A
Kim (va bene, va bene, “A Yesterday”),
perché mi
sopporta, perché
con le sue storie mi fa sognare,
perché è la mia
segreta
ispiratrice per un sacco di cose
e perché non
potrei
desiderare una figlia migliore ^_^
Con tantissimo
affetto,
Ale
SHE IS
Capitolo
1: Sì, me lo ricordo
I remember it well
The first time
that I saw
Your head around
the door
'Cause mine
stopped
working
Damien
Rice – I
remember
Si
era sempre chiesta come potesse la gente passare davanti a quello
spettacolo e
rimanere indifferente. Perché si, osservare il sole tramontare alle
spalle
dell’immensa Tokio, mentre proiettava lunghe ombre ai piedi degli
immensi
grattacieli e tingeva il cielo di delicati toni caldi, per Sana era uno
dei più
begli spettacoli del mondo.
Dal suo appartamento, poteva godersi quel panorama ogni giorno e mai, mai, aveva
pensato che
potesse annoiarla.
-Sana, ti avevo chiesto di fare il bucato questa mattina. Adesso mi
tocca fare
tutto di fretta, maledizione –
Fuka.
Se qualche anno prima le avessero detto che si sarebbe ritrovata a
condividere
uno spazio vitale come il loro appartamento, con quella ragazza
dall’accento
strano e che l’aveva fatta soffrire portandole via Akito, non ci
avrebbe mai
creduto.
Sana si alzò con pigrizia dalla poltrona di vimini sul terrazzo – Scusa
Fuka –
sbadigliò – Stamattina sono tornata tardi dal lavoro e mi è passato di
testa –
Fuka si incupì – Ci sono stati problemi con Kamura? –
Sana scosse il capo – No. Le solite discussioni di sempre. Gli ho detto
che
stasera sarebbero venuti Tsuyoshi, Akito e gli altri a cena, come
sempre, e lui
si è arrabbiato perché non vuole che ci sia lui
– spiegò Sana, sospirando.
Fuka fece spallucce e tornò alle sue faccende, cominciando a
strapazzare i
cuscini del divano per renderli più confortevoli. Diede una veloce
spolverata
al tavolino al centro del salotto e tolse alcune briciole dal tappeto.
Non che
avere i loro amici a cena fosse un evento tanto formale, solo che le
dava
fastidio avere la casa in disordine.
Sana si rese utile telefonando al ristorante cinese per ordinare da
mangiare,
perché diciamocelo, lei e Fuka non erano proprio due cuoche provette (*).
-Beh, non posso biasimarlo – se ne uscì fuori Fuka dopo questo lungo
attimo di
silenzio - Kamura, intendo. Anche io sarei gelosa di Akito, visto
quello che
avete vissuto insieme – le spiegò.
Sana parve confusa – Eh? Perché?-
Fuka mise le mani sui fianchi e sbottò – Andiamo, Sana! Possibile che
passano
gli anni ma tu sia sempre la solita ritardata? Ci sei stata insieme per
anni...-
Sana chiaramente non capì, dimostrando quanto la teoria di Fuka fosse
giusta.
Quella sospirò – Certe cose non si chiudono così, schioccando le dita!
–
Sana scosse le spalle e si diresse verso la camera – Beh, con Akito io
ho
chiuso da secoli
perché nessuno dei due provava più nulla. Io ora sto con Naozumi da un
anno,
amo Naozumi, non vedo perché dovrei ancora pensare ad Akito – disse
distrattamente, meccanicamente,
come qualcuno che si è ripetuto tra sé quella frase migliaia di volte –
Comunque devo ancora farmi la doccia, i ragazzi saranno qui a momenti –
constatò guardando l’orologio appeso alla parete sopra il frigorifero -
Meglio
muoversi –
Fuka si limitò ad annuire.
Dopo che Sana si fu chiusa in bagno, cominciò a spulciare tra la loro
collezione di DVD per trovare qualcosa da guardare quella sera.
*
Quando
Sana gli aveva detto che sarebbe andata a vivere con Fuka, ne era stato
felice.
Sapeva quanto lei desiderasse diventare indipendente dalla sua
famiglia,
soprattutto da sua madre che con i suoi comportamenti infantili l’aveva
sempre
fatta vivere in un mondo di favole.
Sana voleva diventare indipendente, voleva diventare grande.
