Capitolo 2: la shoccante scoperta
Il
giorno seguente arrivò presto e Naruto si ritrovò
davanti alle porte dell’accademia con suo padre.
Il
piccolo intimorito, non voleva lasciare i pantaloni dell’uomo, il quale per
incoraggiarlo dovette abbassarsi.
“Naruto, non devi avere paura! Li dentro ti insegneranno a
diventare un grande ninja e ti prometto che oggi pomeriggio, ci alleneremo
insieme! D’accordo?”
Gli
occhi del bimbo si illuminarono. Naruto annuì e entrò
nell’edificio.
Entrando
nell’aula vide un sacco di bambini della sua età chiacchierare tra loro, vide
anche lei: Sakura.
Sorrise
al pensiero di essere in classe con la bambina conosciuta il giorno prima. Le
si avvicinò, aveva qualcosa da restituirle.
“Ciao
Sakura!” disse sorridendo
La
bimba si girò e si stupì di vederlo.
“Ti
sei fatta la frangia? Stai bene sai?” le disse, dopo di chè
frugò nella tasca della sua tuta arancione “Tieni, questo è tuo. Grazie per
avermelo prestato” disse porgendogli il fazzoletto.
Sakura
si girò e se ne andò senza nemmeno dirgli una parola.
Naruto ci rimase molto male,
non capiva perché anche lei aveva preso a comportarsi come gli altri.
In
quel momento entrò l’insegnante.
“Seduti
ai vostri posti bambini! Io sono Iruka, il vostro
insegnante. Per i sei anni che trascorrerete qui dentro, vi insegnerò le
nozioni basi per essere un buon ninja e farò in modo di far scoprire ad ognuno,
verso quale abilità è più portato! Tutto chiaro?”
“Si Iruka-sensei!” dissero tutti i bambini all’unisono.
“Bene!
ora faccio l’appello. Rispondete presente quando chiamo i vostri nomi!”
Chiamò
un tot di nomi fino a giungere a quello di Naruto.
“Naruto Uzumaki!” Il piccolo alzò
la mano lentamente e disse con un tono di voce basso “presente!”
Ci fu
un mormorio da parte di tutta la classe e nessuno dei bambini si risparmiò
qualche insulto nei suoi confronti.
Iruka battè
le mani “Silenzio bambini!” poi osservò Naruto. Era
seduto all’ultimo banco da solo “Naruto, perché sei
tutto da solo? Vieni qui a sederti vicino a Sakura”
Il
bimbo incerto si alzò e obbedì al maestro.
La prima lezione passò tranquillamente. Naruto era entusiasta e stava attento a ogni minima parola
che il maestro diceva, all’improvviso vide un bigliettino vicino a lui.
Lo
aprì e lo lesse:
“Scusa
Naruto se prima non ti ho salutato. Sono contenta che
tu sia nella mia stessa classe, ma non posso rivolgerti la parola. I miei
genitori me l’hanno proibito, ma sappi che mi sei simpatico. Scusa se ti dovrò ignorare, ma non voglio
essere punita. Scusami,
ps. Il
fazzoletto te lo regalo. Tienilo in segno della nostra amicizia!”
Sakura
Naruto fu triste e felice allo
stesso tempo. Finalmente aveva un’amica, con la quale però non poteva né
parlare, né giocare.
Passarono
due anni e mezzo dal suo primo ingresso all’accademia. Naruto
ormai aveva otto anni ed era conosciuto come la peste della classe, un
ragazzino impossibile da tenere e che non avrebbe mai fatto carriera nel mondo
dei ninja.
Spesso
combinava scherzi ai suoi professori e durante le lezioni disturbava.
Lo
faceva solo per attirare l’attenzione. In quegli anni la situazione non era
cambiata, nessuno voleva ancora stare con lui e quella solitudine al di fuori
della propria famiglia, era diventato un fardello troppo pesante per lui, il
quale non capiva il perché gli capitasse tutto ciò.
