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25. The Choice
“Choice” disse
Vermouth, con voce tanto dolce quanto minacciosa.
“Chi vuoi salvare, Cool Guy? Time’s over. Make your choice…or
they’ll both die.”
La donna fissava
intensamente Kudo senza batter ciglio, un sorriso tenero sulle labbra rosso
rubino che non si estendeva ai suoi occhi, freddi e temibili. La pistola era
puntata alla tempia di Mouri, ma Ai sapeva bene che se avesse fatto anche un
minimo movimento l’avrebbe centrata in pieno una pallottola sparata da quella
stessa arma. Vermouth era una tiratrice eccezionale, l’aveva vista colpire
bersagli ad una distanza considerata impossibile per chiunque altro. Dunque, la
pistola che lei stessa impugnava nella mano lungo il fianco era pressoché
inutile: se solo si fosse azzardata a puntarla, si sarebbe ritrovata stesa a
terra. Sospirò, lo sguardo che passava dalla nuca di Kudo al viso teso e ansioso
della sua ragazza, e un sorriso amaro le increspò le labbra: forse non era stata
una grande idea invitare Mouri a unirsi a loro per quella bella serata. Sperava
che Kudo se ne accorgesse prima, e che nel tentativo di salvarla e starle
accanto lasciasse a lei campo libero per la sua vendetta contro Gin. Invece, le
cose non erano andate come sperava: alla fine non era riuscita a uccidere il
bastardo, per quanto lo odiasse, per quanto desiderasse fargliela pagare per
aver distrutto la sua famiglia. Per di più, aveva messo in grave pericolo
Kudo-kun, l’unico che le fosse stato di conforto da quando sua sorella se n’era
andata, e aveva spinto la brunetta nelle grinfie di uno dei membri più
pericolosi dell’Organizzazione. Non che avesse mai avuto rapporti con la donna
in questione, si conoscevano, certo, avevano parlato qualche volta…ma Ai aveva
capito subito che era una con cui non si doveva scherzare. Quella sua calma,
quell’aria di superiorità che aleggiava sempre intorno a lei, quella noncuranza
di tutto, come se si trattasse di un gioco, le avevano sempre fatto correre un
brivido gelido lungo la schiena, sebbene non l’avesse mai dato a vedere.
Vermouth era…fatale nella sua grazia. Tutta quell’eleganza, quella
raffinatezza, celavano un animo perfido e crudele. Ai avrebbe mille volte
preferito essere perseguitata da un assassino violento e brutale piuttosto che
da lei, con quei suoi modi delicati da signora. Sembrava avesse sempre tutto
sotto controllo, che nulla potesse spezzare quella sua maschera di tranquillità
e superiorità: era convinta che se anche un manipolo di agenti dell’FBI avessero
circondato la sua casa armati fino ai denti, Vermouth se ne sarebbe rimasta
seduta placidamente sul divano a sorseggiare un Martini. Si comportava come se
tutto il mondo fosse ai suoi piedi. Non che fosse stupida: conosceva i suoi
limiti, sapeva bene quando poter andare avanti e quando tirarsi indietro, ma
anche in ritirata riusciva a tenere la testa alta. Ai era sicura che fosse più
probabile vedere Kudo diventare un serial killer piuttosto che Chris Vineyard
alias Vermouth presa dal panico, magari perfino in lacrime. Lei non perdeva mai
il controllo.
Chi non ne era
spaventato era ovvio che non l’avesse mai guardata negli occhi. Un antico
proverbio dice che sono lo specchio dell’anima, ed è vero. Per quanto i suoi
modi fossero eleganti e quasi teneri, se voleva, in alcuni momenti nei suoi
occhi si poteva scorgere il suo vero io. Non durava molto, lei era un’abile
attrice, sapeva far riflettere in quegli specchi ciò che voleva. Ma c’era sempre
quell’istante, quel minimo lasso di tempo, in cui guardandola bene si poteva
scorgere la sua malignità, la scintilla sadica che albergava nei reconditi del
suo animo. Il riflesso di una donna disposta a tutto per ottenere ciò che
voleva, una donna che ricordava ogni sua singola uccisione senza il minimo
rammarico, ma solo un una punta di gelida soddisfazione.
Una donna di cui
aver paura.
Ad Ai venne la
pelle d’oca solo a pensarci. Fin da quando si erano strette la mano, in quella
sera di novembre di tanto tempo prima, aveva sperato che il proprio nome non
finisse mai sulla lista nera di quella donna.