Frequentavano l’università da poco e poiché i corsi si tenevano poco
distanti
da casa di Sana, Akito si era praticamente trasferito a casa sua per
poter
frequentare le lezioni con costanza.
E a lei non aveva dato fastidio, anzi.
La convivenza tra lei e Fuka si era trasformata in una convivenza a
tre: lei
Fuka e lui, Akito.
Fin qui era andato tutto bene, Sana era riuscita a dividersi
perfettamente tra
gli impegni all’università e lui. E il lavoro.
Già, il lavoro.
La causa di tutti i problemi tra di loro. Perché quando hai compiuto da
poco
diciannove anni, non puoi pensare che la tua parte in un film possa
limitarsi a
dare qualche bacio sulla guancia al tuo collega. E così Akito si era
ritrovato
ad assistere ad una piccante scena d’amore tra Sana e Kamura, in un
film che
parlava di una storia travagliata tra due giovani ragazzi di strada.
Non aveva potuto sopportare che quel dannato idiota
posasse le sue luride mani su quel corpo, le sue labbra su quella bocca
che era
soltanto sua. Aveva spaccato un bicchiere e i suoi amici lo avevano
fissato con
sguardo preoccupato.
Fuka probabilmente lo aveva anche rimproverato, perché sarebbe toccato
a lei
pulire le schegge che erano schizzate come saette da tutte le parti, ma
lui
ovviamente manco le aveva badato.
Quella sera lui e Sana avevano litigato, lei gli aveva detto che se la
situazione non gli andava bene se ne poteva anche andare e lui lo aveva
fatto,
prendendosi giusto il tempo di raccogliere tutta la sua roba. Il
pigiama
buttato alla rinfusa su una sedia in camera. Il suo spazzolino
abbandonato in
un bicchiere in bagno. Il suo dopobarba appoggiato su una mensola di
vetro. I
suoi vestiti nell’armadio di Sana. La camicia che, la sera prima, Sana
gli
aveva tolto e lanciato dall’altra parte della stanza.
Non ne avevano più parlato. Anzi, non si erano più parlati per qualcosa
come
due mesi.
Poi un giorno, lui le aveva involontariamente schizzato dell’acqua in
faccia e
lei era scoppiata a ridere. Erano tornati amici come prima.
Letteralmente amici.
Ma trattandosi di loro, quella situazione era perfettamente normale.
Da quella sera erano passati giorni. Mesi. Anni. Tre anni per
l’esattezza. Tre
anni che Sana e Akito non stavano insieme. Tre anni che lui non la
baciava. Tre
anni esatti che lui non faceva l’amore con lei.
Entrare nell’appartamento di Sana quella
sera, quella dannatissima sera, gli causò un brivido forte
lungo la
schiena.
“Ricomponiti
Akito,
maledizione” si rimproverò mentalmente.
Superò la porta senza dilungarsi in troppe smancerie, come invece stava
ancora
facendo Tsuyoshi con Fuka, che aveva dato a tutti il suo consueto
benvenuto.
Si lasciò cadere sul divano con stanchezza, allungando una mano sul
tavolino
dietro di lui per cercare il telecomando. Lo trovò e accese la
televisione.
In realtà, si stava guardando intorno, rendendosi improvvisamente conto
di
quanto conoscesse bene ormai la casa di Sana e Fuka. Conosceva ogni
minimo
dettaglio, sapeva perfettamente dove si trovava ogni oggetto e questo
non lo
disturbava affatto. Semplicemente, era come una sua seconda casa. E che
casa!
Aveva sempre adorato quell’appartamento, soprattutto per l’immensa
vetrata che
si affacciava su quell’enorme terrazzo dove lui amava trascorrere il
suo tempo
a pensare.
La cucina era piccola.
“Per quello che
la usano
Sana e Fuka” si ritrovò a pensare, ghignando malefico
dentro di sé.
Le camere da letto però erano enormi, con due bellissimi armadi a muro.
Armadio
che ormai Sana non era più in grado di chiudere, visto la quantità
spropositata
di vestiti che possedeva.
Ricordava quante volte avevano bisticciato perché lui, per colpa sua,
non
trovava mai quello che gli serviva.
Sana uscì di fretta e furia dal bagno, un asciugamano a coprirle il
corpo.
Akito cercò
di
ignorare quel particolare.
-Ciao ragazzi! – esclamò lei, trafelata – Come sempre sono in ritardo.