Comportarsi
in modo ribelle era l’unico modo per sfogarsi, per farsi notare, dato che
comportarsi da bravo bambino non era mai servito niente.
Aveva
smesso anche di fare domande sul perché tutti lo odiassero ai propri genitori.
Non
otteneva mai una risposta esauriente, che lo aiutasse a sentirsi sollevato.
Tsunade gli ripeteva spesso che
non era colpa sua, ma era la gente ad essere ignorante, ma ormai quelle poche
parole che da piccolo lo convincevano che fosse un bambino normale, non funzionavano più.
Ormai
era convinto…era lui ad avere qualcosa di sbagliato.
Un
giorno durante un esercitazione in classe che prevedeva la creazione di un
clone, Naruto fece cilecca creando le risate di tutta
la classe. Alcuni dei peggiori della classe, quando compivano quella tecnica,
riuscivano ad ottenere una copia di se stessi, per quanto male fosse fatta, ma
il biondino , non otteneva nient’altro che
fumo.
Durante
la pausa pranzo il ragazzino non mangiò il suo pasto, ma rimase seduto al suo
banco con la testa chinata su di esso. Si sentiva umiliato per la figuraccia
che aveva fatto durante la lezione, nonostante non fosse la prima volta.
“Ehi
guardate un po’ chi è rimasto in classe solo soletto!” cominciò un bambino
prendendosela con Naruto “cosa ci fai ancora qui? Non
ti vergogni a voler tentare ancora di provare a essere un ninja”
Naruto non alzò la testa dal
banco, incasso il colpo e basta.
“Allora?
Non dici niente? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Bhe
sei talmente debole che un tenero e innocuo micetto
potrebbe fare questo ed altro…femminuccia!”
Quel
termine era il secondo che odiava di più al mondo dopo “mostro”.
“Io
non sono una femminuccia” disse guadandolo storto, dopo essersi alzato di
scatto e sbattuto le mani sul banco.
“Ah
giusto, le femmine sono più forti di te!”
Naruto non sopportò oltre e,
non trattenendosi oltra, gli diede una forte spinta
che lo fece cadere addosso a un altro compagno.
“AHI,
Ma che ti è preso? Sei forse impazzito Mostro?” disse l’altro bambino.
“Questo
è il massimo che sai fare? Tsè, mi fai pena!” disse
il moccioso voltandogli le spalle, ma la voce di un altro bambino, lo fece
voltare, dato che quel bambino in questione, raramente rivolgeva la parola a
qualcuno, soprattutto non interveniva mai in difesa di qualcuno.
“Ehi
tu! Perché invece di criticare gli altri, non guardi prima te stesso? Non mi
pare che tu abbia fatto una bella figura nell’esercitazione! Hai fatto
veramente pena!” disse un ragazzino dai capelli scuri e occhi dello stesso
colore.
“S-Sasuke?” disse debolmente Naruto,
sorpreso del fatto che un suo compagno lo stesse difendendo.
“Perché
lo difendi?” chiese un terzo bambino unitosi al gruppo “Ah già fra orfani vi
capite!”
Sasuke lo fulminò con lo
sguardo, mentre Naruto sussultò.
“C-cosa stai dicendo? Io non sono orfano!”disse stringendo i
pugni il biondino.
“Si,
come no! ma non farmi ridere. Vuoi dire che davvero credi che Tsunade-sama e Jiraya-sama sono i
tuoi genitori?” disse ridendo il moccioso.
“è
così!” disse Naruto con la lacrime agli occhi.
“Svegliati!
In realtà nemmeno i tuoi veri genitori ti hanno voluto e dato che nessuno ti
voleva perché sei un mostro, ti hanno affidato a due ninja più potenti della
foglia per poterti controllare.” Continuò divertito, ma il sorriso dal volto
del bambino scomparve, quando Naruto perdendo la
pazienza, gli diede un pugno in faccia.
Si
avventò su di lui e cominciò a menarlo, ricevendo in cambio altre botte.
