Con tutto il cuore dedico questo chap a Marilia, che mi ha
fatto un regalone bellissimo creando un forum tutto su BAWM… grazie Mary, tvtttttttttb!
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FIRE
MELTS ICE
CAPITOLO 12: TI AMO
I'm not a perfect person
As many things I wish I didn't do
But I continue learning
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know
I've found a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
And the reason is you
The Reason, Hoobastank
***************
Per quanto potesse essere interessante lo spettacolo dei
primi fiori che sbocciavano nelle campagne inglesi, che oltretutto visto dal
finestrino dell’Espresso per King’s Cross era ancora più suggestivo, Alex
preferiva di gran lunga osservare la sua Katie… era lei il vero spettacolo. Emozionata
all’idea di rivedere i suoi parenti, per quanto rischioso fosse tornare a casa,
emozionata all’idea della primavera in arrivo, benchè questo non avrebbe scosso
più di tanto un’altra persona, emozionata per il fatto che per la prima volta
divideva lo scompartimento del treno solo con lui… per lei tutto era fonte di
allegria ed emozione, qualsiasi cosa era meritevole di un sorriso. Negli ultimi
due mesi avevano passato dei bellissimi momenti, quell’angelo biondo e peperino
con la sua sola vicinanza gli aveva trasmesso una voglia di vivere che in
diciassette anni non aveva mai provato. Addirittura una sera si erano ritrovati
a fare programmi per il futuro… aveva dimenticato per qualche ora che quei
programmi avevano la stessa consistenza delle nuvole di fumo.
Non era quello il futuro che li attendeva. In quei due mesi
era stato come vivere su un’isola deserta, Stephen era stato meno apprensivo
del solito e le visite di Anthony si erano notevolmente ridotte… questo aveva
dato ad Alex la possibilità di godersi Katie al suo massimo, si erano divertiti,
avevano studiato, avevano esplorato Hogwarts alla ricerca di posticini da usare
come scappatoie per qualche bacio rubato tra una lezione e l’altra… una vita
indubbiamente simile a quella di un qualunque studente.
Ma lui non era un qualunque studente. E presto la vita nel
Mondo della Magia sarebbe cambiata radicalmente. Dunque i piani di Katie
sarebbero andati gloriosamente in fumo.
E alla fine era arrivata anche Pasqua, i due mesi erano
praticamente volati… e Pasqua significava il terribile momento della verità. E
non era solo terribile perché era arrivato per lui il momento di dimostrare le
sue abilità utilizzando le sue arti maliziose per manovrare una Katie sconvolta
e distrutta dal dolore… il vero problema era che lui avrebbe dovuto prendere
parte alle operazioni nel modo che meno desiderava: col volto coperto. Come un
codardo. Perché questi erano gli ordini di Stephen… e gli ordini di Stephen non
si potevano discutere.
“Aah, lo sapevo!” più che entusiasta, Katie mise giù il
giornale sportivo che stava leggendo. “Avevo capito bene, pare che dopo
l’estate le Saette di Memphis apriranno le selezioni per il posto di portiere e
anche per un battitore! Sono sicura che se vai li straccerai tutti.”
Alex sbattè gli occhi, interrompendo bruscamente i suoi
pensieri cupi. “Che dicevi?”
“Guarda.” Katie gli porse il giornale, indicandogli la
pubblicità in questione. “”E se questo lavoro non ti piace…”
Alex scoppiò a ridere quando lesse il titolo sulla copertina
dell’altro giornale che si ritrovò sulle ginocchia: ‘Maghi e Professioni – il mensile dei contratti per i posti di lavoro’.
“Katie, ma che ti ha preso? Mi stai cercando un lavoro?”
“Eh beh, si! Tra meno di due mesi avrai finito Hogwarts!”
Ancora ridacchiando, Alex scosse la testa. “Ci manca solo
che mi cerchi anche casa.”
“…ops…”
Alex guardò il giornale che aveva in mano Katie… e non potè
trattenersi, rise di nuovo. Una rivista sulle case in vendita a Londra.
Contagiata da quelle risate, anche Katie ridacchiò. “Ma che
ridi, scemo?”
Alex aveva ancora difficoltà a smettere di ridere. “Sei
tutta pazza… con un futuro strampalato come quello che ci attende, tu ti
organizzi la vita con un anticipo di mesi…”
“A parte che mia madre ha sempre fatto così e grazie a lei
ci siamo sempre trovati tutti bene, ma poi non è che ti organizzo la vita…”
Katie scrollò la spalle, rilassando il collo e appoggiando la nuca contro il
sediolino. “Voglio solo essere sicura che finita la scuola tu non te ne andrai…
che resterai qui. Voglio darti un motivo per non lasciare l’Inghilterra.”
Alex la guardò per un lungo momento, poi si sporse in avanti
e le scansò un ricciolo ribelle dalla fronte. “Io ho già un motivo per non
lasciare l’Inghilterra.” Il sorriso fresco e genuino che ricevette in risposta
dalla ragazza abbattè con un sol colpo le sue barriere… le rubò un bacio al
volo, come amava sempre fare… sorprenderla era un piacevolissimo vizio che
aveva preso nell’ultimo periodo. Qualunque espressione si dipingesse su quel
viso vivace e allegro gli faceva sempre sentire un senso di profonda pace che
faceva a pugni con lo spirito freddo e calcolatore che gli martellava il
cervello.
Katie gli accarezzò il viso. “Bisogna assolutamente trovarti
una casa e un lavoro, signor Templeton, adesso non ti permetterò di
allontanarti da me neanche di mezzo metro.”
“Sono un uomo braccato.” Alex ridacchiò. “Come ti è venuta
in testa l’idea che io volessi andarmene?”
“Avevo paura che saresti tornato in Ungheria da tua
sorella.” Katie storse un po’ la bocca. “…ti offendi se ti dico che non mi è
particolarmente simpatica?”
“Non piace neanche a me, perciò non mi interessa niente di
lei. E poi ti ricordo che tecnicamente io sono figlio unico, lei è una
sorellastra.”
Katie lo vide irrigidirsi tutto in una volta… dunque aveva
visto giusto. La sorella era un argomento spinoso… probabilmente gli aveva
causato sofferenza in passato. “Non andate molto d’accordo, eh?”
Alex esitò. “…ti dispiace se parliamo d’altro?”
Infinitamente, visto
che continui a tenerti tutto dentro e non va bene… “Come vuoi tu.”
“Grazie.” Alex le sorrise. “Allora, che dicevi del mio
lavoro?”
“Oh beh, io ti vedrei…” Katie s’interruppe quando vide
cambiare il panorama fuori dal finestrino… niente più campagna, erano appena
entrati in una galleria e il treno stava rallentando fra gli sbuffi di fumo… si
stava immettendo sul binario 9 ¾ di King’s Cross. Non appena furono arrivati
alla stazione Katie si affacciò dal finestrino, e poi si voltò verso Alex più
gioiosa di prima. “Sbrigati Alex, ho visto mamma e papà, e c’è anche zio Harry!
Andiamo, pigrone, muoviti!”
Alex fu letteralmente trascinato in piedi, e mentre Katie si
infilava in tutta fretta il giubbetto di jeans, lui si sporse un attimo a
guardare… effettivamente sulla banchina ad aspettarli c’erano sia i genitori
che lo zio di Katie, ma al suo occhio ben addestrato non era sfuggito quello
che lei nell’entusiasmo non aveva notato: i Weasley e Harry Potter erano
palesemente in assetto da War Mage, visto il modo attento in cui si guardavano
in giro, e Alex era pronto a scommettere che sotto quei mantelli avessero
addosso l’uniforme… erano pronti. Pronti all’idea che potevano dover
fronteggiare nuovi scontri… e questo era devastante, visto che pur essendo i
migliori nel loro campo non avrebbero mai potuto prevedere che sarebbero stati
colpiti al cuore e proprio sotto il loro naso, senza poter fare nulla per
evitarlo… cosa che oltretutto sarebbe successa in meno di due giorni…
…e Alex si ritrovò a pensare quanto gli avrebbe chiesto di
mancia il macchinista del treno se gli avesse chiesto di portare lui e Katie
via a razzo, nel posto più lontano possibile da quella famiglia che presto
avrebbe pagato a carissimo prezzo la vita felice che si era guadagnata.
***************
Jack si chiuse la porta alle spalle con un colpetto di tallone,
visto che aveva entrambe le braccia impegnate… era uscito a fare la spesa, ed
era stato più che felice di comprare una scorta extra di dolciumi e biscotti.
Probabilmente per la prima volta nella sua vita Amelia aveva sempre fame, e per
questo Jack non finiva mai di ringraziare il piccoletto che le cresceva in
grembo. Fu con un sorriso allegro che il ragazzo accolse le note dolci della
musica che proveniva dalla stanza della sua amica, e non resistendo alla
tentazione lasciò le buste in cucina e la raggiunse, fermandosi a guardarla
dalla soglia della porta.
Amelia stava ballando dolcemente e canticchiava a bassa voce
mentre si ciondolava sui piedi, tenendosi le mani sulla pancia… a più della
metà del quarto mese di gravidanza si cominciava a vedere un primo inizio di
pancione, che su di lei di fisico gracilino spiccava almeno il doppio.
Istintivamente Jack sorrise… era una delle poche volte che aveva la possibilità
di vederla senza il consueto maglione di tre misure più grande, finalmente si
poteva vedere in tutta chiarezza com’era cambiata la sua Popò con gli effetti
della gravidanza… effetti decisamente positivi. Aveva acquistato una dose di
femminilità notevole e molto, molto interessante. Ma di sicuro la conseguenza
migliore del suo stato era il sorriso che non aveva più abbandonato la sua
faccia da due mesi a quella parte… e quell’inarrestabile forza d’animo che
aveva sempre avuto, e che dopo un periodo di ombre era finalmente ritornata.
“Vedi, amore di mamma?” fece piano Amelia, accarezzandosi l’addome
gonfio. “Questo è ballare. Mammina ti insegna che è facile, basta muoversi
piano piano… così…”
Ma come si fa a non
amare una donna che adora a tal punto la tua creatura?, si chiese per la
millesima volta Jack, ma scacciò immediatamente via il pensiero. Non era più
importante, perché se anche lo stronzo responsabile di tutto fosse saltato
fuori all’improvviso e con mille scuse, lui non gli avrebbe permesso di riprendersi
Amelia. Nessuno poteva più permettersi di avvicinarsi a lei senza la sua
approvazione, perché nessuno avrebbe mai più osato giocare col suo cuore.
Era troppo felice, nessuno doveva turbare quella sua
felicità… erano mesi che non la vedeva così bene, sembrava addirittura più
bella del solito per quanto non se ne accorgesse… in quel momento poi, a
ballare col suo piccolino, faceva venire una voglia matta di abbracciarla… e
Jack non represse la voglia di farlo, avvicinandosi e prendendola per mano a
sorpresa.
“Mi concedi questo ballo?” le disse col suo solito
sorrisetto da canaglia.
Amelia gli sorrise, felice. “Con molto piacere.” Come al
solito non potè non provare un brivido quando lui la strinse a sé, ma si
rilassò appoggiandogli la testa sulla spalla e lasciandosi cullare dai
movimenti dolci di lui.
Jack socchiuse gli occhi e inalò il profumo inconfondibile
dei capelli di lei. Era un profumo particolare, fresco e genuino, che nei
capelli cotonati o super trattati delle ragazze con cui era stato non aveva mai
sentito… Amelia era sempre stata particolare. Come particolare era sentire
contro il proprio addome la sua pancia gonfia ogni volta che l’abbracciava,
considerando che lì dentro si stava formando un esserino che di lì a pochi mesi
sarebbe arrivato a sconvolgere le loro vite. Ma lei era così serena e felice
che tutta l’ansia e l’agitazione dei primi momenti avevano abbandonato anche
lui. Perso nei suoi pensieri, Jack si accorse solo in un secondo momento che la
canzone era finita e che Amelia si era allontanata da lui. Peccato, era bello
ballare con lei… com’è che non lo facevano mai?
“Questa è la prova che mammina non sa ballare affatto.”
Disse ridendo Amelia.
