C'è una cosa che mi porto nel cuore
I vostri occhi riflettono il
nulla, le vostre pupille non contengono più disperazione, dolore, paura,
smarrimento o angoscia; contengono il nulla e basta. Sono il nulla stesso, che
annienta ogni vostra difesa, che spegne le vostre labbra e il vostro viso, che
vi distrugge e vi lascia inerme nelle mani di un diabolico anello, minuscolo e
profondo portale verso il fondo più marcio di qualsiasi anima, anche della più
pura.
Vedervi così, disarmato e
abbandonato all’aria calda e asfissiante di questo vulcano dannato, vedervi che
nemmeno provate più a far entrare in voi il minimo alito di ossigeno mi
distrugge.
Non riuscire a riempire il vuoto
dei vostri occhi con la speranza dei miei, non riuscire a comunicarvi con le mie
braccia la forza che ho conservato per tutti e due, in vista di questo momento,
mi spezza, mi lascia in balia di un dolore che mi attanaglia, ma a cui non posso
permettere di sovrastarmi.
Io sono qui, sono stato mandato
qui solo per sostenervi, per tenervi d’occhio, per salvarvi, per darvi speranza,
per sollevarvi dal dolore, per guarire le piaghe del vostro corpo e della vostra
mente. Sono qui per voi e non per me, nemmeno ora che la morte sembra essere
contenuta in tutto, nelle pietre e nell’aria stessa, nei vestiti, nella carne,
nel respiro. Non posso permettermi di lasciarvi sprofondare nella sabbia con cui
avete dovuto riempire il vostro cuore per sopravvivere. Non posso e dunque vi
stringo a me e piango. Piango sui vostri capelli e sui vostri vestiti, piango al
vostro posto.
E parlo al vostro posto.
Vi parlo della nostra erba, dei
nostri alberi, dei nostri odori, dei nostri frutti; vi parlo della gioia che ci
aspetta, del sole che ci scalderà, della speranza che ci guiderà a varcare la
soglia di casa nostra e dire al nostro cuore: “Ce l’abbiamo fatta.”
Vi parlo di tutto ciò, vi chiedo
di ricordare il suono dello scorrere dell’acqua, ma non ricordate. Dite che non
potete ricordare, che non c’è spazio alcuno che vi divida dall’”occhio”, dalla
“ruota di fuoco”. Dite che c’è buio, solo buio attorno a voi, buio che non
lascia spazio.
Siamo noi, Padron Frodo, siamo
solo noi.
Siamo voi con il vostro fardello
ed io, Samvise Gamgee, con il mio compito di proteggervi.
Non ci sono esseri schifosi e
striscianti, ingannatori e meschini. Non ci sono mostri da cui scappare, nemici
contro cui combattere, ostacoli da superare. Non c’è più niente se non noi, non
ci sono più scuse per rimandare il momento in cui compiere ciò per cui siamo
partiti. Non ci sono più vie da cui divergere.
Siamo a metà di una salita troppo
faticosa per voi, per il peso enorme ed insopportabile che portate, per le
vostre gambe troppo spossate dalla fatica, per il vostro animo troppo secco, e
c’è solo una cosa ancora che io posso fare: “Coraggio Padron Frodo... Non posso portare
l'Anello per voi... ma posso portare voi! Coraggio!”
Prendo il vostro corpo oltremodo
leggero in spalla e inizio a muovere i miei passi verso la bocca del vulcano.
Tremano le gambe, le braccia, il corpo; trema il cuore all’idea di essere così
vicini alla riuscita e alla disfatta, alla vita e alla morte insieme, trema il
cuore, non avvezzo ad un sentimento così grande e così forte. Trema la mente al
ricordo di tutto ciò che abbiamo passato finora e che adesso, a riguardarlo
dall’alto, ad esaminarlo in un secondo, sottoforma delle mille immagini che mi
scorrono davanti agli occhi, sembra insensato. Sembra solo un susseguirsi
inutile di azioni difficili e dolorose che ci hanno portati qui, in un luogo
fuori da spazio e tempo come questo.
Ho di nuovo la vostra vita tra le
mie mani, Padron Frodo; la sento tra le dita come fosse un piccolo e fragile
bastoncino che non ha la capacità di camminare, né di pensare, né di dormire e
di sognare. Un bastoncino secco e inerme nelle mie mani grandi e tozze e
inesperte e spaventate.
