Ringraziamenti chilometrici
dell'autrice (ovvero io):
Grazie a DarkRose86,
che ha pensato questo contest e che ha apprezzato il mio lavoro;
Grazie a Shurei,
che ha fatto i meravigliosi banner.
E grazie a Valeria,
la mia bambina, che mi sostiene sempre e che adoro da impazzire;
Grazie a Gave,
che è un adorabile idiota;
Grazie a Frusciante Jr.,
che aspetta di leggere questa storia dall'alba dei tempi;
Ma grazie, soprattutto, alla mia mamma virtuale, _ALE2_, a cui dedico
interamente
la storia.
Aveva ventinove anni e
non ricordava di essersi ammalato più di quattro volte in
tutta la sua esistenza. Praticamente non era mai accaduto. Tuttavia,
considerando anche il periodo alquanto assurdo che l'avvocato Adrian
Murray stava attraversando, non riusciva più a stupirsi
nemmeno di quest'ennesimo cambiamento: aveva finalmente capito che
corpo, mente e anche cuore erano strettamente collegati l'uno
all'altro. Se era mentalmente stanco, aveva voglia di dormire; se aveva
una gamba rotta, la sua testa rifiutava di comprendere anche solo il
più piccolo dettaglio legale - complice della malattia era
anche stato sicuramente lo stress lavorativo; e, come aveva
recentemente compreso dato che era la prima volta, se aveva problemi di
cuore - intesi come sentimentali, grazie a Dio il suo apparato
cardiocircolatorio funzionava da favola - la sua mente era stanca e il
suo fisico reagiva male. Ed ecco spiegato il motivo perché
ora si ritrovava con un febbrone da cavallo in quanto follemente
innamorato di Logan, uno splendido, sexy, simpatico, divertente,
eccitante e affascinante ragazzo di venticinque anni... e fidanzato.
Maledettamente fidanzato. Con un moccioso capriccioso e muso giallo,
tra parentesi.
Si rigirò
nel letto, coprendosi meglio col piumone e sbuffando sonoramente. La
febbre lo rendeva razzista e non era da lui essere così
stupido, né così immaturo. D’altronde,
inveire contro il ragazzo che gli proibiva di far suo Logan in tutti i
sensi - fra l’altro non avrebbe mai creduto che ci fossero
nomi così deliziosamente celestiali - oltre che idiota era
anche una cosa molto squallida. Però Logan era
così... Logan. Ormai era troppo tardi, gli
aveva fatto perdere completamente la testa, questo era certo. E lo
sapeva, Adrian, lo sapeva molto bene che Logan ricambiava, almeno in
parte, ciò che provava per lui. Ne era certo. Erano
irrimediabilmente attratti l'uno dall'altro, almeno fisicamente. C'era
una chimica tra di loro quasi palpabile, un'alchimia che, era
sicurissimo anche di questo, tra Logan e il muso giallo non c'era. Per
non parlare della carica erotica che aveva sentito salire quando lo
aveva baciato - e che bacio! - mesi fa.
Vero, però,
che era passato un po’ di tempo da quel fugace
amoreggiamento; eppure la fortuna aveva voluto sorridergli, una volta
tanto, facendogli scoprire che Logan e la sua band erano rappresentati
dalla stessa casa discografica di cui lui era il legale. Quanto sapeva
essere meravigliosamente piccolo il mondo?
Con un sospiro decise
che di dormire, riposare e cercare di guarire in fretta data la
montagna di lavoro che sapeva di star accumulando giorno dopo giorno,
la sua testa non ne voleva proprio sapere. Si alzò dal
letto, a fatica e barcollando, raggiungendo il salotto. E solo ora,
avvicinandosi a una delle grandi finestre della stanza, si accorse che
fuori diluviava. Era veramente un temporale coi contro fiocchi e
intuì che sarebbe peggiorato col passare del tempo.