I due se le darono
di santa ragione, ma alla fine fu solo l’altro bambino a farsi notevolmente male,
dato che venne spinto giù dalle scale. Fu fortunato, perché se si fosse trovato
a un livello più altro, il bambino avrebbe potuto rischiare grosso.
Invece
la caduta, per quanto brutta poteva essere stata, non aveva procurato danni
gravi, tanto da causare danni permanenti.
“Che
succede qui?” Chiese il maestro Mizuki sentendo una
certa confusione e vedendo uno dei suoi allievi a terra ferito, si precipitò da
lui “Yuki stai bene? Presto Iruka,
vai a chiamare un medico. Disse al chunin, giunto in
classe in un secondo momento.
“Chi è
stato?” chiese severamente il maestro
dai capelli chiari.
Tutti
i compagni di Naruto si apprestarono a indicarlo.
Mizuki arrabbiato afferrò in
malo modo il bambino per un braccio, non curandosi del fatto che gli faceva
male.
“Ora
ti sistemo io Kyuubi!”
Naruto si spaventò per lo
sguardo che il maestro gli lanciò, ma soprattutto si chiese cosa era quel nome.
Passò
mezz’ora e Naruto era seduto su una sedia aspettando
l’arrivo di qualcuno.
“Naruto, tesoro! Cosa è successo? Perché ci hanno chiesto di
venire urgentemente a prenderti?” chiese Tsunade
abbassandosi all’altezza del bambino.
Naruto non rispose, ma si
scostò dalle carezze della madre.
“Ci
vuole spiegare cosa è successo Mizuki?” chiese Jiraya incrociando le braccia e fissando l’uomo.
Non
gli era mai piaciuto quell’insegnante, sapeva che non vedeva di buon occhio il
figlio.
“Ve lo
spiego subito. Questo mostro ha picchiato un compagno di classe. Ora il
poveretto è in ospedale con una gamba rotta e un leggero trauma cranico!”
Tsunade sussultò, era il bambino
che aveva visto entrare in ospedale mentre lei usciva perché convocata a
scuola.
“Naruto perché l’hai fatto?” chiese seria la donna.
Nessuna
risposta.
“Naruto!” lo rimproverò Jiraya
costringendolo a parlare.
“Se lo
meritava!” disse solamente non guardando in faccia i due.
“Qualunque
cosa abbia fatto, non dovevi agire così, mi hai deluso Naruto!
Non ti ho forse insegnato che non devi reagire alle provocazione dei tuoi
compagni?” chiese Tsunade guardandolo severamente.
“Questa
è già la terza volta che veniamo qui a riprenderti, Naruto.
Mi dispiace, ma questa volta sono obbligato a punirti severamente, hai superato
i limiti!” disse in modo serio Jiraya.
“C’è
ancora un ultima cosa. Naruto è stato espulso dalla
scuola. Non potrà mai diplomarsi e diventare un ninja. Un mostro come lui non
potrà mai essere utile a Konoha. Il terzo avrebbe
dovuto eliminare il bambino quando era ancora in fasce, invece di lasciarlo
crescere e farlo diventare una minaccia per il villa…”
Mizuki non potè
terminare la frase che Tsunade lo stese con un pugno.
“Non
osare mai più parlare in questo modo di mio figlio o ti darò una ragione valida
per farti desiderare di non essere mai venuto al mondo!”
“Tsè” disse Mizuki pulendosi il
sangue dalla bocca.
Jiraya prese il braccio di Naruto e lo condusse fuori con la forza dalla struttura,
dato che il bambino non voleva saperne di andare con loro.
Una
volta a casa Naruto si beccò una bella lavata di capo
dai due sennin, ma il ragazzino non sembrò ascoltare.
“Ma guardalo,
non mi sta nemmeno a sentire!” disse Jiraya
esasperato. “Ehi ragazzino quando ti parliamo ci devi guardare in faccia!”
disse l’uomo, ma non ottenne nemmeno un minimo movimento dal bambino, il quale
se ne stava seduto sul letto apatico, fermo come una statua.