Jack si riscosse e fece un sorrisetto dei suoi. “Vedi, là
dentro? Devi seguire quello che faccio io.”
“Decisamente no, tu finirai per deviarmi il piccolo!”
“Ehi, zio Jack fa il suo dovere.” Jack le pizzicò il naso
fra le dita. “Se è un giovanotto gli spiego i trucchi del mestiere, se è una
signorina capirà bene da cosa si deve guardare.”
Amelia scosse la testa, con una smorfia divertita e
rassegnata stampata sul viso allegro e colorito. “Sei senza speranza. Almeno
l’hai fatta la spesa?”
“Ah ah, e qui ti volevo.” Jack fece un sorrisone compiaciuto
e si sfilò qualcosa dalla tasca posteriore del jeans... un vasetto di pappina
per bambini. “Ta-Dan!”
Amelia inarcò un sopracciglio. “Non dirmi che l’hai comprata
per me perché ti uccido.”
“Scema, no…” Jack gliela porse. “Sono passato davanti allo
scaffale delle pappine per neonati al supermercato… lo sapevi che esistono
almeno una ventina di marche diverse di questa roba? E poi ci sono le pappette
col ferro, quelle con le vitamine… è un vero casino, ci ho passato un’ora lì
davanti e non sono riuscito a capire qual è la marca giusta.”
“Beh, dunque, vediamo…” Amelia fece una piccola smorfia e si
sbuffò la frangia via dalla fronte. “…non sono messa molto meglio di te… col
ferro, dici? E se il mio bambino è allergico?”
“E’ proprio per questo che lo zio Jack è il migliore di
tutti.” Jack sorrise fiero. “Ho agguantato al volo un padre che faceva la
scorta e gli ho chiesto qualche dritta… questa pappetta qui non contiene
niente, è per i primissimi mesi ed è la marca migliore… e noi adesso
l’assaggiamo, così già sappiamo se dobbiamo comprare questa.”
Amelia sorrise largamente. “Questa sì che è stata un’idea
geniale!”
“Eh, è stata mia…”
“Dai, proviamo.” Amelia stappò il vasetto ed entrambi i
ragazzi ci tuffarono un dito dentro, assaggiandone il contenuto. Jack arricciò
il naso, mentre lei scrollò le spalle e annuì. “Non sa di molto, ma almeno non
fa schifo.”
“Adesso capisco perché non ci ricordiamo cosa ci hanno dato
da mangiare quando eravamo piccoli, questa roba è inodore e insapore, oltre che
incolore.”
“Ma che pretendevi, pane e marmellata? Questa roba la deve
ingurgitare un bimbetto senza denti, affidandosi solo alle sue gengive…” al
pensiero Amelia sorrise e si portò una mano sulla pancia.
Jack inarcò le sopracciglia. “Credimi, Popò, il nostro
piccolo sdentato non se la terrà in bocca nemmeno per cinque secondi questa
roba insipida… nah, gli prepariamo qualcosa di buono noi, ti faccio vedere come
viene su sano e forte.”
“Certo, una bella bistecca al sangue a quattro mesi ci sta
benissimo, eh?” ridendo divertita, Amelia tornò a guardarsi allo specchio e si
accarezzò l’addome gonfio. “Adesso si comincia proprio a vedere… gioia di mamma
sua, è riuscito dove perfino Madre Natura aveva fallito… mi ha fatto venire le
tette!”
Jack scoppiò a ridere e
appoggiò le mani sui fianchi, guardandola mentre si contemplava la nuova
figura allo specchio con grande orgoglio. Quella ragazza era un vero numero.
“Complimenti al pargolo, allora, direi che ha fatto un ottimo lavoro… adesso
sei una donna vera.”
“Sono una mamma.” Fece dolcemente lei, e il suo sorriso
brioso e tenerissimo le fece luccicare gli occhi vispi e felici.
Lui sentì un moto di affetto immenso invadergli il cuore…
era così dolce, tenera, così meritatamente felice nella sua semplicità… ed era
allo stesso tempo una vera forza, aveva trasformato quello che per lui sarebbe
stato tragico in un motivo per ritrovare il sorriso… era veramente grande. “Si…
si, sei una mamma.” Le disse, abbracciandola. “La più bella di tutte.”
Amelia chiuse per un momento gli occhi, sforzandosi di non
pensare all’ultima volta in cui le aveva detto la stessa cosa, e si accoccolò
fra le sue braccia forti. Erano sempre state il suo rifugio, in fondo.
Jack le diede un bacio sulla testa, accarezzandole
bonariamente i capelli lisci. “Senti, piccoletta… per quanto ancora credi di
poter allargare la tua uniforme o di nasconderti nei miei maglioni? Ormai sta
diventando evidente.”
Amelia fece una piccola smorfia di disappunto. “Tu dici? E’
ancora relativamente presto, non sono poi così grassa…”
“Nah, tu sei magra come uno stecchino, il minimo cambiamento
balza agli occhi in un lampo. E poi in realtà avrebbero già potuto notarlo, se
ci avessero fatto attenzione. Guarda.” Jack la fece posizionare di profilo e le
percorse con la mano la spina dorsale… all’altezza dei reni era curvata verso
l’interno, come se in quella posizione lei tenesse volutamente la pancia in fuori.
“Vedi questa curva nella schiena? E’ un chiaro segno della tua condizione. Dopo
il terzo mese diventa questa la posizione delle donne in dolce attesa, perché
il corpo della mamma si prepara a sostenere il peso del bambino man mano che
cresce.”
Amelia sbattè gli occhi castani, stupita. “E tu come le sai
tutte queste cose?”
Jack scrollò le spalle. “Le ho lette.”
“Tu hai letto un
libro?? …e su questo argomento, per di più?”
“Si, beh… sai, all’inizio… quando vomitavi tutte le mattine…
non potevo sempre andare a chiedere a zia Gin se era normale, così ho pensato
di documentarmi un po’ sull’argomento.”
Amelia provò un fortissimo senso di commozione… se non
avesse avuto l’autocontrollo di un War Mage, come minimo lo avrebbe assalito
per ricoprirlo interamente di baci. Stava facendo molto più di quanto si
potesse aspettare… si stava prendendo cura di lei come nessuno aveva mai fatto…
e si stava prendendo cura del bambino… il loro bambino.
Il tuo bambino,
stupida, non il vostro…
“Jack, io… non so proprio cosa dire.” Gli mormorò con una
voce più strozzata, accarezzandogli una guancia.
Jack le fece uno dei suoi tipici sorrisetti Weasley. “Prova
a dirmi come racconterai al mondo intero del bambino.”
Amelia si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo. “Non lo
so… devo dirlo proprio a tutti…”
“Paura?”
“Un pochetto.”
“Nah… il leggendario Popò della terra dei Koala non sa cosa
sia la paura.”
Amelia fece un sorrisetto ironico. “Allora diciamo che
questo caso è l’eccezione che conferma la regola.”
Jack le sollevò il viso dolcemente, assumendo un tono più
serio. “Non devi avere vergogna proprio di niente, sai.”
“Non è vergogna la mia.” Amelia si morsicò il labbro. “Non
ho voluto dire niente a nessuno perché voglio che i primi a saperlo siano i
tuoi genitori, la tua famiglia… ma ho una paura fottuta di deluderli.”
Jack la incoraggiò con un sorriso. “Tu sei l’esempio vivente
della maturità e del senso di responsabilità che hanno sempre cercato di
insegnarci… non li deluderai, credimi. E sai che ti dico? Glielo dici stasera,
a cena. Così ci leviamo il pensiero.”
Amelia esitò, poi sospirò e annuì. “Va bene, lo farò.”
“Bravissima.” Jack incrociò le braccia sul petto e inclinò
leggermente la testa. “E tuo padre? Quando conti di mandargli un gufo?”
Amelia s’irrigidì e fece una smorfia. “Non c’è alcun motivo
per cui io gli debba scrivere.”
“Questa cosa deve finire, Amy.” Il tono di Jack era solido,
ma straordinariamente calmo. “E’ tuo padre, ha il diritto di sapere che sei
incinta.”
Amelia lo guardò con uno sguardo di fuoco. “Ha perso il suo
titolo e il suo diritto molti anni fa, quando è partito per l’Africa.”
“Ma tu gli hai mai chiesto di restare? Te lo dico io: no!”
“Che differenza avrebbe fatto? Lui non ha mai voluto
soffermarsi ad ascoltarmi, non mi ha mai accontentata e non se n’è mai
veramente fregato un benemerito di me. Figurati un po’ se s’interesserebbe a
questo bambino solo perché sulla carta è suo nipote.”
“Questo non lo puoi dire.” Jack scosse la testa. Sapeva bene
che sotto sotto, lei moriva dalla voglia di dirlo a suo padre… ma era troppo
orgogliosa e testarda per prendere carta e penna e fare quello che era giusto.
“E non è vero che non ti ha mai voluto bene, perché lui a modo suo ti ama… non
vi siete mai capiti, tutto qui. Ma tu gli hai mai parlato, eh? No, quando le
cose non ti vanno a genio tu risolvi tutto mandando al diavolo la gente, e
sbattendoti la porta alle spalle. E così hai fatto anche con tuo padre.”
Amelia inarcò pericolosamente un sopracciglio. “L’unico che
si è comportato come un vero padre per me è stato il tuo, punto e basta. E non
ne voglio più parlare. Il bambino è mio, decido io a chi dirlo e a chi no.”
Jack la guardò uscire dalla stanza e sospirò, scuotendo la
testa. Amelia aveva la testa di granito… ma se c’era una cosa che non le
riusciva bene era inveire contro qualcuno che in realtà amava… e lui era pronto
a giocarsi la casa che se avesse visto suo padre, gli sarebbe balzata al collo
senza chiedersi nemmeno il perché.
***************
“Prendi questo… è un
mantello dell’invisibilità, con questo non ti vedrà nessuno. Stephen si è
raccomandato molto su questo punto, la tua identità deve rimanere segreta e il
tuo nome al sicuro da qualunque sospetto.”
“Me lo hai già detto
trecento volte, credo di averlo imparato a memoria. Anthony, mi darai il
tormento fino ad allora?”
“E’ probabile, perché
stavolta non possiamo permetterci errori. Deve essere tutto assolutamente
perfetto.”
“Quando diavolo avete
intenzione di agire?”
“Sabato alle dieci e
mezza in punto.”
Alex chiuse gli occhi e sbuffò, cercando di non perdere il
suo preziosissimo controllo. Non poteva mostrarsi triste o angosciato agli
altri in un giorno di festa, che cosa avrebbero pensato dopo? Per sua fortuna
l’autocontrollo era sempre stato una sua dote, ma i sentimenti e le emozioni
no… quelli erano qualcosa di nuovo con cui si trovava ad avere a che fare,
forse per la prima volta nella sua vita. Per fare quello che doveva fare due
giorni dopo alle dieci e mezza in punto non poteva permettersi il lusso di
pensare, avrebbe perso lucidità e razionalità e questo non se lo poteva
permettere. Doveva essere freddo come era sempre stato.
Ma non ci riusciva perché nella sua mente c’era solo lei.
Lei, che col suo sorriso illuminava una stanza intera, che con i suoi occhi azzurri
sapeva leggergli dentro senza alcuna difficoltà, col suo tocco delicato e
amorevole che gli riscaldava sempre il cuore. Lei, con la sua gioia infinita di
vivere, col suo amore per il mondo, con la fiducia che riponeva nella vita e
negli uomini… ma tutto questo sarebbe cambiato. Lui l’avrebbe cambiato nel giro di poche ore.
Si, forse il piano di Stephen avrebbe avuto successo e Katie
sarebbe diventata davvero in tutto e per tutto dipendente dalle sue parole e
dalla sua presenza confortante, e alla lunga tutto sarebbe andato come doveva
andare… ma Alex sapeva bene che lei non era fatta per essere una traditrice
spietata, e forse sarebbe stato tutto inutile. Il dolore l’avrebbe accecata, e
ne sarebbe venuta fuori una creatura infelice e sofferente. Quella ragazzina
felice e innamorata della vita non sarebbe tornata più… l’avrebbe persa per
sempre. Questo gli fece provare un forte bruciore allo stomaco. Ma voleva
veramente farlo? Il gioco valeva davvero la candela?