Ma adesso era
certa che ci fosse, e marcato a fuoco, per di più. Ne era certa tanto quanto era
sicura della scelta di Kudo; lo stomaco le si attorcigliò dolorosamente al
pensiero, ma lo ignorò, come era abituata a fare con tutti i suoi sentimenti, e
si focalizzò sulla situazione: da una parte, c’era l’amore di tutta la sua vita,
la ragazza che aveva fatto breccia nel suo cuore probabilmente fin da quando
aveva per la prima volta posato i suoi occhioni innocenti su di lui. Dall’altra,
c’era una ragazza semi-sconosciuta, piombata nella sua vita non molto tempo
prima portandosi dietro un mare di complicazioni e pericoli, dopo aver inventato
la causa di tutti i suoi mali, nientemeno. Per quanto le avessero scaldato il
cuore le parole di Kudo di fronte a Gin, e per quanto fosse certa che il ragazzo
intendeva davvero ciò che le aveva detto, cosa che aveva fatto brillare una
piccola fiammella di speranza dentro di lei, sapeva che non sarebbe stata
scelta. Il sorriso amaro s’intensificò, mentre un groppo in gola le impediva
quasi di respirare: Kudo non ci avrebbe pensato su così a lungo se avesse saputo
che era stata lei a gettare la sua preziosa Mouri in quel pasticcio. Magari la
sua rabbia sarebbe stata tanta da abbandonarla, chissà. Anche se in un angolo
remoto di se stessa ne dubitava.
Sospirò: Vermouth
credeva davvero che Kudo avrebbe scelto di far morire qualcuno? Era un’illusa.
Qualcun altro doveva scegliere per lui, o sarebbero potuti rimanere lì in attesa
fino a farsi venire i capelli bianchi.
Fu con questa
consapevolezza che si decise: avrebbe alzato la pistola, così Vermouth le
avrebbe sparato, dando modo a Kudo di approfittarne e di buttarla a terra,
salvando la sua amata Mouri. Era un piano perfetto. In fondo, cosa le importava?
Non aveva mai fatto niente di buono nella vita, aveva lasciato che sua sorella
morisse nel desiderio di salvarla, non era stata in grado di vendicarla, e
adesso aveva anche messo in pericolo l’unico ragazzo che si fosse mai preso cura
di lei: se Mouri fosse morta, la sofferenza l’avrebbe distrutto, non poteva
permettere che accadesse. Né poteva far morire lui, non se lo sarebbe mai
perdonato. Se fosse stata lei quella colpita, sarebbe stato meglio per tutti.
E forse Kudo
l’avrebbe ricordata per sempre.
Strinse i denti e
cominciò a muovere il braccio, quando le parole che udì pronunciare da lui la
raggelarono. Non poteva credere alle sue orecchie.
“Ho fatto la mia
scelta,Vermouth”.
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“Choice” disse
Vermouth, con quella sua voce falsamente dolce che aveva imparato a temere. “Chi
vuoi salvare, Cool Guy? Time’s over.
Make your choice…or they’ll both die.”
Shinichi udì le
parole di Vermouth e qualcosa morì dentro di lui. Una scelta? Come poteva essere
così crudele e sadica da chiedergli di fare una cosa simile? La donna non gli
staccava gli occhi di dosso, una scintilla divertita negli occhi. Non li avrebbe
lasciati andare finché non si fosse deciso, non poteva evitarlo; e ormai aveva
perso la speranza che la polizia o chiunque altro accorresse in suo aiuto.
Era solo.
Solo e senza la
più pallida idea di come cavarsela. Anche volendo non avrebbe mai potuto
decidere a sangue freddo di far morire una delle due. Il suo sguardo si posò su
Ran, e una fitta dolorosa gli trafisse il petto: vederla catturata da Vermouth
era stato terribile, ma le sue parole di poco prima, pronunciate con così tanto
dolore e disperazione, l’avevano colpito nel profondo. Di certo aveva frainteso
la situazione, dato che non conosceva la storia di Ai, doveva aver creduto che
lui preferisse catturarla piuttosto che salvarla. Ancora adesso, Ran non lo
guardava, fissava un punto imprecisato del marciapiede, l’azzurro dei suoi occhi
più lucido e brillante, come se…
Come se si
stesse trattenendo dal piangere…
Lo odiava. Odiava
vederla in quello stato, così sfiduciata, così triste, come se il mondo le fosse
crollato addosso. Ma da quando era andato ad abitare con i Mouri nei panni di
Conan Edogawa, aveva visto quell’espressione tante, troppe volte,
rabbuiare il suo bellissimo viso. Tutto ciò che desiderava era vederla
sorridere, perché Dio, era stupenda quando sorrideva, gli infondeva
calore e speranza. Non importava quanto la giornata fosse stata dura, quante
difficoltà avesse dovuto superare, un sorriso di lei era in grado di scaldargli
il cuore, di farlo stare bene. Ricordava molti giorni in cui solo vederla gli
era stato di conforto: era bello, dopo ore passate a fare in conti con crimini
efferati e spaventosi, sapere di poter stare con lei, parlarle, vedere le guance
soffuse di quel tenero rossore, sentire il suono meraviglioso della sua risata,
osservare quei suoi occhi di quel colore così particolare.
