merlin muto
Un esile ragazzo dalla capigliatura corvina stava attraversando
la
foresta di Nottingham, la sola via per arrivare a Camelot, quando fu
assalito da una banda di briganti. Uno dei furfanti si
avvicinò con un coltello e il ragazzo, allora,
cercò di fuggire
dalle sue grinfie, ma un suo compare gli saltò addosso,
facendogli sbattere la gamba destra contro un masso appuntito. La punta
della pietra rocciosa gli lacerò le carni in maniera
profonda. Tentò di rialzarsi, ma inutilmente,
perchè il dolore gli fece
quasi perdere i sensi. Così
a terra come se fosse il più miserbile dei vermi,
strisciò per allontanarsi, consapevole che stava rimandando solo
l'enevitabile. Infatti, il brigante lo raggiunse alla svelta
e lo fece girare con un calcio per poi chinarsi e infliggergli il
colpo fatale al cuore. Il ragazzo
chiuse gli occhi aspettando di essere ucciso quando qualcosa o
qualcuno fece balzare in avanti il brigante, liberandolo dalla
sua morsa. Un rumore di spade giunse flebile alle sue enormi
orecchie,prima di cadere nell'oblio.
La notte era già calata sulla
foresta, quando si risvegliò, portandosi subito la mano sulla parte lesa, fasciata
da una piccola stoffa rossa:un pezzo della sua tunica.
- Ho cercato di pulirla, ma sarà meglio farla vedere a un dottore. -
Il ragazzo si voltò verso la fonte di quelle parole. Un giovane
uomo dai capelli dorati, stava seduto di fronte ad un piccolo
falò. Intuendo che il moro volesse sapere che fine avessero
fatto i briganti, aggiunse: - Non
preoccuparti. Sono scappati, non appena hanno visto con chi avevano
a che fare. -
Il moro pensò che quel giovane spadaccino era forse un pò
troppo sicuro di sè.
- Non temere non voglio farti
del male - pronunciò guardando fisso negli occhi il moro.
Subito pensò che il ragazzo doveva essere molto spaventato o
forse solo timido, pechè non aveva ancora detto nulla. - Io sono
Arthur. Qual'è il tuo nome? - Forse dicendo chi fosse, lo
avrebbe tranquilizzato.
Ma nulla. Poi il moro portò le mani al suo collo affusolato come
se volesse strozzarsi e aprì la bocca, dove
non uscì nessun suono.
Solo allora Arthur capì che...
- Tu non puoi parlare. - Esclamò interdetto dalla scoperta.
Il moro annuì col capo.
- Questo è un problema. -
Il corvino con un dito imitò di voler scrivere qualcosa . - Hai bisogno di
carta e penna - domandò per essere sicuro che avesse compreso
bene.
Il ragazzo annuì nuovamente. Arthur cercò qualcosa
nella sua sacca da viaggio, prendendo quello che gli aveva chiesto e lo
passò all'uomo sdraiato di fronte a lui. Il moro cercò di
mettersi seduto e l'altro lo aiutò immediatamente ad
appoggiarsi sul tronco dell'albero, sotto il quale aveva giaciuto per
qualche ora, quando era svenuto.
Il corvino scrisse velocemente qualcosa e diede il foglio al biondo.
" Merlin"
- Merlin. Che nome strano - lesse.
Il moro sorrise al suo interlucotore.
- Dov' eri diretto prima che i briganti ti attaccassero? - domandò
ripassandogli il foglio. Come prima, il corvino scrisse qualcosa e lo
fece leggere ad Arthur.
- Camelot. - disse ad alta voce. - Perchè? -
Dopo che Merlin ebbe finito di scrivere: - Vuoi chiedere alloggio a Gaius, il medico di corte. -
Merlin sgranò gli occhi. Fu il suo turno di
chiedere qualcosa.
- Se lo conosco? Sì, io vivo a Camelot. Sono
partito stamattina da lì per degli affari. Per questo mi trovavo
qui e non appena ho visto cosa ti stava accadendo, sono
intervenuto. - Fiero della sua impresa eroica.
Merlin con le labbra mimò un grazie silenzioso. - È
un mio dovere intervenire alla difesa dei più deboli.
-
Il moro pensò di essere stato fortunato quel giorno, se non
fosse stato per Arthur, nemmeno immaginava cosa quei briganti avessero potuto fare di lui.
- Io domattina devo dirigermi a Brera. Lì ti porterò da un
dottore e quando sbrigherò le mie commissioni, verrai con me a
Camelot.
" Ti ringrazio per tutto quello che stai facendo per me. "
Arthur quasi infastidito da quelle parole si alzò e
preparò il suo giaciglio. - Sarà meglio andare a dormire,
si è fatto tardi. Tu hai bisogno di riposare. - disse con tono
freddo e distante. Non più cordiale e gentile come prima, pensò Merlin. Non capiva cosa aveva detto tanto
grave da offendere in quel modo Arthur. Lo aveva solo ringraziato.
Il principe aiutò Merlin a distendersi nel giaciglio, che lo
aveva accolto prima. Spense il fuoco e si coricò su un lato,
dandogli le spalle, senza più dire nemmeno una parola.
***
L'indomani mattina partirono alle prime luci dell'alba. Arthur aiutò a
montare Merlin sul suo cavallo, che si aggrappò alla vita
del baldo principe per non cadere. La gamba destra era attraversata da
lancinanti fitte ma il mago cercò il più possibile di non
farli notare al suo compagno di viaggio.
Non voleva essere un peso. Durante tutto il tragitto per arrivare a
Brera trascorse per lo più in silenzio, rotto ogni
tanto
dalla voce di Arthur, che si sentiva un pò a disagio dato
che il ragazzo aggrappato ai suoi fianchi nonpotesse parlare. La
curiosità del perchè lo fosse, gli rodeva come un tarlo.
Ma arrivò alla conclusione che era meglio tratennerla e che
fosse poco carino infierire.
Non appena entrarono nel villaggio, Arthur chiese al maniscalco che
stava ferrando lo zoccolo del suo cavallo, dove si trovasse la
residenza del medico.
Così non appena l'uomo finì il suo lavoro, i due ragazzi si diressero lì.
Arthur scese dal suo destriero e aiutò Merlin
a scendere, che si aggrappò alla sua maglia per non cadere. Non appena aveva poggiato la gamba ferita
a terra, un fortissimo dolore lo aveva attraversato.
Zoppicante, venne aiutato dal giovane principe ad arrivare davanti la
porta di legno, ingresso della piccola abitazione. Arthur bussò
all porta, che venne aperta da una giovane donna.
- Salve. Il mio amico si è ferito alla gamba. Ho cercato di
pulirla meglio che potevo, ma ha bisogno che il dottore la veda.
È in casa? -
La donna guardò i due uomini. - Su entrate. Il ragazzo deve
stendersi. Mio marito sarà subito da voi. - indicando una
piccola stanza dove c'era un letto.
Se ne andò al piano superiore, sicuramente a chiamare suo
marito, pensò il principe. Aiutò Merlin a stendersi e lui
lo ringraziò con gli occhi.
La benda con cui aveva coperto la brutta ferita era tinta di rosso. Sperava solo che non si fosse infettata.
Merlin non appena poggiò la testa sul morbido cuscino chiuse gli
occhi. Per un istante dimenticò di essere in compagnia di Arthur
e i suoi pensieri andarono altrove. Il viso di una donna dai
capelli neri come la notte e due occhi verdi smeraldo fece la
sua comparsa nella mente del mago.
Non lo avrebbe mai dimenticato, sarebbe rimasto impresso come un
marchio. Pensare a lei e cosa gli aveva fatto era sempre dura per lui,
un gemito silenzioso gli sfuffì dalle labbra. Il suo compagno di
viaggio si accorse che qualcosa turbava il suo giovane amico.
Sicuramente il dolore doveva essere più forte di quanto avesse
immaginato.
- Tranquillo. Il dottore sta arrivando - pregando che fosse il vero, disse Arthur.