“Alex?” Katie rivelò la sua presenza passandogli una mano su
e giù davanti agli occhi. “Ci sei?”
“Eh? Oh… si, scusa. Stavo pensando a una cosa che devo
assolutamente ricordarmi di comprare prima di tornare a Hogwarts.”
Katie inarcò un sopracciglio, piuttosto scettica, ma non lo
forzò oltre. “Beh, invece di pensare alla lista della spesa, perché non mi
aiuti ad apparecchiare?”
Alex fece un sorrisetto. “Se questo significa che mangiamo
prima ben volentieri, sto morendo di fame…”
Katie sorrise sfuggevolmente, facendogli segno di seguirlo
in cucina, ma quando furono arrivati nei pressi della porta socchiusa si fermò…
si sentivano le voci più basse del solito di Jack e Amelia, dei suoi genitori…
fece cenno ad Alex di restare in silenzio, e si sporse leggermente per cercare
di sentirli.
“…e quindi la loro talpa sarebbe quello schifoso di
Taventoon?”
“Si, Jack, se le nostre supposizioni sono giuste.” Hermione
scosse la testa. “Adesso il problema è provarlo.”
Amelia aveva il disgusto stampato chiaramente sulla faccia.
“Che schifo, arrivare a tanto…”
“Hanno vinto una battaglia, ma non la guerra.” Ruggì
minaccioso Ron. “Sono stati abili, con la storia degli attacchi a voi ragazzi
ci hanno preso come tanti pesci nella rete. Credevamo che volessero creare fumo
per distrarci dagli attentati a voi, e invece era tutto il contrario, voi avete
fatto praticamente da esca e noi abbiamo abboccato. Era tutto un piano per
farci sbattere fuori dai War Mage e cominciare a modificare le cose con l’aiuto
dei nuovi arrivati.”
“Ok, il primo round è loro.” Fece combattivo Jack, i cui
muscoli fremevano visibilmente. Non era un uomo di parole lui, preferiva di
gran lunga l’azione. “Però adesso viene il secondo… e rispetto a loro noi
abbiamo un vantaggio: non sanno che li abbiamo scoperti.”
Alex serrò la mascella e tentò di allentare i pugni che
teneva stretti ai lati del corpo. Lanciò un’occhiata a Katie e la vide molto
attenta e concentrata, quasi come se cercasse di capire da sola quello che
stava succedendo senza aver bisogno di chiedere a nessuno.
Stephen, questi sono furbi
e preparati… ma lo sai veramente chi stai sfidando?
Alla fine i pensieri di Alex furono interrotti quando Katie
ruppe gli indugi e aprì la porta della cucina. Il cambio di atmosfera da tesa a
serena fu rapidissimo e quasi perfetto… quasi.
“Ehi, quando si mangia?” esclamò vispa la biondina. “Stiamo
morendo di fame.”
Hermione le sorrise amabilmente. “Mangiamo subito, se mi
date una mano con…”
“Alla torta ci ho pensato io!” disse subito Mel, che era
seduta sulle ginocchia di Simon, e inevitabilmente scoppiarono tutti a ridere,
Hermione inclusa.
“E va bene, rinnovando la mia promessa di restare lontano
dal dessert, direi che potremmo anche…”
“No, un attimo solo…” Amelia esitò quando tutti la
guardarono, e cominciò a torcersi le dita. “…uhm… ecco… c’è qualcosa che vorrei
dirvi, cioè… ve lo voglio dire, e allo stesso tempo non ve lo voglio dire, ma
d’altra parte sento che potrei anche scoppiare se non parlo, perciò…”
Ron si accigliò quando la vide così assurdamente in
imbarazzo, e le accarezzò amorevolmente la testa. “Tutto bene, tesoro?”
“S-Si, però…” Amelia fece un piccolo sorriso nervoso e gli
indicò una sedia. “Forse è meglio se ti siedi prima?”
Katie ridacchiò quando vide la faccia di suo padre.
“Guardalo, Amy, lo hai terrorizzato!”
Hermione fece un sorriso teso. “Beh, veramente non hai
rassicurato neanche me… che è successo?”
Amelia aprì la bocca per parlare… ma non le riuscì. Poteva
solo guardarli, tutti lì in attesa di capire la misteriosa notizia… e il
coraggio le venne meno. Ron la stava osservando con un cipiglio ansioso,
Hermione accanto a lui sembrava preoccupata, Mel la fissava con i suoi grandi
occhi blu spalancati, la piccola Katie la guardava quasi come se trattenesse il
respiro nell’attesa, perfino il suo Alex sembrava molto interessato… Simon
aveva capito tutto, invece, perché le strizzò un occhiolino e annuì in segno di
incoraggiamento. Ma come avrebbero reagito loro… la sua unica famiglia?
In preda a un fortissimo desiderio di cambiare argomento e
rinunciare ai suoi piani, Amelia s’inumidì le labbra… ma poi sentì due mani
grandi e forti appoggiarsi protettivamente sulle sue spalle, e voltò la testa
di lato per vedere lui, l’unico che aveva il potere di regalarle serenità nei
momenti più impensati…
Jack le fece un sorrisetto fiero e furbo, poi si rivolse
verso gli altri. “Amelia deve dirvi una cosa importante… lasciatela parlare e
non la interrompete, per favore.”
Forse fu la sua presenza rassicurante… o il suo profumo
maschio… o il suo corpo solido e virile alle sue spalle, forse era
semplicemente una questione psicologica data dalla sua vicinanza… ma qualsiasi
cosa fu, aiutò Amelia a trarre un respiro profondo e a trovare il coraggio
necessario a buttare tutto fuori una volta per tutte, con un pallido sorriso
timido sul volto. “Aspetto un bambino.”
Hermione spalancò gli occhi. “Come?”
“Dici davvero?” fece incredula Mel.
Katie sorrise enormemente. “Che bello, un bambino!”
Ron era un misto di shock e stupore. “Ma che… come sarebbe a
dire?! E di chi è?!”
“Ehi, ehi! Si era detto di non interrompere!” Jack li guardò
male, poi si rivolse più dolcemente ad Amelia. “Va’ avanti, non li pensare.”
Amelia smise di mordersi le labbra, ma non alzò lo sguardo
da terra. “Il bambino è mio… vi prego, non chiedetemi chi è il padre… non è
stata colpa sua.”
“Non è stata colpa
sua?!?” ripetè incredulo Ron, mentre dalla sua postura si capiva che già
cominciava a scaldarsi. “Questo grandissimo…”
“Papà.” Lo ammonì Simon. “Datti una calmata e lasciala
parlare.”
Amelia sospirò, ed evitò accuratamente lo sguardo di Ron.
“Le cose non sono andate esattamente come pensavo io, però il bambino è stato
una sorpresa bellissima e io lo voglio con tutte le mie forze. Ho… passato un
po’ di tempo per conto mio per cercare di organizzare i pensieri, capire che fare…
e ho capito che non mi importa di non avere quello che non ho, mi basta di
avere quello che ho… e ho un piccolino che sarà bellissimo, e che adoro tanto.
Non sapevo come dirvelo…” lentamente si tirò su il felpone di Jack, scoprendosi
il ventre arrotondato. “…sono al quasi al quinto mese… vi prego, non
arrabbiatevi con me se non vi ho detto niente prima, è solo che avevo una paura
da matti di… non lo so, di deludervi… a dirla tutta, ora ce l’ho più di prima,
ecco.” Mormorò con un piccolo sorriso timido.
Ron si passò una mano fra i capelli e buttò fuori l’aria che
inconsapevolmente aveva trattenuto per qualche secondo, quindi fu il primo a
interrompere il silenzio generale. “Quindi… lui non tornerà, giusto?”
Amelia scosse la testa. “No… e non mi importa. Crescerò il
mio bambino da sola, so bene a cosa vado incontro e non ho paura. Sento di non
aver più paura di niente ora che c’è questo bimbo.”
Hermione distese le labbra in un sorriso amorevole e
orgoglioso insieme, e scansando il marito le si avvicinò per prenderle le mani
nelle sue. “Tesoro, dimmi una sola motivazione per cui dovremmo essere delusi,
perché onestamente io faccio fatica a vederne.”
Amelia si morse le labbra. “Non ho un compagno al mio
fianco…”
“No, ma hai tanto di quel coraggio e di quella forza che ti
devo proprio ringraziare, piccola peste.” Hermione le prese il viso fra le mani
e glielo accarezzò. “Io sono fiera di te… sono fiera che tu faccia parte della
mia famiglia, perché oggi davanti a me vedo una donna forte e decisa che ha
saputo tenere testa a un futuro imprevisto nel migliore dei modi… il mio unico
rammarico è non averti potuto stringere forte a me quando hai avuto la bella
notizia, e non so proprio come tu possa aver pensato che ti avremmo giudicata,
ma ti voglio perdonare… se mi prometti che non dirai mai di essere sola col tuo
bambino. Siete tutti e due parte di questa famiglia, mi sono spiegata? Non
rinuncio al titolo di nonna onoraria così facilmente, signorinella.”
Amelia sorrise mentre la commozione prendeva il sopravvento
e le riempiva gli occhi di lacrime, e a quel punto lasciarsi abbracciare da
Hermione fu la cosa più bella del mondo. Era così materna la sua stretta, così
accogliente e amorevole che sarebbe rimasta in quella posizione anche per tutta
la giornata…
…è questo essere
abbracciati da una mamma? Perché è divino…
“Amy!!” strillicchiò elettrizzata Katie, piombandole accanto
e separandola da sua madre per appoggiarle una mano sulla pancia. “Voglio
sentire il bimbo che scalcia!”
“Anch’io, anch’io!!” anche Mel accorse.
“Cos’è, maschietto o femminuccia?” chiese ancora Katie, che
sorrideva come non mai.
“Come lo vuoi chiamare?” continuò Mel.
“Ehi, ehi! Lasciate un po’ di posto allo zio Simon, pazze
scatenate!”
Jack rimase a guardare in disparte, incrociando le braccia
sul petto e sorridendo soddisfatto nel vedere Amelia ridere fra le lacrime di
commozione e rispondere alle domande frenetiche della piccola folla di
scalmanati attorno a lei.
“Ma chi sei tu, e che ne hai fatto di mio figlio?”
Fu molto divertente per Jack sorridere a suo padre nel suo
stesso identico modo furbastro e vispo. “Perché?”
Ron scrollò le spalle, mantenendo la voce più bassa per non
farsi sentire dal gruppetto in festa. “Il mio ragazzo sarebbe già scappato a
chiedere aiuto… invece tu sei ancora qui, e non solo… a quanto pare ci sei
stato tu vicino ad Amelia in questi mesi. E direi che hai fatto un lavoro
straordinario.”
“Io le do solo una mano… il resto è tutta farina del sacco
di quella titana.”
“Oh, beh… mi ricordo abbastanza bene i primi mesi delle
gravidanze di tua madre, sono sempre stati piuttosto difficilotti…”
“Se ti riferisci al vomito, abbiamo gestito la situazione
alla grande: abbiamo piazzato un catino proprio sul comodino di Amelia, così
all’occorrenza non doveva neanche alzarsi nella notte.” Jack fece una smorfia
di profondo compiacimento di se stesso. “A volte i rimedi più semplici sono i
migliori.”
Ron osservò suo figlio con la coda dell’occhio. In altri
tempi Jack non avrebbe reagito con altrettanta naturalezza, anzi… invece
sembrava calmo e perfino allegro. Dunque Ron non si era sbagliato quando aveva
avuto la sensazione che suo figlio avesse qualcosa di diverso, qualcosa che lo
rendeva più adulto… più maturo. Non assomigliava affatto al ragazzino di
qualche mese prima che cambiava una donna al giorno. Che fosse davvero
cresciuto? Valeva la pena metterlo alla prova…
“Non hai idea di chi possa essere lo stronzo che ha fatto
tutto questo?”
