PROLOGO
Non mi sentivo più una bambina.
Mi sentivo una donna in tutto e per tutto, con i problemi
che hanno gli adulti, con l’esperienza necessaria per poter dire di aver
lasciato l’adolescenza a tutti gli effetti.
Avevo studiato e adesso avevo un lavoro da adulta, con tutte
le responsabilità che l’essere adulto comporta.
Ero più posata, più ragionevole. Avevo
imparato a plasmarmi a seconda delle situazioni.
Non era rimasto niente della vecchia Rose. Pensavo di averla
lasciata per sempre, pensavo di essere cambiata.
Ma soprattutto, pensavo di non amarlo più.
DON’T TELL DAD II
1. Miss Independent
she got her own thing
that’s why I love her
miss independent
ooh the way we shine
miss independent yeah
( Ne-yo)
“Weasley!”
Sobbalzai dalla paura ed emisi un piccolo urlo, tanto che la
mia penna prendi- appunti scrisse “Miseriaccia!” sulla pergamena
che sarebbe servita per il mio pezzo. Ero completamente soprappensiero, era
almeno venti minuti che non scrivevo neanche mezza parola e pensavo solo ed
esclusivamente ai fatti miei.
La voce burbera proveniva dall’ufficio in fondo al
corridoio, che poi altri non era che la voce del mio burbero capo Keith Jordan.
Il resto dei colleghi si voltò verso di me ed io
arrossii appena sugli zigomi facendo un sorrisino di scuse. Mi alzai, cercando
la poca dignità che mi rimaneva, e percorsi il ‘corridoio della
morte’ fino ad arrivare dritta sulla soglia del capo. La porta era
aperta.
“Entra.” Borbottò da villano. “O
pensi di potermi essere utile sulla porta?”
Ci volle tutta la mia buona volontà per non alzare
gli occhi al cielo, come facevo sempre quando mia madre mi rimproverava di
qualcosa. Andai a sedermi davanti a lui alla sua scrivania di legno massello
che odorava di vecchio. Lo vidi grugnire sotto ai suoi baffoni, muovendoli un
po’ come uno scopettino.
Keith Jordan era il miglior capo che si potesse desiderare,
se il tuo sogno era diventare una giornalista di prim’ordine. Era il
direttore della ‘Gazzetta del Profeta’ e sapeva come mandare avanti
un giornale. Peccato che i suoi modi lasciassero molto a desiderare.
“Cos’è questo?”
Mi sbattè davanti agli occhi il giornale del giorno
precedente. Ovviamente aperto, dato che ero soltanto un’apprendista e non
avrei neanche lontanamente potuto sperare di poter scrivere in prima pagina.
Allungai un po’ il collo per vedere cosa mi stesse mostrando e presi un
respiro facendomi coraggio. “E’ il mio articolo, signore.”
Lui alzò le sopracciglia folte e mi fissò coi
suoi piccoli occhi scuri. “E’ il tuo articolo? ‘piaceri e
dolori dei giocatori di Quidditch’?” Ruggì. “Chi
diavolo ti ha commissionato quest’articolo?”
Io mi morsi un labbro, insicura se rispondere o meno.
“Tim Robbins.”
“Tim Robbins!” Saltò su pestando un pugno
sul tavolo. “Quel pezzo di idiota! Ricordami di licenziarlo appena lo
vedo!”
“Lo ha già fatto, signore.” Gli ricordai.
“Giusto ieri.”
Jordan parve un attimo preso alla sprovvista. Poi
sbattè di nuovo il pugno con forza sul tavolo e annuì tra
sé. “Bene! Sono felice di sapere di essere una persona coerente.
Voglio sperare che tu stia lavorando a qualcosa di decente, Weasley, ne abbiamo
già abbastanza di pecore in quest’ufficio.”
Io mi schiarii la gola cercando di non dare alcun peso al
suo commento. Il che era molto difficile per una persona come me. “Ecco,
stavo pensando di scrivere un pezzo sul Ministro della Magia che sembrerebbe
coinvolto in un triangolo amoroso. Sembrerebbe esserci una Talpa dentro al
Ministero e pensavo…”
“Sì, sì, sì, ho capito!”
Fece Jordan come se non gli importasse niente. “Cerca di non farlo
sembrare lo scandalo del secolo, Weasley, per ora è solo una notizia di
seconda pagina.”
Non che avessi dubbi a riguardo. “Sì,
signore.”
Jordan grugnì e si riprese il giornale. “Tim
Robbins… vorrei sapere chi diavolo è stato a farlo assumere!”
A quanto ne sapevo era stato proprio lui. “Beh, chi vi commissiona gli
articoli adesso?”
“Penny Rudolf.” Dissi sicura di me.
Anche Jordan parve soddisfatto e si lisciò i baffoni
scuri. “Penny Rudolf, eh? E’ in gamba, mi piace. Speriamo che non cominci
ad aprire le cosce come tutte!” Mi guardò un attimo. “Non
avrai intenzione di aprire le cosce, Weasley?”
“Le tengo ben accavallate, signore.” Dissi,
cercando di non andare sullo scurrile.
“Fai bene!” Tuonò. Anche quando diceva
cose carine sembrava sempre che brontolasse. E di rado diceva cose carine.
