Infernale,
eterna, dannazione.
Bella
I miei giorni passavano con la lunghezza di anni, affiancati dalla
sofferenza continua.
I Cullen avevano
escogitato un piano difensivo intorno a tutta la città. I
licantropi si erano messi sulle tracce di mio padre e del padre di
Jacob: a Forks non si parlava d'altro che della scomparsa dello
sceriffo Swan e del vecchio Billy Black.
Jasper aveva fatto
un ottimo lavoro: aveva sfruttato le sua abilità da stratega
per eludere al potere della stessa Alice -colei che amava-, cambiando
continuamente la sua meta e le sue decisioni nella sua missione di
richiesta d'aiuto in giro per il mondo; mettendo a rischio se
stesso, aveva radunato a casa Cullen amici di vecchia data, poi era
ritornato anche lui, sano e salvo.
Mentre io stavo
morendo.
Me lo sentivo che
era così.
Quanti giorni erano
passati da quando Rosalie mi aveva raccontato la sua storia? Non avrei
saputo dirlo.
Da quanto tempo non
toccavo cibo per paura di rimettere tutto? Da troppo.
Edward ed Eleazar
non facevano altro che condurre ricerche sulla gravidanza e l'organismo
dei vampiri, prelevando macchinari e medicine dall'ospedale.
Avevo sbagliato
un'altra volta, come sempre. Non avrei dovuto intestardirmi
egoisticamente a far nascere il mio bambino. Per colpa mia, era nata
una guerra tra due mondi. Per colpa mia, i licantropi erano stati
invischiati in una faccenda che non li riguardava in prima persona.
Charlie e il padre di Jacob erano introvabili: innegabile pensare che
non centrassero creature sovrannaturali nella loro scomparsa.
Ma oramai ero
arrivata al capolinea, non avevo neppure la forza di pensare a tutto
ciò. L'unico motivo per cui non me ne ero ancora andata, era
la mia ostinazione a rimanere aggrappata alla vita, almeno quel tanto
necessario per fare uscire la creatura che dimorava nel mio corpo.
Sapevo che Rosalie se ne sarebbe presa cura al posto mio, anzi, ero
sicura che lei avrebbe preferito farlo senza di me.
Mi stavo spegnendo
poco a poco. Prima mi aveva abbandonata la vista, poi il mio amore, e
adesso, stava per abbandonarmi il cuore. Ciò che avevo
pensato la sera del mio primo bacio con Carlisle, si stava avverando.
Stavo morendo poco alla volta.
- Bella! Bevi
questo, ti prego! -
Riconobbi la voce
di Jacob.
Già,
Jacob... Come fosse arrivato nella... insomma, nel posto in cui mi
trovavo, non mi era dato saperlo.
Sentii il fuoco
sulla mia pelle, la forma di cinque dita sulla mia guancia, che
cercavano di sollevarmi il mento.
- T-togli la
mano... Mi scotti! - rantolai. Da quando ero rimasta incinta, la mia
temperatura corporea era scesa a dismisura e le giornate le passavo coi
sudori freddi, incapace di sopportare qualsiasi cosa superasse i 25
gradi.
- Da qua, faccio
io. - sentii dire da Rosalie.
Un istante dopo,
stavo aprendo la bocca per permetterle di darmi da bere. Mi fidavo
ciecamente di lei, perciò non ebbi bisogno di chiederle
spiegazioni.
Il liquido
entrò caldo nella mia gola, procurandomi a sorpresa una
sensazione piacevole, e ridiscese saporito nel mio stomaco. Berlo
risvegliò le mie papille gustative e il ricordo di come si
facesse a mangiare. Uno strano calore esplose dolcemente nella mia
pancia come un soffio vitale di vento, regalandomi il conforto di un
abbraccio e di mille carezze.
- Ne voglio ancora.
-
Rosalie
esaudì la mia richiesta. Non sapevo cosa fosse, ma una cosa
era certa: quella bevanda sarebbe diventata la mia ambrosia, o in
alternativa, la mia droga. Più ne bevevo, più ne
volevo e mi sentivo rigenerata. In quel momento ero io la bambina
affamata che si stava facendo allattare pazientemente dalla madre.
- Che schifo...
Anche lei... - sentii mormorare da Jacob, con voce disgustata.
- Ma se la
farà stare bene!... - proruppe Tanya, in un'esclamazione che
lasciò in sospeso.
Con somma gioia
scoprii che il mio udito stava riprendendo a funzionare bene.
- Il sangue nutre
la creatura... - sussurrò Edward, la voce velata da una
sconcertata meraviglia.
Inghiottii troppo
velocemente, rischiando di risputare fuori il tutto.
- E' sangue? -
- Sì.