Jack s’irrigidì e fece una smorfia tra il disgustato e il
vendicativo, ma nulla di più. “Purtroppo no, ma ora come ora non importa. Tanto
non gli permetterei comunque di riavvicinarsi a lei dopo che l’ha lasciata
sola.”
“Qualcuno accanto a lei dovrà pur esserci…”
“Infatti per il momento me ne occupo io. Poi con calma,
quando Amelia si sentirà pronta a cercarsi un compagno… beh, ne riparleremo.
Credo.”
“Beh, è un buon piano.” Ron annuì… e voltò dall’altra parte
il viso per non far vedere a suo figlio
il sorrisetto soddisfatto e di certo irritante che gli si era stampato
automaticamente in faccia.
Amelia tra le risate generali riuscì a districarsi dalla
piccola folla entusiasta e si mosse verso l’unica persona che non le aveva
ancora detto niente. Timidamente cercò lo sguardo di Ron… e riprese a torcersi
nervosamente le dita. “Sei… arrabbiato?”
“Io? Con te? Non credo che questo potrà mai succedere.” Ron
le diede un pizzicotto sul naso e le fece un sorriso infinitamente dolce. “E
poi per cosa dovrei arrabbiarmi? Un bambino è sempre fonte di gioia, e mai come
ora ne abbiamo bisogno tutti… il cielo sa cosa darei per avere di nuovo un po’
di serenità. E poi ehi, stai parlando con uno che di figli ne avrebbe fatti
anche una dozzina!”
Hermione arricciò il naso. “Prova a partorire tu, poi
vediamo se la pensi allo stesso modo.” Gli altri risero, Alex incluso.
Amelia si ciondolò sui piedi, alzando finalmente lo sguardo.
“Non ti dispiace che non c’è… uno che mi sposi?”
“Tesoro, sai cosa me ne faccio io delle convenzioni? E’
naturale che voglia una famiglia grande e felice anche per te, che te la meriti
più di chiunque altro, ma non sono affatto preoccupato.” Ron le appoggiò le
mani sulle spalle e le rivolse uno sguardo allegro e sereno. “Questo è il bello
della stima… quando stimi una persona riponi in lei la tua completa fiducia, e
quindi ti senti tranquillo. E io so che gestirai questa cosa al meglio come fai
con tutto il resto… senza dimenticare noi altri, qui, che non vediamo l’ora di
vedere questo pupetto.”
Amelia non riusciva a parlare… si sentiva solo tanto, tanto
felice e tanto amata. Non avrebbe mai creduto di poter provare tanta gioia
tutta insieme. “…io… io non so veramente cosa dire… come ringraziarvi…”
Jack appoggiò le mani sui fianchi e guardò gli altri con una
finta aria di rimprovero. “Se mi fate piangere il Koala sono botte, già qua coi
cambi di umore non è che ce la siamo proprio spassata…” Amelia rise fra le
lacrime e gli diede una bottarella sulla schiena.
Erano tutti contenti ed emozionati, ma Katie sembrava non
riuscire a stare ferma sui piedi… perfino gli occhi le brillavano di gioia.
“Che bello, un bebè tutto da coccolare in arrivo… ooh, lo voglio tanto
anch’io!”
Ron immediatamente guardò Alex con gli occhi ridotti a due
fessure di fuoco, e il ragazzo si affrettò ad alzare le mani e a scuotere
freneticamente la testa. “Ehi, io non ho niente a che fare con questa idea!”
disse subito, suscitando le risate degli altri.
“Quando hai la prossima visita di controllo, Amy?” le chiese
Hermione, accarezzandole amorevolmente i capelli lisci stranamente pettinati e
racchiusi in una morbida treccia.
“Posso venire anch’io?” fece subito Mel, altrettanto
entusiasta.
“Anch’io, anch’io voglio vedere il piccolo!” esclamò Katie.
Simon fece un’adorabile espressione sarcastica. “Si,
organizziamo una bella gita tutti a vedere Amely che si fa l’ecografia, un galeone
a testa per il biglietto e pranzo a sacco.” E qui nessuno potè evitare di
scoppiare a ridere.
***************
“Non ci posso credere, un bambino…”
Katie era ancora elettrizzata dalla notizia, in un’ora aveva
ripetuto sempre la stessa frase per più di tre volte. Alex la osservava
incuriosito… non riusciva a spiegarsi tanta emozione. Quella sera lei emanava
più allegria e positività del solito, e nella posizione in cui erano lui lo
avvertiva il doppio: se ne stavano sdraiati tutti e due nel letto di Jack (che
ora usava Alex) in pigiama, e mentre la biondina era distesa languidamente, il
ragazzo aveva preferito rimanere appoggiato sul fianco… in quel modo aveva una
mano libera per poter accarezzare beatamente la pelle liscia e tonica della
pancia di lei. E in quell’oasi di pace Alex si ritrovò a ringraziare
mentalmente Simon, che gli aveva concesso un po’ di privacy organizzando una
coinvolgente partita notturna a scacchi con suo padre a cena conclusa… e in
quel modo ci era scappata una magnifica, esuberante e beata seduta extra di
baci e coccole varie di quelle memorabili.
“Se Amelia è praticamente una sorella per me…” Katie
giocherellò con le dita del suo ragazzo, intrecciandole fra le sue. “…allora
questo nuovo bimbo sarà…il mio nipotino! Oh, mi piace ‘zia Katie’…”
“Suona bene.” Alex fece un sorrisetto. “Ma ti fa sembrare
molto più vecchia.”
Katie rise. “Non è vero.”
Alex le scansò un ricciolo biondo dalla guancia. “Ma
guardati, sei tutta una Pasqua… mi dici cosa c’è di tanto eccitante nell’arrivo
di un neonato?”
“Come cosa c’è… è un bimbo tutto da strapazzare di coccole!
Non hai già voglia di vederlo?”
Alex fece una smorfia. “I bambini piangono sempre… e poi
cacano quanto gli elefanti… ti potrai anche divertire i primi cinque minuti, ma
poi?”
Katie ridacchiò e scosse la testa. “Che scemo che sei…
perché invece non provi a vedere tutti gli aspetti divertenti dei piccoli?”
“Ce ne sono?”
“A migliaia… guarda, l’esempio standard: ti è mai capitato
di vedere un bambino quando comincia a fare i primi passi e vuole alzarsi da
solo? Prova a mettersi in piedi con quel culetto paffuto per il pannolino… e
con quelle gambette da pollastrello, poi… ed è bellissimo perché non riesce mai
a restare in piedi da solo al primo tentativo, però ci riprova… ci riprova
all’infinito finchè non ci riesce, e allora è tutto soddisfatto e fa quei versi
adorabili e quel sorriso dolce e felice…”
Alex le pizzicò il naso fra le dita. “…puntualmente pieno di
bava…”
“Tenero, perché mette i dentini!”
“Ok, e quando piange la notte finchè non ti spacca i
timpani?”
“E’ perché ha fatto un brutto sogno, o perché ha mal al
pancino, ma questo non importa… perché la cosa più bella deve essere quando si
rende conto che la sua mamma e il suo papà sono lì per lui, che lo
proteggeranno da tutto e da tutti perché lo amano… lui lo sentirà questo, e si
calmerà. Mio padre e mia madre ci hanno sempre raccontato storie dolcissime di
notti insonni passate con noi… certo che crollavano dal sonno, anzi una volta
papà si è addormentato con Jack e il biberon in braccio e mamma non ne è stata
molto felice, ma la cosa bella era quel senso di complicità che si è creato…
ecco perché oggi ci amiamo tanto.”
Alex fece un piccolo sorriso sincero. “Tu riesci sempre a
vedere il bello in tutte le cose… sei una cosa incredibile.” Le mormorò,
accarezzandole lo stomaco.
Katie scrollò le spalle, sorridendo. “Questo perché c’è
veramente del bello in tutto ciò che ci circonda, solo che non riesci sempre a
vederlo. Basta così poco per essere felici…”
Alex la guardò dritta negli occhi. “Tu sei felice?”
“Infinitamente.” Katie allungò una mano per accarezzargli
morbidamente il viso. “Ho una famiglia meravigliosa, che mi dà tutto quello di
cui ho bisogno… e poi ci sei tu… che sei il mio principe azzurro.”
“Se devo essere sincero, ho molto poco del principe delle
tue favole.” Alex abbassò lo sguardo. “E la tua famiglia non sta vivendo un
periodo facile…”
“Si, lo so… ma so anche che tutto questo presto finirà e
tornerà il sole anche per noi. Dalla nostra parte sono schierati i maghi e le
streghe migliori del Mondo della Magia, vedrai che riusciremo a rimettere tutto
a posto… io ho molta fiducia in loro.”
Alex esitò, alzando lo sguardo all’ultimo secondo. “Tu…
potresti essere molto utile. Sai… con le tue capacità.”
Katie rise genuinamente. “E come potrei? Non credo che
rendere felici le persone possa tornare molto utile in un campo di battaglia.”
“Chi ti dice che puoi fare solo quello?”
Katie sbattè gli occhi, un po’ stupita dal tenore di quelle
domande… ma d’altra parte lei e Alex non avevano mai affrontato a fondo la
questione delle sue potenzialità, forse era arrivato il momento di parlarne.
“Io non so esattamente cosa posso o non posso fare… è cominciato tutto quando
avevo più o meno dieci anni, toccavo le persone e riuscivo a sentire i loro
sentimenti. Mamma ha fatto delle ricerche accurate per mesi, ma non ha mai
trovato niente sull’argomento… sembrava quasi che le informazioni fossero state
rimosse volutamente dai libri. Voglio dire, non credo che questa cosa sia
successa solo a me, di certo sarà capitato anche a qualche altra persona… però
niente, non ne parlano. Perciò tutto quello che so è solo frutto
dell’esperienza diretta, capisci?”
Perché se sapessero
quello che puoi fare, si fionderebbe qui mezzo mondo…
“E il fatto che riesci a fare sentire meglio le persone?”
“Oh, quello l’ho imparato da me. E’ semplice… se tu sei
triste io penso che vorrei vederti felice, e zac… il gioco è fatto.”
“Potresti saper fare molto di più.” Alex le fece scorrere il
dito lungo l’ombelico, strappandole un brivido. “Pensa a quanto potresti
diventare forte se ti impegnassi… tutto il potere che avresti…”
“E che me ne faccio del potere?” fece ridendo Katie.
Alex si accigliò. “Tutti desiderano il potere…”
Katie fece una smorfia indifferente. “Francamente non saprei
che farmene, la mia vita è perfetta così com’è. Se dovessi scegliere un potere,
però… beh, vorrei essere abbastanza potente da far felici gli altri.”
Alex scosse la testa. “Perché preoccuparsi degli altri? Si
vive una volta sola, se non te la procuri tu la tua felicità come speri di
ottenerla?”
“Tutti dovremmo essere felici, il mondo sarebbe un posto
migliore se sorridessimo di più.” Katie chiuse gli occhi e fece un sorriso
sognante. “Pensa a come sarebbe bello… nessun bambino dovrebbe più piangere,
nessun genitore dovrebbe più seppellire il proprio figlio, nessuna moglie
passerebbe la notte a guardare fuori dalla finestra se suo marito ritorna… ci
sarebbe solo pace, serenità, armonia, gioia… sarebbe bello, no? Tu che ne
dici?”
“Che… ne dico?”
“Ah ah.” Katie annuì, guardandolo vivacemente.
Alex rimase senza fiato. Il modo in cui lo guardava… sentiva
tutto il suo affetto. Tutto il suo bene. Leggeva la speranza in quei bellissimi
occhi azzurri, la speranza di un mondo migliore… un mondo in cui voleva
costruire la sua vita. Era così bella… e lui si ritrovò ad accarezzarle il viso
prima di capire cosa stesse succedendo. Era troppo bella. Era un’intossicazione
per i suoi sensi…
“Ehi… che c’è?” gli domandò incuriosita lei, arricciando
amabilmente il naso.
“Ti amo.”
Katie spalancò gli occhi e per qualche istante rimase
immobile, poi si appoggiò su un gomito per sollevarsi e poterlo guardare dritto
negli occhi, mentre un sorriso si faceva largo sulle sue labbra gonfie per i
tanti baci. Un sorriso incredulo e felice. “Stai dicendo sul serio?”
