Dedicata ovviamente alla mia bet
Dedicata ovviamente alla mia beta reader Harry,
che questa settimana si è beccata un mucchio di lamentele dalla sottoscritta e
che ha corretto l’ultima parte della storia in modo sostanziale.
Volevo ringraziare anche tutti coloro che hanno letto/commentato le mie storie,
soprattutto l’ultimo capitolo di What about now (grazie mille, non volevo fare
la lagna ma i vostri commenti mi hanno fatto veramente tanto piacere!)
Prima di lasciarvi alla ff, volevo precisare che ho usato un linguaggio
sostanzialmente colloquiale e moderno.
Spero che anche questa storia vi piaccia!
Make it work!
Obbligo o verità?
“Obbligo o verità?”
Arthur sbuffò, portandosi alla bocca la bottiglia di birra
e bevendone una lunga sorsata. Socchiuse gli occhi, appoggiando la testa
all’indietro, deciso ad ignorare la sorellastra.
“Andiamo, non fare sempre l’asino. Obbligo o verità?”
insistette Morgana, facendo tintinnare i braccialetti che aveva al polso.
Arthur soffocò un basso ringhio, rivolgendole un’occhiata
tutt’altro che amichevole.
“Verità” disse alla fine, arrendendosi alle sue insistenze.
Scosse il capo, bevendo un’altra corposa sorsata di birra quando un sorriso di
trionfo si distese sulle labbra della ragazza. Ignorò l’occhiata complice che si
scambiarono lei e Gwen, fissando con ostinazione il televisore.
Se almeno avessero smesso di parlare avrebbe potuto alzare
il volume e godersi in santa pace la partita.
E invece no, quelle due si erano messe in testa di fare
quello stupido gioco, contando sulla complicità di Lancelot, che non avrebbe
detto di no a Gwen nemmeno se ne fosse dipesa la sua stessa vita.
“Se dovessi scegliere…”
“Che gioco di merda”
“…tra tutte le persone che conosciamo chi portarti a letto,
chi sceglieresti?”
Arthur sbuffò, trattenendo un’imprecazione quando il
centrocampista della sua squadra mancò lo specchio della porta di larga misura.
“Ma tu guarda che cazzone” ringhiò, portandosi nuovamente
la birra alle labbra.
“Arthur! Ma mi stai ascoltando?” sbottò Morgana
strappandogli il telecomando dalla mano e spegnendo risolutamente la
televisione.
Arthur le rivolse un insulto molto volgare, cercando di
incenerirla con lo sguardo. Allungò il braccio, tentando di recuperare
disperatamente il telecomando, ma Morgana gli puntò un piede nudo sul petto
ricacciandolo sul tappeto di malagrazia.
“Tocca a te giocare!” disse con la voce che minacciava di
sfiorare gli ultrasuoni “Tra tutte le persone che conosciamo chi ti porteresti a
letto?”
Arthur scosse la testa infastidito. “Non lo so” gridò in
risposta.
Odiava Morgana. Perché suo padre non l’aveva lasciata in
qualche orfanotrofio quando era piccola? Era più che sicuro che si sarebbe
trovata benissimo.
Si strofinò gli occhi con le dita, emettendo un ringhio di
disappunto.
“Merlin” disse alla fine solo per zittirla.
In quel momento in tutta la casa si sentì un rumore di
vetri rotti: Merlin era sulla porta della cucina e aveva appena lasciato cadere
due bottiglie di birra sul pavimento.
Quattro paia d’occhi si volsero verso di lui in simultanea,
mentre dischiudeva le labbra e cercava qualcosa da dire. Probabilmente delle
scuse per aver combinato un casino con le birre. Si umettò le labbra, rimanendo
impietrito per una manciata di secondi.
“Sei veramente una merda” mormorò, prima di voltarsi,
dirigersi verso la porta dell’appartamento e uscire, evitando di aggiungere una
sola parola.
Arthur fissò il pannello di legno scuro per una manciata di
secondi, senza battere le palpebre. E ora che diavolo gli era…
“Che cosa gli hai fatto?” fu il ringhio minaccioso che lo
raggiunse da un punto ben preciso della stanza.
Si girò verso Morgana assolutamente incredulo.
“Io?” replicò, avvertendo un nodo fastidioso stringergli lo
stomaco.
