My
heart will go on.
Ricordi
annebbiati di un tempo in cui eri mia.
Ricordi ormai lontani e lancinanti, a cui mi impedisco di pensare.
Non pensarci, perché pensarci fa solo male, e questo non ti riporterà da me… tu
ormai non ci sei più. E mai più tornerai.
Ma
come dimenticare, come dimenticare quando ti stringevo tra le mie mani… sempre
bellissima, bella in ogni momento, splendida. E ora, non più. Niente della tua
figura è rimasto. Niente.
Per
tutti, per tutti quanti, io ero un Sanzo Hoshi. L’inarrivabile,
irraggiungibile, compassato Genjo Sanzo Hoshi. Ma per te no. Con te non era
possibile essere qualcuno di diverso; tu per tua natura eri uguale con tutti.
Io ero come tutti quelli prima di me erano stati. Era doloroso, ma in qualche
modo avvertivo un senso di bruciante giustizia.
E così, tu con me lo eri come con tutti, non c’era un trattamento speciale con
me, nulla di esclusivo, ma questo, nonostante un vago senso di… gelosia?, non
mi infastidiva. Era nuovo. Tutti mi trattano come da un gradino più in basso;
tu non lo facevi.
Eppure,
da quand’è che io e te avevamo cominciato ad avere un rapporto privilegiato?
Io
non ti conosco, non so come avessi potuto essere insieme agli altri; eppure
intuivo che quello che c’era tra di noi era qualcosa di particolare. Quella
sensazione insita dentro che mi dava un senso di fiducia, qualcosa che io mi
ripetevo in testa “No, non è possibile”, ma che mi diceva che… tu eri quella
per me.
E
questo ha reso doloroso lo stacco. Incredibilmente doloroso. Straziante.
Mortale.
Come
in un fotogramma, ogni notte, impresso a fuoco nella mia mente, e scorre, uno e
dopo un altro, e rivedo con crudele perfezione il momento in cui ti hanno
strappata via da me.
Contrapposti,
i momenti che amaramente riaffiorano alla mia mente senza che io voglia, dolci
ricordi di quando stavo a letto senza pensare a niente… la mia mente vagava nel
vuoto, e finalmente mi sentivo quasi in pace. Tu eri lì al mio fianco, che
facevi capolino tra le lenzuola. Nessuno immaginava potessi essere lì, era insolito,
posso essere d’accordo su questo punto, ma in fondo, cosa ne potevano capire
gli altri? Tu mi davi sicurezza. Allungare la mano e accarezzarti… mi capitava
solo quando davvero non pensavo a nulla, con lo sguardo perso nel vuoto… ma era
bello. E poi io… ti amavo.
E
con vivida violenza, lo stacco. Il momento che più è impresso a fuoco nei miei
pensieri. Non avrei mai creduto che sarebbe successa una cosa simile, eri tutto
per me, eri la mia sicurezza, eri l’unica di cui mi potessi fidare, eppure mi
sei scivolata tra le dita.
Dopo del tempo, ancora quell’immagine davanti ai miei occhi: tu che cadi. E io…
che non riesco a proteggerti. Mi sporgo precipitosamente sul bilico del
precipizio, tendo le braccia, cerco di afferrarti… eppure… non riesco a
prenderti.
-
No… -
-
Sanzo?! –
-
Non è possibile…! –
-
Sanzo! Sanzo, fermati! Stai calmo! –
-
LASCIAMI ANDARE! –
Le
braccia forti di Gojyo che non mollano la presa.
-
Calmati, Sanzo! Non c’è più nulla da fare, lo capisci?! –
-
LO SO! –
respingo chiunque mi trattenga con violenza. Rimango fermo. E poi… chinando la
testa, me ne vado, nel silenzio gelido degli astanti.
Genjo Sanzo non piange. Il mio volto in quel momento era asciutto e duro, e non
potevo permettermi di crollare.
Però
nell’oscurità della mia stanza, chiusi la porta, cercai di trattenermi, ma
crollai sul letto con la testa fra le mani. E piansi.