Il mago aprì gli occhi. La voce del principe arrivò come
un'ancora di salvezza, destandolo dal brutto incubo che lo aveva
nuovamente inglobato.
Passarono molti istanti prima che il dottore facesse visita nella stanza.
- Scusate per avervi fatto aspettare. Ma una bambina si era arrampicata
in un albero per acchiappare il suo gattino e nella foga di prenderlo
è caduta. -
- Non si preoccupi. - rispose Arthur.
- Che cosa abbiamo qui? - dando una rapida occhiata a Merlin. - Questa
è una brutta ferita - disse non appena tolse la benda.
- Come te la sei procurata - chiese al moro.
- Non può rispondervi - eslamò il principe di rimando al posto di Merlin.
- E perchè? -
- Era nel bosco circondato da dei briganti. Io l'ho salvato e mi ha
chiesto carta e penna, dove ha scritto che non ha l'uso della parola. Non
so il perchè.
Come vi ho detto poc'anzi ci siamo incontrati solo ieri. Siccome ho
degli affari qui, l'ho portato con me e condotto da voi. -
- Capisco. -
- Anna porta una bacinella d'acqua e delle garze pulite - gridò per farsi sentire da sua moglie.
Quando ella entrò con l'occorrente lo poggiò sul mobiletto vicino al letto.
- Dottore quanto è grave la ferita? - chiese apprensivo all'uomo chinato su Merlin.
- Per fortuna non è molto profonda, però si sta
infettando. Adesso la sto pulendo e gli metterò una pomata per
rinfrescarla e lenire il dolore.
Ma finchè non guarirà del tutto non dovrà sforzarla e bisognerà cambiare spesso le bende. -
- D'accordo, dottore. - pronunciando quelle parole con sollievo.
- Siete molto fortunato ad averlo incontrato nella vostra strada -
disse il medico, indicando il principe, che si era voltato
imbarazzato. - Non molti si sarebero fermati e aiutati. -
Merlin sorrise e con le labbra disse " lo so".
- Sarei curioso di sapere il perchè non potete parlare - domandò l'uomo.
Arthur si rivoltò quasi fulminandolo, ma l'uomo fece finta di
nulla. Però, forse poteva venire a capo di quel rompicapo, che
gli frullava da un pò nella testa.
Merlin come aveva fatto il giorno prima, chiese il materiale per poter
scrivere. Non appena lo ebbe, cominciò a scrivere.
Quando finì, passò il foglio al dottore che lesse ad alta
voce per il beneficio di Arthur, che fremeva nel sapere la
verità.
- È nato così. Nessuno gli ha saputo spiegare il motivo. -
Il principe rimase sconvolto. - Quindi non ... - ma s'interruppe non sapendo cosa dire.
Merlin, ancora steso, chiuse gli occhi strizzandoli forte e il sorriso
sulle sue labbra scomparve. Non voleva mentire sul reale motivo, ma era
meglio così, pensò il moro. Era la sua punizione, per
ciò che aveva fatto.
Quando il cerusico passò l'uguento sulla ferita per
poi ricoprirla, fece bere un intruglio al corvino. Non appena il
liquido attraversò le sue labbra rosse e sottili, il suo viso si
deformò a causa di una brutta snorfia. Era amara.
Dopo aver pagato, i due ragazzi uscirono dall'abitazione del medico, ringrazaindolo per quello che aveva fatto.
Arthur fece poggiare Merlin su di se, facendosi passare dietro il collo
il braccio del moro e lui con quello destro cinse la vita del mago. Era
una situazione alquanto intima per loro due, ma Merlin non aveva altra
scelta.
- Direi che sia ora di andare a mangiare qualcosa. Mentre venivamo qui
ho notato una piccola locanda. - esclamò il principe.
Merlin annuì col capo.
Dopo aver consumato qualcosa, Arthur si accorse che il moro aveva
bisogno di riposo e così ordinò di far preparare una
stanza.
- Mentre tu rimani qui, cerca di riposare. Quando avrò finito, ripartiremo per Camelot. -
Arthur lo aiutò a distendersi sul letto. - Io vado a fare
le mie commissioni. Miraccomando non ti muovere. - e Merlin fece
intendere di aver capito.
Allora il biondo, lanciando un'ultima occhiata al moro, uscì dalla stanza.
Merlin imprecò. Quella dannata gamba non gli permetteva di
muoversi. Forse, se avesse usato la ... , ma cancellò subito quel
pensiero dalla testa.
Aveva giurato che non né avrebbe fatto più uso.
Ma non poteva rimanere lì, viaggiare con Arthur sarebbe stato
pericoloso. Lei lo stava ancora cercando e se lo avesse trovato,
avrebbe messo in pericolo il suo nuovo amico e questo non lo avrebbe
permesso.
Era ormai pomeriggio inoltrato, quando Arthur rientrò nella
locanda e andò a vedere come stesse Merlin. Aprì la porta
ma la stanza era vuota. Il letto, dove lo aveve lasciato era
sfatto. Su di esso un messaggio. Con grosse falcate lo raggiunse e lo
prese. Nel foglio c'era scritto:
" Grazie".
Che diavolo voleva dire? Quando cercò la borsa di Merlin, non la
trovò. Quell'incosciente se n'era andato. Sentimenti
contrastanti attraversavano il cuore di Arthur: rabbia; frustazione e
soprattutto preoccupazione. Con quella gamba non poteva essere andato
lontano. Voleva andarlo a cercarlo, ma Merlin lo aveva lasciato senza
nemmeno una spiegazione. Aveva fatto anche abbastanza per lui,
che si arrangiasse.
***
Erano
giorni che camminava al limitare del bosco. Da quando
aveva lasciato Arthur con solo un misero grazie
scritto su un pezzo di carta, erano passate circa due
settimane. Era
rimasto a Brera fino a quando il dolore alla gamba
non era scemato ed era partito alla volta di Camelot.
Poi finalmente riuscì a
intravedere la fine del tunnel, creato dalle alte
fronde degli alberi. Solo pochi passi ancora e davanti a lui si ereggeva maestosa la gloriosa Camelot con le sue
imponenti mura. Le strade erano gremite
di folla, che si muovevano come formiche senza
meta, creando
caos e schiamazzi. Sui
bastioni del castello di
pietra sventolavano le bandiere con i colori di Camelot e al
centro lo stemma della
famiglia regnante. Le guardie circolavano a passo
cadenzato sulle mura, che circondavano
la citta per proteggerla dagli attacchi di eventuali
nemici. Ad un tratto qualcosa attirò la sua
attenzione, distogliendolo dalle meraviglie che Camelot offriva.
Un volto di
donna che
impeterrito popolava da notti i suoi
incubi. Cominciò a spintonare
la gente, che incrociava nel suo cammino. Doveva raggiungerla a tutti i costi e
quando stava per afferrare il suo mantello color del ghiaccio, andò
a sbattere
contro il corpo di un passante, rimbalzando
indietro e cadendo miseramente a terra. Alzò immediatamente il
capo e con gli occhi la cercò, ma si era dileguata, sparita nel nulla. Lei non poteva essere lì,
era categoricamente impossibile che si trovasse a Camelot. Che se l'era solo immaginato?
Doveva essere causa della stanchezza e della calura della giornata.
Sicuramente un'allucinazione, un brutto scherzo della sua mente.
L'uomo
che aveva travolto, nella foga di raggiungere quella
donna ,interruppe il filo dei suoi mille ragionamenti.
- Parlo con
te. Stai attento dove cammini.- sbottò arrabbiato. - Come minimo
esigo delle scuse. - In che guaio si ero andato a cacciare? Con le
mani cercò di fargli capire il suo problema, ma non ci riuscì.
- Parla - gli ordinò. Il mago si portò le mani alle labbra e alla gola per fargli capire che non aveva voce. Non contento della risposta, l'uomo gli afferrò il polso, serrandolo forte.
- Adesso ti faccio
vedere io. Meriti una bella lezione. - Attorno a loro un cerchio di curiosi, osservava la scena. Qualcuno
gridava : " fai vedere come si ci
comporta" sostenendo il suo aguzzino.