Ti amo…Dio
solo sa quanto ti amo Ran…
La amava così
tanto, eppure riusciva sempre a fare la cosa sbagliata, facendola soffrire, sin
da quando l’aveva piantata in asso durante il loro appuntamento per seguire gli
Uomini in Nero. Se fosse rimasto con lei, riaccompagnandola a casa,
assicurandosi che il delitto non l’avesse sconvolta più di tanto,
Stava
piangendo maledizione, piangeva anche allora e io me ne sono andato via come se
niente fosse
non sarebbe
accaduto nulla. Ora lei non sarebbe tra le braccia fatali di un’assassina a
sangue freddo, con una pistola puntata alla tempia. Era colpa sua. Era sempre
colpa sua. Ogni lacrima che lei aveva versato in quell’ultimo anno era stato
solo a causa del suo egoismo, di quella sua stramaledetta mania di ficcare il
naso in affari che non lo riguardavano, disinteressandosi delle conseguenze, del
dolore che poteva provocare alle persone che gli stavano attorno. Diceva di
amarla, ma non lo dimostrava affatto. Se davvero provava per lei quei
sentimenti, avrebbe dovuto farla felice, e non farle sempre del male. Non si
meritava una ragazza meravigliosa come Ran. Lei doveva avere qualcuno che
potesse starle sempre vicino, che potesse stringerla fra le braccia e
confortarla se ne aveva bisogno, che potesse arrivare in tempo ad un
appuntamento e farla divertire, che sapesse mantenere una promessa.
Insomma, aveva
bisogno di una persona che potesse amarla come meritava, qualcuno degno di lei,
che la facesse felice.
E questa persona
non era lui. Non era in grado di esserlo.
Fu quando
realizzò questo che le cose si fecero chiare nella sua mente: c’era un’unica
scelta che potesse fare, e sperava che Vermouth mantenesse la parola. Scoccò uno
sguardo alle sue spalle, verso Ai; sperava intensamente che se la cavasse. Era
una ragazza in gamba, molto più forte di quanto credesse lei stessa. Aveva
superato delle avversità e delle sofferenze che avrebbero distrutto qualsiasi
altra persona della sua età. Lui aveva sempre cercato di aiutarla, di starle
accanto, e aveva sperato di poterla salvare, di poter sconfiggere
l’Organizzazione e regalarle la vita normale che si meritava. Era un’illusione,
perché non avrebbe più potuto. Sperava che Ai capisse che aveva dovuto farlo,
che non c’era altra scelta, e che lo perdonasse per averla abbandonata.
Trascorrendo molto tempo insieme a lei, ammise a se stesso che le si era molto
affezionato: sotto la scorza fredda e distaccata della scienziata, c’era una
ragazza buona e degna di fiducia, una persona su cui poter contare.
L’Organizzazione non l’aveva corrotta, e questo dimostrava la sua forza d’animo.
Era riuscita a salvarsi da loro una volta, poteva farlo di nuovo, senza il suo
aiuto. Era forte…
Addio,
dunque…spero di aver fatto la scelta giusta…
Alzò la testa
verso Vermouth, incontrando i suoi freddi occhi grigio-verdi, rimasti puntati su
di lui per tutto il tempo. Non sapeva quanto poteva fidarsi di lei, ma sperava
che lasciasse andare Ran come promesso. In fondo, aveva sempre mostrato di avere
un debole per lei, per la sua ‘Angel’. Si schiarì la gola, ignorando il peso
alla bocca dello stomaco, la sensazione orribile che lo stava divorando a poco a
poco, e che aveva cominciato già a spolpare con gli artigli il suo cuore.
Continuava a ripetersi che non c’era altra scelta, che non poteva fare
altrimenti…ma chissà perché il dolore invece di cessare si intensificava ogni
minuto di più, consumandolo.
Tuttavia quando
parlò, la sua voce era ferma e sicura, come al solito. “Ho fatto la mia scelta,
Vermouth”, disse, e vide il sorriso stirarsi sulla sua bocca in una smorfia
crudele, cancellando ogni traccia di qualsiasi bellezza dal suo volto da star di
Hollywood. Percepì Ai irrigidirsi dietro di lui, mentre Ran alzò la testa,
guardandolo di nuovo, il viso tirato e pallido per l’ansia, gli occhi grandi
ancora lucidi. Shinichi distolse un attimo lo sguardo dalla criminale per
sorriderle dolcemente, cercando di rassicurarla, e lei batté le palpebre,
confusa, mentre alle guance fu restituito un po’ di colore.
“Bene, Cool Guy.
Allora dimmi: chi vuoi salvare, e…” lo guardò quasi con affetto “…chi vuoi
uccidere?”
Shinichi
abbandonò la contemplazione della ragazza che amava, e il sorriso si trasformò
in beffardo quando si rivolse a Vermouth.
“Nessuna delle
due”.
La donna lo
guardò per un attimo sorpresa, ma si ricompose subito e sorrise: “Oh, non hai
capito, allora. Tu devi fare la tua scelta.” Ripeté, dolcemente.
“E l’ho fatta.”
Respirò profondamente, come a voler raccogliere tutto il suo coraggio “Scelgo
me.” Disse Shinichi, gli occhi determinati, il sorriso stabile sulle labbra. Ran
lo guardò inorridita, improvvisamente ancora più pallida.
