Pensare una poesia,
scrivere una poesia senza ispirazione, è difficile. Rimane
lì a guardare il foglio bianco, sperando quasi che le parole
vangano da sole... sospira, prende la penna e comincia a scrivere.
'Un morbido velo di nero
velluto, la tua chioma
incornicia la liscia e candida seta del tuo viso
I tuoi occhi, profondi laghi nei quali dolce
mi sarebbe l'annegare, se anche dovessi perire;
Un rosso, palpitante rubino, ma vivo e attraente
carico di promesse d'amore, di gioia e dolore;
E la tua voce, che come il più dolce canto
di sirena mi cattura e mi tiene a te, intrappolato
dalla più bella musica che per sempre
vorrei ascoltare vivendo della sua bellezza.'
Rilegge la poesia, due, tre, quattro volte, senza cambiare una sola
parola. Non ne è pienamente soddisfatto, ma non lo
è per nessuno dei suoi lavori, quindi non ci fa caso. Avendo
cambiato spesso canzoni e poesie dalla prima all'ultima parola alla
seconda lettura, questo è un lavoro più che
soddisfacente. Adesso si prepara al meticoloso lavoro di scrittura in
calligrafia.
Prepara un foglio di carta ingiallita simile a pergamena e la sua penna
stilografica, riga, squadra e matita; traccia i leggeri segni delle
righe che guideranno i segni della sua scrittura, poi carica
pazientemente la penna. Scrive elegantemente, inclinando la scrittura e
ornando le lettere, senza però renderle illeggibili. Dopo
un'ora ha finito, soddisfatto dell'aspetto del foglio, solcato dalle
linee di inchiostro seppia che ricorda il colore del sangue secco.
Macabro e forse inappropriato per questo tipo di poesia... spero che la
apprezzi lo stesso...
«Benritrovato. Come va?»
«Ho finito la poesia... spero ti piaccia... io non ne sono
del tutto convinto, ma non lo sono con nessuno dei miei
lavori...»
«Male, dovresti essere il primo a credere in quello che fai.
Adesso aspetta che la leggo e poi ti dico come mi sembra.»
Scorre rapidamente il foglio, facendo un leggero fischio di ammirazione
alla fine.
«E questo lavoro non ti convince? Davvero, ti svaluti troppo.
Va bene essere modesti, ma quando è così vuol
dire proprio disprezzarsi... e le tue capacità non lo
meritano.»
Imbarazzato, Nemo replica debolmente.
«Un sacco di altra gente avrebbe potuto fare di
meglio...»
«E qui ti sbagli. Altri poeti forse sì, ma lo
avrebbero scritto secondo la loro visione del mondo... e dato che
quest'ultima è unica per ciascuno, nessuno avrebbe potuto
fare meglio di quanto hai fatto tu, perché sarebbe stato
diverso. E comunque è davvero una bella poesia. Queste
settimane di attesa sono valse la pena.»
«Beh... grazie... sono felice che ti sia
piaciuta...»
«Comunque, quella poesia rende anche lampante un'altra
cosa.» prosegue Pan.
«Cosa?»
«Che quella canzone dei Sonata Arctica, Misplaced, ti si
addice molto. Fuori posto. Non ti senti così a
volte?»
Nemo sorride.
«A volte? Dì pure quasi sempre. Sono convinto che
starei meglio in un altro tempo, forse addirittura in un altro
spazio...»
«Nessuno può dire cosa sarebbe e cosa no.
Purtroppo ti è toccato in sorte questo mondo, e se ti ci
senti fuori posto cerca di trovare un modo sopportabile per restare.
È l'unica cosa che puoi fare.»
Camminano per un po', chiacchierando del più e del meno. Le
ore passano veloci, e con una punta di tristezza Nemo torna a casa...
«Pronto Nemo? Che c'è?»
«Volevo sapere se avevi impegni per domani o se potevamo
vederci il pomeriggio.»
«...»
«Sei ancora in linea?»
