sai dov’è Shaka? – chiese Camus.
- Se n’è già andato. Cioè, è fuori a parlare con Saori – Mur gli
sorrise dolcemente e si sporse per vedere cosa stesse leggendo:
- O, fisica – disse, un po’ stupito.
- Non ti piace? - .
- La adoro – fu la risposta.
Camus spalancò istintivamente gli occhi. – Veramente? Allora mi
dovresti aiutare a risolvere un piccolo problema... – .
E mentre i due discutono di una materia incomprensibile ai normali
essere umani, ritorniamo velocemente ai quattro Cavalieri che si erano appartati
dietro la tenda: Shura lottava con tutte le forze per allontanare da sé quei
villani rinciviliti, che facevano di tutto per strappargli di dosso i vestiti.
Riuscì nell’impresa e fu scaraventò fuori dalle tenda con tutti i vestiti
stropicciati ed i capelli spettinati. Nessuno ci fece caso.
Milo, Aiolia e Kanon, intanto, scoppiarono a ridere a crepapelle
soreggendosi a vicenda per non cadere a terra.
- Ah, avete visto le facce che faceva?? – diceva tra le risa Kanon.
- Ah, era spaventatissimo! – aggiunse Milo.
Aiolia annuì. – Sì! Sì! E tutto rosso in viso!! - .
Insomma, il dopo pranzo proseguì con altri
episodi simili e, quando il tramonto incominciò ad infuocare l’orizzonte, tutti
i Cavalieri tornarono a casa più o meno felici di come il pranzo di mezza
estate, quell’anno, fosse andato.
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