Ma quando il mercante stava per colpire il moro con una una mano e che
il suo colpo andasse a segno, una voce rimbombò nell'aria.
- Che
sta succedendo qui. Esigo subito una spiegazione. -
Arthur stava tornando al palazzo, dopo il solito giro di ronda, quando degli schiamazzi attirarono
la sua attenzione. Subito capì che qualcosa stava accadendo e
così andò a controllare.
Smontò
dalla sella e
raggiunse a grandi falcate il cerchio di curiosi. Gaalad, uno dei
più famosi mercanti in città e dal temperamento iroso, se la
stava prendendo con un ragazzo e ci volle poco per capire
che si
trattasse di Merlin. A quanto pare, era riuscito ad arrivare
a
Camelot e la gamba sembrava non dargli problemi.
Un silenzio innaturale
scese sui curiosi. Tutto
sembrò cristallizzarsi, nessuno emmeteva nemmeno un flebile
respiro. Il mago che aveva serrato gli occhi, li aprì di scatto
e andarono a scontrarsi con quelli del principe. Un solo pensiero
vagava nella mente di Merlin: " No, lui! ". Il moro sapeva che
c'era la possibilità d'incontrarlo, ma aveva sperato fino alla
fine, che ciò non avvenisse.
Questo complicava letteralmente le cose. Giustamente Arthur avrebbe voluto una spiegazione, che lui non poteva dare.
Il mercante rispose immediatamente. - Sire - e s'inchinò.
E non appena Merlin sentì l'appellativo con cui si era rivolto
ad Arthur, il mondo gli crollò addosso. Ora veramente sentiva di
stare sprofondando in una voragine, che l'avrebbe inghiottito
impietosamente. Arthur era... era il principe di Camelot. Ma allora
perchè viaggiava da solo? Senza scorta?
- Questo ragazzo mi è venuto addosso e io esigo delle scuse da lui. Ma lui non vuole farlo. -
Arthur scoccò uno sguardo come a dire " stupido non
capisci che non può farlo ", ma l'uomo sembrò
troppo impegnato a raccontare i fatti per accorgersene.
- Gaalad , non ti sei accorto che quel ragazzo non può parlare? - disse il biondo con tono di sapere cosa stesse dicendo.
- Voi lo conoscete? È per caso stupido? - esclamò stupefatto il mercante.
- Il solo stupido sei tu qui. Se conosco Merlin? Sì, l'ho
incontrato in uno dei miei viaggi fuori Camelot. Lui non ha la
facoltà di parola da quando è nato. Quindi credo che
a questo punto sia tu che gli devi delle scuse. -
- Ma sire .... - s'interruppe non appena notò l'occhiata furiosa che Arthur gli stava soccando.
- Mi dispiace. - mormorò tra i denti a Merlin. Lui annuì col capo, accettando le sue scuse.
- Adesso lo spettacolo è finito, potete andare! -ordinò
perentorio il principe. Così la folla di curiosi si disperse,
lasciando il principe e il mago da soli.
- A quanto vedo sei riuscito ad arrivare a Camelot - disse il biondo
con tono acceso, interrompendo il silenzio tra i due. Merlin non
potè che annuire.
- Adesso ho dei doveri da adempiere. Ma quando finisco, voglio fare due
chiacchiere con te. Spero che non sparirai come l'ultima volta. -
Merlin lo avrebbe fatto di nuovo, ma badò bene a rinunciarvi:
Arthur era il principe e comandante delle guardie, non gli sarebbe
stato difficile trovarlo.
- Per sicurezza ti farò accompagnare nei miei alloggi, dove
aspetterai - marcando sull'ultima parola intenzionalmente - fino a
che io non sarò tornato . -
Senza attendere una risposta del capo di Merlin, l'erede al trono
ordinò ad una guardia di accompagnarlo nelle sue stanze. Detto
ciò Arthur si dileguò come era comparso all'improvviso e
al mago non restò altra scelta che fare ciò che il
principe gli aveva ordinato e seguire Ser Leopold, a cui Arthur si era
rivolto e aveva espressamente ordinato di non perderlo di vista. Ora si che era nei guai.
Quando Merlin fu fatto accomodare nelle stanze di Arthur, si
appoggiò alla finestra da cui poteva ammirare tutta Camelot.
Cominciò a chiedersi cosa dire al principe, quando gli avrebbe
fatto delle domande. Certo non poteva dirgli la verità, se non
voleva un viaggio senza ritorno dalle segrete. Anche se da tempo non
praticava magia, esattamente da quando era cominciato il suo
calvario, rimaneva sempre uno stregone, e non uno dei tanti che
circolavano liberamente fuori dal regno di Uther, ma il più
potente di tutti. Lui era Emyrs, o almeno lo era stato un tempo.
Adesso non rimaneva che solo un nome senza più significato per
lui. Qualcuno che aveva cercato disperatamente di dimenticare, ma che i
suoi incubi e la sua magia glielo facevano ricordare.
Sopprimere la magia, era stato come uccidere una parte di lui. Lui era
magia pura, nelle sue vene ribolliva come lava incandescente. Ma lui
non era stato all'altezza del suo dono, aveva abusato dei suoi poteri
contro un'altra persona, uccidendola, il cui volto non avrebbe mai
dimenticato.
Perso tra quei pensieri cupi, non si accorse che qualcuno era entrato nella stanza.
- Mi dispiace, non sapevo che il principe avesse ospiti - disse una
voce alle sue spalle. Merlin si voltò. Davanti a lui il suo
mentore, la sua guida, stava chinato. Ma non appena alzò il
busto e incrociò gli occhi del mago, sorpresa e timore
contemporaneamente attraversarono il suo volto stanco.
- Merlin? - esclamò. Quando il vecchio cerusico era entrato per
portare un uguento per una vecchia ferita alla spalla di Arthur, si
accorse della figura davanti alla finestra. Forse trattandosi di un
uomo di un certo rango, era meglio riservagli l'adeguato rispetto.
Certo non si apettava di trovare lì, nelle stanze di Camelot,
colui che un tempo era stato suo pupillo. Aveva saputo cosa era
successo, lo stesso Merlin lo aveva informato. Capiva come doveva
sentirsi, ma la punizione che si era autoinflitta era troppo dura.
Questo dimostrava che non si era sbagliato sul suo conto e che la
grandezza del suo nome non era dovuto alla natura dei suoi poteri
ma al suo cuore. Avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi, ma
aveva usato il suo dono per fare del bene. Però, quando
Merlin era stato
costretto ad usarlo per uccidere un essere umano, anche se cattivo, lui
non se lo era perdonato. Si considerava un assassino e non importava
quanto era stato giusto farlo, che aveva salvato delle vite a
sacrificio di una. Gaius, sperava in cuor suo che un giorno c'è
l'avrebbe fatta a perdonarsi.
Merlin annuì col capo. - Caro ragazzo. Qual buon vento ti porta qui? -
Ma il mago non rispose, facendo segno che non poteva. Gaius sapeva che
Merlin non aveva problemi a parlare, ma era la sua punizione per la
morte di Morgana - Merlin perchè continui a farti del male
così. Lo sai che... - ma il moro lo interruppe con un
gesto della mano. Non voleva sentirsi dire che era la cosa giusta da
fare, che era l'unico modo. Perchè c'è sempre una scelta
e lui aveva fatto quella più semplice: togliere di mezzo un
ostacolo. Avrebbe dovuto trovare un'altra alternativa, invece aveva
scelto quella più comoda.
- Capisco le tue ragioni e li rispetto. - Merlin lo ringraziò a suo modo.
Ma prima che Gaius potesse continuare, Arthur entrò nella stanza.
- Gaius! - lo chiamò non appena lo vide. Diede un'occhiata
veloce alla stanza per accettarsi che Merlin se non fosse andato e fu
soddisfatto quando lo trovò.