Scusatemi. Vado in camera mia a vestirmi. Cinque minuti! – promise,
dopo aver
schioccato un veloce bacio sulla guancia a tutti. Akito compreso.
Ovviamente la rividero dopo mezzora.
-Come mai Kamura non c’è?- domandò curiosa Hisae, litigando con le
bacchette di
legno che proprio non riusciva a tenere in mano. Troppo occidentale, lei.
Sana si incupì – Abbiamo discusso – rispose, laconicamente.
Akito notò tutto.
-Capisco – si limitò a dire Hisae, nemmeno tanto interessata.
Tsuyoshi aveva finito di mangiare e pareva in pace con se stesso.
Macché, con
il mondo. Stava ancora con Aya, ovviamente, e i due avevano anche
cominciato a
pensare a parole come “matrimonio”
e “convivenza”
e “figli”.
Tutte cose che ad Akito facevano venire un vago senso di nausea.
-Ragazzi miei – si alzò in piedi – io ed Aya dobbiamo farvi un annuncio
–
disse, con un sorriso ebete stampato in faccia. La ragazza sembrava
imbarazzata.
Sana inarcò un sopracciglio – Vi sposate? –
I due arrossirono – NO!-
esclamarono all’unisono.
-Andate a convivere? – tentò Gomi, speranzoso.
-NO!-
- Aya, sei incinta per caso? – domandò Fuka, indifferente.
Silenzio.
Tsuyoshi annuì.
-CHE COSA?
–
urlarono all’unisono Sana ed Akito. Si guardarono in faccia e poi
distolsero lo
sguardo.
Aya annuì – Si. L’ho scoperto l’altro giorno e non vedevo l’ora di
dirvelo –
disse, appoggiando una mano dolcemente sul suo ventre – E’ già da tre
mesi, ma
ho avuto talmente da fare che nemmeno me ne sono accorta – spiegò.
Tsuyoshi l’abbracciò con fare protettivo – Anche perché non ha avuto
alcun
sintomo –
Gli amici rimasero senza parole per alcuni minuti, ma poi uno ad uno si
alzarono per congratularsi.
-Sono così felice, Aya – le disse Sana, passandole le braccia intorno
alle
spalle. Era commossa.
-Anche io Sana. Ehi, che fai, piangi? – le chiese, asciugandole gli
occhi con i
polpastrelli – Guarda che mi dovrai aiutare con questo bambino. Sai
quanto sono
impedita io con queste cose. E poi sarà felicissimo di avere una zia
pazza come
te! –
Si sorrisero.
-Bel colpo, amico – disse Akito, dando un’amichevole pacca sulla spalla
a
Tsuyoshi.
-Grazie Hayama – gli disse questo.
-Ragazzi, dobbiamo uscire a festeggiare – urlò Gomi.
Tsuyoshi quasi lo sbranò – No, Gomi! Aya non deve affaticarsi! –
Akito roteò gli occhi al cielo – Eccolo che comincia. Aya, sicura di
poterlo
sopportare così per altri sei mesi? – le domandò, scoppiando a ridere
quando
Tsuyoshi gli si lanciò addosso con il preciso intento di strozzarlo.
Aya scoppiò a ridere – Tu scherzi. L’altro giorno non ha voluto che
apparecchiassi la tavola –
-Sei il solito megalomane esagerato, Tsuyoshi, quel bambino crescerà
con delle
turbe – continuò a sghignazzare Akito.
Fuka rimase a pensare – Avevo scelto un film dell’orrore per questa
sera. Ma
direi che alla luce dei nuovi avvenimenti, sarebbe meglio evitare
squartamenti
ed omicidi vari – disse, sorridendo ad Aya.
-Guardiamo un film d’amore! – proposero le ragazze.
-Va bene! – acconsentì Tsuyoshi, tornando a sedersi composto di fianco
alla sua
Aya, abbracciandola.
-CHE PALLE!-
*
-Beh,
allora buonanotte – fu la risposta di Fuka ai titoli di coda del film
dell’orrore che qualche ora prima lei aveva scartato. Dopotutto, una
volta che
Aya e Tsuyoshi se n’erano andati, perché non approfittarne?
-Ciao – rispose laconicamente Akito, ancora imbambolato davanti allo
schermo
della televisione, senza nemmeno darsi la pena di girarsi verso di lei.
-Sana, puoi venire un attimo di là con me? – domandò Fuka alla sua
amica, mezza
appisolata sul divano e rannicchiata sotto una coperta gigante (e
inadeguata
vista la stagione).