All'improvviso, infatti, un tuono lo fece sussultare dallo spavento e
si posò una mano sulla fronte, tenendosi la testa dolorante
per il forte rumore appena udito.
"Che male..."
sussurrò piano. L'idea di farsi un tè caldo lo
colse, portandolo in cucina. Appena varcata la soglia dovette
però far marcia indietro per il suono del campanello -
eccessivamente forte anche questo, doveva cambiarlo. Sempre con una
mano sulla tempia per tentare di lenire un po' il dolore, raggiunse la
porta, che suonò una seconda volta, stordendolo non poco.
Aprì la porta e, chissà come, sentì
tutti i dolori influenzali, il raffreddore e il mal di testa sparire in
un batter d'occhio.
Logan era
lì, con quel suo meraviglioso sorriso: in una mano una
scatolina rossa con dentro chissà cosa - non che ora gli
interessasse: era decisamente troppo preso a rimirare le sue belle
labbra - e nell'altra il manico dell'ombrello arancione.
"Ciao, Adrian." e
ancora quel sorriso, quel meraviglioso sorriso.
Si sentì
mancare, credette quasi di svenire, ma si appoggiò con una
mano al muro dell'ingresso per reggersi con abbastanza nonchalance. Lo
guardò stupito, non capiva cosa lo avesse portato qui.
"Ciao, come mai qui?" si scostò, per farlo entrare in casa.
Il biondino entrò, chiudendo l'ombrello e scrollando appena
i capelli, muovendo sinuosamente il capo. Si tolse il cappotto,
poggiandolo sull'attaccapanni alla sua destra, per guardare di nuovo
Adrian, tendendogli quella scatoletta rossa.
"Oggi non ti ho visto
in casa discografica e chiedendo in giro ho saputo che ti eri
ammalato..." cominciò, mentre l'altro prese la scatola fra
le mani, dirigendosi per primo in salotto. "Così ho pensato
di venire a trovarti per sapere come stavi e per portarti dei
cioccolatini." terminò, mentre ormai erano l'uno seduto al
fianco dell'altro sul comodo e lungo divano in pelle nera.
Adrian aprì
la scatola, stupito come non mai, guardando sorridente i cioccolatini
al suo interno. "Logan, non so come... cioè, beh, grazie.
Ecco." alzò lo sguardo, perdendosi in due meravigliosi
smeraldi. Era incredibile l'ascendente che avesse quel ragazzo su di
lui: perdeva quasi del tutto il suo carisma da avvocato-squalo al suo
fianco e sentiva la testa leggera, come fosse piena d'elio. Logan
sostenne lo sguardo come sempre, mentre s'appoggiava con un fianco alla
spalliera del divano, accavallando le gambe.
"Sono contento di
averti fatto un piacere."
Adrian
annuì, chiudendo la scatola e appoggiandola sul tavolino da
caffè al centro della sala: li avrebbe mangiati dopo, ora
aveva lo stomaco occupato da troppe troppe farfalle per riuscire a
ingerire qualcosa. La conversazione, comunque, - se quel minimo scambio
di battute si poteva chiamare così –
finì per crollare del tutto e definitivamente, lasciando
spazio a un silenzio - almeno per Adrian – alquanto
imbarazzante.
Distrattamente
l'avvocato faceva muovere gli occhi per la stanza, alla ricerca di
un'idea, di un qualcosa da cui prendere ispirazione per cominciare un
discorso con Logan - in verità, fosse stato per lui, sarebbe
rimasto a contemplarlo in eterno, ma sarebbe stato decisamente poco
educato, e forse un po' frustrante perché non reciproco.
L'occhio alla fine gli cadde sulle cosce di Logan, fasciate da aderenti
jeans neri, e si ritrovò a pensare suo malgrado che,
nonostante fosse un uomo, doveva avere delle gambe bellissime. Al
pensiero sospirò affranto, data la consapevolezza di non
poter mai dar delle basi alla sua ipotesi. Logan, intanto, si era
avvicinato a lui e gli aveva poggiato una mano sulla spalla. Forse lo
aveva sentito sospirare e lo aveva scambiato per un ansito.