- Sire! - rispose il cerusico, facendo un inchino veloce. - Vi ho
portato l'uguento che mi avete richiesto per la vostra spalla. -
- Grazie, Gaius. - disse sincero. - Credo ti starai chiedendo chi sia il mio ospite - indicando espressamente il mago.
- Merlin. - Esclamò. - È stato il mio pupillo, quando
ancora abitavo con mia sorella a Eldor - lanciando un'occhiata
d'intesa con Merlin. Era meglio non specificare che sua sorella Hunith, fosse anche la madre di Merlin.
- Allora avrai provato ad aiutarlo per il suo problema a parlare. -
Dopo un attimo di esitazione, affermò: - Quando è nato,
io ero l'unico dottore del villaggio e sua madre, quando si accorse che
qualcosa non andava su suo figlio, lo ha portato da me. Dopo
un'accurata visita ho capito che non c'era nessun rimedio. -
- Speravo che almeno tu. - sussurrò Arthur triste. Ma gli altri
due
uomini sentirono lo stesso le sue parole. Merlin si
domandò come mai il principe si fosse preso a cuore la sua
condizione. Se almeno sapesse, pensò cupo il mago. Lo avrebbe
considerato solo un bugiardo. Gli scheletri
che racchiudeva nel suo armadio, lo avrebbero portato
irrimediabilmente ad essere odiato da lui e non lo avrebbe biasimato se
lo
avesse chiamato assassino. Lui si
odiava per quello che aveva fatto.L'espressione turbata non
passò inosservato al principe, ma non
disse nulla.
Poi aggiunse. - Merlin vorrebbe un alloggio da te. Per voi non c'è problema, vero?-
- Ho una piccola stanza piena di cianfrusaglie, ma posso sgombrarla. -
-
Manderò qualche servo per aiutarti a
sgombrare la stanza - disse, rivolgendosi a Gaius. Ed egli prontamente con
un piccolo inchino, rispose: - Grazie, mio signore. - Poi lanciò
un rapido sguardo a Merlin e uscì trafelato dalla stanza, lasciando principe
e mago da soli. Un silenzio al quanto imbarazzante scese tra i
due. Ma Arthur era determinato ad avere delle risposte. Si
diresse verso il tavolo pieno di incartamenti importanti e
prese un foglio bianco che poggiò sulla superfice del mobile. Con un mano
fece gesto al moro di avvicinarsi e lo fece
accomodare, porgendogli
il calamaio pieno d'inchiostro.
Per Merlin arrivava la
parte difficile, dare ad che Arthur ciò chevoleva.
- Io farò delle
domande e
tu risponderai per iscritto - ordinò. - Semplice, direi! -
Il mago deglutti. - Allora, voglio sapere perche te ne sei
andato.
Mi pare di averti fatto capire che da me non avevi nulla da
temere. Ti ci avrei condotto
io stesso a Camelot - esclamò oltreggiato e offeso. Merlin fece un profondo respiro. Poi si chinò sul foglio e cominciò a scrivere.
Quando finì, lo passò ad Arthur.
" Me ne sono andato perchè non volevo
essere un peso per voi.
Sin dalla nascita tutti si sono presi cura
di me e mi ritenevano
incapace di badare a me stesso.
Ma io sono
perfettamente in grado di provvedere
a me. "
Non era difficile per il principe immedisimarsi con quello che provava Merlin. Anche lui ci
era passato, perchè essendo l'erede al trono tutti si preoccupavano della
sua sicurezza e non importava se lui era capace di farcela con le
sue forze.
- Capisco il tuo
punto di vista, ma avevi una gamba ferita e non c'è
niente di male a farsi aiutare quando se ne ha bisogno
- disse il principe. Il moro gli
fece segno di passargli il foglio.
" Non lo merito. Non dopo quello che ho fatto. "
Arthur rimase
sconvolto.
Perchè quel ragazzo si autopuniva in quel modo?
- Perchè dici questo? -
"Voi
non mi conoscete!.
In passato ho commesso degli errori e adesso ne pago
le conseguenze."
-
Qualsiasi cosa avrai fatto, non sarà così terribbile da non meritare aiuto.
Tutti abbiamo diritto a una seconda possibilità. Si può sempre
riparare ai nostri errori. -
" Non il mio!"
Arthur
non sapeva più cosa rispondere. C'era qualcosa che affligeva
Merlin e lo portava a non considerarsi degno dell'aiuto di
nessuno.
Decise che era meglio non insistere e che avrebbe spaerato che un
giorno si fosse confidato con lui. Non sapeva spiegarsi perchè
aveva tanto a cura quel giovane uomo che conosceva solo da poco tempo, ma sapeva in cuor suo che
aveva bisogno di lui e non si sarebbe sottratto all'arduo compito. Gli stava
porgendo la sua mano e a Merlin non rimaneva che afferrarla quando si sarebbe sentito pronto.
- Per adesso è abbasatanza per me. Ti farò accompagnare da
Ser leopold da Gaius. Hai l'aspetto stanco . -
Merlin annuì.
- La tua gamba sembra guarita ma fagli dare un'occhiata a Gaius. -
E detto questo, Merlin salutò con un piccolo inchino il principe e si fece scortare negli alloggi del cerusico.
***
- Merlin! -
Esclamò Gaius non appena vide entrare il giovane mago. -
Ero preoccupato. Come fai a conoscere il principe Arthur e cosa
voleva? -
" Mi ha salvato da una banda d briganti mentre venivo qui a Camelot.
Ma sono rimasto ferito alla gamba destra e così mi ha portato dal medico di Brera dove ha curato la mia
gamba con un uguento.
Quando ci siamo fermati in una locanda, lui è uscito per sbrigare delle commissioni e senza avvertirlo
me ne sono andato. Ma non sospettavo minimamente che fosse l'erede al trono di Camelot.
Naturalmente quando mi ha visto in piazza, ha voluto ricevere una spiegazione. "
- Capisco. Ma perchè sei qui a Camelot? -
" Morgause mi sta cercando. Dopo che ho ucciso sua sorella
non ha smesso di darmi la caccia. Sapendo che qui a Camelot la magia
è stata bandita, sarà più facile nascondermi da lei per un pò. Anche se riuscirà a trovarmi."
- Morgana era la figliastra di Uther e se lui o Arthur dovessero
scoprire che sei tu il responsabile, non sarai al sicuro neanche qui.
Loro non sanno che era una strega . Sono convinti che Morgause l'abbia
rapita e non che Morgana se ne sia andata di sua volontà. -
" Lo so. Per questo quando ho scoperto che Arthur era il principe di Camelot
mi sono spaventato. Sono mesi che mi sposto da un posto o l'altro.
Ho bisogno di fermarmi. Non rimarrò molto, presto riprenderò il mio viaggio.
A volte penso che forse dovrei farmi catturare e porre fine a questo supplizio. "
- Ti
prego, Merlin - Disse Gaius guardandolo supplichevole. Lui
era come un figlio per lui e vedere come la sorte si accanisse
continuamente contro di lui in quella maniera gli lacerava il cuore e
sentirlo parlare così afflitto era un'ulteriore accoltellata.
- Non pensarlo minimamente. Devi capire che ti è stata dato un
dono preziosissimo e tu lo hai usato per fare moltissimo bene. Hai
uccsiso Morgana ma era un male necessario. -
" Ho fallito!
Ti chiedo per favore di non continuare a giustificarmi.
A Gaius non rimase che accettare la volntà del suo pupillo.
***
Erano passati circa sei mesi dall'arrivo di Merlin a Camelot e siccome
aveva bisogno di un lavoro, Arthur gli propose di diventare il suo
valletto personale.
Il giovane mago all'inizio molto titubante, decise di accettare la proposta del principe.
Cercava di svolgere al meglio tutte le mansioni che gli venivano affidate e di conseguenza Arthur ne era molto soddisfatto.
Non aveva scoperto molto sul suo passato, Merlin continuava
a rimanere un mistero per lui. A volte lo scopriva a
fissarlo con uno sguardo di rimorso per chissà cosa gli avesse
fatto. Ma lui non riusciva a capire il perchè, da quando era al
suo servizio non lo aveva mai urtato in nessun modo e poi continuava a
rimanere chiuso in se stesso e rifiutava il suo aiuto ad aprirsi.
