Come
regalo sarebbe parecchio offensivo, quindi facciamo che è un
biglietto. Un brutto biglietto.
Per slice, che oggi compie gli anni u__u.
L’ho partorita con l’aiuto (?) di una sonora
emicrania quindi è insensaterrima (xD).
I sassi per il linciaggio sono nel mobile in alto a destra, accanto ai
kunai.
La prima pietra la lancia la festeggiata però, gli altri in
fila per uno *si disegna un grazioso bersaglio sulla maglietta*
spazio
spazio
spazio
Cani
e padroni di cani
Le
nuvole sono solo un aggregato visibile di vapore acqueo e cristalli di
ghiaccio.
Non è che Shikamaru non lo sappia. Anzi, probabilmente lo sa
meglio di molti altri, ma ciò non toglie che anche gli
aggregati di vapore acqueo e cristalli di ghiaccio possano avere avere
fascino.
Discute spesso con tutti – con Ino – per questo.
Lei non ce lo vede, tutto questo fascino. Son belle
d’accordo, dice, però se si guarda troppo su, si
finisce col perdere il senso della realtà.
Shikamaru non dissente apertamente, per evitare seccature –
gli scontri verbali con le donne sono sempre da evitare - ma sotto i
baffi, un po’ ghigna.
Forse qualcuno potrebbe perdere il
contatto con la realtà, ma lui no.
Lui ha una mente pratica
e aspirazioni modeste.
Del resto, solo chi ha i piedi ben piantati per terra, può
permettersi di guardare il cielo. Perché saprà
tornare giù senza restare troppo deluso del mondo.
« Akamaru, no! »
L’urlo belluino gli fa
strabuzzare gli occhi. Il tempo di sollevare di poco la testa, le
braccia ancora intrecciate dietro la nuca, e un fiotto caldo gli
investe la faccia.
Shikamaru ci mette solo due decimi di secondo perché il suo
cervello, suonando a squarciagola, identifichi la natura del liquido.
Un « Cazzo! » a mezza voce è il commento
più adeguato.
Akamaru inclina la testa di lato, le orecchie pendule e
l’espressione serena di chi ha appena compiuto un ottimo
lavoro. Poi si volta, con un ringhio basso, scodinzolando.
« Cattivo Akamaru! Questo non si fa! » e potrebbe
anche sembrare un rimprovero, peccato per il ghigno dipinto sulla
stupida faccia di Kiba che, con una mano sul fianco e
l’indice puntato contro il naso del suo cane, sembra si stia
trattenendo dall’abbandonarsi ad una sana risata di pancia.
Shikamaru si puntella sui gomiti, disgustato, e nel tirarsi a sedere la
suola delle sue scarpe sevizia due margheritine e fa sloggiare
un’ignara cavalletta.
« Certo che anche tu… dormire nei
campi… » brontola Kiba, intuendo
dall’espressione che probabilmente il genio non ha gradito
essere usato dal suo amabile cucciolone alla stregua di un idrante.
Shikamaru fa per aprire bocca, anche solo per rettificare che non stava
propriamente dormendo, ma si era semplicemente appisolato, solo che poi
gli viene da pensare che tutto sommato potrebbe essere una fatica
inutile, e quindi evitabile. Così sospira.
« Che schifo, Kiba. Non potete fare attenzione? »
Cercare di pulirsi la faccia col coprifronte gli pare un po’
offensivo, patriotticamente parlando. Però non gli va
neanche di avere pipì di cane che gli cola dal mento, ecco.
Mentre lui decide di sacrificare l’amor patrio in onore della
pulizia, e slega il coprifronte dalla spalla, Kiba, che continua ad
avere un’espressione beatamente divertita sulla faccia, gli
si accuccia davanti.
Piegato così nell’erba, lui
ed Akamaru sembrano avere la stessa stazza, oltre che gli stessi
atteggiamenti.
« Non l’ha fatto apposta, vero Akamaru? Chiedi
scusa all’ananas, forza. »
Le sopracciglia di
Shikamaru si contraggono ed un espressione molto vicina alla stizza gli
si dipinge sulla faccia, mentre il muso del cane si piega in una
smorfia dispiaciuta.
Che grande seccatura.
Uno vorrebbe starsene a pisolare in santa pace nel prato –
che, tra l’altro, se non è proprio dentro,
è comunque nei pressi del territorio del clan Nara, e quindi
non è che il primo Inuzuka che passa abbia il diritto di
usarlo come latrina per cani – e invece si ritrova zuppo di
pipì a parlare con un cretino sorridente che lo paragona
alla frutta.
« Non puoi andartene da un’altra parte a-
» neanche il tempo di concludere il pensiero e Shikamaru
viene assalito dalle possenti lappate di una lingua chilometrica.
Quella del cane.
« Kiba, toglimelo di dosso! » rantola, mentre
l’assalto di Akamaru lo costringe ad annaspare in cerca di
un’aria che non sappia solo di bava, urina e pelo umido.
L’idiota ride ancora.
« Ti sta chiedendo scusa, è molto dispiaciuto.
» spiega, deliziato.
« Sì, sì! Scusato, d’accordo?
Ora, toglimelo. »
Ma lui è troppo impegnato a
rotolarsi dal ridere, nell’erba.
Con un inumano sforzo di volontà – e ancora una
volta il pensiero vaga verso quei dieci minuti di pace e
serenità che gli sono stati brutalmente negati da
quell’irruzione nel suo sacrosanto angolo di prato da parte
di due bestie – Shikamaru rotola su un fianco e sguscia via
dalla presa di Akamaru.
Solo che incappa nei movimenti scomposti di
Kiba, ancora impegnato a contorcersi con eccessiva partecipazione
emotiva, e i due franano l’un sull’altro, rotolando
nel prato.