«Sì... stavo solo andando a controllare il
tempo... pare che stia cominciando a nevicare... hai fatto una proposta
romantica... a me, poi...»
«...»
«E dai, scherzavo... sai bene che come ogni 14 che si
rispetti, domani sarei stata libera, quindi mi va benissimo vedermi con
te... ma ad una condizione: che tu venga a mani vuote. Va
bene?»
«Sicuramente a me non costa niente... ci vediamo domani,
allora. Ciao.»
Rimette giù il telefono e resta a domandarsi se ha fatto
bene. Ha paura di perdere un'altra amica, e non vorrebbe aver commesso
un errore. Ormai però quello che è fatto
è fatto...
Buffo... pensai la stessa cosa anche l'altra volta... ma niente
è più vero; non si può mai tornare
indietro.
«Buon pomeriggio, carissimo.»
«Buon pomeriggio a lei, madamigella.»
Un veloce bacio sulla guancia.
«Allora, cavaliere, come mai questa richiesta galante? Che
cosa l'ha spinta a tanto?»
«Mah, io pensavo ad un semplice pomeriggio tra amici...
niente, insomma, di galante o romantico...»
La ragazza sorride tra sé.
Ma quando sarà sincero
con se stesso?
«E allora il programma è di camminare senza una
meta precisa, giusto?»
«Esattamente, milady.»
«In tal caso, mi permetta almeno di appoggiarmi al suo
braccio.»
«Volentieri.»
Cominciano a camminare.
«Credo che chiunque avesse sentito la nostra conversazione di
prima avrebbe pensato che siamo pazzi.»
«La cosa ti dà fastidio?»
«No, mi fa ridere. Il che, va detto, è una buona
cosa, considerato quanto raramente io rida.»
«Ma siccome la follia è una questione di punti di
vista, a me sembra piuttosto che siano loro i pazzi e noi i normali,
non credi?»
Nemo ride.
«È semplicemente fantastico... con quante altre
persone potrei parlare di filosofia il giorno di San Valentino? Sono
felice e onorato di poter stare con te oggi.»
«Non hai intenzione di tirar fuori un regalo dal nulla, vero?
Perché ti avevo detto di venire a mani vuote.»
«No, tranquilla, non ho niente con me. Anche se, volendo
essere immodesti, la mia presenza non è di così
basso valore.»
Adesso è Pan a ridere. Un suono dolce, cristallino, che fa
rabbrividire Nemo in ogni fibra del suo essere.
E vorrei negare di
amarla? Anzi, mi stupisco di essermene accorto solo ora.
Continuano a camminare, lungo le bancarelle allestite per la strada.
Una, in particolare, vende fiori di legno.
«Aspettami un attimo, devo prendere una cosa.»
Nemo torna indietro, compra un mazzo di fiori e si avvicina a Pan senza
farsi notare.
«Per te. Sorpresa!»
La ragazza prende i fiori e li annusa divertita.
«Ti avevo detto di venire senza niente... vuoi sempre fare di
testa tua, vero?»
«Ma io infatti non ho portato niente- dice Nemo con aria da
falso innocente -questi li ho comprati adesso, e non mi avevi vietato
di farlo.»
«E va bene, hai ragione... ma perché dei fiori di
legno? Ammetterai che è un regalo piuttosto
insolito.»
«Francamente, mi è sempre sembrato strano
– e un pochino di cattivo auspicio – regalare
qualcosa di così caduco come un fiore vivo. Vuol dire che
l'amore non durerà per sempre? È vero che tutto
finisce, ma non vorrei che fosse così in fretta. Invece
questi fiori durano quasi in eterno; basta ricordarsi di pulirli dalla
polvere ogni tanto e di profumarli quando l'essenza è
evaporata tutta. E in aspetto non sono così da meno di un
fiore vero.»
Ricominciano a camminare, mano nella mano.
«La tua cassa toracica è abbastanza robusta,
vero?» chiede Pan.
«Eh? Cosa vuoi dire?»
