Ashtray heart.
« Io voglio sapere
perché non ha funzionato, tra noi. »
« Sembra quasi che tu te
ne stia lamentando. »
Il silenzio annuncia
soltanto una momentanea sconfitta – ed un morso d'orgoglio.
L'acqua nel bicchiere è
ferma; qualche onda, segno di vita della mano che lo avvolge,
è la
strana trasposizione della vibrazione che alberga nell'assetato.
Brian è calmo, tanto da dare il disgusto; come un liquore
che
scivola lungo la gola senza affogare, nonostante la veemenza di chi
vuole inghiottire ed andare avanti.
Sta solo osservando
l'acqua nel suo bicchiere, perché di guardare Matthew non ne
ha
alcun interesse e voglia; è sufficiente che quel...
castano?, ha
finalmente optato per un colore decente, si sia intrufolato in casa
sua durante una capatina a Londra.
Mezz'ora fa gli stava
sbattendo la porta in faccia in un atto di gentilezza verso il suo
sonno e prontamente il cantante ha osato un gesto degno di un
cavalier servente.
Piazzare un piede a
bloccare la porta prima che si chiuda – è quel che
c'è dietro a
rassegnare Brian: la determinazione che Matthew ha ogni volta di
soffiare sulle torri di carta. Quelle che lui stesso costruisce, che
Molko osserva nascere e morire.
Se tutto avesse avuto un
senso, fin dall'inizio, forse avrebbe potuto davvero mandarlo al
diavolo; ma non l'ha mai avuto, di conseguenza gli sembra una
perdita di tempo cercare una ragionevole storia in quel gomitolo
arruffato. Tanto vale giocarci, ogni tanto.
Ritrovarsi sul proprio
divano, in vestaglia, con i capelli arruffati e ribelli davanti quel
pessimo rappresentante dell'uomo – fresco e riposato, ma
ancora
privo di buon gusto estetico – non era quello che aveva
previsto.
È solo un dettaglio, si
dice. Sarebbe tornato comunque.
« Carina la casa.
»
Uno dei due sta per
scoppiare a ridere.
« Ho sonno, Matt. La
conosci benissimo, la casa. »
L'altro deglutisce il
doppio senso e qualche ricordo.
« Ti devo parlare.
»
« Mh. »
« Brian, dico sul serio!
Puoi stare fermo? »
« Oh, no. Non posso
ascoltarti senza un caffè. »
Disgustosamente calmo.
È un'arma vincente e lo
sa.
I due occhi azzurri
spiazzati si posano finalmente su una figura intenta a compiere pochi
e registrabili movimenti; sta davvero preparando il caffè
che
berranno e Brian è davvero bravo a fare il caffè,
all'italiana. È
forte, riempie una tazzina ed ha l'odore di un futuro imprevedibile.
In quel fondo, dove sono
caduti, ci sono solo residui di scopate e momenti.
« Avresti potuto avere
la decenza di telefonare, verso mezzogiorno. Ma no, ovvio: è
una
cosa troppo... sensata?, per te. »
È il solo commento che
precede uno sbadiglio e causa una smorfia tra i due.
« No. Volevo parlarti di
persona perché ho bisogno di vederti mentre lo faccio.
»
Brian inarca un
sopracciglio. Interessante, stavolta.
Certo, ricordare a
Matthew che sono le tre di notte è inutile, lo sa
– ecco, è proprio questo saperlo a renderlo calmo:
l'aspettativa.
Se fosse quella di una vita, a pensarci bene, sarebbe soddisfatto. E
l'unico modo per liberarsi di lui è fargli da specchio.
Guarda, Bells, come
sei prevedibile.
«
Illuminami. »
«
Voglio sapere perché non ha funzionato tra noi. »
Ecco
arrivato il momento in cui Brian si gira, con un sorriso sprezzante
verso un bambino che ha rotto una lampada vecchia. “Che
importa,
era vecchia e rotta”, è quel che dice un padre a
suo figlio.
«
Sembra quasi che tu te ne stia lamentando. »
È
quel che dice un quarantenne ad un bambino.