“C’è solo una merda qui dentro… e sei tu” ribatté
fermamente la ragazza.
“Io non gli ho fatto un cazzo”
“Se non gli hai fatto un cazzo, mi spieghi perché ha
reagito così?”
“Ma non lo so! E’ psicopatico probabilmente, ha passato
troppo tempo con te”
“Forse qualcuno di noi dovrebbe andare a vedere come sta”
suggerì Gwen, alzandosi in piedi e lisciandosi la gonna con le mani.
Arthur fece una smorfia. Avrebbe voluto continuare a
guardare la partita e invece l’universo stava complottando contro di lui. Prima
Morgana che insisteva per farlo giocare a quello stupido gioco per dodicenni e
poi Merlin che dava inspiegabilmente fuori di matto.
“Vado io” disse, rimettendosi in piedi a sua volta.
“No” intervenne Morgana “L’hai già fatto incazzare. Non
voglio che peggiori la situazione”
“Non peggiorerò la situazione” ribatté automaticamente.
“Ma...”
Arthur raggiunse in fretta la porta, senza darle risposta.
Scese le scale, serrando forte le labbra. Aveva notato che Merlin ultimamente si
comportava in modo strano nei suoi confronti, ma quello era veramente troppo
anche per lui. Si fermò sul marciapiede, facendo scorrere lo sguardo
tutt’intorno, finché non individuò una figura nota che si stava dirigendo verso
la stazione della metropolitana con la testa incassata tra le spalle.
“Merlin” lo chiamò. Accennò una breve corsa per portarsi di
fianco a lui. “Che succede?” gli chiese, piegando un po’ la testa di lato per
guardarlo in viso. “Mi rispondi?” insistette, senza ottenere nulla di più di un
ostinato silenzio. Emise una specie di ringhio e lo prese per un braccio
costringendolo a fermarsi.
“Si può sapere cosa...”
“Dovevi farlo per forza vero?” esplose Merlin, liberandosi della sua mano con
uno strattone. Arthur arcuò entrambe le sopracciglia, indietreggiando
istintivamente di un passo. Non si aspettava una reazione così violenta.
“Fare cosa?” chiese disorientato. Vide i lineamenti di
Merlin incupirsi maggiormente. Aveva intelligentemente detto la cosa sbagliata,
ma in tutta onestà non riusciva a capire che diavolo stava accadendo.
“Prendermi per il culo davanti a tutti!”
Arthur sbatté le palpebre un paio di volte, del tutto
disorientato.
“Senti, ho capito... va bene? Non sono un imbecille. Ho
recepito il messaggio, ma almeno potresti non … non deridermi davanti agli
altri, okay?”
Arthur assottigliò lo sguardo, cercando di comprendere
quello che il ragazzo gli stava dicendo, ma il suo cervello doveva seriamente
essersi inceppato.
“Io?” disse per essere sicuro che stessero davvero parlando
di qualcosa che proprio lui aveva fatto.
Merlin lo fissò per una manciata di secondi, prima di
concedersi un lamento frustrato. “Lascia perdere” esalò infine, voltandogli di
nuovo le spalle e riprendendo a camminare.
“No, non lascio perdere” replicò Arthur, parandosi
nuovamente di fronte a lui. Non gli avrebbe permesso di andarsene finché non gli
avesse spiegato che cosa stava succedendo. Era più che sicuro che gli sfuggisse
qualcosa di essenziale in quella conversazione ma non era in grado di capire che
cosa.
“Voglio andarmene a casa, Arthur” mormorò Merlin, tentando
di scansarlo per scendere i gradini che portavano alla stazione della
metropolitana.
“No. Non ti muovi di qui finché non mi dici che cazzo ti
prende. Sono giorni che mi eviti, non rispondi ai messaggi… non mi guardi
nemmeno in faccia. Cioè se ho fatto qualcosa che...”
“Mi vergogno, okay?” lo interruppe Merlin, senza guardarlo
negli occhi. Le sue orecchie erano incredibilmente rosse.
“Ti vergogni… Ma di cosa... cioè...”
“Mi hai detto di no!”
“Ti ho detto...”