Sana mugugnò qualcosa, ma allo sguardo minaccioso di Fuka dovette
cedere – E va
bene, arrivo. Che strazio –
La sua fastidiosa coinquilina se la trascinò fino al bagno e poi la
spinse
dentro, chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
-Manda via Akito – la ammonì Fuka.
Sana – capelli per aria, sguardo meno sveglio del solito ed
espressione quanto mai ebete
– la fissò ed esordì con un bel – Eh? –
-Senti – cominciò Fuka spazientita – Non puoi rimanere da sola con lui.
Credevo
di rimanere fulminata in quest’ora e mezza di film –
Sospirò.
-Eh? – ripeté nuovamente Sana. Si era per caso incantato il disco?
-Ma si, svegliati! – squillò, afferrando Sana per le spalle e
scuotendola un
po’. L’unico risultato che ottenne fu quello di stordire l’amica ancora
di più.
-Mentre stavo seduta tra te e lui, prima, la tensione si tagliava con
il
coltello. Caccialo, ti dico – spiegò, concludendo con quanto già detto.
Sana scosse il capo – Ma che dici? Quale coltello, quale tensione? –
Fuka mise le mani sui fianchi – Non me n’ero mai accorta prima d’ora,
ma è vero
quello che dicono tutti
–
-Tutti?
–
-Si, lascia perdere. Comunque sia, caccialo. Non puoi restare da sola
con lui,
vi salterete addosso in meno di dieci minuti, giuro –
Sana sbuffò e si appoggiò con un braccio alla parete accanto a sé, in
una posa
che ricordava un po’ il mese di aprile del calendario – Senti, ma che
cosa sono
queste sciocchezze? Capita spessissimo che io e Akito rimaniamo da soli
e non è
mai successo niente… -
Fuka ammiccò, maliziosa – Fino
ad oggi –
-E poi io sto insieme a Naozumi… - proseguì Sana, imperterrita e
ignorando
volutamente l’allusione stupida della sua fastidiosa coinquilina (come
già
detto).
Fuka fece spallucce – Beh, d’altronde fai come vuoi. Io lo dicevo per
te… E per
Naozumi, che mi sembra già abbastanza incavolato da sé, senza bisogno
di
esagerare –
-Te lo ripeto, Fuka, io e Akito… -
Fuka le sventolò una mano davanti agli occhi – Si, non mi interessa. Ho
troppo
sonno per preoccuparmi di queste stupidate –
Sana si accigliò – Ma sei stata tu a cominciare… -
Fuka le puntò un indice contro – Non dire sciocchezze. – sospirò beata
– Adesso
vado a dormire. Buonanotte Sana – la salutò, sempre con quella mano
odiosa che
sventolava ai quattro venti, manco fosse stata una bandiera.
Sana tornò in salotto con un diavolo per capello. Andò a sedersi
accanto ad
Akito, ancora nella stessa posizione di cinque minuti prima, ed
incrociò le
braccia al petto, sbuffando.
Akito si voltò a guardarla, sorpreso – Beh? Che c’è, Kurata? –
Sana si alzò in piedi e gli si piazzò davanti. Sbuffò ancora – Niente.
Solo
Fuka è completamente fuori di cervello – constatò, dandogli le spalle e
cominciando a misurare il salotto a grandi passi.
Akito si grattò il mento – E dov’è la novità? –
Sana rise, un po’ di cuore – Temo che tu abbia ragione, sai? Solo che
la sua
pazzia comincia ad infastidirmi – ammise, tornando a sedersi accanto a
lui.
Akito parve pensarci su e poi fece spallucce – Tu mi infastidisci da
più di
dieci anni e non mi sono mai lamentato –
-Grazie tante – gli rispose solamente lei, sarcastica fino
all’inverosimile.
Passò un lungo istante di silenzio, durante il quale il ragazzo si
limitò a
leggere le notizie di un telegiornale notturno, che li informava
dell’ennesima
trattativa politica per compiere taluna cosa. Sana giocava nervosamente
con le
sue stesse mani. Il ritratto della pazzia, insomma.
-Akito? – lo chiamò alla fine lei e lui si limitò a risponderle con un
suono
gutturale non ben identificato.
-Posso abbracciarti? – gli domandò, innocentemente.