"Stai bene, Adrian? Ti
sta salendo la febbre?" senza pensarci due volte il biondino
appoggiò il palmo fresco della sua mano sinistra su una
guancia dell'avvocato, che sgranò gli occhi marroni, non
aspettandosi affatto il gesto. I polpastrelli di Logan gli sfioravano
appena i capelli morbidi e Adrian lo lasciava fare, limitandosi a
fissarlo con una faccia da ebete sbigottito. Non sapeva che fare ancora
una volta: non era facile per un tipo come lui reagire bene allo
sbriciolarsi totale delle proprie barriere di fronte al desiderio che
quella mano sulla propria guancia non smettesse più
d’accarezzarlo. "Scotti!" la voce squillante di Logan lo
risvegliò dalla catalessi, mentre inconsciamente inclinava
la testa verso la sua mano, cercando un contatto più
profondo. Ora era Logan quello stupito – piacevolmente
stupito. Sempre con quel piccolo sorriso che lo mandava in estasi, fece
scivolare piano la mano tra i capelli marroni e Adrian socchiuse gli
occhi. "Logan..." lo chiamò, prendendo coraggio, mentre si
godeva la carezza.
“Sì...?"
il suo tono di voce appariva ora leggermente più intimorito
- lo stesso che aveva preso quando mesi fa lo aveva baciato, simbolo di
ciò che provava per Adrian, ma che cercava di sopprimere per
colpa del muso giallo. Non ci fu tempo di dire null'altro,
perché un altro tuono - molto più forte di quello
di poco prima - fece saltare la luce. La stanza calò nel
buio più totale e la mano di Logan si strinse più
forte nei capelli di Adrian, tirandoli un po'. L'avvocato non fece una
piega, sporgendosi appena verso di lui, cominciando a parlare
tranquillo.
“Aspettami
qui, vado a prendere delle candele in cucina...” ma la mano
rimaneva saldamente stretta tra i capelli, come se nulla fosse stato
detto. “Logan, ehi,” lo richiamò,
toccandogli il viso con la mano bollente “torno
subito…” lo rassicurò e finalmente la
presa s’allentò piano, permettendogli di alzarsi
dal divano e di dirigersi svelto in un cucina. Ritornò pochi
istanti dopo, con una sola candela – nonostante ricordasse di
averne comprate diverse qualche tempo fa. Si accomodò
nuovamente al fianco di Logan, che si stringeva addosso la maglietta,
in un auto-abbraccio preoccupante. “Logan, stai
bene?” gli illuminò il viso con la fioca fiammella
della candela, notando come i suoi bellissimi occhi verdi fossero
improvvisamente sbarrati e intrisi di paura; piano, come se solo ora si
fosse accorto della sua presenza, Logan spostò lo sguardo
verso quello dell’altro. In un secondo si ritrovò
tra le braccia il suo amore segreto-non-tanto-segreto che stringeva
convulsamente tra le mani la sua maglietta, affondando il viso
nell’incavo del suo collo e pregandolo di stringerlo forte.
Ovvio che Adrian prese la palla al balzo e ubbidì subito,
concedendosi anche di poggiare le labbra tra i suoi capelli, chiudendo
gli occhi, e lasciando ai propri sensi il permesso di inebriarsi del
suo profumo.
“Stringimi,
ti prego… ho paura del buio…". Il suo braccio,
con fare virile e possessivo, avvolse in una stretta ferrea la vita
sottile di Logan e avvicinò le labbra al suo orecchio per
sussurrarci dentro con voce rassicurante.