Un giorno Re Uther mandò suo figlio, seguito dal suo servo
nelle terre di Cenred come ambasciatore per rinnovare il patto di alleanza.
Arthur e Merlin nella strada di ritorno incontrarono un gruppo di zigari, dove trascorsero la notte nel loro accampamento.
Anhora il Re degli zingari li fece sistemare davanti ad un piccolo
falò, acceso per riscaldare la notte gelida e
cominciò a raccontare loro varie storie. Ma una in particolare
destarono per vari motivi l'attenzione dei due ragazzi.
- Avete mai sentito parlare di un uomo di nome Emyrs? - chiese Anhora .
Merlin si impietrì sul posto. Certo che la sapeva, raccontava
della sua vita. Sarebbe voluto scappare da lì ma non poteva
lasciare Arthur da solo. Negli ultimi sei mesi era stato alquanto
impegnato a proteggerlo da eventi molto spiacevoli. Sembrava una
calamita per i guai e sarebbe stato imprudente
lasciarlo in una foresta in compagnia di zingari. Così fu
costretto ad ascoltare .
- Emyrs? - ripetè Arthur. - Non mi sembra. -
- Come? Non conoscete le sue gesta? - Esclamò esterefatto il Re. - Impossibile. -
Non lo era se uno vivesse a Camelot : la magia era bandita e di conseguenza qualsiasi
storia che parlasse di stregoneria, pensò Merlin.
- Ebbene non ne ho mai sentito parlare. - esclamò un pò offeso Arthur.
- Emyrs è il più grande stregone di tutti i tempi.
Non c'è nessuno più potente di lui . Ma sapete la cosa
strana sul suo conto? -
Arthur negò col capo. Per fortuna si era dimenticato di Merlin,
perchè sennò si sarebbe accorto che qualcosa non andava
nel suo valletto.
- Lui poteva avere il mondo ai suoi piedi ma ha deciso di aiutare gli altri, di mettersi al servizio del bene. -
Il principe abituato a sentire da suo padre quanto la magia fosse
malvagia, scoprire che il più potente degli stregoni usava i
suoi immensi poteri per fare del bene lo aveva scosso non poco.
- Ma perchè uno che può regnare incontrastato, decide di rinunciare a tutto ciò? - mormorò Arthur.
Avere immensi poteri non ci dà il diritto di approfittarcene e
usarlo contro gli altri, ma anzi è un dovere aiutare il
prossimo, voleva rispondere Merlin.
Intanto Anhora continuava a raccontare la sua storia. - Fino a quando non uccise una persona. -
Ecco come volevasi dimostrare, pensò Arthur,ma non lo disse ad alta voce. - Chi? -
Il giovane mago non voleva che il principe venisse a scoprire che la
sua sorellastra fosse una strega, ma per fortuna Anhora non sapeva il
suo nome.
- Una strega potente che aveva attaccato il regno di Avalon, dove regnava la
sacerdotessa della vecchia religione Nimueh per poter prendere il suo
posto e regnare sull'Isola Dei Beati. Molti innocenti furono massacrati ed Emyrs decise d'intervenire in
aiuto di Nimueh e così si scontrò contro la strega. -
- Chi vinse? - domandò l'erede.
Merlin ricordava perfettamente come si erano svolte le cose. Nimueh gli
aveva mandato attravero una fenice un messaggio, dove chiedeva il suo
appoggio e lui non aveva esitato ad intervenire. Così si
ritrovò di fronte a Morgana e più volte l'aveva implorata
di arrendersi. Più però aspettava a fermarla, più
erano le sue vittime. Ma quando Morgana stava per lanciare un forte
incantesimo che avrebbe distutta in un colpo solo Avalon , lui si
ritrovò a lanciarle un'antro di rimando che la uccise. M non
appena si rese conto di cosa aveva fatto era troppo tardi per tornare
indietro. Aveva salvato Avalon ma a quale prezzo? Aveva usato il
suo dono non per fare del bene ma togliere la vita ad un altro essere
umano. Allora in quell'esatto momemto decise di non essere più
degno dei suoi poteri . Con la voce aveva ucciso , quindi la sua
punizione sarebbe stato non parlare per il resto della sua vita. Una
misera condanna in confronto alla vita che si era preso.
- Emyrs uccise la strega e riuscì a salvare Avalon. Ma da quel
momento non se ne seppe più nulla. C'è chi dice che
è morto in seguito alle ferite riportate, ma nessuno sa realmente che fine abbia fatto. -
- Mi è sempre stato insegnato che la magia è malvagia, ma
se questa storia è vera, Emyrs ha dimostrato che con essa si
può fare anche del bene.
Forse è come una spada: se usata per difendere i più
deboli è buona, ma se usata per uccidere e per fare del
male al prossimo, diventa cattiva. Quindi si arriva alla conclusione
che essa è neutra e che la bontà o meno con cui
viene usata è determinata dal suo possessore. Se per la
magia fosse lo stesso? -
Se dipendesse da chi la usasse? -
Il mago rimase sbigottito dal ragionamento logico del suo padrone.
Finalmente era arrivato alla verità. Ma fu ancora più
sorpreso da quello che Arthur aggiunse: - Emyrs ha preso la decisione più giusta. -
Ma Merlin non era affatto d'accordo. Di scatto si allonatanò dal
falò e andò fin dentro la foresta. Arthur non comprendeva
perchè il suo valletto avesse reagito così. Che
c'entrasse con Emyrs? Per un attimo gli balenò in mente
che Merlin potesse esserlo, ma l'allontanò subito.
Era troppo giovane e poi sarebbe riuscito a difendersi da quei briganti. No, no era un pensiero assurdo.
***
Le cose a Camelot si svolgevano alla stessa maniera, tutto sembrava
andare come doveva. Certo c'era sempre qualcuno che attentava alla vita
di Arthur ,ma era nella norma. Però, Merlin si sentiva sempre
più inquieto. Anche se non usava più i suoi poteri,
riusciva a percepire che qualcosa di orrendo stava per colpire
Camelot. Ma un ulteriorepeso gravava sul cuore del giovane mago:
un'insana attrrazione verso il suo padrone.
Ogni giorno si rendeva conto che la riconoscenza si era trasformata in
pura devozione e che a sua volta si stava trasformando in un sentimento
difficile da catologare. Si perchè lui si stava innamorando di quel borioso, arrogante ma anche coraggioso e leale Arthur Pendragon. Ma non poteva macchiare con il suo amore il cuore e l'animo puro del principe. Lui era un bugiardo, un traditore e uno stregone.
Quello che lo stregone non sospettava e che anche il giovane Pendragon
provava lo stesso per lui, ma il suo orgoglio e la sua posizione
sociale gli impediva di confessarsi. Così nessuno dei due per
motivi diversi avevano rivelato all'altro i loro sentimenti.
Ben presto quel loro legame così forte e indissolubile fu messo
alla prova quando Morgause sotto mentite spoglie era riuscita ad
entrare a Camelot per recuperare il cristallo . Il suo intento
fallì , ma non si scoraggiò non appena riconobbe Emyrs e
scoprì il rapporto che lo legava ad Arthur.
Ebbene sì il più potente degli stregoni aveva un punto
debole e Morgause lo avrebbe sfruttatato per far fare ciò che
voleva allo stregone, per poi distruggerlo una volta per tutte e
diventare la regina incontrasta di tutta la magia.
Quando quella mattinasi svegliò, Merlin recuperò la colazione
del principe e si diresse nelle sue stanze. Ma quando entrò
senza bussare, al suo interno non c'era nessuno. Sul tavolo un foglio
di carta con la scrittura elegante e chiara di Arthur:
" Sono andato a caccia.
Avevo bisogno di stare solo per pensare.
Ti lascio la giornata libera, riposa che ultimamente ti vedo
un pò troppo teso.