Scandalizzata? E' stata un'idea del tuo cangnolone. Se devo essere
sincero, siamo stati proprio degli idioti a non pensarci prima: la
creatura è per metà vampira, no? Quindi
è ovvio che le piaccia il sangue!…
Sarà che con tutto quello di cui ci stiamo occupando, non
abbiamo avuto tempo per fermarci un attimo a riflettere. -
La voce di Emmett
fu una toccasana, sentirla fece svanire in me lo sgomento per la
scoperta appena fatta.
- Dovremo prelevare
altro sangue dall'ospedale. - dichiarò Jasper.
- Sangue dei
donatori. Tranquilla Bella, non abbiamo ucciso nessuno. - si
affrettò a spiegare Edward.
Mi sistemai meglio
sul divano, riuscendo finalmente a trovare una posizione confortevole.
- Grazie. -
Mi vergognavo di me
stessa, perché quella era l'unica parola che potessi dire
loro. Mi addormentai con lo stomaco pieno, risvegliandomi poco dopo a
causa dei colpi violenti che provenivano dall'interno della mia pancia.
Nutrendo il mio
bambino, gli avevo donato una nuova forza, una forza che lo induceva a
darmi dei calci. Non riuscivo ad odiarlo, seppure mi facesse soffrire,
perché in quel gesto era racchiusa l'innocenza di una
creatura inconsapevole che, come tutti i neonati, voleva farsi sentire
dalla sua mamma e dimostrarle il suo amore.
Carlisle
Poteva trattarsi di
una trappola, ma non avevo intenzione di sprecare
quell’occasione.
Finalmente Aro mi
aveva concesso di vederla.
Durante la mia
breve permanenza nella reggia dei Volturi secoli prima, nessuno mi
aveva mai informato dell’esistenza di una segreta.
Probabilmente i tre fratelli la tenevano in serbo per i trasgressori
della loro legge macchiati delle più gravi colpe, per
poi lasciarli marcire nelle celle umide e buie, ed infine
ucciderli per compiacersi della loro sofferenza.
Eppure, mentre
percorrevo il corridoio, non avvertivo alcuna presenza oltre a quella
di colei per cui mi ero addentrato fin laggiù.
Mi fermai davanti
alle sbarre dell’unica cella illuminata dalla fioca luce di
una lampada. Esme era accucciata in angolo del pavimento, le ginocchia
raccolte al petto, lo sguardo fisso nel vuoto; la luce della lampada
giocava a riflettersi nella sua chioma color caramello, donandole
sfumature dorate. Sembrava non mi avesse sentito o visto. Alec doveva
averle inibito i sensi, come faceva continuamente con Heron.
-
Esme. – la chiamai.
Sussultò,
alzando lentamente la testa. Rimasi scioccato dallo sguardo e
dall’espressione irriconoscibile dipinti sul suo viso. La
dolcezza aveva lasciato posto alla stanchezza e al vuoto. Due spesse e
scure occhiaie accentuavano il colore nero delle sue pupille. Esme era
debole e assetata.
-
Esme… - mormorai, dolcemente. – Sono io,
sono Carlisle. –
-
C-Carlisle? – domandò, stupefatta.
Mi inginocchiai
davanti alle sbarre, per guardarla faccia a faccia.
-
Cosa… cosa sta…? E’
un’allucinazione di Alec. – concluse poi, delusa.
-
No, Esme. Faccio parte della guardia dei Volturi, adesso.
– spiegai.
Lei
spalancò gli occhi, sconvolta dalla notizia. – Non
ci credo. Il Carlisle che ho conosciuto io non farebbe mai una cosa
simile. –
Le parole le si
trascinavano faticosamente sulla lingua.
-
Ma lo farebbe per la sua famiglia. – fu la mia
risposta.
Bella
-
Non potete andare avanti così, a prelevare sangue
dall’ospedale. –
La mia voce era
ritornata quella di sempre. Il mio nuovo nutrimento aveva dato ottimi
risultati negli ultimi giorni.
-
Faremo in modo di non prelevarlo dallo stesso ospedale.
– mi assicurò Edward.
Dall’esterno
provenne il rumore di un basso grido di dolore.
-
Cosa è stato!? – domandai, rizzandomi a
sedere sul divano.
Il mio bambino mi
diede un calcio alla pancia che mi fece venire lo stimolo di vomitare.
Ormai mi ero abituata alla perenne sensazione di nausea,
perciò feci del mio meglio per non badarvi.
-
Kate sta dando del filo da torcere a Garrett. –
spiegò Rose.
Garrett, Siobhan,
Vladimir, e tanti altri nomi… Faticavo a ricordarli tutti,
era come ritrovarsi in una nuova classe il primo giorno di scuola. A
volte mi inquietava il pensiero di una ventina di vampiri che si
allenavano al dì fuori delle mura di casa Cullen.