“NO! Non puoi
farlo!”
“Non posso fare
altrimenti, Ran.” Ora la guardava di nuovo, serio, sperando disperatamente che
nei suoi occhi blu lei leggesse tutto il suo amore, e capisse, capisse
che era l’unica cosa da fare.
“Scelgo me,
perché non potrei vivere sapendo di aver ucciso anche solo una delle due.”
Parlava con voce forte, decisa, sebbene dentro di sé fosse spaventato a morte;
si rivolgeva a Vermouth, ma i suoi occhi erano fissi sulla ragazza che amava,
che lo fissava incredula e terrorizzata. “Loro sono le ragazze più speciali che
abbia mai conosciuto, non potrei mai permettere che accadesse loro qualcosa. Ho
promesso di proteggerle, a tutti i costi.” Sorrise a Ran, un ultimo sorriso
carico di amore, di sincerità, prima di spostare di nuovo gli occhi su Vermouth.
“Perciò, se vuole uccidere qualcuno, uccida me. Perché se fa del male anche solo
ad una delle due, me la pagherà.” Il tono ora era minaccioso ora, lo sguardo
freddo.
Vermouth rise di
cuore. “Really?” replicò scettica e divertita “Cosa faresti, Cool Guy? Mi
uccideresti?”
Stavolta fu il
turno di lui di ridere: “Ecco il problema di voi assassini: non riuscite a
capire che possono esserci cose peggiori della morte.” Scosse la testa,
guardandola quasi con commiserazione. “Allora, io ho scelto. Si muove o no?”
“NO!” Esclamarono
all’unisono Ran e Ai. “Stai facendo una sciocchezza, Kudo.” Continuò la bionda,
il tono piatto incrinato, preoccupato.
“Shinichi, non
puoi abbandonarmi! Ti prego…” Le lacrime scorrevano incontrollabili sulle guance
della sua amica d’infanzia, che lo fissava supplichevole, con quei suoi occhi
meravigliosi nonostante il gonfiore. “Ti prego non farlo…”
“Poor Angel.”
Commentò Vermouth, con un sospiro. “By
the way, a deal is a deal. Say goodbye to the life,
Cool Guy.[1]”
La pistola fece
fuoco, senza un attimo di esitazione. Ran chiuse gli occhi, il suo grido
disperato soffocato dal rombo assordante dello sparo, il cuore che parve
fermarsi. In un secondo, le braccia della donna non la sorreggevano più, e lei
cadde in terra, le ginocchia tremanti che non riuscivano più a tenerla, tutto il
suo corpo scosso e invaso da un dolore tanto accecante che le sembrò di essere
piombata all’inferno, nell’istante in cui quel mostro aveva premuto il
grilletto. Udiva lontani singhiozzi e gemiti disperati, e solo dopo un bel po’
riuscì a capire che era lei stessa a piangere, a consumarsi di lacrime. Dio, era
una sofferenza al di là dell’immaginabile, sembrò che il tempo si fosse fermato,
perché lei ora non vedeva, non sentiva più nulla che non fosse un’atroce pena
interiore che la dilaniava, pezzo per pezzo, senza pietà; era come se stesse
lentamente e dolorosamente morendo lei stessa.
“Come hai potuto
farmi questo Shinichi! Perché!?! Sei uno stupido e un egoista e io ti ODIO!”
Quella voce tanto sofferente, tanto disperata, non poteva che essere la sua,
bruciante di rabbia che celava solo un’orribile sensazione di sconfitta e orrore
e perdita, il suo corpo tremante lì per terra, in quella notte senza luna, in
quel luogo ostile e freddo.
“Please, don’t
cry, Angel.[2]” Udì una voce mielosa consolarla, e tutto il dolore si trasformò
improvvisamente in un’accecante furia. Si alzò, di scatto, avventandosi sulla
donna che aveva premuto il grilletto, che aveva ucciso il suo Shinichi e anche
lei. La colse di sorpresa riuscendo a gettarla a terra, sovrastandola. “TU!
Lurida bastarda! Stronza io ti UCCIDO!!”
Riuscì a
sferrarle due pugni prima che lei le bloccasse il polso e ribaltasse le
posizioni, puntandole la pistola alla gola. “Calmati adesso!” Le ordinò, il tono
gentile completamente sparito, gli occhi glaciali. “Devi-“ Ma prima che potesse
finire fu colpita alle spalle, forte, e con un gemito soffocato di afflosciò su
di lei.
Ran non aveva
nemmeno la forza di togliersela di dosso. Restò lì, lacrime brucianti che le
rigavano le guance senza che potesse fermarle, lasciandole una scia di fuoco
sulla pelle, nel cuore solo una orribile sensazione di vuoto, e di abbandono, e
di sofferenza, pura, incontrollabile, travolgente. Per quel che le importava,
poteva spirare lì, in quel momento, perché ormai, era già morta dentro. Non
poteva sopportare di dover affrontare una vita senza Shinichi, la realizzazione
della sua morte che ogni volta le conficcava lame affilate nel cuore, il
pensiero che non l’avrebbe più rivisto, che non le avrebbe più sorriso in quel
modo tanto caldo e disarmante, che non le avrebbe più parlato, confortandola,
standole accanto…la realizzazione che l’aveva lasciata sola.