Arthur."
Non era la prima volta che il principe fosse mattiniero e se ne andava
da solo per i boschi. Quando qualcosa lo assillava, preferiva sfogare
la sua frustazione camminando tra gli albreri. Ma perchè non
poteva farlo al castello, pensò Merlin. O almeno poteva farlo in sua compagnia, ma sapeva bene quanto il suo
padrone odiasse mostrarsi debole, come se fosse una mancanza, qualcosa
di cui vergognarsi.
Merlin aveva una brutta sensazione, come se
qualcosa di brutto potesse accadere ad Arthur. Però forse aveva
ragione, doveva spegnere per un pò il cervello e le sue forse non
erano altre che paranoie. Ma qualcosa gli diceva di fare attenzione.
Era già il primo pomeriggio e di Arthur nemmeno l'ombra. Si
stava attardando molto e in quella parte dell'anno le giornate erano
più corte, facendo buio presto. Anche se era il guerriero
più forte e valoroso di Camelot, la foresta rimaneva durante la
notte piena d'insidie.
Ma quando si fece il tramonto, Merlin cominciò a preoccuparsi seriamente.
Si preparò alla svelta e prima che potesse lasciare le mura del castello una voce s'insediò nella sua mente.
- Che piacere rincontrarti Emyrs -
Quella voce era di Morgause, non c'erano dubbi. - Sembri preoccupato. Non è che riguarda il tuo adorato Arthur? -
Arthur!
- Che cosa gli hai fatto, strega? - urlò nella sua mente.
- Non preoccuparti. Lui sta bene, per adesso - ridendo senza ritegno.
- Lascialo andare. Lui non c'enta! -
- Dici? Io penso di sì. Non glie l'hai ancora detto chi
è il responsabile della morte di Morgana, non è vero? -
Un brivido di paura scosse il corpo del giovane mago. - Lui ha il
diritto di sapere che sei stato tu - ringhiò Morgause nella sua testa
rabbiosa.
No! Ti prego! Non voglio che lo scopra così!
- Che cosa vuoi? -
- Se vuoi rivedere il tuo amato principe, devi portarmi il cristallo di Neahtid
È tenuto nascosta nel castello da Uther. Se me lo porterai, ti
prometto che Camelot riavrà il suo erede al trono. Non m'importa
nulla di lui e te che voglio. La pagherai per ciò che hai fatto
a mia sorella -
- Va bene. Ma se torcerai un solo capello ad Arthur, te la vedrai con me. -
- Io mantengo le mie promesse, Emyrs. - Affermò la strega.
- Domani all'alba davanti al Lago della Dama. Non tardare. -
- Ci sarò ! -
Quando la notte scese su Camelot, Merlino s'intrufolò nella
cripta che qualche tempo fa Arthur gli aveva mostrato e
prelevò il cristallo.
Uther se n'era impossessato dalle mani di un mago durante la Grande
Purga. Sapeva che aveva un grande valore, ma non essendo uno stregone
non ne poteva fare uso. Si diceva che avesse immensi poteri e che nelle
mani sbagliate poteva creare un serie danno. Ma se voleva salvarlo,
non gli rimaneva altra scelta, mettendo a repentaglio anche la
sua identità.
***
Durante la caccia, Arthur era stato sorpreso da una donna, che
indossava un bellissimo abito rosso e con una capigliatura dorata, che
le incorniciava il volto diafano. Dalle sue labbra parole arcaiche
fuoriuscirono facendo cadere nell'incoscienza il giovane Pendragon.
Arthur quando si
risvegliò, si ritrovò nella sponda di un lago. Diede
un'occhiata a ciò che lo circondava, ma non riconmobbe il luogo.
Provò a
muoversi ma aveva piedi e mani legate. Subito si ricordò della
misteriosa donna. La cercò con gli occhi, ma di lei nessuna
traccia.
Era solo.
Ma non pasò molto tempo prima che la sconosciuts facesse la sua comparsa.
- Vi siete svegliato. - Non appena lo vide che si dimenava
per liberarsi. - È inutile. Quelle corde sono tenute strette con
la magia. -
- Chi siete voi? E cosa volete da me? -
- Il mio nome è Morgause. Sono lieta di fare finalmente la vostra conoscenza. -
Morgause? Lei era la strega che aveva rapito Morgana.
- Dove tenete Morgana? Se le avete fatto del male, giuro che io... -
- Non le avrei mai potuto farle del male. Lei era mia sorella. -
Disse con tono triste. - Vostro padre non vi ha detto che lei aveva una
sorella, vero? -
- No. - Morgana aveva davero una sorella e suo padre glie l'aveva tenuto nascosto?
- Uther credeva che fossi morta. Ma quanto si sbagliava. -
- Perchè l'avete rapita? -
- Rapita? È questo che vi hanno fatto credere. -
Esclamò indignata. - No, lei mi ha seguito di sua
spontanea volontà .-
Cosa? Lei non avrebbe mai lasciato per nessun motivo Camelot.
- Lei ama stare a Camelot. È casa sua. -
- Non dopo che aveva scoperto di essere una strega. - Disse la strega.
Morgana? Una strega?
- Se lo fosse stato me ne sarei accorto. -
Ma Morgause continuò a parlare, come se il principe non
avesse aperto bocca. - Quando lo ha scoperto era spaventata.
Temeva che se voi o vostro padre l'avreste saputo, sarebbe stata
condannata a morte. -
- Io non ... -
- Uther non l'avrebbe perdonata e voi siete fedele a lui.-
Morgause aveva perfettamente ragione.
- Perchè mi tenete prigioniero? - Volle sapere Arthur.
- Siete la mia garanzia. -
- Mio padre non scenderà a patti con una strega, nemmeno per salvare la mia vita. -
- Lui no, ma Emyrs sì. -
Emyrs?
- Cosa vi fa credere che lo farà. Lui nemmeno mi conosce. Perchè dovrebbe aiutarmi. -
- Vi sbagliate mio giovane Pendragon. Ha un valido motivo per farlo e
sarà disposto a fare qualsiasi cosa per salvarvi. Vi userò per
vendicarmi della morte di Morgana -
Cosa? No, Morgana non c'era più? Se n'era andata?
- Morgana è morta? - balbettò incerto. Non riusciva a credere alle sue orecchie.
- Sì. È stata uccisa da Emyrs. -
Ma prima che Arthur potesse ponderare un pensiero, una figura comparve al limitare del bosco, che costeggiava attorno al lago.
Che fosse lui? Era un uomo coperto da un lungo mantello da
viaggio azzurro, con il cappuccio calato sul capo, che nascondeva il
suo viso.
- Sei venuto a quanto vedo, Emyrs. - Disse Morgause rivolgendosi allo sconosciuto.
***
Arthur stava bene. Fu il primo pensiero che ebbe Merlin, non appena arrivò al
lago. Non sembrava ferito, solo provato. Qualcosa turbava il suo
principe. Oramai riusciva a leggere perfettamente le sue
espressioni e il suo sguardo.
Era arrivato il momento d'infrangere il voto di silenzio. Arthur era un motivo abbastanza valido per farlo.
Tanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva parlato. Quasi non si ricordava il suono della sua voce.
A stento la riconobbe. Era molto roca, dato che era passato molto.
- Sono qui. Adesso puoi lasciarlo andare. - Disse mentre fissava negli
occhi Arthur, che ricambiò lo sguardo. Sentimenti contrastanti
attraversavano i suoi occhi limpidi,
- L'hai portato? - Chiese la strega.
- C'è l'ho con me. -
- Dammelo. - Ordinò la donna.
- Prima libera il ragazzo. -
- Chi mi assicura che poi mi darai il cristallo? -
Emyrs cercò di pensare in fretta ad una soluzione. Sapeva che c'era poco da fidarsi di Morgause.
Arthur si sentiva offeso nell'orgoglio: quei due parlavano di lui come
se non ci fosse e non sia mai che un Pendragon veniva messo di lato.
