L'odore misterioso

di cabol
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Odore

Una nuova battaglia


Soddisfatto, Blackwind guardò il campo di battaglia. Aveva vinto. Ma sapeva perfettamente che non sarebbe durata. Inevitabilmente, entro poche ore, avrebbe sentito nuovamente quel suono terribile che preannunciava un altro combattimento. E quell’odore tremendo che segnalava che il suo nemico era tornato.

E un’altra volta avrebbe dovuto ricorrere a tutta la sua abilità e al suo coraggio. Almeno finché quei due non fossero tornati a dargli il cambio.

Stremato, si lasciò cadere sulla sedia, sperando di riposare un po’. Lo sguardo vagò per la stanza, ancora in disordine. L’angelica creatura su cui vegliava dormiva placidamente, ignara delle lotte feroci impegnate per lei. Celestiale progenie dei suoi amici più cari.

Le sue narici fremettero.

Ancora?

Quell’odore aleggiava ancora nella stanza. Si sentì mancare le forze. Un’altra battaglia? Il nemico era nuovamente lì?

Guardò la culla. La creatura celeste riposava tranquilla. Pareva non presagire nulla dello scontro imminente. Strano, in genere avvertiva qualcosa.

Si avvicinò silenzioso, gli occhi fissi sul piccolo fagotto addormentato. Annusò l’aria. L’odore era meno forte. Perplesso, cercò di capire cosa potesse significare. Ripensò alla battaglia precedente. Alla difficoltà di raggiungere in tempo il suo avversario. A come avesse dovuto ricorrere a tutta la sua abilità di scassinatore per portarlo alla luce. All’orrore che si era presentato improvvisamente ai suoi occhi. Alle mosse rapide e precise con le quali lo aveva messo in condizione di non nuocere.

Improvvisamente comprese. Si voltò verso la tenda che copriva la finestra. Sguainò la spada e scostò il pesante panno azzurro, rivelando l’orribile nemico nascosto lì dietro.

La lama saettò infilzando la massa informe. Con un abile movimento del polso la fece volare fuori dalla finestra aperta.

E se qualcuno stava passando nella strada a quell’ora di notte, peggio per lui.

Tornò alla culla. Il bimbo dormiva beatamente.

Ne scrutò i lineamenti perfetti, i capelli color dell’oro, la pelle chiarissima e rosea. Si percepiva in quella meravigliosa creatura il sangue angelico dei suoi antenati. Un bisnonno Arconte, un Celestiale dei più puri che si era unito a una donna umana.

Blackwind ripensò alla voce straordinaria del suo carissimo amico. Solo gli Aasimar[1] potevano avere una voce del genere, inumana ma di una sonorità ammaliante. Una voce che bastava da sola a dare autorità. Ripensò al sorriso meraviglioso della mamma del suo protetto, un'elfa di straordinaria leggiadria. Dal loro amore purissimo era nato quel delizioso frugoletto.

«Gu».

Gu?

Trasalì e tornò a fissare la culla. Gli occhi dorati del bambino erano fissi su di lui. Parevano ridere della meravigliosa gioia che solo i fanciulli sanno provare. O c’era una sfumatura di malizia, in quel sorriso?

Il rumore. L’odore. Era tornato.

Blackwind sospirò e si accinse alla lotta.

Esistevano anche creature frutto dell’unione di demoni e umani, i Tiefling. Ogni volta che cominciava la battaglia, Blackwind ripensava a loro. Trovava confortante sapere che esistevano.

Perché, se le viscere di un discendente degli angeli erano capaci di produrre l’orrore che si annidava in quei pannolini, cosa sarebbe stato dover badare ad un piccolo Tiefling, mentre i suoi genitori erano a teatro?


[1] Discendenti di creature celestiali e di esseri umani o elfi.





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