"Non devi aver paura,
ci sono io qui con te". Silenzio, nessuna risposta, solo un altro tuono
che fece saltare quasi in aria Logan. Adrian, calmo come non mai, lo
fece riaccoccolare fra le proprie braccia. "E' solo un tuono, non
può farti niente".
Sensazioni del tutto
nuove lo colpirono, tanto forti e importanti da annebbiargli la mente.
La mano di Logan gli accarezzava lentamente il braccio, in un cullarsi
reciprocamente colmo di sentimenti non detti, ma presenti. E
capì un'altra cosa, l'ennesima, grazie a Logan:
capì che amare qualcuno significava contare i suoi respiri e
non sentire più nessun altro rumore; capì che
significava vivere in un'altra dimensione con la propria anima gemella
e null'altro. Sì, perché lui ne era certo: Logan
era la sua anima gemella, la sua parte mancante, l’elemento
che avrebbe potuto farlo finalmente vivere e non semplicemente
esistere. Il fiore più colorato e profumato di tutti, lo
strumento ben accordato, la pacca sulla spalla nei momenti difficili,
la corrente elettrica durante un blackout - tanto per rimanere in tema.
Il momento decisamente
idilliaco si spezzò all’improvviso: gli
sfuggì un breve gemito di dolore e agitò un
po’ la mano destra dove era appena caduta della cera
bollente. Aveva tenuto per tutto il tempo la candela in mano e non
aveva minimamente pensato che prima o poi avrebbe cominciato a
sciogliersi. Diavolo, quanto bruciava! Un altro po’ di cera
gli cadde sulle dita già scottate e Adrian
sussultò appena, stringendo forte la candela. Logan
alzò la testa lentamente, non aveva più detto
nemmeno una parola da quando si era accoccolato fra le sue braccia
– e osservò con sguardo pensieroso le dita di
Adrian, appena tremanti. Un soffio e poi il buio più totale.
Logan aveva spento la candela e si era subito ristretto a lui. Logan
aveva spento la candela, anche se aveva paura del buio. Logan aveva
spento la candela solo perché la cera lo aveva scottato.
Logan aveva spento la candela solo per lui. Tenendolo stretto a
sé, l’avvocato allungò appena busto e
braccio per appoggiare la candela ormai spenta ma ancora fumante - lo
intuiva dalla puzza di fumo - sul tavolino da caffè. Ora
anche con l’altro braccio libero, abbracciò
finalmente Logan, sospirando felice. Appoggiò, un
po’ alla cieca, la propria fronte contro quella di Logan,
respirando sulle sue labbra. S’inumidì per il
nervoso le proprie, riscoprendole secche. Non voleva rovinare tutto,
Adrian, no, non ci teneva affatto. Ma come poteva resistere dopo questa
dimostrazione da parte di Logan? Al diavolo tutto, allora! Al diavolo
il fidanzamento e l’imminente matrimonio di Logan col muso
giallo, al diavolo la febbre che avrebbe potuto attaccargli baciandolo,
al diavolo tutte le conseguenze che il suo gesto avrebbe portato dopo,
al diavolo le dita ustionate che gli facevano male per davvero. Al
diavolo tutto, veramente tutto, tranne Logan, l’unico ad
andare in paradiso, possibilmente con lui. Unì le loro
labbra sicuro e sentì la mano di Logan raggiungere di nuovo
i suoi capelli, sfiorando la nuca in una tenera coccola. Ricambiava il
bacio, Logan, e stavolta non piangeva, no, stavolta non si disperava
per aver appena tradito il fidanzato - che fidanzato più non
era, ma lui non lo sapeva; stavolta si godeva il contatto e
l’enorme quantità d’amore che Adrian
sapeva e poteva dorargli. Nessuno dei due mosse un muscolo, rimanendo
solo con le labbra attaccate, come due quattordicenni al loro primo
bacio che, inesperti, si scoprono pian piano, cercando di trattenere
l’eccitazione del momento. Adrian aveva baciato una marea di
uomini nella sua vita, davvero tanti - forse troppi -, ma mai e poi mai
avrebbe pensato che un semplice sfiorarsi di labbra gli avrebbe fatto
toccare il cielo con un dito. Si diede da solo dell’idiota,
quando si staccarono, con Logan che fissava interessato il pavimento:
si era appena reso conto di aver dimenticato totalmente la morbidezza
della bocca dell’altro, che era calda - o forse era lui che
stava andando a fuoco? - e dolce, come il miele. Adrian si
sfiorò le labbra, chiudendo gli occhi: le sentiva troppo
calde, bruciavano, e gli facevano provare le stesse sensazioni di
prima, quando la cera bollente gli era caduta sulle dita, scottandole.