Qualcuno spostò
la donna per lei, ma lo percepì come un qualcosa di lontano, come se non si
trovasse nemmeno lì, il corpo pesante e dolorante come un’incudine rovente.
“Alzati Ran, devi
darmi una mano.” Le intimò una voce familiare, che credette fosse frutto della
sua immaginazione.
Non può essere
altrimenti…lui è morto…Shinichi è morto…
“Ran!” Ora si
sentì scuotere. Aprì gli occhi, per cancellare quel fantasma che si prendeva
gioco di lei, così crudelmente, senza pietà, e si ritrovò riflessa in due occhi
blu, caldi e profondi come l’oceano, che la fissavano preoccupati. Gli occhi più
belli del mondo.
“Sh..Shinichi!”
Gridò, improvvisamente felice, abbracciandolo, le lacrime che continuavano a
cadere, mentre il corpo, ancora incredulo, continuava a tremare, la disperazione
che ristagnava dentro di lei. “Shinichi sei vivo! Oddio Shinichi!” Voleva
restare così attaccata a lui per sempre, sentire il profumo dei suoi capelli, il
calore del suo collo, le sue braccia forti che la circondavano e la stringevano.
“Ma allora ti ha mancato!” Esclamò, con voce improvvisamente squillante, carica
di gioia e felicità sebbene ancora incrinata per il tanto piangere.
“Non mi ha
mancato.” Rispose cupo Shinichi, e lei si staccò per contemplarlo,
improvvisamente spaventata. “Cosa?”
Lui sospirò, il
viso serio e triste, facendo cenno dietro la sua spalla, dove una figura in
viola e grigio giaceva a terra.
“Ha mirato a
qualcun altro.”
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“Heiji, come va?
Vuoi che ci fermiamo un momento?” Chiese Kazuha preoccupata, guardandolo in
tralice mentre lo aiutava a camminare. Il ragazzo le sorrise a fatica e scosse
la testa. “No, è tutto okay, andiamo avanti.” Bofonchiò, il respiro affannoso.
In realtà, si
sentiva tremendamente male, le pallottole nel suo corpo che sembravano ancora
bruciare infiammando le ferite, da cui continuava a grondare sangue caldo e
viscoso; la vista cominciava ad annebbiarsi, i muscoli sembravano indebolirsi
sempre di più, sorreggendolo a fatica e costringendolo a pesare sempre di più
sulle spalle di Kazuha, che sopportava senza dire una parola. Era fatta così, la
sua amica d’infanzia: forte e determinata; Dio, quanto l’adorava.
Improvvisamente,
sentì le guance avvampare al ricordo del bacio che si erano scambiati poco
prima. Non che l’avesse programmato, o ci avesse pensato su più di tanto: aveva
ripreso i sensi dopo la sparatoria e, avvolto ancora nel torpore e stordito dal
dolore, aveva percepito le labbra morbide di lei sulle sue, che si muovevano,
lambendole e accarezzandole in un tocco piacevole, come di seta, e al sapore di
mirtilli. Rispondere al bacio era stato istintivo e meraviglioso, così come
accarezzarle i capelli e incredibilmente, per quei pochi attimi, tutto il dolore
e la paura erano scomparsi. Ora scoccò un’occhiata al profilo delicato di
Kazuha, i suoi occhi color smeraldo, il naso a punta, le guance rosa, le
labbra…e realizzò in quel momento che per lui non esisteva e non sarebbe mai
esistita una ragazza più bella di lei.
Kazuha era
stupenda…ma non solo fisicamente, tutto di lei lo faceva impazzire: i suoi modi
bruschi eppure così femminili, il suo atteggiamento a volte strafottente, la sua
bontà d’animo e la sua generosità, la lealtà che dimostrava nei confronti di
tutte le persone che le erano care; quella sera stessa, sarebbe potuta scappare,
salvarsi, invece aveva deciso di mettersi in pericolo, di rischiare di morire
solo per lui. Lei era…grandiosa, strabiliante, e Heiji capì che l’amava, che non
desiderava altro che stringerla a sé e baciarla e dimenticarsi di tutto e di
tutti; capì che voleva passare il resto della sua vita con lei e nessun altra,
perché in alcun modo avrebbe potuto svegliarsi la mattina senza essere salutato
dal suo sorriso, andare in giro senza averla al suo fianco, che gli parlava con
quella sua voce forte e squillante oppure tenera se voleva. Non avrebbe mai
potuto né voluto andare a dormire senza sapere che lei c’era e sarebbe stata con
lui per sempre.