Senza nemmeno voltarsi a guardarla, e continuando a fare zapping tra i
vari
canali (che a quell’ora di notte proponevano cose più o meno lecite),
le
rispose soltanto – Fai come vuoi –
Sana lo prese come un sì, e gli si accovacciò su un fianco,
stringendolo forte
e percependo (senza capire come) il battito del cuore di Akito che
aumentava.
Le sembrava quasi che gli stesse per esplodere nel corpo. Poi lui le
passò un
braccio intorno alle spalle.
Rimasero così, immobili, per un tempo indefinito – Sana notò soltanto
che la
lancetta dell’orologio aveva compiuto un mezzo giro e cominciò a
torturarsi con
i denti la nocca del suo indice destro, rimuginando tra sé.
“Ma quale
tensione? Io e
Akito siamo solo due amici, che una volta stavano insieme e che hanno
conservato un bellissimo rapporto. Non c’è nulla di compromettente in
questo
abbraccio” si disse, ignorando però di proposito il brivido
causato
dalla mano di Akito che, involontariamente, le aveva sfiorato la pelle
delicata
del collo.
“E’ solo un
caso. Ho un
po’ freddo” imperversò, rannicchiandosi ancora di più
contro di
lui.
-Forse ora è meglio che vada – decretò infine Akito, spegnendo la
televisione e
rimanendo a fissare la loro immagine riflessa nello schermo nero.
Riluttante, Sana si alzò in piedi e lui la imitò. Teneva lo sguardo
fisso a
terra. Forse, dopotutto, un po’ di tensione nell’aria c’era eccome.
-Cosa pensi di Aya e del bambino? – gli chiese lei, sottovoce, tanto
per dire
qualcosa.
La sua voce, sebbene fosse solo un sussurro per non svegliare Fuka che
stava
sicuramente già dormendo, ebbe l’effetto di una bomba nella testa di
Sana.
Lui sobbalzò e fece spallucce – Cosa devo pensare? Sono immensamente
felice per
loro. Tu no?-
Sana annuì – Certo. Non ce li vedo ancora con un figlio, ma penso che
mi ci
abituerò – gli confessò, in un sussurro.
– Nemmeno dovessi averlo tu il figlio – disse lui.
- Già – annuì Sana, sorridendo – Ma sai che è una cosa che mi
piacerebbe
tantissimo – scherzò.
I remember december
And I wanna hear
what you
have to say about me
Hear if you're
gonna live
without me
I wanna hear
what you want
Damien Rice – I remember
Akito alzò lo sguardo di scatto e poi disse – Sì. Sì, me
lo ricordo -
Lui la osservò in faccia, silenzioso, e lei sostenne il suo sguardo.
Era forse
la stanchezza, ma Akito avvertiva un distinto ribollire di sangue
all’interno
del suo corpo.
Mosse un passo verso di lei. Sana rimase immobile, in attesa di qualcosa. I
loro corpi
divisi ormai soltanto da un impalpabile soffio d’aria, lei con il viso
proteso
verso quello di Akito. Immobile.
“Sana, ma che fai?”.
Negli ultimi anni la coscienza di Sana si era sdoppiata negli ormai
noti
angioletto e diavoletto. Uno che elargiva consigli buoni e l’altro che
la spronava
a comportarsi male.
“Ignoralo,
aspetta che
Akito faccia qualcosa”
“Tu sei
fidanzata con
Kamura”
“Quell’idiota.
Se hai la
possibilità, fatti Akito”
“Ma lei ama
Kamura, non
l’hai sentita oggi?”
“Lei mentiva”
“No, Sana ama
Kamura”
“STATE ZITTI”
li rimproverò Sana. Era ormai evidente la sua pazzia.
Akito schiuse le labbra appena e rimase a guardarla immobile. Riuscì
persino ad
udire il ronzare di una dispettosa zanzara che lo tallonava già da una
buona
mezzora.
-Sana...- sussurrò.
Udirono un rumore di chiavi che proveniva dall’ingresso e la porta si
aprì.
-Sa... Ah, ciao Akito! –
Naozumi era appena entrato in casa e parve abbastanza irritato nel
constatare
che la sua
ragazza era ancora sveglia e che Akito
stava ancora a casa sua. E
che Akito le stava così vicino.
-Ciao amore! – squillò Sana, improvvisamente sveglia, correndogli
incontro.
Akito non se lo seppe spiegare, ma provò una distinta nota di fastidio
nel
vedere Sana schioccare un dolce bacio sulle labbra di Kamura.