Decise che era meglio intervenire prima che le cose peggiorassero. -
Perchè non facciamo lo scambio contemporaneamente? Quando inizio
a correre verso Emyrs, lui di rimando lancia il cristallo . Cosa ne
pensate? -
Un sorriso illuminò il viso del mago. " Allora non era solo
un Asino! " La sua idea era geniale, ma decise di tenerselo per
sé, non era il caso alimentare il suo ego spropositato.
- Allora faremo così - decise infine Morgause.
- Anche per me va bene. - Disse Merlin.
La strega pronunciò parole dell'antica religione, sciogliendo le corde che tenevano prigioniero il principe.
Arthur si sentiva indolenzito. Dei segni rossi erano comparsi sui suoi polsi
e sicuramente identici segni dovevano esserci alle caviglie.
- Giovane Pendragon - disse Emyrs rivolgendosi al principe. - Non
fermarti finchè non sarai dentro la foresta, lontano il
più possibile da qui. -
- Non venite con me? -
- Ho una questione irrisolta con Morgause. -
- Non me ne vado. Sono in debito con voi. -
- Affatto - pronunciò . - È solo colpa mia se siete stato coinvolto. -
La confusione si fece spazio nel volto di Arthur. Non capiva il senso dell'ultima affermazione.
- Io sono un uomo d'onore. Vi darò una mano se necessario, ma non me ne andrò da qui. -
- Volete insinuare che non sia in grado di difendermi ? - lo schernì.
- No, ma... -
- Nessun ma. Mi sareste solo d'intralcio. Anche se siete abili con la
spada, contro la magia non servirebbe a nulla. Non fatemelo ripetere.
Non ho intenzione di usare la forza. -
Ti prego Arthur, implorò tra sé Merlin.
L'orgoglio del giovane principe non gli permetteva di rimanere in
disparte. Ma questa volta decise di accantonarlo. - Va bene. Ma promettetemi che non vi succederà nulla. -
Qulacosa induceva Arthur a preoccuparsi di quell'uomo che lo aveva
liberato dalle grinfie di Morgause, nonostante sapesse che aveva ucciso
Morgana..
Qualcosa gli diceva di non fidarsi del tutto di quella strega e per questo
voleva un confronto con Emyrs. Solo dopo avrebbe deciso come comportarsi con lui. - Ho
bisigno di chiarire una questione alquanto importante con voi:
riguardo Morgana. -
Arthur sapeva, ma gli stava dando la possibilità di chiarire, di
spiegare le sue ragioni, pensò Merlin. - Sarò felice di
farlo. -
Anche se le probabilità di uscirne vivo erano scarse. Senza i
suoi doni, dubitava di farcela. Non avrebbe infranto l'altro suo
giuramento, anche se questo gli sarebbe costata la vita.
Arthur annuì col capo. - Al tre inizio a correre. - Urlò.
Uno.
Due.
Tre.
Il principe partì e come pattuito senza mai voltarsi si
diresse nella foresta , mentre Emyrs lanciava il cristallo a Morgause.
***
Perdonami Arthur.
Mormorò Merlin non appena il principe si dileguava tra la boscaglia.
- Finalmente avrai ciò che meriti per quello che hai fatto a Morgana. - Urlò furibonda Morgause.
Merlin non ribadì nulla, rassegnato all'idea che presto le
suesoffrerenze sarebbero terminate. Era quasi sollevato, anche se
rimpiangeva di non aver salutato per l'ultima volta il suo
Arthur. Non avrebbe più rivisto il suo sorriso, il
suo volto, ma andava bene
così.
Chissà cosa avrebbe pensato non trovando il suo valletto ad aspettarlo,
pensò il mago. Anche quella volta lo stava lasciando senza spiegazione,
come aveva fatto nella locanda. Sicuramente Gaius sarebbe
riuscito ad inventarsi una scusa plausibile per la sua scomparsa.
Mentre pensava tutto ciò, Morgause pronunciava un incantesimo.
Una bestia gingantesca comparve davanti a Merlin. -
- Uccidilo - ordinò Morgause alla creatura.
Allora la bestia si scgliò contro il mago, che per un soffio
riuscì a buttarsi di lato ed evitare di essere colpito. Avrebbe
provato a lottare, non se ne sarebbe andato senza almeno provarci. Non
poteva dargliela vinta così facilmente a Morgause.
La creatura ripartì all'attacco. Per un pò di
tempo Merlin riuscì a evitare di essere ferito, ma più
passavano i secondi, più si sentiva stanco. I
suoi riflessi erano rallentati e sempre con maggior difficoltà
si muoveva.
Fu ferito ad un braccio, ma ben presto se ne aggiunsero altre. Un brutto colpo alla testa lo fece
crollare a terra. Non aveva più fiato, non riusciva più a
rialzarsi, tutto cominciava ad annebbiarsi. In lontanaza con voce
ovattata giunse la voce di Morgause. - Finiscilo. -
Addio Arthur.
L'ultimo pensiero coerente prima di chiudere gli occhi e aspettare che giungesse la fine.
***
Arthur si muoveva sicuro tra le fronde degli alberi, allontanadosi dal
lago. Ma la sua mente continuava a rimanere lì, a ripensare le
parole di Emyrs, ma soprattutto alla sua espressione. Sembrava quella
di un uomo che non avrebbe rivisto l'alba del giorno a seguire.
Ma questo non lo riguardava, giusto? Pensò. Lui era il mago
più potente in circolazione, non avrebbe avuto difficoltà
a vincere.
Allora perchè non riusciva a crederci?
Lui gli aveva promesso una spiegazione, ma sentiva che Emyrs non l'avrebbe mantenuta.
Dannazione! Lui non era un codardo, aveva ubbidito ad una richiesta di
uno stregone. Se suo padre lo avrebbe scoperto, lo avrebbe bandito dal
regno.
Lui era un Pendragon, maledizione e i Pendragon non si facevano comandare da nessuno.
Senza nessuna esitazione, ritornò indietro e non gli importava se Emyrs approvava o meno.
Non appena giunse di nuovo al lago, una scena raccapriciante gli si parò davanti.
Emyrs era attaccato da una bestia, ma lui sembrava non reagire, stava sulla difensiva, cercando di evitare di essere colpito.
Ma che stava facendo? Perchè non usava la magia?
Intanto Morgause osservava la scena senza interferire.
A un certo punto, dopo un bruttissimo colpo alla testa, dove sgorgava
copioso il sangue, vide Emyrs crollare miseramente a terra, da dove non si
rialzò.
- Finiscilo. - Sentì giungere alle sue orecchie l'ordine di Morgause alla creatura.
Quando la bestia stava per sferrare il suo colpo finale, Arthur
intervenne con la spada sguainata e gli trafisse una zanpa.
- No - ringhiò Morgause. - Uccidilo - riferendosi al principe.
Il mostro ubbidì, caricando contro di lui, ma Arthur era abile
con la spada, il migiore di tutta Camelot. Lo scontro fu breve, con
pochissime mosse riuscì ad ucciderlo, colpendolo con un colpo
fatale al centro della gola, squarciandola.
Ma mentre Arthur, girato di spalle si diregeva a soccorrere lo
stregone, Morgause lanciò con una mano un fascio di luce rossa , che non sfuggì all'attenzione di Merlin.
I suoi occhi cambiarono colorazione, diventando dorati. Senza essersene reso conto, Merlin attinse
ai suoi poteri, proiettando uno scudo a difesa del principe. Entrambi
furono sbalzati all'indietro quando l'energia di Morgause si
scontrò contro quella del mago.
Tutto avvene in un medesimo di secondo, rendendo difficile al principe
capire cosa era avvenuto. Stordito alzò il capo e si
voltò per verificare le condizioni di Emyrs, ma non s'immaginava
di trovarsi di fronte a Merlin. Il
cappuccio che celava l'identità misteriosa dello stregone era
sfilato dal suo capo, scoprendo il viso. Emyrs il
più potente degli stregoni aveva le sembianze di un esile
ragazzo corvino, che tante volte aveva immaginato di abbracciare,
di toccare, di accarezzare. Lui, l'unica persona di cui si fidava ciecamente e verso cui provava un'insana passione.