Alex emise un sospiro rassegnato e sconfitto, il sospiro di
un guerriero perdente, e le rispose avvicinando le labbra alle sue e baciandola
senza alcuna pretesa né fretta, con dolcezza. Era un momento così assurdo… non
avrebbe mai creduto di poter pronunciare quelle parole. Aveva giurato a se
stesso che non si sarebbe mai legato alle persone, in nessun caso, perché
sapeva per esperienza che nessuno dava niente per niente, tutti i rapporti
umani erano basati sul principio del ‘do ut des’ che Stephen gli aveva fatto
imparare a memoria a suon di bastonate... ma con lei era tutto diverso. Tutte
le sue convinzioni erano crollate come un castello di carte. Cosa gli aveva
chiesto in quei mesi lei? Mai niente di niente, eppure gli aveva dato
tantissimo. Gli aveva regalato la possibilità di conoscere la sua famiglia per
vivere qualche attimo di serenità, eppure non gli aveva mai chiesto in cambio
notizie sul suo passato benchè fosse curiosa abbastanza da chiedersi di sicuro
molto… lei era diversa.
Katie sorrise in un modo adorabile, mentre gli occhi le
brillavano. “Ti amo anch’io.”
Quelle parole appena sussurrate fra i baci furono il suo
requiem ufficiale. Alexander Malfoy il vendicatore, lo spietato bastardo
assoldato dai ribelli per combattere una battaglia già vinta a tavolino, non
solo aveva perso… si era arreso volontariamente. Katie era davvero troppo per
lui. Era riuscita a svegliare una parte del suo animo che non sembrava mai
nata… gli aveva dato fiducia.
Ecco perché ora tradirla significava tradire se stesso e
soffrire insieme a lei.
Katie avvertì uno strano senso di tristezza e capì che
veniva da lui… smise di baciarlo e si tirò indietro per guardarlo, tenendogli
però una mano stretta nella sua. Non le piaceva quell’aria sconfitta e
rassegnata che vedeva sul suo viso. “Cosa c’è? Non sei felice?”
Alex sospirò intensamente e scosse la testa, cercando di non
far trapelare i suoi veri pensieri. “No, io… è che non sono bravo ad aprirmi
con le persone…”
Katie s’inumidì le labbra. “Lo so bene che comunque sia
stata, finora la vita non ti ha reso facile i contatti umani… ma ora sarà
diverso, vedrai… andrà tutto bene. Sai perché? Perché per ognuno di noi esiste
una fetta di felicità, e adesso è arrivata anche per te… lasciati aiutare da
me, va bene?”
Alex chiuse forte gli occhi e la baciò disperatamente. Il
cuore gli urlava di credere, di tornare a sperare… il cuore? Quando mai ne
aveva avuto uno? Eppure ora c’era, c’era e si faceva sentire dannatamente bene…
credeva di averne uno di pietra, e invece la coltre che lo ricopriva era
apparentemente solo di ghiaccio. Mai mettere fuoco e ghiaccio vicini… Katie
Weasley era un vero e proprio falò, come avrebbe potuto difendersi da lei? Come
poteva tenersi a freno proprio in quel momento, mentre lei faceva scivolare le
mani sottili e timide lungo il suo petto, accarezzandolo con gesti impacciati
ma così dolci… così pieni di amore che gli facevano provare vere e proprie
fitte di piacere così forti che…
“…aspetta…” ansimando, Alex la respinse dolcemente a
distanza di sicurezza. “Ci dobbiamo fermare adesso… perché se andiamo avanti,
non sono sicuro di poter smettere.”
Katie lo guardò dritto negli occhi, lo sguardo limpido e
coraggioso, i capelli arruffati in modo adorabile. “Forse sono io che non
voglio smettere.”
Alex deglutì a fatica e impose al suo autocontrollo di non
vacillare. E la trovò l’impresa più ardua di tutte, perché una frase simile
pronunciata in quel momento, da
quelle labbra delicate e pure di quell’angioletto che aveva tutta l’aria di un
piccolo diavolo tentatore… era irresistibile. Maledettamente irresistibile.
Katie si morse le labbra e raccolse il coraggio che le
serviva per continuare, non per questo evitando di arrossire. “La soffitta di
casa è molto pulita, e poi di notte non ci va mai nessuno… è anche lontana
dalla stanza dei miei…”
“…non mi pare il caso…”
“Non venirmi a dire che hai paura…”
Alex non potè evitare un sorrisetto. La sua Katie era
proprio argento vivo… quella sua bella linguetta scattava sempre al momento
opportuno.
“Credi che ti stia dicendo questo perché non aspettavo altro
che quelle parole magiche?” Katie gli si avvicinò di qualche centimetro. “Alex…
io ho una paura matta, ok? Però sento di voler condividere questo con te…
perché voglio essere parte di te e voglio che tu sia parte di me. Tu stai
facendo così tanto per me… ti stai fidando di me anche se la vita ti ha
insegnato a guardarti dalle persone, a me il tuo cuore l’hai aperto… e io
voglio aprirti del tutto il mio. Perché ti amo.”
Alex poteva giurare di essere finito all’inferno, perché il
suo corpo stava bruciando… bruciava di passione e di desiderio. Così bella e
pura, si stava offrendo completamente a lui… a lui, che la desiderava da mesi,
che avrebbe fatto carte false pur di baciare quella pelle immacolata millimetro
dopo millimetro… a lui, a cui era stato ordinato di fare proprio questo… a lui,
che a distanza di poche ore le avrebbe strappato via il cuore dal petto in una
manciata di secondi. Ma chi gli dava il maledetto diritto di prendersi la sua
innocenza, oltre che la sua felicità? Chi diavolo lo autorizzava a massacrare
in quel modo quella creatura così pura e piena d’amore?
“Alex…” Katie gli sfiorò i bottoni della camicia. “…non mi
vuoi più?”
Serrando per un attimo la mascella e pregando che
l’autocontrollo non gli desse forfait proprio in quel momento, Alex le fermò
dolcemente le mani e la guardò negli occhi. “A parte che non possiamo fare
niente qui, perché tuo padre mi friggerebbe nell’olio bollente… ma poi… non è
questo il momento, credimi.”
Katie si accigliò. “Perché no?”
“Perché io voglio che sia diverso da così.” Alex le
accarezzò la guancia arrossata. “Perché non devi sentire la minima pressione, e
quello che ci siamo detti… è una forma di pressione.”
“Io non mi sento obbligata, l’ho detto perché lo desidero…
perché voglio stare con te.”
“E sapessi quanto lo voglio io… ma facciamo le cose per
bene, ok biondina? Un passo alla volta.”
Katie sospirò, delusa… ma annuì. “E va bene, facciamo a modo
tuo… anche se non sono poi così convinta. E poi passi la scusante di mio padre,
ma quando saremo a Hogwarts non avrai scampo, bello mio.”
Perfino in un momento simile, ad Alex venne da ridere… una
risata genuina, allegra, una risata da diciassettenne… fin troppo rara nella
sua esistenza di adulto. Con lei anche ridere aveva acquistato sapore… specie
quando si accodava a sua volta, con quella risata contagiosa e vivace che si
ritrovava…
A interromperli fu la porta, che si aprì piuttosto
rapidamente…e per fortuna di entrambi, ad entrare fu Simon e non uno degli
adulti.
“Scusate l’interruzione.” Il ragazzo sorrise ammiccante.
“Kat, piano di contingenza.”
Alex avrebbe volentieri chiesto di cosa stavano parlando, ma
non ne ebbe il tempo perché Katie lo zittì con un piccolo e veloce bacio prima
di balzare giù dal letto e correre a nascondersi dietro la porta.
Simon si voltò verso di lui e gli strizzò un occhiolino
eloquente. “Come ti dicevo, io non facevo parte della squadra di Grifondoro perché
il quidditch non è mai stato la mia passione, però in qualche modo la scopa la
so usare perché nel mio lavoro…”
Alex sgranò gli occhi. Simon gli stava parlando come se per
tutta la sera non avessero fatto altro, mentre si sedeva comodamente sul bordo
del letto e si slacciava le scarpe da ginnastica. Si, ma perché tutta quella
scena? Stava quasi per chiederglielo direttamente, ma la domanda gli morì sulle
labbra quando improvvisamente si spalancò la porta e un più che mai sospettoso
e accigliato Ron Weasley comparve sulla soglia.
“Tutto bene qui?” domandò, guardandosi in giro nella stanza
con fare guardingo.
Simon inarcò un sopracciglio. “Certo… perché?”
“Mh… tanto per sapere. Alex, tutto a posto?”
Il ragazzo biondo annuì in maniera disinvolta. “Si, grazie.”
“Dov’è Katie?”
Simon alzò gli occhi al cielo. “Per favore, si è barricata
in bagno e buonanotte… se tra dieci minuti non esce, ti posso assicurare che
butto giù la porta.”
Ron non sembrò del tutto convinto, visto che continuò a
frugare la stanza con gli occhi… ma quando gli si avvicinò una Hermione dallo
sguardo decisamente minaccioso e disgustato, subito biascicò una specie di
buonanotte ai due ragazzi e chiuse la porta. Katie lanciò un sorriso vivace al
suo ragazzo e scambiò il cinque col fratello, poi socchiuse la porta per
controllare che la situazione in corridoio fosse tranquilla… e quando se ne fu
accertata, con un ultimo sorriso vispo sgattaiolò fuori dalla camera.
Alex si grattò una tempia e ridacchiò. “Allora è vero quello
che dice Katie… tu sei quello furbo.”
“Nah… io sono quello intelligente.” Simon gli strizzò un
occhiolino mentre portava tranquillamente le scarpe fuori dalla stanza e
richiudeva la porta ancora una volta. “Diciamo che impari un sacco di cose
quando vivi sotto lo stesso tetto dei miei genitori.”
“Già.” Alex si maledisse… si stava talmente abituando a
stare in quella casa che si sentiva a proprio agio anche senza la presenza di
Katie. Il modo di vivere di quella famiglia così numerosa e incasinata l’aveva
incuriosito… ma adesso, purtroppo, gli piaceva… trovava perfino gradevole la
presenza di un altro ragazzo con cui scambiare due parole intelligenti, cosa
che non si poteva certamente fare a Hogwarts. “Ehi, senti… posso… chiederti una
cosa?”
Simon si sfilò la felpa, arruffandosi i capelli. “Certo,
spara.”
“Uhm… tu sei… sei il più giovane della comitiva, giusto?
Praticamente siamo quasi coetanei…”
“Beh, qualche annetto in più ce l’ho.” Fece ridacchiando
Simon, mentre afferrava la maglietta che stava sul suo letto. “In ogni caso si,
come Katie sono visto come il piccolo di famiglia, ahimè non me la leverò mai
di dosso questa etichetta.”
Alex si accigliò. “Insomma, tu sei giovane… come fai a
sapere che Mel è di sicuro la donna della tua vita? Ti stai per sposare già adesso…
non hai dei dubbi? Non pensi che sia… un po’ presto?”
Simon capì dove voleva arrivare… e con un sorrisetto
sornione s’infilò la maglietta e si sedette sul letto. “Tanto per cominciare
non devi avere per forza trent’anni per sposarti. E seconda cosa, se pensi che
tra Mel e me sia sempre rose e fiori ti sbagli… pensa che l’anno scorso abbiamo
perfino rotto per qualche giorno. La realtà è che noi riusciamo a risolvere
sempre tutti i nostri problemi affrontandoli insieme… ci diamo la mano e
andiamo avanti. Io conto su di lei perché mi fido, e lei fa lo stesso. Siamo
una squadra… e vogliamo che questa squadra non si sciolga mai. Che altro serve
per sposarsi?”
“Ok, siete innamorati… ma perché già sposarsi? Siete una
bella coppia, ma se qualcosa andasse storto…”
Simon inarcò un sopracciglio, divertito, e appoggiò il mento
sulla mano. “Scommetto che è da quando mi conosci che muori dalla voglia di
farmi la classica domanda: chi te lo fa fare?”
Alex ridacchiò e abbassò lo sguardo. “Più o meno.”