-Cosa ci fai qui?-
Naozumi le sorrise – Avevo voglia di vederti, visto come ci siamo
salutati oggi
– le spiegò, abbassando il capo a mo’ di scuse.
Akito si sentì di troppo – Beh, io andrei. Buonanotte – disse, senza
aspettare
le solite frasi di circostanza che lo avrebbero poi invitato a fermarsi
ancora
per scambiare quattro chiacchiere. E lui non ne aveva proprio voglia.
-Ciao Akito! – lo salutò Sana, osservandolo in modo strano.
Lui fece un cenno con il capo a Kamura, che annuì. Perché sprecare
parole per
quell’emerito imbecille?
-Entro in casa e con chi ti vedo? Con Hayama a poco meno di cinque
centimetri
dal volto – la punzecchiò, ma Sana roteò gli occhi al cielo.
-Non cominciare Naozumi, altrimenti mi arrabbio sul serio – lo
rimproverò –
Stavamo solo parlando del fatto che Aya sta per avere un bambino -
Naozumi spalancò la bocca – Aya è incinta? – chiese.
Sana annuì felice – Ma ci pensi? Tra qualche mese sarà mamma! –
Era fuori di sé dalla gioia.
Naozumi la osservò sorridendo, dolcemente.
Sana se ne accorse – Perché mi guardi così? –
Il ragazzo le circondò la vita con le braccia e l’attirò a sé – A volte
mi
dimentico quanto ti amo – le confessò, baciandola con dolcezza.
Sana ricambiò, allacciandogli le braccia dietro al collo.
Lui la prese in braccio e la trasportò fino alla sua camera da letto.
Sana rise
– Che fai, Kamura? Così cadiamo –
La lasciò cadere sul letto e chiuse a chiave la porta.
-Che vuoi fare? – gli domandò lei, ridendo, anche se conosceva già la
risposta.
- Non lo so. Tu cosa credi che voglia fare? – le chiese, mentre
cominciava a
sfilarle la magliettina scollata che aveva desiderato toglierle fin da
quando
era entrato in casa, fin da quando l’aveva vista in piedi, vicino ad
Hayama.
-Io credo, che tu voglia marcare il tuo territorio in modo che Hayama
non possa
più nemmeno avvicinarsi – gli rispose lei, ma ormai non rideva più.
Tutta
l’allegria aveva lasciato posto ad una passione fin troppo eccessiva,
visto che
solo quella mattina avrebbe voluto prenderlo a schiaffi.
Prese a baciarlo con foga.
- Se basta così poco per tenerti lontana da Hayama, diamoci subito da
fare –
rise lui sulle labbra di Sana, continuando a spogliarla.
Ben presto le loro risate e le loro parole, furono soppresse da una
serie di
sospiri.
I want you here tonight
I want you here
'Cause I can't
believe
what I found
I want you here
tonight
I want you here
Nothing is
taking me down.
Except
you my love.
Damien Rice – I remember
*********************************************
(*)
in
realtà, se la memoria non mi inganna, Fuka dovrebbe essere pure brava a
cucinare. Dettagli,
mi piaceva l’idea di lei e Sana – di cui invece sono sicura – viste
come due
piccoli impiastri in cucina e siccome nei prossimi capitoli sarà un
particolare
su cui calcherò un pochino, rimane. Così
è se vi pare.
Ebbene,
come annunciato, eccomi qui di nuovo con questa storia. Ormai mi ci
sono
imbarcata e la finirò, mi mancano giusto due o tre capitoli conclusivi
da
scrivere, ma con la fine della scuola troverò tutto il tempo. Ad onor
del vero,
questo primo capitolo non mi convince per niente, mi serviva più che
altro come
incipit per iniziare e ovviamente mi è uscito da schifo _._ Niente mi
farà
cambiare idea, ho troppo l'impressione che manchi qualcosa che invece
doveva
essere assolutamente raccontato, ma non sono riuscita ad individuare
cosa.
In
ogni caso, nemmeno vi sto a dire la pelle d'oca a scrivere la scena
finale **Bleah,
checchifo**.
Potete
considerare questa fic come il continuo di "My Sorrow", visto con
cinque anni di ritardo. In ogni caso, è leggibile senza aver letto
quella,
visto che i richiami saranno giusto un paio e sparsi qua e là.
Per
ora è tutto, ci aggiorniamo tra una settimana, spero.
Ale69
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