“Bene,
quando ti deciderai a prestarci ascolto faccelo sapere. In tanto sei confinato
in camera tua per una settimana, senza giochi o altro per svagarti. L’unica
cosa che puoi fare è prendere i libri di scuola e studiarli. Il che non ti
farebbe male dato che non vai tanto bene!” gli disse Tsunade,
ma neanche quello sembrò scuotere il bambino.
I due
adulti andarono nella camera accanto.
“Jiraya cosa dobbiamo fare con lui? probabilmente avrà
aggredito un suo compagno per un’altra calunnia, ma non possiamo andare avanti
così! La nostra presenza non è abbastanza, ha bisogno di qualcuno che gli stia
vicino anche fuori dall’ambiente famigliare. Speravo seriamente che facesse
amicizia all’accademia, ma…” Tsunade
sospirò sconsolata “Ora cosa farà se non
verrà più riammesso all’accademia?”
“In
tal caso lo addestrerò io a diventare un vero ninja! Comunque la decisione di
escluderlo dall’insegnamento è stata un’idea di Mizuki.
Sono sicuro che l’hokage non permetterà che ciò
accada!” disse cercando di consolare la donna.
All’ora
di cena, Tsunade chiamò il bambino, ma esso non diede
segni di vita. Andò a bussare alla porta e non ottenendo risposta, decise di
lasciare perdere, pensando che avesse bisogno di tempo, ma di sera…
“Naruto?” lo chiamò con voce dolce, aprendo leggermente la
porta.
Il
bambino era ancora seduto allo stesso modo in cui lo avevano lasciato il
pomeriggio in camera sua, l’unica differenza era che non c’era luce che
illuminasse la stanza.
Poco
gli importava se quella posizione, a lunga andare, gli procurasse male alla
schiena.
“Naruto?” lo chiamò nuovamente Tsunade
accendendo la luce.
Il
bambino chiuse un attimo gli occhi abbagliato. Tsunade
si avvicinò al letto e si sedette accanto a lui , preoccupata.
“Ti va
di parlare ora?” chiese dolcemente, ma il silenzio tombale che era caduto in
quella casa, non sembrava voler sparire.
“Naruto cosa speri di ottenere standotene qui fermo e non dire…”
Il
bimbo non la lasciò finire che disse qualcosa.
“Uhm?
Ripeti?” chiese Tsunade sperando di aver sentito
male.
“Chi è
Kyuubi?” disse continuando a fissare la stessa
mattonella del pavimento che guardava da ore.
“D-dove hai sentito questo nome?” chiese Jiraya
che si era affacciato in camera sua.
“Mi ha
chiamato così il maestro Mizuki!” disse solamente.
“Quel disgraziato,
domani mi senti quel lurido verme! Non doveva osare aprire bocca su quella
faccenda e…”
“Jiraya!” lo chiamò Tsunade
facendolo tacere.
Naruto alzò lo sguardo di scatte “Che faccenda? Mi state nascondendo qualcosa?”
chiese il bambino.
“Ma
no, cosa vai a pensare!” disse Jiraya non sapendo come tirarsi fuori da quel
pasticcio.
“Allora
perché mi ha chiamato in quel modo?”
“La
gente inventa sempre dei nuovi modi per chiamare la gente!” continuò a dire Jiraya sperando di convincere il bimbo.
“Non
mi stai dicendo la verità, lo si capisce da lontano Jiraya!”
disse il bimbo arrabbiato.
I due
si sorpresero del fatto che Naruto non lo avesse
chiamato papà.
Naruto strinse i pugni e
cominciò a singhiozzare “Ma d’altronde, non fare che mentirmi da una vita!”
“Tesoro
che stai dicendo?” disse Tsunade mettendogli le mani
sulle spalle come a volerlo a calmare, ma Naruto si
liberò dalla presa della donna e si alzò in piedi sul letto.
“Sto
dicendo che voglio che voi mi diciate la verità una volta per tutta!” disse ormai
in preda alle lacrime.