Avrebbe voluto
dirle tutto questo. In fondo, lei lo aveva baciato, no? Quindi ricambiava i suoi
sentimenti…eppure, una brutta sensazione si insinuò nel suo animo, al pensiero
che forse, probabilmente, lei lo aveva baciato solo perché lo credeva
morto, perché era tanto disperata e terrorizzata che si era lasciata andare,
senza pensarci. Sapeva che gli voleva molto bene, e forse quell’atto era stato
dettato solo dall’affetto, e non dall’amore.
Sospirò: avrebbe
pensato a tutto questo dopo. Adesso, doveva concentrarsi solo sui movimenti
delle gambe, che divenivano più difficoltosi passo dopo passo; Kazuha era
irremovibile sulla decisione di cercare un rifugio per curare le sue ferite
prima di cercare Kudo, e siccome era lei che teneva le redini del gioco in
quel momento, Heiji non poteva opporsi. Se fosse stato per lui, si sarebbero
messi all’istante alla ricerca del suo migliore amico e dopo avrebbero
pensato al posto dove ripararsi: non lo vedeva da quando erano entrati in quel
magazzino ed era passata un’infinità di tempo, durante il quale sarebbe potuta
succedere qualsiasi cosa al detective dell’est. Magari in quel momento era in un
pessimo guaio con uno dei membri dell’Organizzazione, oppure era stato ferito a
morte, e sanguinava agonizzante da qualche parte, nel buio, senza che nessuno
l’aiutasse, oppure era già cadavere…
Si costrinse a
frenare le immagini truculente che via via scorrevano nella sua mente:
disperarsi non avrebbe aiutato nessuno. Kudo era in gamba, sia come ragazzo che
come detective, e probabilmente ora stava meglio di lui, magari a gongolarsi con
l’ispettore Megure per la cattura di Gin e Vodka. Okay, forse stava divagando un
po’ troppo nell’ottimismo, ma se non altro quelle immagini erano più confortanti
di quelle del suo corpo morto in qualche vicolo…
All’improvviso,
il silenzio della notte fu squarciato dal rumore di uno sparo. Entrambi si
bloccarono all’istante, raggelando: non era molto lontano dal punto in cui si
trovavano…
“Presto, dobbiamo
seguirlo!” Esclamò Heiji, lo sguardo carico di determinazione.
“Seguire cosa??”
replicò Kazuha sgranando gli occhi e guardandolo come se fosse impazzito di
colpo.
“Andiamo nel
luogo da dove proveniva lo sparo!” Insistette lui, deciso, nonostante la voce
fosse soffocata.
“Dì un po’, una
pallottola ti è entrata anche nel cervello?? Sarebbe come buttarsi di proposito
giù da un dirupo!”
“Non capisci che
potrebbe esserci Kudo immischiato?!?” ribatté esasperato. D’accordo, amava in
lei anche la sua testardaggine, ma in quel momento lo stava davvero facendo
infuriare. Non avrebbe mai potuto ignorare volutamente una cosa del genere, non
sapendo che il suo migliore amico era da qualche parte lì intorno, magari
proprio di fronte all’individuo che aveva premuto il grilletto.
“Non puoi esserne
sicuro!! Obiettò lei, cocciuta “E anche se fosse, come potresti aiutarlo se sei
ridotto ad un rottame?”
“Io ho una
pistola! E non è mia, ma sua!! Me l’ha ceduta volontariamente,
mettendosi in pericolo, e io sarei un bastardo se adesso lo lasciassi nei
guai!!”
“Ma-” cercò di
dire lei, ma lui la interruppe infervorato, incurante dello sforzo enorme che
gli costava parlare.
“Kazuha, io andrò
lì, costi quel che costi. E se tu non vuoi venire, bene, andrò da solo!”
Cercò di
liberarsi dalla sua stretta, ignorando le violente fitte dolorose che provava ad
ogni movimento, ma lei lo trattenne: “No, andiamo insieme. Ma credimi se ti dico
che sei un vero idiota.” Replicò lei, gli occhi che brillavano di tristezza e
rassegnazione.
Lui sospirò, e
lasciò che lo conducesse nel punto indicato. Dentro di sé era molto combattuto:
una parte di lui voleva che Kudo non fosse implicato, che lo sparo fosse
provenuto dalla pistola di un agente di polizia o di un criminale di bassa
tacca; dall’altro, desiderava trovarlo, perché il pensiero che l’avesse perso,
abbandonandolo a se stesso, senza la minima idea di quello che gli era capitato
e che gli stava accadendo mentre lui si lasciava trascinare dalla sua amica
d’infanzia lo
divorava vivo.
“Resisti Kudo,
sto arrivando” mormorò fra sé e sé, quasi senza accorgersene, così come non fece
caso all’occhiata che gli lanciò Kazuha, a metà fra la compassione e il
fastidio.