Risollevò le palpebre e alzò il mento a Logan con
una mano per baciarlo ancora. Nulla di appassionato, solo dolcezza, ma
stavolta si permise di assaporarle lentamente, di soffermarsi sopra di
esse, di carpirne ogni più piccola sfumatura, appurando come
le loro bocche combaciassero alla perfezione. Sembrava quasi che
s'aspettassero da una vita. Ipotizzò, in quel momento di
lucida follia dettato da un amore sconfinato e dalla febbre sempre
più alta, che le labbra di Logan, in un qualche modo a lui
oscuro, a contatto con le proprie. potessero plasmarsi, cambiare forma,
adattarsi del tutto a lui, come fossero di cera. O anche il contrario,
perché no? Era diventato un uomo totalmente nuovo, diverso,
migliore per Logan e non vedeva perché la propria bocca
avrebbe potuto far resistenza.
“Adrian, a
cosa pensi?” si erano staccati già da un bel po' e
l'avvocato era rimasto, senza neanche accorgersene, a contemplare la
bocca di Logan. Sospirò, non gli andava di rispondere, lo
avrebbe fatto a tempo debito, magari domani mattina o magari quando la
febbre avrebbe deciso di scendere a un livello quantomeno sopportabile.
Sentiva la testa farsi maledettamente pesante e pensò che
non c'era certamente nulla di male nell'appoggiare solo per qualche
minuto la testolina sulla sua spalla, magari con Logan che gli faceva
ancora qualche altra coccola. E così fece, con una
genuinità fuori da lui, che era sempre stato così
calcolatore in ogni minimo gesto fatto o subito. Si lasciò
andare, con ora le braccia di Logan intorno al proprio collo e le sue
dita sottili da musicista provetto che gli accarezzavano gentilmente il
capo. "Adrian, devi assolutamente stenderti e riposare"
consigliò, con tono soffuso, morbido, comprensivo.
Sì, doveva
assolutamente farlo al più presto, era d'accordissimo con
lui su questo fronte. Quante cose intelligenti che diceva il suo
Logan... era proprio un piccolo genio! D'istinto si
accoccolò meglio fra le sue braccia, i ruoli improvvisamente
ribaltati. Logan sorrise e baciò i capelli di Adrian,
dolcemente. L'avvocato parve quasi essersi addormentato, il petto che
si alzava e abbassava molto lentamente, in un’esitante ma
rassicurante regolarità. E sì, effettivamente
Adrian si era appena addormentato, forse ormai tra le braccia di Morfeo
invece che in quelle di Logan.
La mattina dopo Adrian
Murray si svegliò con l’aroma di caffè
che stranamente alle otto del mattino s’andava già
diffondendo in casa. Come conseguenza sentì un dolce calore
diffondersi al centro del petto, magari forse solo un pochino a
sinistra, proprio sul cuore. Si posò una mano sul petto e lo
sentì battere, ancora lento e assonnato come il padrone. Si
accorse, all’improvviso, che aveva sulle dita delle piccole
ma discretamente evidenti vesciche, ricordo della sera prima, o forse
era meglio dire della “cera”. Gli sarebbero
sicuramente rimaste delle piccole cicatrici, magari solo dei piccoli
solchi, ma ne avrebbe sempre avuto la presenza addosso. E non gli
dispiaceva per niente. Lo rasserenava, era una sicurezza, la certezza
che non s’era sognato tutto, che la febbre non lo aveva fatto
partire definitivamente verso mete ignote e che davvero Logan Lessur
era lì, appoggiato allo stipite della porta della sua camera
da letto.