Simon annuì serenamente. “Senti Alex, per me il matrimonio
significa una sola cosa: finchè morte non vi separi. Mel e io ci amiamo, ma
soprattutto ci apparteniamo anima e corpo… e io voglio una famiglia con lei.
Certo non subito, voglio dire… un paio d’anni vorrei passarli semplicemente
come marito e poi cominciare a pensare anche a dei bambini, ma la realtà è che
si, io voglio stare con lei e costruire qualcosa di più grande di quello che
abbiamo. Come faccio a sapere che è quella giusta? Beh, vado a istinto… lascio ragionare
il cuore. Lei rende la mia vita più bella, innanzitutto. E poi… se quando
cammino per strada vedo una bella donna, il mio primo pensiero è che non ha gli
occhi come la mia Mel… non ha il suo sguardo dolce… le altre non le vedo
nemmeno più, capito? Per questo mi sento pronto.”
Alex rimase senza parole. Quel ragazzo parlava dei
sentimenti, la cosa più complessa e ingestibile del mondo, come di un
animaletto addomesticato che gli dava mille soddisfazioni… era tranquillo. Nella sua naturalezza era maledettamente
disarmante.
Simon gli sorrise. “Respira e rilassati, Alex, ce n’è di
tempo per te… per ora tu e mia sorella vi dovete solo divertire. Possibilmente
facendo attenzione…”
Alex si grattò la nuca. “Mi credi se ti dico che tua sorella
riesce a mettermi i piedi in testa in ogni circostanza, e quando dico ogni
voglio dire… ogni?”
Simon scoppiò a ridere e annuì. “Ti credo, ti credo… Katie
sarà anche uno zucchero, ma ha il temperamento di acciaio di mia madre, e poi
l’abbiamo sempre viziata tutti… diciamo che è abbastanza abituata a gestire
perfettamente le cose anche quando non ne capisce molto.”
Alex ridacchiò… era la prima volta che parlava con qualcuno
di Katie, ed era… divertente. Era questo parlare ad un amico? Perché queste
cose non erano assolutamente contemplate nel suo mondo.
“Beh, amico… per me è ora di fare la nanna, domani mattina
devo alzarmi presto per andare a lavoro. Il mio capo è senza cuore, anche prima
di Pasqua mi fa lavorare.”
“’Notte, Simon… e grazie.”
“E di che. ‘Notte.”
Alex si sporse verso il suo comodino per spegnere la luce… e
lo sguardo gli cadde sulla sveglia. Segnava le undici e mezza. Praticamente
mancavano meno di trenta ore. La lancetta dei secondi sembrò rallentare, e il
leggerissimo tic-tac divenne quasi il tonfo di una campana di piombo nella sua
testa. Inevitabilmente la gola gli si seccò quando riportò lo sguardo su Simon,
che si era già coricato sotto le coperte.
Adesso Alex era sicuro che non avrebbe preso sonno neanche
per un istante quella notte.
***************
“Insomma, la vuoi mollare o no? La voglio abbracciare
anch’io la mammina!”
“Sta’ zitto, George, è il mio turno!”
“E’ il tuo turno da due ore, la stai consumando tutta.”
Amelia rise di cuore. Era da qualche minuto che Susan la
stava abbracciando, cioè da quando lei aveva annunciato ai suoi compagni di
essere incinta, e tutti le avevano dimostrato tutto il loro affetto che le
aveva scaldato il cuore di calore umano. Dopo la prima logica, normale
esitazione iniziale nessuno aveva più insistito con le domande, viceversa le
avevano fatto molta festa per il piccolo in arrivo… si erano comportati da veri
amici.
“Quando saprai se è maschietto o femminuccia?” le domandò
Lucas, dandole un bacio sulla fronte.
“Oggi ho la visita di controllo dalla zia di Jack.” Quando
Susan la lasciò di nuovo libera, Amelia potè accarezzarsi orgogliosamente il
ventre arrotondato che finalmente sbucava fuori netto e in evidenza nella sua
uniforme. Quell’affare forse era aderente, ma di sicuro il suo piccolino stava
crescendo molto dentro di lei… anche quel po’ di curva che lei amava definire
già pancione la faceva sentire fiera e orgogliosa.
“Che cosa desideri di più?” le chiese vispo George.
“Giovanotto o signorina?”
“Basta che sia sano e a posto con tutto, poi non fa differenza.”
Susan ricominciò con i suoi occhioni languidi e commossi.
“Quant’è bella lei, piccolina… aah, vieni qui!” esclamò, abbracciando di nuovo
Amelia e facendola ridere di gusto.
Justin scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. “Ma allora
è vero che gli ormoni delle donne a una erta età immagazzinano una sola parola:
bambini…”
“Guarda che ti ho sentito, Leery.” Replicò Susan, e Amelia
le diede due pacchette consolatorie sulle spalle.
Lucas spostò la sua attenzione su Jack. “Come avete deciso
di sistemarvi? Con la casa, intendo…”
Jack lo guardò un po’ confuso. “Perché?”
“Per il momento lasciamo le cose come stanno.” Gli rispose
Amelia. “Poi quando sarà nato il bambino io mi cercherò un’altra…”
“Non le date retta.” Jack scosse la testa e incrociò le
braccia sul petto con la sua solita aria sicura e un po’ arrogante. “Restano
tutti e due con me fino a quando lo vorranno.” Susan gli rivolse un sorriso
carico di ammirazione… era un bellissimo gesto quello.
George scoppiò a ridere senza ritegno. “Non ci posso
credere, Jack e una culla nella stessa casa… roba da girarci un documentario!”
Tutti risero, e lo stesso Jack non riuscì a restare serio
per quanto si fingesse indignato. “Ehi, come sarebbe a dire? Non credi che io
sia capace di occuparmi di un esserino di un paio di chili?”
“Secondo me il signorino due chili ti farà vedere i sorci
verdi, Weasley!”
“Non ha tutti i torti, sai.” Mormorò provocatorio Lucas.
Jack rise e scosse la testa, sconsolato e divertito insieme.
George prese Amelia per mano. “Ti darò cento galeoni per
ogni foto che mi porterai di lui che dorme in piedi col biberon in mano nel
cuore della notte.”
Amelia gli diede uno schiaffetto sulla nuca. “Tu guarda che
branco di gente in mala fede, lo state spaventando per niente.”
“E’ vero, e poi che diamine… vuoi le foto di Jack col
biberon in mano? Mi meraviglio di te, George…” Justin scosse la testa,
sembrando serio… sembrando. “Una con
i pannolini sporchi ci vuole!”
Tutti risero, e Amelia li guardò a bocca aperta… cedendo
alle risate anche lei. “Lo volete lasciare in pace?”
“E non ci dimentichiamo quando si metterà ad addormentare il
bambino alle tre di notte… e si addormenterà lui invece!” infierì George.
Susan appoggiò una mano amichevole e consolatoria sulla
spalla di Jack. “Non ascoltare questa massa di incapaci immaturi, avere un
bambino per casa è la cosa più bella che potesse capitarti.”
“E poi non c’è mica bisogno di fare tutte quelle cose che
dicono questi scemi, sai… me la caverò benissimo da sola.” Amelia scrollò
tranquillamente le spalle. “Non mi sognerei mai di venirti a svegliare di notte
perché il bambino piange… ce la farò.”
Jack si accigliò. “Perché non vuoi il mio aiuto?”
“Non è che non voglio il tuo aiuto, voglio solo lasciare
intatta la tua libertà, la tua vita privata…”
“Di nuovo questa storia idiota, come se non ne avessimo mai
parlato…”
“E’ vero, Amy, ci vuoi privare di questo divertimento?”
L’allegria generale fu rotta dal rumore dei passi nel
corridoio che precedettero l’ingresso di Thomas Taventoon, che comparve sulla
soglia della porta della palestra in tutta la sua pomposa figura. E siccome per
definizione i guai non vengono mai da soli, pochi istanti dopo alle sue spalle
apparvero anche Frank Famble, più spaccone del solito, e tre membri della sua
alquanto discutibile squadra di War Mage.
Taventoon avanzò nella palestra dando un’occhiata al foglio
che aveva in mano, e i ragazzi accennarono un saluto militare molto pallido e
stentato. “Comodi, comodi… capitano Sheffield, avrei bisogno di lei.”
Amelia gli si avvicinò. “Signore.”
Taventoon abbassò il foglio e fece uno sgradevole sorriso
impostato. “Il colonnello Granger mi ha informato delle sue condizioni.
Innanzitutto congratulazioni, a lei a suo marito…o al suo fidanzato?”
Amelia incassò la frecciata a mento alto e con un beffardo
sorrisetto di circostanza. “Grazie, signore.”
Frank rise da dove si trovava. “Ehi, Amelia, di chi è il
bastardo? Del tuo caro amichetto pel di carota?” i suoi compagni
sghignazzarono, e Jack e Amelia gli rivolsero uno sguardo che avrebbe potuto
squagliare un iceberg.
Taventoon proseguì come se niente fosse successo.
“Naturalmente ho ritenuto opportuno apportare delle modifiche alla sua
organizzazione lavorativa quotidiana. Perciò si consideri pure esonerata dalle
sedute straordinarie di esercizio fisico e dagli allenamenti in palestra.”
Amelia attese che l’uomo proseguisse… sapeva che con la
nuova politica non avrebbe avuto diritto a molte riduzioni, ma quello era
davvero il minimo sindacale…
Taventoon inarcò un sopracciglio. “Ha compreso quello che le
ho detto?”
Amelia cercò di soppesare le parole. “Si, però… mi
chiedevo…”
“Questo è tutto?”
Amelia serrò la mascella. Jack, no…
Taventoon inarcò entrambe le sopracciglia fingendo di essere
stupito, e puntò lo sguardo sul ragazzo alto e rosso che aveva appena
affiancato la sua collega con aria decisamente ostile. “Tutto cosa, capitano
Weasley?”
“Signore, Amelia è incinta. Dovrebbe essere esonerata da
missioni e servizi esterni…”
“Capitano siamo soldati, non missionari. Si sarà accorto che
non è un momento facile da gestire, e io ho bisogno di tutti i miei uomini.”
“Ma è assurdo!” Jack aveva i pugni stretti forte… e una gran
voglia di usarli. “Non può farlo! Questo significa mettere in pericolo la vita
di una persona, e il nostro lavoro è proprio evitare che questo accada!” Amelia
cercò di interromperlo appoggiandogli una mano sul braccio, ma lui la ignorò.
“Siamo già in tanti.” Esclamò animosamente Susan. “Non sarà
certo una sola persona a fare la differenza.”
Lucas annuì, incrociando le braccia muscolose sul petto. “E
poi Amelia non potrebbe esserci utile completamente, anzi… sarebbe piuttosto un
peso.”
Taventoon li guardò tutti con i suoi freddi occhi scuri.
“Signori, per il vostro bene farò finta di non aver sentito con quanto ardore
avete tentato di discutere un mio ordine… e vi suggerisco di non ripetere mai
più scene come questa. Quanto a lei, Sheffield, vale quello che le ho detto
prima. E se non le sta bene, nessuno le vieta di andarsene.”
Jack fece un minaccioso passo avanti. “Lei non può abusare
del suo potere.” ruggì. “Non ne ha l’autorità.”
“Jack, per favore…” mormorò angosciata Amelia.
Taventoon avanzò finchè non fu faccia a faccia con il
ragazzo. “Attento, Weasley… non sempre seguire l’esempio dei genitori è un’idea
saggia.”
Jack lo fissò come se potesse appiccargli il fuoco addosso
solo guardandolo, i suoi occhi blu erano dello stesso colore del mare in
tempesta… ma nonostante questo, ebbe il buonsenso di trattenersi. Taventoon, da
parte sua, si limitò a un piccolo sorrisino compiaciuto e abbandonò la palestra
a passi marcati.
Frank Famble rise di cuore. “Che c’è, piccola Amelia, ci sei
rimasta male? Ooh, poverina… ma vedi, d’altra parte… avresti dovuto pensarci
prima di farti sbattere a dovere dal tuo amichetto, anche se in fondo il
ragazzo si può perdonare… fottersi una mezzosangue è un’esperienza che tutti
dovremmo provare nella vita, non è vero ragazzi?”