Le
labbra del trentenne si schiudono, spiazzate dall'impatto d'urto
delle parole; tutta questa calma gli sta colando addosso come catrame
e Matt boccheggia.
Si
sta estinguendo.
«
N-no... Io volevo solo dirti che... »
Guarda,
guarda, come cade una meteora. Tu sarai al centro del cratere, vivo.
Mai abbastanza, però.
«
Cosa volevi dirmi, Matt? Mi spieghi cosa c'è da dire? Volevi
dirmi
che ti sei affezionato e che ci tieni a me? Che mi ami, addirittura?
Dirmi che non si può continuare così, vedersi per
minuti, fuggire e
parlare al telefono? »
Neanche
un ringhio.
«
Ragazzino, sono le tre di notte e sono stanco. Non ho tempo per
sostenere la terapia della tua ragazza. Cosa stai cercando di
riversare in me? Una qualche insoddisfazione? A me pare che tu ti
soddisfi bene. »
« Il
caffè... »
«
Prego? »
« Il
caffè, è pronto. »
«
Come pensavo. »
L'acqua
entra in uno stato di quiete, sul tavolino del salotto, lasciata
lì
dalla mano traditrice – uno scambio di calore col
caffè e la
porcellana, uno scambio di sguardi tra i due cantanti, un baratto di
rabbia.
«
Dovevi parlare tu. »
Adesso
si ritrova ad essere anche incoraggiante – quella posa
innaturale
quanto potrà durare, si chiedono.
«
Avevo solo bisogno di vederti. »
« E
di scopare. »
Primo
schianto.
Tutto mi sembra un
cerchio di bontà. Ed io sono al di sopra, dalle nuvole a
guardare
questi dinosauri morire.
Appena rido, si
schianta una meteora.
E tu sei al centro –
e vomiti te stesso.
« Io
ho bisogno d'aver qualcuno vicino. Vicino! Non di... Di vivere con un
cellulare. È uno dei motivi per cui sono andato a vivere in
Italia
quando Gai-
«
Bellamy, a me non interessa ascoltare l'elenco dei tuoi sacrifici per
la tua relazione. »
Ha
ancora quel po' d'egoismo che lo mantiene tra cattiveria e
l'identificazione dell'unica, vera relazione che quel ragazzino ha.
Che lui non ha, e che non vuole.
« È
per farti capire quanto sia importante, per me, il contatto. »
« A
me pare d'averlo capito più volte. A fondo. »
«
Brian, smettila con questa tua malizia. Sono serio. Lo vedi? Lo vedi
come cazzo fai? Non parli mai. »
Sarebbe
stato un ottimo momento per spalancare le labbra ed abbassare lo
sguardo, per Molko; certo, se quella non fosse stata una routine.
Così,
mentre uno stringe i pugni l'altro ride – è
proprio questo
“capovolgere il piano” che la critica non ha mai
capito, sono
tutti degli idioti.
«
Dimmi, Bells, come ci si sente a volere di più? »
«
Cos-? »
«
Come ci si sente ad essere me? »
Matthew
sente l'orribile sensazione d'essere stato inghiottito da un verme. E
di sprofondare, giù nella terra, a respirare solo con la
pelle.
Il
terreno è secco.
C'erano parole che io
pensavo e tu rigurgitavi, avevamo lo stesso stomaco vuoto ed annodato
dal desiderio.
C'erano parole – che
io digerivo, ma poi ti colavano di dosso e le inghiottivo ancora. Ma
erano mie. E tornavano.
Adesso ti riversi su
te stesso e sei soltanto il conato di vomito – di te stesso.
Riporti a me tutto quello che ho divorato di te.
Ti contorci e stringi
il ventre – mentre io, a digiuno, ti ascolto brontolare.
L'insostenibile
è diventato leggero, come delle ali, come uno sguardo
fugace; e gli
occhi di Brian sono grigi ed hanno compreso il cerchio che regna
attorno a loro – e la catena alimentare che ora lo vede in
cima
alla piramide, su cui Matt si arrampica e diventa un Sisifo felice.
Sale,
e sale, con la sua palla di sterco e pretese e poi le lascia
rotolare, lanciandosi all'inseguimento, lontano dalla cima dove
picchia il sole.