E forse sarebbe meglio trovarsi
di nuovo di fronte ad un ragno gigante, in preda a scosse di adrenalina e di
paura, posti di fronte ad un’unica possibilità: lasciare da parte il terrore e
prendere in mano il proprio coraggio, abbandonarsi agli istinti ed unirli
all’astuzia.
Sarebbe davvero meglio, sarebbe
più facile. Perché adesso è così faticoso portarvi sulle spalle e andare avanti
verso l’entrata di quel vulcano. E’ così faticoso, perché so che sarebbe tanto
più semplice e naturale fermarsi qui e voltarvi le spalle. Non c’è una paura
concreta da cui possa nascere il coraggio, non c’è una situazione complicata da
cui tirare fuori una soluzione; c’è solo un susseguirsi di pietra da
calpestare.
Ed è difficile, Padron Frodo,
andare avanti con la tristezza che si fa largo nel cuore, quella stessa
tristezza che ho sempre provato ad arginare per non ferirvi e che ora che non
potete vedermi, inizia a distruggermi il cuore. La tristezza di non sentirvi
qui, la tristezza, la disperazione, di non vedervi motivato, di non vedervi
spaventato, di non vedervi, semplicemente. La tristezza di sentirmi un mezzo di
trasporto da cui scendere e su cui, magari, non risalire mai.
“È come nelle grandi storie”, vi ho
detto, “Padron Frodo. Quelle che contano
davvero. Erano piene di oscurità e pericoli, e a volte non volevi sapere il
finale. Perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo
tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo
una cosa passeggera, quest'ombra. Anche l'oscurità deve passare. Arriverà un
nuovo giorno. E quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano
le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il
perché.”
Ecco, Padron Frodo, adesso anche
per me la speranza viene meno, adesso anche io inizio a dubitare di avere la
possibilità di sposare Rosie Cotton, di avere dei bambini e di raccontare loro
le avventure di due impavidi eroi quali ci piaceva immaginare di essere.
Ma c’è una cosa che mi porto nel
cuore e che mi impedirà di fermarmi: la fiducia in noi. La fiducia nella forza
del vostro animo, che, seppur abbattuto e frantumato, avrà la forza di gettare
quell’anello e distruggerlo per sempre; la fiducia nella vita, che ora sembra
solo una scommessa che noi siamo destinati a perdere, ma che in realtà è
l’obiettivo per cui noi stiamo combattendo: una vita libera, sollevata dalle
preoccupazioni di una guerra perpetua per il potere; una vita serena e
tranquilla, non solo nella Contea, ma in tutto il mondo. Una vita migliore.
Forse non per noi, Padron Frodo, segnati nel profondo da questi anni di
estenuante resistenza contro un essere astratto ed enormemente più forte di noi.
Forse non per voi, scavato nella mente e nel corpo da un’esperienza così
deleteria. Forse non per noi, ma sicuramente per tutte le persone che
conosciamo, che amiamo, che non abbiamo mai visto, di cui non sappiamo il nome,
ma che vivranno grazie a noi.
Per questo, Padron Frodo, per
questa fiducia che ho sempre cercato di infondere in voi, io so che sorpasseremo
l’ingesso di questo vulcano, ci sbarazzeremo dell’anello e sopravvivremo.
E per questo sentimento
d’amicizia forte e cieca, Padron Frodo, vi tengo adagiato nelle mie mani e vi
proteggo da una tempesta in cui solo uno stupido idiota vi lascerebbe
andare.
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Era da moltissimo tempo che
questa storia mi frullava in testa e mi ossessionava, in qualche modo, per cui,
appena ho visto il bando per il concorso " Lord of the
Rings Contest ~ Sulle magiche Note dei Keane" di DarkRose86 ho
pensato di approfittarne.
E direi che andata bene, visto
che questa storia si è classificata prima e ha ricevuto il premio per lo
stile :)
Ringrazio ancora DarkRose per il
giudizio e invito tutti ad andare a leggere anche le altre storie che hanno
partecipato al concorso.
La frase a cui mi sono ispirata e
che è citata alla fine è "Ti tengo adagiata nelle mie mani e ti proteggo da una
tempesta in cui solo uno stupido idiota ti lascerebbe andare"; proviene dalla
canzone Sunshine dei Keane (http://www.youtube.com/watch?v=0idn1SpsTGo).
Le frasi in corsivo, invece, sono
del film "Il signore degli anelli" di Peter Jackson.
Direi che tutto quello che c'era
da dire è stato detto.
Per cui, che questa storia vi sia
piaciuta o no, lasciate un commento.
Alla prossima,
Miss Dark.
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