“Teatro. Ricordi? Ti ho detto che avevo due biglietti per
il teatro… che potevamo andare a teatro e poi a cena… solo noi due… e tu mi hai
detto di no”
Arthur spostò il peso del corpo da un piede all’altro,
guardandolo come se lo vedesse per la prima volta in vita sua. Il Merlin che
conosceva non esisteva più, era stato sostituito da questo essere balbettante e
che diceva cose incomprensibili.
“Sì, beh...” cercò di prendere tempo.
“E io ho capito. Davvero. Mi hai detto di no e io me ne sono fatto una ragione,
d’accordo. Ma almeno non…”
“Aspetta, tutto questo casino è nato perché non sono voluto
venire a teatro con te?”
Arthur continuava a non capire, non era potuto andare a
teatro con Merlin perché aveva un altro impegno, ma non gli sembrava la fine del
mondo. Giusto? Potevano vedersi un’altra sera, andare al pub, a giocare a
biliardo, a…
“Sei stupido?”
Arthur dischiuse le labbra, umettandole leggermente con la
punta della lingua. No, non credeva di essere particolarmente stupido. Era
Merlin che si comportava come un..
“Da soli!” sbottò il ragazzo. Le sue orecchie stavano per
prendere fuoco. “A teatro e a cena… noi due … da soli!” ripeté, sperando che le
sue parole penetrassero nel cranio dell’altro “E tu mi hai detto di no” aggiunse
con la voce ridotta a un mormorio.
Arthur continuò a fissarlo senza reagire. Gli aveva detto
di no, ma… Bloccò il ragionamento, accorgendosi all’improvviso che c’era un
altro aspetto importante nella frase che non aveva preso in considerazione.
Erano anni che tentava disperatamente di non prendere in considerazione quella
parte, visto che pensava che Merlin non fosse minimamente interessato a uno come
lui.
A Merlin piacevano le mostre e il teatro e le cose che coinvolgevano un qualche
impegno cerebrale, a lui piacevano il calcio, la birra, i videogiochi… aveva
rinunciato a quell’aspetto molto tempo prima perché non riteneva possibile che
Merlin potesse…
“Intendi dire...” sussurrò incerto.
“Sì!” esplose Merlin, gli occhi incollati al terreno
“Intendo dire… e tu mi hai detto di no! Va bene, lo capisco. Ci ho provato e mi
hai detto di no, ma almeno potevi evitare...”
“Tu ci hai provato? Quando?”
E soprattutto perché io non me ne sono accorto?,
pensò senza dirlo ad alta voce.
“Arthur, di cosa stiamo parlando?”
“Del teatro e la cena, ma io non credevo…”
“Noi due da soli! Ti ho detto noi due da soli! Solo uno
stupido asino come te poteva non accorgersi che…” disse Merlin, ma la frase fu
soffocata dalle labbra del ragazzo che si posarono sulle sue. Arthur lo sentì
irrigidirsi solo un istante prima che facesse scivolare le braccia attorno al
suo collo e rispondesse al bacio.
“Scusa, io non …” sussurrò, quando si scostarono per
riprendere fiato.
Merlin scosse la testa, sfiorandogli le labbra con le sue,
senza slacciare le braccia dal suo collo.
“Sssh...” lo zittì tenendo gli occhi chiusi “Sei davvero un
asino”
Arthur trattenne la risposta con grandissimo impegno.
Lui era sicuramente un asino, ma Merlin lo era di più. Lo
conosceva da anni, doveva sapere che non poteva correre a conclusioni affrettare
prima di essere completamente sicuro che lui avesse recepito tutti i messaggi
subliminali delle loro discussioni.
Anzi, doveva proprio evitare quelle stronzate subliminali!
“Possiamo uscire insieme domani sera. Possiamo andare a
teatro o dove vuoi tu” gli propose, appuntandosi mentalmente di tirare fuori
quell’argomentazione nella loro prossima litigata.
“No, andiamo al pub o al cinema. Non voglio che ti annoi”
“Non mi annoio. Mi fa piacere venire...”
“Allora... vuoi finirla di parlare e baciarlo di nuovo?”
gridò una voce nota.
Arthur sollevò lo sguardo, accorgendosi che Morgana, Gwen e
Lancelot li stavano guardando dal balcone.
Fece un gestaccio in direzione della sorellastra prima di
afferrare Merlin per i vestiti e trascinarlo oltre l’angolo del palazzo alle
loro spalle per poterlo baciare ancora senza occhi indiscreti.
|