“ Ma
su cosa?” chiese Jiraya
“Sul
perché tutti mi chiamano mostro, ma soprattutto la verità su di voi!” disse
urlando.
Jiraya e Tsunade
trattennero il respiro e si guardarono dubbiosi.
“Figliolo,
calmati!” cominciò Jiraya.
Naruto era furente e sbattendo
un piede urlò “Non chiamarmi figliolo, non sono tuo figlio, non sono niente per
voi!” Il biondino con gli occhi chiusi, come se volesse trattenere quelle
lacrime che non smettevano di uscire.
“C-chi te l’ha detto!” chiese Jiraya
sorpreso.
“Quel
bambino che ho picchiato!” alzò lo sguardo e lo passò prima su Jiraya e poi su Tsunade “Allora è
vero? Non siete i miei genitori! Voglio la verità questa volta!”
Tsunade sospirò “è vero! Ma Naruto noi volevamo solo che tu avessi una vita normale!”
“Normale?
La mia vita è tutto tranne che normale! È solo una bugia. Con due sennin a cui sono stato affidato solo per tenermi sotto
controllo! Non mi hanno voluto i miei genitori e probabilmente neanche voi mi
volevate!” disse cercando di pulirsi il viso con la manica della sua tuta.
“Ma
che assurdità stai dicendo! Non è vero che non ti volevamo. Abbiamo scelto noi
di prenderti con noi e non ci pentiamo di questa scelta!” disse Tsunade dispiaciuta per come si stava mettendo la
situazione.
“Figliolo,
qualunque cosa ti abbia detto quel moccioso, dimenticala. Noi non saremo i tuoi
genitori biologici, ma ti vogliamo bene come se lo fossimo!”
“Bugiardo!
Non vi credo più! Vi odio, vorrei non avervi mai avuto come genitori!”
CIAFF
Naruto si portò una mano alla
guancia ormai diventata rossa, Tsunade gli aveva
tirato uno schiaffo.
“Non
ti azzardare a dire di nuovo una cosa del genere! Mi hai capito?” disse la
donna furiosa e ferita.
“Calmati
Tsunade! Naruto possiamo
capire che sei sconvolto per la notizia appena ricevuta, ma stai esagerando.
Puoi urlare, sbattere i piedi per terra e rompere le cose, ma attento a quello
che dici!” disse serio Jiraya “L’odio non è una cosa
da prendere alla leggera, quindi devi riflettere prima di usare certi
paroloni!”
“Riflettere
dici? E perché? È proprio così che mi sento! Odio voi due, odio tutti i miei
compagni, odio tutta Konoha! Non mi importa niente di
nessuno!” disse urlando.
“Bene,
allora ti lasciamo qui da solo e vediamo
se ci odi a tal punto da non dover più chiedere il nostro aiuto!” disse furente
Tsunade.
Passò
l’intera notte. Nessuno dei due sennin aveva dormito.
La serata prima era stata terribile per tutti e tre. Forse non avevano agito
nel migliore dei modi. Infondo Naruto era sempre
stato trattato con odio da tutti e il fatto che le due persone di cui si fidava
maggiormente lo avessero preso in giro per tanti anni,era stato un duro colpo
per lui.
Avevano
deciso che quel giorno stesso avrebbero chiarito e cercato di mettere le cose
come una volta.
Jiraya uscì presto la mattina,
si sarebbe recato all’ufficio dell’hokage per
discutere dell’espulsione di Naruto dall’accademia.
Tsunade invece preparò una
abbondante colazione e la torta preferita del bambino. Sperava di poterlo
vedere mangiare con gusto e sporcarsi tutto il viso, anche se sapeva che non
sarebbe stato così facile. La donna sperava con tutto il cuore che tutto si
mettesse apposto. Non avrebbe sopportato che Naruto
ce l’avesse con lei per sempre. Lei adorava quel bambino e non capiva il perché
tutti dovessero trattarlo in un modo tanto perfido, per una cosa che non aveva
voluto lui.