-
Cosa avete detto a tutti per convincerli ad aiutarci?
–
-
La verità: che Aro è interessato ad
arricchire la sua personale collezione, ed è disposto a
prenderti con la forza. Non preoccuparti, Bella, ognuno di loro
è qui per un motivo, nessuno si è sentito
costretto. –
Riflettei sulle
parole di Edward. Cosa potevo avere io di tanto speciale da
essere un membro ambito da Aro per la sua collezione?
Una fitta
più violenta mi fece stringere i denti e posare una mano
sulla grossa palla di cemento che mi ritrovavo al posto della pancia.
Provai ad ignorare anche quella.
-
Notizie dal clan di Sam su Charlie e Billy? –
-
No, al funerale di Harry Clearwater si parlava di una
scomparsa, ma è chiaro che ci sia lo zampino di un nostro
simile in tutto ciò. – dichiarò Jasper.
Ma io non capii
nemmeno cosa avesse detto. Una mano calda e bruciante stava risalendo
il mio stomaco, soffocandomi. Boccheggiai, in cerca di aria, il cuore
che mi batteva come un tamburo.
-
Bella?… -
-
Bella! –
-
Che cos’hai!? –
Voci concitate,
preoccupate. Qualcuno mi fu subito accanto e mi posò una
mano fredda sulla fronte. Mi aggrappai alla freschezza di quel tocco
nella speranza che la nausea si affievolisse, ma non fui in grado di
migliorare la situazione. Rigettai un liquido caldo e denso dalla
bocca, disgustata di me stessa.
-
Oh mio Dio! –
Una porta
sbatté. Capii che altre presenze erano entrate nel salotto,
ma la mia sofferenza fisica era così devastante che non mi
resi conto delle voci e dei movimenti intorno a me.
-
Portiamola al piano di sopra, nella stanza con
l’attrezzatura! –
Attrezzatura?
La testa stava per
esplodermi, fitte di dolore acuto e inarrestabile mi colpivano come la
danza delle onde di un mare mosso. La pancia stava per squarciarsi, un
macigno di pietra premeva per uscire al dì fuori.
Quando il mio corpo
fu appoggiato su una dura superficie di ferro, mi abbandonai a me
stessa, alle mie urla disperate, alle quali si unirono anche quelle di
Edward, quando due mani mi artigliarono le braccia bagnate e
appiccicose.
-
FUORI! FUORI DI QUI! –
-
JASPER, ROSE, NO! –
Era giunto il
momento. Troppo presto. Troppo inaspettato per me. Il mio bambino mi
avrebbe lacerato la pancia con i denti per nascere. Sarei morta come la
madre delle tre sorelle. L’atroce leggenda si sarebbe
ripetuta.
Aghi pungenti mi
bucarono le braccia, le gambe, il collo, il cuore.
Mi dimenavo e mi
contorcevo tra le urla e il delirio dell’Inferno sul mio
corpo disfatto.
Sì, io
sarei morta, ma il mio bambino sarebbe nato. Forse era così
che sarebbe dovuta andare, forse io dovevo morire per risolvere tutti i
problemi creatisi.
La mia scomparsa
dalla terra avrebbe cancellato la sofferenza dei miei genitori, padre e
madre di una figlia ceca; dei Cullen, sconvolti nei legami sentimentali
e invischiati in una faccenda più grande di loro; di Jacob e
dei miei amici licantropi, i quali erano stati ingiustamente coinvolti
nel caos generato dal mio amore impossibile; perfino dei Volturi,
troppo avidi di ricchezze; e poi…
… di
lui. Carlisle. L’amore della mia esistenza, il padre del mio
bambino.
Quelli, prima di
chiudere gli occhi e di sprofondare nel silenzio del buio, furono i
miei ultimi pensieri.
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Spazio dell'autrice:
pensavate di liberarvi di questa storia? Eh no! Ho promesso a me stessa
che l'avrei continuata e conclusa, quindi, anche se molti di coloro che
mi seguivano mi hanno abbandonata, io farò di tutto per
finirla ;) Mi ci sono affezionata e non sopporterei di vederla
incompleta.
Ci ho messo tanto ad aggiornare, ma non credo importi a qualcuno a
questo punto, quindi, se qualcuno si ricorda ancora di questa storia,
spero passi a leggere nonostante sia passato tanto.
Ringrazio e rispondo velocemente a:
Rebecca Lupin;
non ci contare che Edward muoia XD E' tutto da vedere!
Aia Cullen;
prima o poi ho aggiornato ;) E' vero, una Rosalie così
materna è insolita, ma fare da balia a Bella ridotta in
quelle condizioni non può che fare tenerezza. Non solo Bella
ospita un bambino nel suo corpo, ma è come se lo fosse
diventata lei stessa, con tutte le cure di cui ha bisogno;)
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