Gli occhi spaventati di Merlin s'incontrarono con quelli delusi e feriti di Arthur.
Perchè? Perchè proprio lui? Ripeteva il principe nella sua testa.
Ma prima che Merlin potesse aprire bocca o che Arthur potesse sfogare
la sua rabbia e la sua delusione, Morgause pronunciò un'incanto
che colpì dritto in petto al principe Pendragon.
- Arthur ! - gridò Merlin. - No! -
Cercò di scuoterlo, ma egli non apiva gli ochhi.
Arthur.
Arthur.
Arthur.
Tutto non era perduto, perchè il battito del cuore era flebille:
Arthur non era ancora morto. Il mago poggiò la sua mano sul torace del principe, chiuse
gli occhi e sentì fluire la sua energia. Pian piano i battitti
diventarono sempre più forti, più veloci: Arthur
c'è l'avrebbe fatta.
- Perdonami Arthur! - sussurò dispiaciuto sul suo orecchio.
Poggiò le sue labbra rosse e sottili sulla sua fronte. - È tutta colpa mia. - Accarezzò il suo viso
modellandolo, imprimendo le sue fattezze come un marchio sulla mente.
Un nuovo sguardo, fiero, determinato, si era fatto posto negli occhi
cerulei del mago, assumendo per la seconda volta una colorazione dorata.
Un'aura potentissima lo circondava. Sentiva la magia
scorrere nelle sue vene, ribollire come lava incandescente, come non
accadeva da tempo.
Lei non doveva permettersi di ferire il suo Arthur. Avrebbe dannato la
sua anima, rotto anche l'ultimo giuramento, se significava proteggere
quell'Asino, che aveva sconvolto la sua vita e che lo
aveva portato a essere di nuovoEmyrs. Non c'era spazio per i timori, per i
sensi di colpa, per i rimorsi. Non c'era posto per Merlin. Ora c'era solo Emyrs.
A passo lento, misurato si piazzò di fronte alla strega che
aveva osato toccare la cosa che più contava al mondo per lui, che valeva più
della sua stessa vita.
Emyrs furioso, gridò verso Morgause. - Non dovevi
toccare Arthur. Lui non c'entrava nulla. - e scagliò un fascio
d'energia di colore azzurro puro. Lo stesso colore degli occhi del principe.
Morgause subito lanciò un fascio di colore rosso che urtò
con quello di Emyrs. A prima impressione poteva sembrare che i raggi
fossero di uguale intensità, ma ben presto si ci poteva rendere
conto che Morgause era in netta difficoltà. Emyrs aveva perso
del tutto il controllo, la rabbia lo portò ad aumentare sempre
di più la potenza del fascio, fino a che non colpì nel
petto la strega che fu sblazata all'indietro.
Morgause, però, si era circondata con uno scudo d'energia,
esaurendo del tutto le forze. Non riusciva più a muoversi.
Sarebbe bastato un solo incanto per distruggerla.
Emyrs piombò su di lei con la mano destra puntata sul suo cuore.
Ma in lui era rimasto ancora un briciolo d'umanità.
- Io non sono come te. - pronunciò fiero. - Ma la prossima volta
che c'intreremo e metterai a repentaglio la vita di Arthur o di
qualsiasi altra persona,non sarò così clemente. Adesso
vai. -
Morgause ferita nell fisico e nell'animo, con l'ultimo residuo d'energie scomparve.
Emyrs sapeva che il cuore della strega era pieno di rancore.
Sperava che facesse ammenda, ma troppo in là nelle
tenebre si era spinta e difficilmente sarebbe tornata alla luce. Prima
o poi si sarebbero rincontrati e sarebbe stata la volta decisiva
per mettere fine a quella storia.
Ma le prove per il nostro eroe Merlin non erano finite, era rimasta quella più difficile: affrontare Arthur.
Non mi odiare! Pregò in cuor suo lo stregone, mentre andava a soccorrere Arthur.
Si chinò sul corpo ferito del principe; prese con cura e delicatezza la sua testa tra le mani.
- Arthur. Ti prego apri gli occhi. Non è ora di dormire. - Ma dal principe nessuna risposta.
- Non farmi pregare. - con le lacrime che silenziose scivolavano sul suo volto stanco e preoccupato.
Merlin chiuse gli occhi, mentre il suo corpo era scosso da singhiozzi.
Una mano, quella di Arthur, asciugò quelle perle salate,
facendo aprire gli occhi di scatto allo stregone. - Shh. Idiota. -
- Siete un Asino. Dovevate tornarvene a Camelot. -mormorò, poggiamdo la sua guancia nella mano accogliente del principe.
- Mi devi delle spiegazioni e basta menzoglie stavolta. -
- Va bene, ma non adesso. Non doverte sforzarvi. -
- Sto be... - ma non riuscì a continuare, interrotto da un brusco colpo di tosse.
- Dicevate? - con un piccolo sorriso bsulle labbra.
- Era meglio quando non parlavi. - Scoppindo a ridere, seguito da un imbronciato Merlin.
***
Erano passati tre mesi da quel lungo e difficile giorno e le
cose non erano andate come si poteva immaginare: con un lieto fine.
Quando Arthur si era ripreso, si era fatto raccontare tutto dall'inizio
da Merlin. Aveva accettato con difficoltà, ma lo aveva fatto
riguardo a Morgana.
Non riusciva a credere che la sua sorellastra gentile con tutti aveva ucciso molti innocenti.
Il suo odio per Uther e l'influenza di Morgause, l'avevano cambiata. Inoltre c'era la questione riguardante la
magia. Merlin gli aveva dimostrato salvandolo e con tutto ciò
che aveva fatto: che non tutta era malvagia. Dopo l'incontro con
Anhora era arrivato a pensare che fosse neutra. Però, per una vita
intera era cresciuto secondo gli insegnamenti di suo padre e le azioni di Morgana e
Morgause gli davano ragione. Non sapeva più a cosa credere, si sentiva smarrito,
perso, confuso.
I rapporti tra il principe e il mago erano diventati sempre più
tesi, non riuscivano più a guardarsi in viso, si
scambiavano che qualche parola.
Ad Arthur faceva male il pensiero che Merlin non si fosse fidato di lui
e gli avesse nascosto chi era realmente. Cercava di giustificarlo,
comprenderlo, ma non ci riusciva. Come avrebbe fatto a fidarsi nuovamente di lui? Sarebbe riuscito mai a perdonarlo?
Merlin invece capiva come doveva sentirsi Arthur e lo
accettava. Non poteva biasimarlo. Aveva nascosto una parte importante
di lui, aveva tradito la sua fiducia, gli aveva mentito, anche se per
proteggerlo.
Però, le cose non potevano continuare ad andare avanti in
quella maniera. Così Arthur intimò al mago di lasciare
Camelot. Merlin senza protestare e senza nemmeno
salutarlo, lasciò la città.
Rimase impresso nella mente di Arthur , quando dalla finestra delle sue stanze, vide
Merlin alzare il suo viso nella sua direzione e incontrare i suoi
occhi, che rimasero incatenati per vari istanti e poi voltarsi e
varcare le mura del castello.
Le loro strade si erano divise per il momento. Chissà , forse un giorno si sarebbero incrociate nuovamente.
Angolo Autore.
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito le altre storie.
Mi toccano il cuore tutti i vostri commenti e tengo a mente le critiche.
Soprattutto nelle ultime ff, dove sono incomplete e poco dettagliate.
Su questa shot ci lavoro da un pò. Spero chevi sia piaciuta e che la conclusione
non sia affrettata.
Volevo finirla in maniera diversa, ma diventava troppo lunga e pesante.
Non ho ancora finito su questa storia, ho ancora molto da dire.
Sto già scrivendo il continuo e quindi questa è solo la prima parte.
Spero di postarlo al più presto.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Questo è solo un arrivederci.
kiss kiss
celine_underworld.
|