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“Signore, avere
sentito?” Esordì Takagi, quando lo udirono. L’ispettore Megure si fece subito
serio, stringendo le labbra sotto i folti baffi: “Sì. Dirigiamoci verso il punto
da cui proveniva lo sparo, presto!” Ordinò alla sua squadra, che subito si mise
in marcia, le pistole impugnate. Takagi annuì, seguendo i suoi compagni e
sperando intensamente dentro di sé che Sato non fosse coinvolta: terrore e
preoccupazione impregnavano il suo animo, non si sarebbe mai permesso di
perderla. Lei era troppo importante, troppo speciale…
Se qualcuno si
fosse azzardato a toccarla anche solo con un dito, avrebbe dovuto vedersela con
lui. Chiunque fosse. Non gli importava quanto fossero pericolosi e
temibili questi assassini.
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Traduzione delle
parti in inglese (o la mia personale interpretazione, se vi basta):
[1]
Ad ogni modo, un accordo è un accordo. Dì addio alla vita, Cool
Guy.
[2]
Ti prego, non piangere Angel
Note dell’Autrice:
ciao a tutti! Innanzitutto mi scuso umilmente per
l’ENORME attesa; lo so, stavolta vi ho fatto penare davvero tanto, e mi
dispiace. ; __ ; Il fatto è che dovevo prendermi una piccola pausa dalla stesura
di questa fanfic, che scrivo ormai da più di un anno, per staccare un po’ la
spina e riposare il cervello. Non che mi dispiaccia scriverla, tutt’altro: mi
diverto un mondo, e mi aiuta a passare qualche ora in piacevole compagnia di me
stessa e dei personaggi del manga che amo di più. Tuttavia, penso che qualunque
maratoneta, per quanto adori correre, si ferma ogni tanto a riprendere fiato!
No? ^ __ ~
Detto questo, e
sperando nel vostro misericordioso perdono, passo al commento del capitolo:
ahimè, non mi soddisfa pienamente come il precedente, ci sono diverse parti che
non mi convincono e che mi sembrano poco scorrevoli, però ho fatto del mio
meglio come al solito, per cui…Mi auguro che nessuno se la prenda per la scelta
e per come è andata a finire tutta la faccenda Ai-Shinichi-Ran: accorgendomi
solo dopo aver pubblicato in che razza di pasticcio mi ero cacciata con le mie
mani, ho dovuto arrovellarmi il cervello disperata per trovare una soluzione.
Ciò che avete letto è il risultato del lavoro faticoso delle mie rotelle, spero
che ne sia valsa la pena e che vi piaccia.
Okay, mi accingo
ora a rispondere ai commenti: vi amo, vi adoro, vi venero…come farei senza di
voi?
Akemichan:
ciao! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto…ne
vado molto orgogliosa! ^//^ Quest’altro è un pochino più zoppicante, ma spero lo
stesso che non ti deluda. Non preoccuparti, ho iniziato di proposito il 24 con
il flashback senza spiegare nulla per confondere il lettore, dunque la tua
reazione è stata più che normale. Grazie dei complimenti, riguardo alla tua
osservazione su Ran: beh, in certi momenti una è disposta a credere a qualunque
cosa pur di non dubitare della persona che ama, un po’ per se stessa, per non
soffrire, un po’ per lui: insomma, amore vuol dire fiducia, no? Era quello lo
stato d’animo di Ran durante tutte le supposizioni su Ai e Shinichi, non del
tutto obiettive e distaccate, come avrai notato. Riguardo invece all’altra
osservazione, su “aveva un forte impulso a” o “…di”, devo confessarti che mi ha
lasciato piuttosto perplessa; a me suona meglio come lo dico io, ma anche con il
’di’ non è male…per tagliare la testa al toro ho cercato sul vocabolario, ma
purtroppo nessuno degli esempi riportati faceva al caso nostro; ho chiesto in
giro, tutti quanti ne sono rimasti perplessi quanto me. Risultato: boh! Penso
che vada bene scritto in entrambi i modi. Un bacione, spero di risentirti. P.s.
Mi sono iscritta al concorso e ho mandato la storia. I dettagli te li ho scritti
in una e-mail, controlla la posta!
Yuki: Eh
sì, povera Ran! Poveri tutti e due…non gliene va mai bene una! Shinichi è molto
combattuto sullo scambio, poverino, lui non vorrebbe uccidere nessuna delle due!
Spero che la mia soluzione non ti deluda. In quanto alle qualità estetiche delle
due ragazze... “la bellezza sta nell’occhio dell’osservatore”! Dai che anche Ai
non è brutta, no? Anche se io stessa trovo più carina Ran. #^^# Grazie della
recensione, sfogati pure quanto vuoi! Voglio sentire tutto ciò che hai da dire
sulla fanfic.
Sita89:
ciao! Felicissima che il capitolo ti sia piaciuto così tanto, grazie, mi fai
arrossire con tutte le tue lodi ^//^! Spero che anche quest’ultimo sia stato di
tuo gradimento e che la scelta di Shinichi ti vada a genio. Secondo me, non
poteva fare altrimenti! (ma sono opinioni…) Mi raccomando, fammi sapere cosa ne
pensi anche su questo, perché non sei la sola curiosa fra noi due!^^ Ci
sentiamo, e scusa se ti ho fatto aspettare tanto!