Se Amelia non lo avesse bloccato con tutte le sue forze,
precedendo anche Lucas, Jack non avrebbe fermato la sua corsa verso il gruppo
sghignazzante.
“Andate a farvi fottere fuori di qui!!” urlò Susan rabbiosamente,
mettendo mano alla bacchetta mentre anche George faceva altrettanto. Justin fu
il più prudente di tutti: con un rapido incantesimo chiuse la porta assai
rumorosamente, sbattendo fuori gli insulti e le risate sguaiate di quel gruppo
di vandali.
“Quel sudicio bastardo figlio di puttana!!” ringhiò Jack,
che aveva attorno a sé una vera e propria aura di odio e rabbia.
“Quale dei due?” fece sarcastico Lucas, mentre si
ricomponeva a sua volta.
“Che uomo di merda.” Commentò disgustato George. “L’ha fatto
apposta.”
“E’ chiaro che l’ha fatto apposta.” Amelia si scansò
bruscamente la frangia dalla fronte. “E voi non dovete più rischiare per me, è chiaro?
Meglio perdere uno solo di noi che tutta la squadra.”
“Stronzate.” Fece cupo Lucas. “Qui non salta nessuno o
saltiamo tutti.”
Jack scosse la testa. “Comunque non me ne fotte niente di
quello che dice quello stronzo, Amelia in missione non ci va. Li copro io i
suoi turni.”
“Ce li dividiamo in due.” Replicò decisa Susan.
“Tre.” Fece George.
“Ce li dividiamo tutti i turni di Amelia.” Rispose Lucas,
appoggiando le manone sui fianchi. “Ufficialmente la facciamo uscire insieme a
noi, e poi prendiamo il suo posto a turnazione.”
“No, no…” Amelia si passò le mani fra i capelli, palesemente
frustrata. “Non vi mettete nei guai per colpa mia, per favore…”
Justin le strinse affettuosamente la mano. “Siamo una
squadra o no?”
“Ci organizzeremo senza dire niente a nessuno, però.
Tantomeno a tua madre, Jack.” Lucas si grattò il naso. “Se ci beccano daranno
la colpa a lei, anche se non ci azzecca niente… questi bastardi hanno bisogno
solo di una scusa per buttare fuori anche lei.”
Jack annuì. “Per me va bene.”
Amelia fece una smorfia di avvilimento e frustrazione… aveva
una voglia pazza di piangere. Perché doveva sempre andare tutto così male,
perché la vita doveva accanirsi sempre con le stesse persone? Quando Jack le
passò un braccio attorno alle spalle e l’attirò a sé per abbracciarla lei
nascose il viso nel suo petto e sospirò, stringendo forte gli occhi. Lui le
accarezzò i capelli e le baciò amorevolmente la testa, cercando di
rassicurarla. Non voleva darle preoccupazioni nel suo stato.
“Sta’ tranquilla, piccoletta… andrà tutto bene. Te lo
prometto.”
“Vorrei poterti credere, Jack… vorrei poterti credere.”
***************
“…eh eh… non so come ci riesci, ma anche le barzellette più
sceme le fai sembrare divertenti.” Julie scosse la testa e rise. “Questa era
proprio stupida, però facevi le voci così bene…”
Chad scrollò allegramente le spalle. “Secondo te come ho
fatto a prendere il diploma?”
Julie sorrise. Si stavano avvicinando sempre di più alla
porta di casa sua, eppure lei non aveva la minima intenzione di lasciargli la
mano… stava così bene insieme a lui che sentiva la sua mancanza ogni volta che
non stavano insieme. Certo che seguire i tempi di suo padre – e dei cattivi di
turno, per di più – le stava costando parecchio, ma se questo procedere piano
piano accontentava tutti… almeno per un po’…
“Ed eccoci al palazzo reale.” Chad le lasciò la mano quando
furono davanti alla porta di casa. “Principessa, lei è arrivata.”
Julie fece un piccolo sorriso. “Vuole favorire nella mia
reggia, cavaliere?”
Chad finse di pensarci su. “Mmh… spiacente, altezza, ma
credo che il re suo padre abbia qualche problema con la mia armatura…”
Julie rise allegramente, scansandosi i lunghi capelli ramati
che le ricadevano sul bel volto. “Allora mi lasci porgerle le scuse ufficiali
della corte, anche a nome del re.”
Chad fece un sorriso un po’ sognante e un po’ da idiota dopo
il bacio da premio nazionale che aveva appena ricevuto dalla sua ragazza.
“…ripensandoci, altezza, suo padre dovrebbe scusarsi ancora e moooolto di più…”
Ridendo, Julie gli prese il viso fra le mani affusolate e lo
baciò ancora. Era una vera sirena nei movimenti, leggiadra e sensuale in
maniera innata in tutto ciò che faceva, e di una femminilità disarmante… come
avrebbe potuto Chad, giovane maschio perfettamente in salute, resistere a tanto
fascino? Così da un bacio si passò a due, tre, quattro… e nessuno sentì la
porta che si apriva e una gola che si schiariva rumorosamente… e inutilmente.
“Vi dispiace?!”
I due ragazzi si separarono di scatto nel sentire la voce
imperiosa di un Harry alquanto furibondo.
Julie si morse le labbra. “…uhm…papà, ciao…”
Harry con un pollice indicò il corridoio alle sue spalle.
“Tu. Con me. Dentro.” Julie spalancò gli occhi.
Chad strinse le labbra in un ironico “uh” di terrore. “Beh…
principessa, sarà un onore morire per lei.”
Julie lo vide seguire suo padre in casa… e gli corse immediatamente
dietro. “Chad! Aspetta, vieni qua!”
“Ehi, cos’è tutto questo baccano?” Ginny si sporse dalla
porta della cucina, con il grembiule addosso in bella vista. Dietro di lei
stava Dan, che aveva la bocca piena di qualsiasi cosa avesse preparato sua
madre.
“Mamma, lo ammazza!” fece angosciata Julie. “Stavolta papà
lo fa veramente fuori!”
Ginny scosse la testa. “Ma non che non lo fa fuori, tesoro…
dove sono, in salotto?” la figlia annuì. “Dan, vai a dare un’occhiata.” Il
ragazzo si avviò con un’aria alquanto divertita, mormorando qualcosa di molto
simile a un “E chi se la perde questa”, e attirandosi un’occhiataccia della
sorella.
Julie sembrava incapace di restare ferma sui piedi. “Ma come
fai a restartene così calma?! Lo ammazza per davvero stavolta! Quando è
arrivato papà, Chad mi stava toccando il sedere… hai una vaga idea di cosa
comporti questo?”
“Si, ma per fortuna tuo padre ha imparato anche a non
mettere in pratica tutto quello che
pensa.” Ginny le appoggiò le mani sulle spalle e la spinse verso la cucina.
“Avanti, vieni a darmi un parere sullo sformato di formaggio che ho preparato
per stasera. Sempre che tuo fratello non ne abbia già fatto piazza pulita.”
“Mio padre vuole fare fuori il mio ragazzo, e tu vuoi
ingozzarmi di formaggio?!”
Ginny la guardò un attimo… e un momento dopo scoppiò a
ridere. Per un attimo in sua figlia aveva visto distintamente l’ansia e
l’impulsività di un quindicenne coi capelli neri e gli occhiali tondi, che pur
di non fermarsi un attimo a riflettere si sarebbe buttato a capofitto nelle
imprese più pericolose.
E’ un ragazzo normale,
è un ragazzo normale, è un ragazzo normale…
Quel mantra funzionava bene quando erano lontani, ma da
vicino non sembrava granchè efficace… Harry non se ne stupì comunque, perché
per come era conciato Chad Davidson, anche un santone si sarebbe messo le mani
fra i capelli. Tanto per cominciare quei capelli bicolore… per non parlare di
quella maglietta, con un’enorme spillone da balia e la scritta ‘PIN ME’… quella
sì che era il tocco di classe.
“Ehi Chad.” Lo salutò allegramente Dan, mentre entrava e
gettava una divertita occhiata in tralice a suo padre.
“Fratello, come te la passi?” Chad gli schiacciò il cinque.
“Non c’è male. Che fai qua, ti fermi a cena?”
“Non lo so, che io sappia devo essere un attimo ucciso.”
“Pa’, non si potrebbero stringere un po’ i tempi che è quasi
ora di cena?”
Harry lo ignorò, ma smise finalmente si tamburellare le dita
sul bracciolo della poltrona e si sporse minacciosamente in avanti. “Mettiamo
bene in chiaro una cosa qui.” sibilò. “Julie è la mia regina… e come tale la
devi trattare. Col massimo del rispetto e della cura.”
“E fin qui ci siamo.” Fece tranquillo Chad, per nulla
impressionato dai modi bruschi dell’uomo davanti a lui.
“No, non ci siamo!
Non mi piace che te la scarrozzi su quella specie di trappola che tu definisci
moto e che ogni due giorni è a farsi riparare…”
“Ma quella la uso solo a lavoro…”
“Non mi interessa!”
Chad scrollò indifferentemente le spalle. “Tanto quando sono
con sua figlia non posso mai superare i cinquanta all’ora… è manesca, se vado
più veloce mi picchia.”
Dan ridacchiò. “Uno a zero per Chad.”
Harry non vacillò. “E che mi dici… di quei capelli?”
Chad se li guardò. “Crede anche lei che dovrei passare al
verde?”
“Ma benedettissimo…” Harry si passò una mano sulla faccia
per evitare di usarla. “…ti fanno così tanto orrore i capelli biondi?”
Chad inarcò le sopracciglia. “Io biondo, Julie rossa… è un
match un po’ kitch, non trova?”
Dan si sporse dalla spalliera del divano, rivolgendosi al
ragazzo. “Un match kitch?”
“Eh. Cioè stiamo da schifo. E siccome Julie ha dei capelli
spettacolari, e non so perché le piacciono i miei… l’unica soluzione è
aggiungere un colore che stacchi un po’.”
Dan si strozzò in gola una risata per mantenersi serio.
“Sono ragioni molto sensate le sue, pa’.”
Harry lo incenerì con lo sguardo, poi si rivolse di nuovo a
Chad. “Va bene, lasciamo perdere i capelli… spiegami una cosa: non fa male
farsi i buchi?”
Chad si accigliò… poi un’espressione gioiosa gli comparve
sul viso. “Finalmente!! Ma certo, meglio tardi che mai… così si fa, è un ottimo
metodo per superare la classica crisi di andropausa, sono felice che ci abbia
pensato in tempo!”
Harry inarcò un sopracciglio. “Ma a fare che?”
“Il piercing!”
Dan non ci provò neanche a trattenersi, scoppiò a ridere
così forte che per reggersi in piedi si aggrappò disperatamente alla spalliera del
divano.
“Ti ci ha mandato tua madre qui?!?” gli urlò dietro Harry.
“Quanto a te… io sarei in crisi di
andropausa?!”
Chad annuì sornione. “Ma è già ad un ottimo punto se decide
di combatterla facendosi l’orecchino. Anzi, voglio avere l’onore di regalarglielo
io il primo! Da che parte se lo fa, a destra o a sinistra?”
Harry rimase senza parole… non sapeva se ridere o
strangolarlo. Alla fine scosse la testa e nascose il viso fra le mani. “…figlio
mio…”
Felicissimo, Chad spalancò le braccia. “Papà!”
Harry lo guardò inorridito. “Ma quale papà?!?”
“Aah, ma io lo sapevo che alla fine avremmo risolto tutti i
nostri problemi.” Esclamò il ragazzo, balzando in piedi. “E paparino, al tuo
piercing voglio pensarci io… vado e torno in un secondo, te lo prendo di quelli
che piacciono a me e te lo faccio in due secondi, fammi trovare già l’ago
pronto, eh!” gli disse, correndo verso la porta di casa. “Ah, e non mettetevi a
tavola senza di me!” gli urlò
un attimo prima di uscire.
Harry rimase inebetito, zitto e con lo sguardo fisso davanti
a sé, intento a chiedersi dove aveva sbagliato esattamente… quando Julie gli si
gettò al collo e gli riempì le guance di baci.