La
prima volta c'era cascato. Era bastato detestarlo, Bells, per quelle
sue mani lunghe e magre e tutto il mondo a cui davano vita; ma le
mani mentono e non parlano. Suonano. Ed è un egoismo privo
di colpe.
Il
numero di volte era diventato santo, una trinità perfetta:
stupore,
concessione e delusione; esattamente tre diverse fasi che avevano
permesso al moro di capire che lui non era la coda inseguita e morsa
dal cane.
Lui
era esattamente al centro di quel girotondo. Così, aveva
giocato
sporco – ed aveva deciso di tagliargli la coda.
«
Che cazzo dici, Molko?! »
«
Quello che non sai risponderti. Puoi venire qui e scoparmi, ma non ti
permetto di scaricarmi le tue incapacità. Fortunatamente per
te,
compensi tutto questo parlare con il sesso. »
Questa
è bontà.
Brian,
sei al di sopra. Al di sopra.
Il
dialogo ha fatto suo il tempo, violentemente: ha inchiodato Matthew
alla parete di un mobile, ed è bastato il fiato caldo di
Brian, la
tazza di caffè rotta al suolo, il contenuto versato e
già sparso in
indipendenti volontà a regalare una fonte lucida di
verità: non c'è
davvero bisogno che tutto questo abbia senso.
«
Adesso esci di qui. E torna quando sarai morto di fame. »
Prima ti prendo la
mano. Giriamo. Ti avvicini, ti bacio.
Poi ti mordo la lingua
e – ti lascio. Ti schianti al suolo.
Vivo, al centro del
cratere.
Ma non abbastanza
non
abbastanza
da vedere la fine di
te stesso che ti inghiotte in fondo alla terra.
Ecco, le mie lenzuola
rosse.
Questa
storia non ha davvero nessuna motivazione in particolare; è
stata
scritta nel primo pomeriggio piovoso di oggi e resa decente e
comprensibile da poco. “Comprensibile” è
effettivamente un
eufemismo.
Tanto
per cominciare, non ha una situazione ben precisa, è
più che altro
una serie di scene che descrivono una “relazione” -
che poi non
lo è – circolare. Se ci fate caso, è
proprio un cerchio. O
meglio: ho tentato di strutturarla proprio come se si stesse leggendo
un ciclo.
Brian
è buono. Una bontà malsana che l'ha portato ad un
silenzioso
perdono interiore dell'animo volubile di un Matthew che non
è capace
di accusarsi apertamente in un rapporto a due. E visto che Brian sta
zitto – questo particolare l'ho inserito leggendo le
recensioni a
“Bruised and Broken” dove si diceva “Di
lui ne parlano come un
tipo divertente, ma fatto anche di lunghi silenzi” -
è facile
riempire tutto con delle accuse.
È
un concetto strano di bontà, quello di questa storia;
è essere
superiori, buoni, senza lasciarsi avvelenare dalla cattiveria, un
buon senso malato, come si scopre dalla fine. Egoista. Ma, comunque,
sempre al di sopra.
“Ashtray
heart” perché la frase finale richiama la canzone,
precisamente
qui: “Now
watch the bedsheets turn blood red”.
Se trovate un nesso con tutta la canzone, buon per voi, insomma.
Devo
ammettere che mi è stata ispirata non solo dai ricordi di
Camus, ma
anche dal film che ho visto due volte ieri sera,
“Chéri” - che,
tra l'altro, vi consiglio.
Ah,
il dialogo sul caffè non è per riempire/occupare
spazio; ad essere
sincera, questa storia prevede un sequel. Quindi, beh, quel dialogo
serve a questo.
Io
non so bene se riprenderò a postare più
frequentemente ora che sono
a casa, le vacanze sono finite ed ormai piove – nonostante mi
piaccia di più la pioggia.
Ci
provo. Per ora, mi sento appagata dal mio atto catartico. Non c'era
nulla di bello da vedere, stasera.
E
proverò a scrivere anche senza così tanti spazi.
Anche se devo ammettere che in questa storia ci stanno dannatamente
bene - lì dove non ho voglia di descrivere.
Ciao
ciao. :D
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