Vittime: tre margherite, un soffione, sei formiche e uno scarabeo
stercorario.
Shikamaru potrebbe anche impensierirsi per la
ripercussione che queste perdite avranno sull’umore del clan
Aburame, ma al momento il suo cervello pare inceppato.
Ed è cosa ben strana, per lui.
Non che non gli si inceppino
le cose – la cerniera della giubba si inceppa tutte le
mattine, per la miseria. Ed è una gran seccatura –
ma il cervello di solito no.
Quello magari si riposa dormendo, ma
incepparsi mai.
Deve essere per colpa della lingua.
Non quella del cane, stavolta.
« Puzzi da morire. » esala Kiba, quando le loro
labbra si staccano.
Analisi della situazione: Shikamaru Nara, chunin di Konoha,
è zuppo di urine canine, appiccicoso di bava,
anch’essa altrettanto canina, ed è steso sopra il
padrone della cosa immonda che secerne bava e urine come un rubinetto
guasto e, fino a un secondo e tre decimi fa, lo stava baciando.
No, non
la cosa immonda.
Baciava il padrone della cosa immonda.
Baciava Kiba.
Si guardano negli occhi per sei secondi, Kiba sotto, Shikamaru sopra,
Akamaru di fianco che dondola la testa da un lato all’altro,
la lingua penzoloni.
« Il tuo cane mi ha fatto la pipì in faccia, certo
che puzzo. » riesce a rispondere, dopo altri
decimi di nulla
cerebrale.
Kiba scoppia a ridere, facendolo anche traballare tutto, visto che
Shikamaru gli sta
ancora spiaccicato sulla cassa toracica come un pezzo di sandwich.
Sarebbe da approfondire, la cosa. Perché è ben
strana.
Un minuto sei lì che dormi per i fatti tuoi e
l’attimo dopo ti baci col padrone della cosa bavosa che ha
fatto la pipì sulla tua faccia.
E’una di quelle cose che potrebbero costringerti a rivedere i
tuoi piani futuri, quelli da uomo posato con i piedi per terra, con una
mente pratica e delle aspirazioni modeste.
Per fortuna Akamaru decide che il nuovo gioco del sandwich gli piace.
Shikamaru finisce a fare la parte del ripieno, appena prima che la loro
piramide umana – e canina – rotoli al suolo.
Ansimano quasi quanto Akamaru, lui e Kiba.
Kiba ansima
perché aveva un sedicenne ed un cane che pesa come un bue
che gi comprimevano il diaframma.
Shikamaru ansima perché quello stesso bue peloso gli stava
maciullando le scapole, ma anche perché poi avevano bussato
quegli strani pensieri su baci e piani futuri da rivedere, e gli era
venuta un po’ d’ansia.
« Ci vieni spesso,
qui? » domanda Kiba all’improvviso, rotolandosi a
pancia sotto.
Pare che prenda le cose così come
vengono, lui. Bacio o non bacio, sembra che non gli importi un
granché.
In mezzo a loro, Akamaru continua a secernere vagonate di bava,
inondando un formicaio.
Shikamaru scaccia gli assurdi pensieri inerenti
a nuovi lutti per il clan Aburame e si volta.
Oltre la ligua di Akamaru
e le sue zampe all’aria, Kiba guarda le nuvole.
« Sì. Tu no, invece. » constata,
perché anche ad andare in letargo, se ci fossero stati Kiba
ed Akamaru nel raggio di dieci metri, l’avrebbero svegliato.
« No, infatti è la prima volta. »
Akamaru emette versi canini e digrigna i denti.
« Akamaru dice che magari possiamo tornare anche domani. Dice
che qui è un ottimo posto per fare le sue cose. »
« Basta che non le venga a fare sulla mia faccia, le sue
cose. »
Altri versi di Akamaru e la risata di Kiba, che è un ringhio
di gola, allegra e trascinante.
« Dice che è quello,
il posto che gli piace.
» sghignazza.
Shikamaru intreccia le mani dietro la nuca, con uno sbuffo.
C’è ancora puzza di pipì. E anche la
bava, sì.
Che schifo.
« Significa che ci vedremo spesso, o finirà col
saltargli in aria la vescica. » ribatte, lo sguardo al cielo.
La risata di Kiba è un buon sottofondo al movimento delle
nuvole.
Alla puzza, ci si abitua.
spazio
spazio
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Nda
Il titolo
è ampiamente fregato a Cani e padroni di cani,
mirabolante canzone non sense di Elio e le storie tese. Senza motivo,
sì.
Questa roba vorrebbe essere una ShikaKiba, solo che sembra il delirio
di un gondoliere col mal di canale. Io ci ho provato a pensare
un’ItaShika, ma i miei neuroni sono troppo immaturi e le mie
mani troppo cretine per riuscire a trattare due personaggi
così… uhm, geniali?, Contemporaneamente. Quindi
mi sono buttata sulla riserva u__u’ Il risultato è
particolarmente discutibile, soprattutto perché sembra una
puntata dei Simpson: comincia in un modo, prosegue per i fatti suoi e
finisce a casaccio, il tutto inframmezzato da considerazioni prive
di logica. Fa pena, è frettolosa e probabilmente ci sono
vagonate di errori grammaticali e, cosa ancor più grave
è per slice. Perché a lei questa coppia piace, e
anche se io sono una pena con i pairing e probabilmente le
avrò causato conati di vomito e emorragie oculari, spero che
apprezzi il pensiero.
E probabilmente apprezzerà, perché è
una gran brava persona. Poi vorrà cavarsi gli occhi e
sognerà di farmi sbranare dal suo cane giallo, ma forse
entro il prossimo compleanno mi avrà perdonata u__u.
Quindi, auguri, slice *stelle filanti*
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