«Semplicemente che dalla forza del battito che sento
attraverso la mano, ho l'impressione che tra poco il tuo cuore
correrà da solo.»
Lo guarda sorridendo.
«Hai intenzione di confessarmelo subito o di aspettare
l'ultimo minuto?»
«Adesso ancora non so che dire, non mi sembra di riuscire a
trovare le parole giuste... e sicuramente, il posto non è
dei migliori. Andiamo al parco.»
«Credi che abbia un'atmosfera più
romantica?»
«No, ma mi sento sempre più rilassato tra alberi e
prati piuttosto che fra case e strade.»
«Bene, eccoci qua. Allora, sei rilassato? Calmo e
tranquillo?» Nemo la guarda come se la vedesse la prima volta.
«Non mi pressare, accidenti! Sono già nervoso, se
poi fai così è difficile che riesca a
concentrarmi!- dice in tono gentile. -Resta comunque il fatto che non
riesca a fare una frase d'amore completa. Magnifiche partenze che poi
rimangono senza fine... mi sembra logico, dopotutto. L'amore non deve
avere fine, non trovi?»
«Dimmi la verità, quando hai capito che mi
amavi?»
«Non ne ho la più pallida idea, ad essere sincero.
Ma mi hai sempre trattato bene, mi sei stata vicina quando ero
disperato, mi hai sopportato nei miei monologhi e nelle manifestazioni
della mia follia, anche se sono stato scontroso e brusco non mi hai
lasciato... e io mi sono affezionato a te, più di quanto
forse non abbia ammesso con me stesso, e per tutto questo voglio
ringraziarti donandoti quello che credo possa essere più
prezioso... il mio amore. Voglio tornare a provare emozioni, a ridere e
piangere -magari di gioia- e voglio farlo con te al mio fianco. Voglio
proteggerti, aiutarti, voglio... così tante cose, per me e
te, per noi... voglio amarti.»
Pan rimane in silenzio, dopo aver ascoltato il fiume di parole uscito
da Nemo.
«Beh, ce ne hai messo di tempo per capirlo... un mese per
scrivere la poesia, scritta in un modo che trasudava amore... avrebbe
fatto commuovere anche una pietra... e poi altri due mesi prima di
deciderti... ma si può dire che le decisioni più
ponderate siano le migliori. Adesso non menti più a te
stesso, eh? Era ora, dico io. E sono ben felice di ricambiare il tuo
amore, sperando che sia come questi fiori... eterno.»
Nemo sta per obiettare che quei fiori non sono eterni, ma il bacio che
riceve soffoca qualsiasi cosa volesse dire. E allora capisce di essersi
sbagliato, perché esistono attimi eterni... ne sta vivendo
uno in quel momento.
Di nuovo un sogno. Stavolta però l'atmosfera è
più rilassata, più gioiosa. Si trova in una
radura, in mezzo ad un bosco, e il sole è alto nel cielo.
Non c'è nessuno, così si avvicina alla pietra al
centro della radura. Vi sono scolpiti dei simboli che sembrano di
fattura celtica. Sente un fruscio dietro di lui e vede delle persone
uscire dal bosco. Hanno tutti lo stesso aspetto, tranne uno che sembra
lo stereotipo del druido. Indossa come tutti un mantello bianco, ma ha
la faccia di un anziano, i capelli e la barba lunghi e candidi come la
neve, e si regge con un bastone. Di sfuggita vede che c'è
anche una donna. È l'anziano ('il saggio', così
lo ha chiamato tra sé) il primo a parlare.
«E così, ci vediamo un'ultima volta, per dirci
addio. Hai scelto la tua strada.»
Nemo resta silenzioso per un attimo, poi risponde.
«Voi siete... me?»
«Esatto. Devo dire, in effetti, che è improprio
chiamare questo un addio, dato che saremo sempre con te... anzi, in te.
Però, dicevo, tu hai scelto di vivere per sempre nel mondo
'reale'... hai scelto di essere un uomo comune, anzi mi correggo, un
uomo non comune ma che è comunque solo un uomo.»