Shizuka:
salve! Ehm…probabilmente ora ti sembrerò un po’ stupida ma…lo sai che non ho
capito la battuta? O __ O Mi ha lasciato piuttosto perplessa. Comunque,
figuracce mie a parte, sono contenta che la storia continui a piacerti, e mi
dispiace infinitamente di averci messo tanto a postare…spero di essere più
svelta con il prossimo aggiornamento! Un bacio.
APTX4869:
ciao! Sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto; anche a me è mancato
un po’ il romance nella mia storia, vedrai che avrà un bel po’ di spazio in
seguito. Grazie della recensione, spero di risentirti!
Anto: oh!
Davvero hai pianto!? Mi dispiace un po’, certo, ma devo ammettere di essere
orgogliosa di essere riuscita a scatenare una simile reazione (lo so, sono una
malefica scrittrice senza scrupoli - _ -“). Ti ringrazio tanto dei complimenti,
sei sempre dolcissima! #^^# Spero che il seguito non ti deluda…un bacio, a
risentirci!
Kiara:
ciao, ti ringrazio del commento, sei molto gentile. Mi scuso per averti fatto
aspettare tanto con l’aggiornamento, spero non ricapiti più (non dipende
sempre da me, lo giuro!). Dimmi cosa ne pensi della decisione di Shinichi,
ok? Baci, a presto.
Lore:
grazie! Beh, Ran è una ragazza forte, nonostante tutto…mi auguro che ti sia
piaciuto anche questo capitolo e di risentirti presto. Bye!
Ginny85:
ciao! Figurati, anche io mi scuso per l’estremo ritardo dell’aggiornamento. Sono
stata felicissima di leggere il tuo commento, le tue lodi mi fanno sempre
arrossire da morire! #^^# Thanks! (w Vermouth forever…e gli ospedali
psichiatrici che permettono a persone come noi di girare a piede libero!). Ero
molto fiera dello scorso capitolo, come si era capito, sono contenta che sia
stato apprezzato. Personalmente, adoravo la parte del triangolo, quando mi è
venuta l’idea mi si è acceso un qualcosa dentro…che si è spento miseramente non
appena ho pensato: okay, ma come lo risolvo? Ti assicuro che ci ho riflettuto
mooolto a lungo prima di prendere la decisione, cavoli, era complicato! Come
vedi oltre che sadica sono masochista ( e totalmente disorganizzata e
incompetente…ma lasciamo stare.)! Le considerazioni di Ran mi sono venute di
getto, e anche quelle mi sono piaciute molto. Grazie ancora dei complimenti, sei
adorabile!^//^ Un bacio, e perdonami per averti fatto aspettare tanto!
Ruka88:
ciao, grazie mille del commento! Mi dispiace di non aver aggiornato prima,
scusa; spero che la scelta di Shinichi ti abbia soddisfatto, e che continuerai a
leggere con piacere. Baci, a risentirci!
_ChibiCia_:
salve! Non ho parole per esprimere quanto mi abbia fatto piacere
il tuo commento: sei stata carinissima! #^^# Ti ringrazio dei complimenti, sono
contenta che sia la storia che la caratterizzazione dei personaggi ti soddisfi e
ti piaccia: faccio del mio meglio per fare in modo che entrambe siano in linea
con il manga. Davvero la storia è una delle più belle che tu abbia mai letto?
Wow! Mi metti davvero in imbarazzo, grazie mille! ^//^ Prenditi pure tutto il
tempo che vuoi per leggere i 25 capitoli che ho postato, sono curiosa di
conoscere la tua opinione sullo svolgimento della fanfic e mi auguro che non ti
deluda man mano che vai avanti. Come avrai capito, è ancora in costruzione,
anche se non manca molto alla fine (*sigh*). Un bacione, spero di risentirti!
Lily2000:
ciao! Grazie mille dei complimenti, mi ha fatto piacere leggere la tua
recensione. Sono contenta che la storia risulti un vero giallo, era la prima
volta che mi cimentavo nel genere e avevo qualche timore ^^" . Mi scuso anche
con te per il ritardo dell'aggiornamento, spero che non me ne vorrai. Oh, è
NATURALE che sia stata una donna a mettere in seria difficoltà il giovane
detective, che ti aspettavi? No, scherzi a parte, ho notato che nel manga i più
intelligenti e in gamba sono sempre i maschi in un modo o nell'altro, perciò ho
voluto far avere una rivincita all'universo femminile nella mia storia...un
bacio, spero di risentirti.
Questo è tutto
per oggi. Mi scuso ancora per la lunga attesa, spero di riuscire a postare il
prossimo capitolo il prima possibile, compiti delle vacanze permettendo che,
come al solito, si sono accumulati tutti in questi ultimi giorni (sono proprio
una studentessa coscienziosa, eh?).
Bye
-Melany
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