“Buongiorno,
ti sei svegliato?”. Adrian rimase in silenzio, non sapendo
bene che dire: tante domande senza risposta, tante risposte senza
domanda, tante cose da dire, da chiedere, tante dichiarazioni da
fare…
“E’
pur stata un’emozione, o no?” domandò,
arrossendo appena, conscio però del fatto che Logan non
avrebbe mai capito che il suo era imbarazzo grazie alla febbre
– alla fine serviva a qualcosa. Logan spalancò gli
occhi e arrossì a sua volta, privo della scusante
“febbre”. Raggiunse il bordo del letto e
accarezzò lentamente la guancia di Adrian, senza rispondere,
se non con un dolce sorriso.
VI
classificata parimerito
Wax
Love ( vincitrice
del Premio per l'Attinenza al Tema )
di Roy
Mustung sei uno gnocco
Correttezza
grammaticale: 9/10
Stile
e lessico: 8/10
Caratterizzazione
dei personaggi: 9,5/10
Originalità: 8/10
Attinenza
al tema: 10/10
Apprezzamento
personale: 4/5
Voto
complessivo: 48,5/55
Giudizio: mi ha fatto sorridere e sognare questa piccola one-shot,
così intrista d'amore e di quel pizzico di
comicità che non guasta mai.
Hai creato dei personaggi adorabili, soprattuto Adrian, mi sono
letteralmente innamorata di lui; a questo proposito, devo dire che ho
davvero apprezzato l'impegno che hai messo nello sviluppare i carattere
dei protagoni, da quel che ho potuto leggere sei davvero portata per le
originali, che a mio avviso non sono affato semplici proprio
perché richiedono molta fantasia e voglia di creare qualcosa
di piacevole e innovativo affidandosi unicamente a noi stessi, senza
utilizzare personaggi o situazioni già visti, semplicemente
rivisitati.
Sotto il profilo tecnico sei stata molto brava, grammaticalmente
è quasi perfetta a parte alcune ripetizioni, soprattutto
nella parte finale.
Riguardo lo stile, è semplice e conciso, la storia scorre
bene e sa coinvolgere.
Voglio farti un unico appunto: c'è una cosa che non ho molto
apprezzato, è una cosa mia personale ma credo che potrebbe
dar fastidio anche a qualche altro lettore, sebbene riconosca che si
tratta di un pensiero del protagonista che è irritato per la
presenza di uno scomodo fidanzato. Intendo il termine "muso giallo",
che sinceramente mi ha sempre infastidita.
Naturalmente la mia è solo una personale considerazione e
non ha influito nel punteggio, solo ci tenevo a fartelo notare
perché potrebbe incontrare pochi consensi fra i lettori,
quando deciderai di pubblicare la storia.
Ho apprezzato molto la tua trattazione della citazione; inizialmente,
devo dire la verità, non ne ero del tutto convinta, ma
rileggendo il racconto ho compreso ogni accenno fatto ad essa e mi sono
resa conto di come le hai reso pienamente giustizia. La frase parlava
di cerca, e quella cera si è vista, sulla candela, sulla
mano del povero Adrian che si è ustionato, ma soprattutto ho
adorato quella metafora riguardante le labbra dei due giovani che si
uniscono in un bacio appassionato. Come cera, si fondono. Bellissima
immagine.
E certo che è stata un'emozione, per entrambi, ed
è stata la nascita di un amore che speriamo duri per
l'eternità.
Davvero carina, complimenti!
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