Nemo è disorientato, ma sa cosa rispondere.
«Puoi biasimarmi per la mia scelta? Finalmente ho trovato
l'amore... e se anche nel 'reale' dovessi soffrire, non credo che
rimpiangerò di aver chiuso per sempre la porta al mondo dei
sogni. Ma, quando dormo, non posso sempre tornare qui?»
Gli altri sé si guardano tra loro; qualcuno scuote la testa.
Di nuovo, è il Saggio a parlare.
«No, non posso biasimarti. Chi trova l'amore ha il diritto di
tenerlo – se vuoi il mio consiglio, prenditi cura di lei
– ed è perfettamente comprensibile se adesso vuoi
rimanere nella tua realtà. Ma, come avrai capito, non potrai
tornare qua, perché questo non è un vero e
proprio sogno. I sogni veri e propri sono interpretazioni della
realtà, mentre questo è un mondo parallelo. Non
so come spiegartelo meglio.
«Se avessi deciso di vivere qua, sarebbe stato un vero e
proprio trasferimento di coscienza, e non crederesti che questo fosse
un sogno. Nello stesso tempo, il tuo corpo avrebbe potuto continuare a
vivere normalmente oppure piombare in coma, non lo so. Avresti potuto
prendere il posto di uno di noi, che sarebbe quindi diventato la tua
nuova coscienza. Ma è inutile fare ipotesi su quello che non
è; in realtà neanche noi conosciamo bene le leggi
che regolano questo luogo. Ma, in ogni caso, avresti trovato l'amore
anche qua, sai? Però è giusto che tu viva nel tuo
mondo, come noi nel nostro. Saremo sempre con te, in ogni
caso.»
Allora Nemo capisce che la ragazza è l'alter-ego di Pan, e
si domanda come abbia fatto a non pensarci prima. Ad uno ad uno, si
fanno avanti tutti i vari sé per salutarlo; lo Sfregiato,
con una grossa cicatrice al centro della fronte; il Pazzo, che gli
porge una pietra come ricordo; l'Innamorato, accompagnato da Pan;
è lei a parlare, mentre lui la guarda adorante; il
Misantropo rimane in disparte e non si avvicina a lui, e la cosa non
gli sembra neanche tanto strana. Poi è la volta del Piromane.
«Non potrai più dar fuoco agli uomini di carta, se
te ne andrai.»
«Allora ogni tanto accendi un rogo per me. Ma c'è
più di un modo per bruciare una persona... e forse
continuerò anche nel mio mondo a distruggere gli uomini di
carta. Nessuno può dirlo.»
«Allora dovrai dirlo tu, Nemo. Mi sembra che sia logico; la
vita è tua e sarai tu a viverla.»
Infine si avvicina il Saggio.
«Tieni la pietra che ti ha dato il Pazzo sempre vicino al tuo
letto, e può darsi che ci rivedremo. Niente è
eterno, tranne questo limbo... e la fine non è mai scritta.
A presto.»
Si sveglia per colpa di un dolore al fianco. Qualcosa di duro gli preme
sul ginocchio; va a prenderlo per vedere cosa possa essere e rimane
sorpreso quando tira fuori un sasso da sotto le coperte.
«Cosa diavolo ci fa un sasso nel mio letto?» si
domanda. Poi gli torna in mente il sogno, e ricorda tutto... e sorride.
Poggia il sasso sul comodino, poi si alza. Un altro giorno da vivere,
un altro giorno per amare. Ieri è stata gioia, oggi
bisognerà lavorare per poter gioire ancora... e
sarà dolce fatica, leggera e ben sopportabile. Rivedere
Pan... a conti fatti, gli eventi di ieri sembrano un sogno ben
più dell'addio di stanotte. Spegne la luce e esce di casa.
Per Nemo un capitolo si è chiuso, e adesso ha davanti a
sé una distesa di pagine bianche su cui scrivere...