Si
diresse verso la stanza del piccolo, con l’intenzione di svegliarlo
delicatamente, ma quando aprì la porta vide il suo letto vuoto e la finestra
spalancata.
Dall’hokage Jiraya stava discutendo
con il terzo.
“Si
sono venuto a sapere di quello che è successo ieri Jiraya!
Per fortuna il bambino non ha riportato danni considerevoli, ma sarà difficile
riuscire a riammettere Naruto nella scuola, dato che tutti
i genitori hanno espresso il loro volere di non volerlo come compagno dei loro
figli” disse il terzo.
“Ma
non possiamo discriminare ancora di più quel ragazzo! Diventare un ninja è il
suo sogno!”
“Per
quello non mi preoccuperei. Puoi benissimo diventare ninja anche senza
frequentare l’accademia, basta che riceva l’adeguata educazione e tu saresti un
insegnante perfetto per Naruto!”
“Già,
ma non credo che sarà molto entusiasta di avere me come maestro, non adesso
almeno!”
“Cosa
vuoi dire? Problemi con il bambino?” chiese sandaime
preoccupato.
Jiraya sospirò e racconto tutto
quello che era avvenuto la sera prima e anche della storia del Kyuubil
“Capisco!
Povero ragazzo! Provvederò provvedimenti contro Mizuki,
la questione di Kyuuni e ancora top segret e non avrebbe dovuto infrangere…”
La
porta si spalancò improvvisamente.
“Jiraya!” urlò Tsunade entrando
nell’ufficio senza bussare. La donna era sconvolta e tutta trasandata, l’uomo a
vederla così si spavento temendo per Naruto.
“Calmati
Tsunade e dimmi cosa è successo!” disse il terzo Hokage.
“Na-Naruto è…è scappato!”
Nella
sala calò il silenzio, quando il terzo chiamò un suo aiutante e gli ordinò di
chiamare delle squadre ninja di ricerca per scovare il ragazzino.
Anche Jiraya e Tsunade vollero dare una
mano. Cercarono per tutto il villaggio, ma di Naruto
non c’era traccia. Si cominciò a pensare che avesse abbandonato Konoha.
“Jiraya, se è fuori da Konoha,
come farà? È solo un bambino e li fuori è pieno di pericoli!”
“Riusciremo
a trovarlo, stanne certa!” disse l’uomo per consolare la donna.
Le
ricerche vennero estese anche fuori dal villaggio.
Naruto era scappato appena dopo
il litigio, quindi aveva avuto il tempo di allontanarsi parecchio, ma presto
una squadra di ninja arrivò nel territorio dove il bambino si nascondeva.
“Accidenti,
sono già arrivati! Come farò a scappare da quei ninja? Non voglio tornare in
quel villaggio!” disse mentalmente mentre si allontanava il più silenzioso
possibile per non farsi sentire.
Ma la
faccenda si stava facendo complicata. Era difficile fuggire, soprattutto dai
ninja del clan Inuzuka, che con loro avevano una
decina di cani, tutti con un fiuto imbattibile.
Ma
quando Naruto stava per perdere le speranze, qualcuno
apparve davanti a lui.
Il
bimbo sfoderò un Kunai e guardando minaccioso il
ninja, gli puntò l’arma contro. “Non tornerò mai a Konoha,
non mi puoi costringere!”
“Calmati,
non sono di Konoha…o almeno non più! Anch’io ho
abbandonato il villaggio!” disse l’uomo misterioso.
“Davvero?
Puoi aiutarmi a scappare?”
L’uomo
guardò prima lo sguardo determinato del bambino, poi alcuni ninja li vicino.
Tese una mano al bambino, il quale la afferrò e disse “Andiamo!”
*********************
Fine secondo capitolo.
Come vi sembra? Spero vivamente che vi sia piaciuto.
Ringrazio coloro che hanno letto la ff
e in particolar modo coloro che hanno recensito : tomis; saeko94;
Sarhita
; Vaius; telesette.
Grazie infinite
Alla prossima
Neko =^_^=