I
Nemo,
cioè nessuno. Il ragazzo
continua a pensare al significato di quella parola mentre cammina tra
la folla, utilizzandone il movimento passivo per andare dove vuole.
Le persone intorno quasi non lo vedono, e lui non si fa notare mentre
continua a pensare alle implicazioni di quella parola. Nessuno. Le
persone attorno a lui si rendono conto di essere nessuno? Lui sa di
esserlo. Sa che il suo ricordo non vivrà molto
più della durata
della sua vita, ma la cosa non lo preoccupa. Eppure, qualcosa non gli
torna. Tutte le persone attorno a lui, con lo sguardo basso, che
pensano alle loro piccole preoccupazioni, hanno coscienza di essere
nessuno? La ragione, per quanto fallibile, lo spinge a creare dei
paradossi inestricabili. Si è nessuno quando non si ha la
cognizione
di esserlo, ma se lui sa di essere nessuno, nel momento stesso in cui
lo sa diventava qualcuno. E se anche la sua memoria non
vivrà a
lungo, gli rimane comunque la consolazione di aver avuto coscienza di
sé. Sembra poco agli altri, ma per il ragazzo è
un sollievo per
l'anima.
A casa i soliti discorsi. Non li
ascolta più ormai, non gli interessano le parole vuote
pronunciate
da nessuno. Fugge dal chiasso degli altri, si mette le cuffie e si
isola dal mondo esterno con la musica, una delle poche consolazioni
rimastegli. Ormai è tardi e deve andare a dormire, ma la
cosa gli dà
un certo fastidio. Il sonno non gli ha mai portato riposo; se va bene
sogna, se va male ha incubi. O forse dovrebbe chiamarli visioni della
realtà? Si interroga guardando il soffitto prima di
addormentarsi,
sperando che gli siano risparmiati i sogni.
Il nulla. Fluttua in un immenso
spazio nero, senza sopra né sotto... anzi, senza
collocazioni
spaziali. Ha ancora la concezione del suo corpo, ma non vede nulla
nel buio. In effetti, non può neanche essere sicuro che sia
buio.
Semplicemente, non ha percezioni sensoriali, eccetto quella del suo
corpo. Nel buio si accende all'improvviso un punto di luce, che si
avvicina a lui come se stesse uscendo da un tunnel. Arriva in una
stanza dove una donna sta partorendo. Nessuno lo nota, così
si
avvicina mentre il bambino viene alla luce. Guardando distrattamente
le altre persone, nota che hanno tutte un marchio in testa. Un
inserviente prende un ferro arroventato, e allora il ragazzo capisce
cosa vogliono fare; cerca di fermarli, ma non può toccarli
perché è
come se fosse evanescente. Il ferro tocca la fronte del bambino e un
dolore bruciante gli attraversa la testa, mentre tutto intorno a lui
si fa confuso.
Si
trova in una stanza spoglia, dove un ragazzo sta scrivendo sul suo
diario. Istintivamente, sa che sta guardando il bambino che ha visto
nascere. Intorno a lui vorticano immagini sfocate, ma guardandole
meglio si accorge che si tratta di scene vissute. Vede gente per
strada, tutti marchiati, e persone con marchi diversi insultarsi e
picchiarsi, senza logica apparente dato che i marchi non dipendono
dalla razza. Poi vede scene di battaglia; gli eserciti, più
o meno
grandi, si susseguono davanti a lui, e le due fazioni hanno entrambe
due marchi diversi, e il sangue scorre e macchia la terra e il
pavimento della stanza, per poi essere assorbito all'istante. Non
ha molto senso,
pensa. E, come se lo avesse sentito, il ragazzo alla scrivania
risponde.
«Lo
so, non ha senso, ma devi rinunciare a capire gli uomini. Stupidi,
avidi e crudeli, ecco cosa sono. Si azzuffano per un marchio come
galline che si contendono un verme. Soffrirai, se credi di potergli
far cambiare idea. Per il tuo bene, non cercare di cambiare gli
esseri umani, perché loro non vogliono cambiare.»
Il ragazzo si gira e Nemo può
vederne la fronte segnata dal marchio.
«Amavo
viaggiare- prosegue lui -ma ovunque andassi, mi hanno sempre trattato
con sufficienza per via del mio marchio e dei pregiudizi che avevano
sulle persone che lo portavano. Ho provato a convincerli che un
marchio non vuol dire niente, e mi hanno isolato. Pochi mi hanno
capito, e quasi tutti quelli che condividono il mio pensiero sono
già
morti oppure per la loro via. Odio questo marchio... più di
qualsiasi altra cosa... forse con la sola eccezione
dell'umanità...»
Ciò detto, si afferra la pelle
della fronte e la strappa con rabbia. Il sangue scorre a fiotti,
coprendogli il viso. Apre la bocca e lo beve quasi avidamente,
assaporandone il gusto.
«E'
dolce- dice a Nemo -vuoi provarne un po' anche tu?»
Non riceve risposta, così
continua a parlare.
«Questo
gesto ha un senso. Ormai sono morto, ma non voglio che possano dire
di avermi sconfitto fino a questo punto. Sarò il primo a
morire
senza marchio.»
La vista di Nemo si appanna e la
stanza comincia a girare, mentre la fronte gli brucia come se fosse
sua la pelle strappata.