La
fase che seguì fu un inferno. Era un incubo, era irreale, era impensabile.
Eppure
ora, di notte, quando mi sveglio, allungo il braccio e non ci sei più.
E
questo è più doloroso di ogni ricordo, ormai privo di significato.
Lo
sguardo assente, il mutismo cronico. Gli altri non mi parlavano.
A volte vengono colti da lapsus e ti nominano; subito dopo, nel silenzio più
totale, consci di avere toccato un tasto dolente, cambiano frettolosamente
argomento.
Loro…
non potranno mai capire.
Il
primo periodo senza te fu pessimo.
Il declino verso la rovina non mi era mai sembrato così in pendenza.
Fino
al giorno in cui lo feci. Non pensavo a niente. Stavo male e basta. Presi la scatola,
svitai il tappo, inghiottii. E ancora, e ancora.
-
Intossicazione alimentare. –
Furono
le prime parole che sentii, mentre mi risvegliavo sotto la fredda luce
dell’ospedale. Gli altri evitavano di guardarmi in faccia, ma io capivo cosa
pensassero fin troppo bene. Gojyo era incazzato per i popcorn. Goku per il
burro di arachidi. Hakkai non sapeva cosa fare.
-
Vai a fare la spesa. –
gli
suggerii allora emettendo delle parole da molto tempo a quella parte. Tanto che
non obiettò e accolse il consiglio.
Quell’incidente
mi ha provato. Non solo nel senso che ora non riesco neanche a vedere popcorn o
burro d’arachidi senza che mi venga la nausea; era qualcosa che segnava la
crisi. O era la fine di una fase, o era l’inizio della fine.
Ci pensai a lungo, steso in quel letto, e alla fine capii. Capii che quello che
stavo facendo era solo il pallido riflesso di quello che avevo pensato tempo
addietro…
Scelsi quell’arma
perché in ogni momento avrei potuto puntarmela alla tempia.
Ma
ora che non c’eri più… non aveva senso.
Dovevo
continuare a vivere.
E
farlo anche per te.
Da
allora, sto un poco meglio. Diciamo che mi sono leggermente ripreso, da quando
ho capito il messaggio che mi hai voluto mandare quel giorno.
Gli
altri se ne accorgono, così l’atmosfera è meno tesa. Si danno anche da fare per
tirarmene fuori… ma senza successo. Me ne additano di nuove. Delicatamente, me
le presentano. Io li guardo gelido, loro capiscono e desistono.
Un giorno, sì, un giorno sarò pronto ad amare ancora. Un giorno la vedrò e dirò
“è lei”, un giorno ne troverò un’altra, che non sarà mai te, ma la troverò.
Ma
ora è troppo presto per me. Anche se…
Un
giorno camminavamo vicino a dei negozi.
-
Sanzo… guarda! –
esclamò
Goku, meravigliato.
-
Cosa? –
-
…non la vedi? È lei! È identica! –
e
la additò. Era vero. Ti assomigliava. Era il tuo riflesso nello specchio, una
goccia d’acqua; provai una fitta al cuore e un senso pungente di nostalgia.
-
…non è lei… -
riuscii
a mormorare.
-
Ma sì, ti dico… -
-
Non è la stessa cosa. -
e allora si zittì. Le lanciai un’ultima occhiata.
Non
avrebbe mai preso il tuo posto, nel mio cuore. Era la tua ombra perfetta, il
tuo fulgido riflesso, ma sempre un’ombra e sempre un riflesso.
Però…
però ora è il momento, e tenendo bene presente questo saldo sentimento dentro
di me, sarò pronto. In effetti, è la soluzione migliore per tutti; gli altri mi
lasciano fare, ma hanno capito, e ormai anch’io sono deciso, perciò è destino
che finirà così.
Tu non ci sei più, e io devo andare avanti.
Con
sguardo apparentemente noncurante, fisso la vetrina, e faccio il passo decisivo
verso la porta.
Però,
mia amata, nessun’altra Smith & Wesson potrà mai sostituirti.
Nel
mio cuore, tu, la prima e l’unica, la mia Shoreijyu.