“Ma quanto ti adoro io, papà, quanto? Sei stato dolcissimo,
adorabile, fantastico… ti adoro!!”
Harry passò un braccio attorno ai fianchi della figlia – che
continuava a sbaciucchiarselo e a ringraziarlo in tutte le lingue – con un
gesto quasi meccanico… poi voltò lo sguardo su Ginny e Dan, accasciati l’uno
sull’altra e molto prossimi al soffocamento per le troppe risate…
“Con te si divorzia domani! E tu considerati ufficialmente
diseredato!”
***************
Jack sbuffò e guardò male la sua immagine riflessa nello
specchio. Non sembrava una serata granchè positiva già in partenza se non gli
riusciva di farsi una stupidissima cravatta. Il suo riflesso fece un sorrisetto
odioso e gli indicò l’orologio. “Merda, com’è tardi…”
“Ehi, dove vai così bello e tirato a lucido?”
Dal riflesso nello specchio Jack potè vedere Amelia che
entrava nella sua stanza, e istintivamente gli venne da sorridere quando vide
che stava mangiucchiando un paio di biscotti… era una cosa nuova e
piacevolissima vedere la sua amica che mangiava fuori orario, proprio lei che
il cibo lo aveva sempre guardato con diffidenza.
Amelia si mangiò in un sol boccone i due biscotti che aveva
in mano, e poi si scrollò le briciole di dosso molto sbrigativamente. “Esci?”
mormorò a bocca piena.
Jack scrollò le spalle e si arrese, lasciando perdere la
cravatta. “Oh… ho una specie di appuntamento.”
Amelia gli sorrise incoraggiante. Vederlo uscire con
un’altra dopo quello che era successo fra loro era una pugnalata al cuore… ma
questo era anche il primo appuntamento dai tempi di Steacy per lui. Significava
tornare completamente alla normalità, era giusto così. “Ah, però… alla prima
specie di appuntamento ti vuole già in giacca e cravatta? Questa fa sul serio.”
Jack ridacchiò e scosse la testa. “Nah… lei è una
scrittrice, così dopo la presentazione del suo libro usciamo insieme a prendere
qualcosa. Solo che per entrare nel salone delle conferenze è richiesto l’abito
elegante.”
“Mmh, questa ha l’aria di essere una sofisticata panterona
di quelle che portano le mutande di pelle.” Amelia sorridendo gli si avvicinò e
prese ad armeggiare con la sua cravatta per sistemargliela. “Attento che magari
è anche a secco da un po’, potrebbe violentarti nel bagno delle signore.”
Jack rise di gusto e la lasciò fare, accontentandosi di
osservarla mentre si dava da fare. Non aveva mai perso negli anni
quell’adorabile vizio che aveva anche da bambina: quando s’impegnava in
qualcosa arricciava il naso… ed oltre a essere divertente era anche
graziosissima quando lo faceva. Aveva sempre avuto un bel nasino, poteva
arricciarlo quanto voleva… e anche gli zigomi, non aveva l’ombra di una piega
sulla pelle liscia… probabilmente perché se si era truccata al massimo un paio
di volte nella sua vita, perciò a differenza di tante sue coetanee aveva la
stessa pelle pulita e fresca di una ragazzina. L’Innominabile Stronzone se la
doveva essere proprio spassata a baciare ed accarezzare una pelle così…
“Ecco fatto.” Amelia sorridendo arretrò di un passo. “Ora
sei un pinguino perfetto.”
Jack si riscosse dai suoi pensieri e subito fece un
sorrisetto. “Si, eh?”
“Ti mancano solo i baffoni, però in quel caso saresti più un
tricheco.”
Jack ridacchiò… poi guardò l’orologio e tornò serio a tempo
di record. “Sbaglio o devi ancora andare da zia Gin?”
Amelia annuì. “L’appuntamento è più o meno fra tre quarti
d’ora.”
“Fra tre quarti d’ora sarà buio fuori.” Jack sospirò e si
grattò la nuca. “Non mi piace che cammini sola di sera.”
“Infatti io non sono sola.” Amelia fece un sorriso adorabile
e si posò una mano sul ventre arrotondato. “Siamo in due.”
“Ed è per tutti e due che mi fai stare in pensiero.” Jack le
si avvicinò. Di più. “Non può accompagnarti proprio nessuno? Mamma…”
“E’ di turno in servizio.” Amelia scosse la testa. “Jack,
dai, non fare la lagna.”
“E Susy?”
Amelia alzò gli occhi al cielo. “Lavora anche lei.”
“Allora Simon?”
“E’ con Mel, e scordati che gli chiedo di privarsi di un
attimo di pace.”
“Dan?”
“Introvabile.” Amelia sbuffò. “La vuoi finire? Non ho
bisogno della scorta per arrivare da qui a casa dei tuoi zii, e poi ho voglia
di fare una passeggiata. L’argomento è chiuso, stop.”
Jack fece una smorfia poco convinta. “Va bene… però mandami
un gufo appena arrivi a casa di zia Ginny. Anzi, appena ti dice se è maschio o
femmina, lo voglio sapere subito… e poi mandamene un altro appena sei tornata a
casa, così so che siete al sicuro.”
“Agli ordini.” Amelia sorrise vivacemente. “Tu che dici,
sarà maschietto o femminuccia?”
Jack le prese una mano e gliela baciò amorevolmente. “La
cosa più importante è che abbia i tuoi occhi e il tuo sorriso.”
Amelia sorridendo si morse le labbra… non riusciva a non
arrossire quando lui le faceva un complimento. Così per non lasciare che se ne
accorgesse anche lui, gli prese la giacca dalla sedia su cui era appoggiata e
gliela porse per aiutarlo a infilarsela. “Mi raccomando, sta’ attento e
guardati sempre le spalle.”
Jack si sistemò il colletto della camicia e tornò a
guardarla. “Tieniti stretta la bacchetta, fila dritta a casa dei miei zii e poi
immediatamente qui…e non fermarti a
parlare con nessuno per la strada, intesi?”
“Si, papà.” Amelia lo accompagnò fino alla porta. “Divertiti
e rilassati.”
Jack annuì ma esitò, come se volesse dire qualcosa… poi alla
fine le fece un mezzo sorriso e le diede un bacio sulla guancia, quindi si
chiuse dolcemente la porta alle spalle e uscì.
Amelia sospirò profondamente e si appoggiò una mano sulla
pancia. Altrochè se faceva male vederlo andare via per una serata intera dopo
quattro mesi che lo aveva avuto tutto per lei…però in qualche modo adesso era
diverso rispetto a prima. Adesso era come se pur andando via ci fosse una parte
di lui che era sempre con lei… dentro di lei. E per questo fu con un sorriso
sereno che la ragazza si accarezzò la pancia.
“Andiamo, amore di mamma… abbiamo un appuntamento
importante, facciamoci belli anche noi.”
Canticchiando e cercando di concentrarsi il più possibile
sull’emozione per il suo bambino e non su Jack, Amelia si fece una doccia
rilassante e passò buoni cinque minuti davanti all’armadio aperto per scegliere
il vestitino primaverile più carino che avesse, in onore del suo piccolo…
quando fu pronta si infilò il giubbetto di jeans, e con un colpo di bacchetta chiuse
porte e finestre in casa. Una volta fuori sistemò anche gli incantesimi di
protezione… e sobbalzò quando sentì una mano familiare appoggiarsi sulla sua
spalla.
“Tu?!”
Jack fece un sorrisetto e si sfilò la cravatta che gli
penzolava dal collo, ormai sciolta. “Io.”
Ancora incredula, Amelia rinfoderò la bacchetta. “Ma come…
tu… scusa, ma che fai qua? Non dovresti essere all’appuntamento con la super
pantera?”
Jack scrollò le spalle. “Ho pensato che non avevo questa
gran voglia di andare a fare il pinguino gelatinato… ma se sai tenere un
segreto, la verità vera è che sono troppo curioso di sapere se la cicogna ci
porta un fiocco rosa o azzurro.”
Amelia non potè farne a meno… un sorriso felice, enorme e
commosso le si fece largo sul viso. “Dici davvero?”
Jack le offrì il braccio. “Andiamo, madame?”
Amelia rise e stette al gioco. “Con gran piacere, monsieur.”
Adesso si che si sentiva meglio… ora che la sentiva al suo
fianco, Jack si sentì di nuovo rilassato. Forse perché nell’ultimo periodo
avevano passato tutto il tempo sempre insieme, forse perché lei era più
delicata in quel periodo della sua vita, forse perché lui era sempre stato
troppo protettivo nei suoi riguardi… ma ultimamente la presenza di Amelia era
diventata indispensabile per lui. Di sicuro molto più di quanto non lo fosse
prima.
“Ehi, ho un’idea… ce ne andiamo al ristorante cinese dopo?”
“Cinese? Oh no, assolutamente no!”
“Perché?”
“Perché l’ultima volta tu e Dan mi avete riempito la
maglietta di riso, non ti ricordi?”
Jack scoppiò a ridere, ricordando bene l’episodio in
questione. “Eh beh, a maggior ragione che adesso ti ritrovi tutto quel ben di
Dio, c’è da buttarci dentro un intero involtino primavera!”
Ridendo, lei gli rifilò una piccola sberla sulla nuca.
“Porco.”
“Andiamo, bellona… cinese?”
“No.”
“Suu…”
“Noo…”
“E dai!”
“Ho detto di noo.”
“Per favooooooore!”
“No!”
“Tanto lo so che dopo sarai così felice che mi dirai di si a
tutto.”
“Ti ho mai detto quanto ti odio, Jacky?”
“Non ti spremere, cosino morbido, tanto non sei credibile.”
E’ vero, non sono
credibile.
*********************
FINALMENTE!! Questo chap è stato un po’ assurdo… di
transizione, eppure sono successe un po’ di cosucce… *^__________^* E’ vero che
vi ho fatto aspettare, ma visto quanto è luuuuungo? E poi è colpa anche del mio
ciccino, che povero è cascato dalla moto due giorni fa e si è rotto un braccio…
e si ruba una dose di coccole in più strappando tempo a FMI! Cattivo Franci!
#_____# E infatti per colpa sua – devo andare a prenderlo, esce dall’ospedale
proprio oggi – non posso dilungarmi a ringraziare tutti quanti come
meritereste… ç___________ç mi perdonate? Prometto che la prossima volta gli
special thanks non mancheranno!
Di sicuro vorrei dirvi che non ho mai avuto 500 recensioni…
è un’emozione infinita!!!!!!!!!!! Vi amo!!!!!!!!!!! Adoro i miei “fedelissimi”,
ma voglio dare un bacio gigantesco a tutte le new entry che ho trovato al
ritorno dalle vacanze… vi voglio tantissimo bene, e spero di non deludervi
mai! Detto ciò, un grazie speciale con
bacio e abbraccio a:
Caillean, Maria-chan, Blacky, Ale, Daffydebby, MM1981, Eli,
Marilia, Hiromi91, Vale, Lilychang, Iceygaze, Fabry, Yelle, Phoebe80, Angèle87,
Avana Kedavra, Mandy, Dorothea, Sibillara, Alissa11, Ruka88, Giuggy, Saturnia, Lady Numb, Ale69, Karien, Kaho_chan, Asphodelia, Anduril,
Meggie, Miky Black, Kim, Vega, Lilith, Julie, Maga Magò, Cho Potter, Landon,
Pepy, Ginny, Alewen, Cloe. Non mi pare di aver saltato nessuno… ?.?
Bene, è suonato il gong per la Sunny che deve scappare via…
ma non vi preoccupate perché ultimamente sono una fornace di idee! Aspettatevi
molto presto delle cosucce… e naturalmente il prossimo chap di FMI! Avete
tirato una bella boccata di aria fresca con questo? Perché il prossimo si
chiama “Ti Odio”… glab! X__x Voi intanto
me lo lasciate un commentuzzo?
Vvttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttb!
Sunny
P.S.: ahem… in riferimento a quel capolavoro del nuovo
trailer…. *cough*Sunny sventola una bandiera con i colori della maglietta di
Cedric Diggory*cough* ^_________-