Akumu
Un soffio caldo e dolce al tempo stesso le solleticava il collo.
Non riusciva a capire cosa
fosse, perché quando si era addormentata era assolutamente certa
che non ci fosse. E ora invece c’era.
Lei voleva solo dormire,
niente di più: era stanca e l’indomani sarebbe stata una
nuova giornata piena di impegni. Anche lei aveva bisogno di riposare!
Quell’alito continuava a persistere sulla sua pelle, incessante, vagamente irritante.
Si decise allora a dischiudere le palpebre, molto lentamente, per incontrare solo il buio del soffitto.
Eppure, quel calore continuava.
- Luka... -.
Un timido sussurro, una voce che le era dannatamente familiare.
Girò il viso pian piano, incontrando, nelle tenebre della stanza, un profilo ben conosciuto.
- YAAAH! -.
Scattò su repentina
e abbatté con forza un pugno sulla testa del ragazzo
rannicchiato accanto alla sponda del suo letto, che si portò le
mani sul capo, massaggiandoselo.
- Perché mi hai picchiato? -
- Gakupo! Che ci fai nella mia camera a quest’ora?! - sbottò, irritata.
Lui indietreggiò un
poco sotto lo sguardo carico d’ira della ragazza e alzò
una mano verso di lei, agitandola in segno di nervoso diniego,
accompagnando tale movimento con uno identico della testa.
- N-non ho fatto niente di osceno, giuro! Non ti ho toccata! - si affrettò a dire, nervoso.
- E allora perché sei qui? - chiese lei, brusca.
Il ragazzo abbassò gli occhi, a disagio.
- È che... ecco... -
- Sì...? - lo incalzò l’altra, una nota palese d’impazienza nella voce.
- ... ho fatto un... un brutto sogno - concluse lui, in un timido soffio.
Sembrava che la cosa lo turbasse profondamente.
- E allora? - chiese ancora Luka, senza il minimo tatto.
- Niente! Avevo bisogno di vederti! - replicò Gakupo, improvvisamente più vispo, quasi indignato.
Cadde uno strano silenzio
imbarazzato, in cui Megurine esaminò il profilo del ragazzo, del
quale non riusciva a cogliere l’espressione con quel buio.
Immaginò allora uno sguardo sconcertato nel suo viso. Non fu
così difficile come aveva pensato.
Un’improvvisa idea le balenò alla mente.
- Quell’incubo... riguardava me? - domandò.
Lo sentì emettere un sottile gemito di sorpresa.
- Ah! - sbuffò lei,
scocciata, quindi si protese e accese la lampada sul comodino: se
dovevano parlare a lungo, almeno si potevano vedere!
Il lume riverberò la
sua calda luce dorata nella stanza, illuminandone una piccola porzione,
sufficiente però ad inquadrare Kamui: era a torso nudo, con un
paio di pantaloni bianchi stretti ma all’apparenza comodi, una
mano sul pavimento come a reggersi, l’altra abbandonata sulle
gambe semidistese. I capelli erano sciolti e gli ricadevano come una
cascata viola sulle spalle, fino a metà torace.
L’espressione, incredibile ma vero, era quasi del tutto identica a quella che aveva immaginato avere.
- Mmh? Non mi hai ancora risposto - riprese, incrociando le braccia al petto.
- P-posso dormire con te? - chiese lui invece, ma lei scosse la testa, decisa.
- No, finché non mi avrai risposto! -.
Gakupo abbassò gli occhi: la cosa sembrava metterlo parecchio in soggezione.
- M-mi abbandoneresti mai
per... per un altro? - domandò all’improvviso,
timidamente, mettendosi in ginocchio, fissandola.
Luka allora comprese che era quello il motivo per cui era venuto.
- Be’... può
essere - replicò lei, chiudendo gli occhi con fare un po’
altezzoso, aprendone poi uno a controllare la reazione del suo
interlocutore: si era irrigidito e aveva abbassato la testa,
costernato. Tremava impercettibilmente.
Si sorprese di una reazione di tale portata: ci teneva davvero così tanto a lei?
A quel punto sorrise e scese dal letto, sedendosi accanto a lui, sfiorandogli un braccio.
- Stavo scherzando, stupido - disse.
Lui le afferrò le mani e la guardò dritta negli occhi.
Luka vi lesse una profonda paura.
- Davvero? Non mi stai mentendo? - le chiese.
Per quanto lei stessa
godesse nel tormentarlo, vederlo soffrire in quella maniera la faceva
star male, perché si sentiva in colpa. Percepiva quel suo
malessere interiore come se ne fosse stata realmente lei la causa, di
sua spontanea volontà, e le dava dolore e fastidio.
- Dai, forza - esclamò la ragazza, alzandosi, le mani ancora imprigionate nella presa di lui.
- C-cosa? -.
Pareva scettico, o quantomeno confuso.
- Be’, che aspetti?
Entra nel letto, coraggio! Ho sonno! - esclamò Luka con energia,
un po’ brusca, sedendosi di nuovo sul materasso, tirando su le
coperte e voltando il viso in modo che i capelli mascherassero il
rossore che le aveva imporporato le guance.
Gakupo era veramente
innamorato di lei, tanto da tormentarsi anche in sogno sulla
possibilità d’essere lasciato per qualcun altro. Era
dannatamente dolce da parte sua.
Lui la lasciò il tempo necessario a far il giro e salire dalla parte opposta.
Era un letto ad una piazza e mezzo, non era abbastanza grande da ospitarli ambedue comodamente, eppure ci entrarono.
Luka si volse verso di lui, fissandolo negli occhi.
- Mi raccomando, niente cose oscene, intesi? - lo ammonì.
- S-sì! Certo! -.
Quindi chiuse gli occhi.
Nonostante la stanchezza e
il desiderio di riaddormentarsi, la ragazza non riusciva a prender
sonno: c’era un tarlo nella sua mente che le dava incredibilmente
fastidio.
Si mosse sotto le coperte, avvicinandosi a Gakupo, finché il suo seno non gli sfiorò il petto nudo.
- Gakupo...? - domandò in un sussurro.
- Sì...? -.
La sua voce era già impastata dal sonno.
Esitò, poi chiese: - Hai così paura... di essere abbandonato? -.
Lui tacque, così lei proseguì: - Hai davvero tanta paura... che io ti lasci? -.
Infine, la risposta giunse, sussurrata e stentata: - Sì... -.
Era evidente che si vergognava ad ammetterlo, come declamava anche il tono con cui lo disse.
Luka fece strisciare un
braccio lungo il suo petto, risalendolo finché non l’ebbe
per metà cinto. A quel punto, si strinse a lui in un mezzo
abbraccio.
Sentì il naso di
Gakupo strusciare, timido e dolce, contro il proprio, ma non si
sottrasse, un po’ per la stanchezza, un po’ per
volontà propria.
- Luka... ti amo. Non... lasciarmi - le sussurrò a fior di labbra.
Lei sorrise e si protese, catturando le sue labbra in un fugace e casto bacio.
- Anche io ti amo, sciocco. E non ti lascerò... - gli promise - ... ora dormi - aggiunse poi.
Lui annuì debolmente e chiuse gli occhi.
Ora che era tra le sue braccia, non c’era motivo di aver paura.
Perché era accanto a lei, stretto al suo corpo.
Avvinghiato nel suo dolce abbraccio.
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