Aspettai che dicesse qualsiasi altra cosa ma mi fece solo
cenno di andarmene e lasciarlo da solo. Mi alzai dalla mia postazione e lasciai
l’ufficio, ripercorrendo tutto il corridoio, e mi sedetti di nuovo alla
mia scrivania dove la mia pergamena e la penna prendi- appunti mi aspettavano a
mezz’aria. In realtà non avevo la benché minima idea di
come scrivere quel pezzo, dato che non avevo nessuna informazione certa. Senza
contare che non avevo la benché minima voglia di scrivere un articolo
del genere.
Betsy, la collega della scrivania accanto, si piegò
verso di me. “E’ di pessimo umore.”
Io guardai la porta di Jordan con una smorfia. “Da
quando sono qui non ricordo di averlo mai visto sorridere. Anzi, a dire il vero
non credo proprio che sia possibile.”
Betsy sorrise tra sé. “Cerca solo di far filare
tutto liscio e di non ridicolizzare il giornale. E ci riesce
perfettamente.”
Io sbuffai. “Un ‘grazie’ o ‘per
favore’ non lo ucciderebbero.” Dissi. “Senza contare che mi
ha affidato l’unica rubrica in cui sono praticamente negata. Io odio il
gossip! L’ho sempre odiato, fin da ragazzina!”
Betsy ridacchiò pacatamente a bocca chiusa. Non si
sbilanciava mai, era una di quelle personcine così a modo che sembrava
impossibile potessero davvero divertirsi o avere una vita sociale.
“Abbiamo fatto tutti un po’ di gavetta, Rose. Devi solo stringere i
denti.”
Stringere i denti. Era quello che mi sentivo dire da una
vita.
Un gufo grigio perla planò dalla finestra e venne a
posarsi sulla mia scrivania. Betsy lo guardò interessata, nonostante
fosse una pesoncina a modo non si faceva mai gli affari suoi. Presi la lettera
che il gufo mi porgeva col becco e la aprii anche se sapevo già chi mi
scriveva, dato che quel gufo l’avevo visto migliaia di volte.
“Chi è?” Chiese subito Betsy.
Io alzai un sopracciglio continuando a leggere la mia
lettera. “La mia amica Vanessa.” Dissi. “Mi rimprovera
perché è già una settimana che non ci vediamo.”
Betsy rise sempre con la bocca ben sigillata. “Ci
farai l’abitudine, Rose. Neanche io mi vedo mai con le mie amiche, sono
sempre troppo impegnata a scrivere articoli. Ma è il piccolo sacrificio
che si deve fare se si vuole arrivare in alto.”
A dire il vero dubitavo che Betsy avesse davvero delle
amiche e non mi sarei stupita di sapere che le aveva perse tutte per via della
sua mania di lavorare sempre. E avrei anche potuto capire, se Betsy si fosse
occupata delle prime pagine o degli articoli di prim’ordine, ma forse non
si rendeva conto che se dopo dieci anni che lavorava alla Gazzetta ancora
scriveva delle feste di paese, aveva poca possibilità di sfondare.
Questo un po’ mi rincuorava. Non che Betsy fosse una
schiappa a scrivere, ma che Jordan mi avesse subito affidato una rubrica tutta mia,
per quanto la detestassi. Ero sicura, in qualche modo, che nonostante i modi
burberi a Jordan io piacessi.
“Ho sempre tempo per gli amici.” Dissi a Betsy
scrollando le spalle. “Solo che ultimamente sono stata davvero molto
occupata. Tutto qua.”
“Posso immaginare, infondo il tuo sogno sta per
avverarsi.” Squittì lei.
Io sorrisi sforzatamente e tornai a guardare la mia
pergamena ancora vuota. Sospirai, non sapevo davvero cosa diavolo scrivere.
Avrei potuto scrivere decine di pergamene sulla vita di mamma e papà,
dato che dopo anni dalla battaglia, alla gente ancora interessava sapere di
loro. Ma Jordan mi aveva categoricamente proibito di farlo. ‘Pensi di
poter essere credibile?’ aveva detto.
“Rose Weasley?”
Alzai gli occhi, una ragazza delicata e dalla pelle diafana
mi fissava un po’ timorosa. Era la segretaria di Jordan e non mi stupiva
che fosse così tanto timida, Jordan doveva averle urlato addosso
così tanto che aveva paura a fare un solo passo. Io annuii e lei sembrò
sollevata.
“Jordan ti vuole nel suo ufficio.”
Di nuovo? Mi voltai verso Betsy con la fronte corrucciata ma
lei scrollò le spalle continuando a sorridere. Ma cosa aveva sempre da
stare allegra?
Mi alzai e seguii la segretaria che mi fece cenno di entrare
nell’ufficio di Jordan e scappò via subito dopo. Chi poteva
biasimarla. Mi schiarii la gola.
“Mi ha fatto chiamare?”
Jordan alzò per un secondo gli occhi.
“Sì, sì, Weasley.” Fece sbuffando tra delle carte.
“Siediti!”
Mi sedetti, di nuovo, sulla sedia davanti alla sua scrivania
chiedendomi cos’altro potesse volere da me. Gli avevo già
assicurato che avrei tenuto le gambe ben strette.
Continuò a leggere le sue carte per un altro minuto,
in cui io aspettai pazientemente guardando in giro per l’ufficio. Solo
quando ebbe finito anche l’ultimo foglio rialzò gli occhi su di me
e sembrò quasi sorpreso di trovarmi ancora lì.
“Quanto ci tieni alla tua rubrica, Weasley?”
Domanda da cento milioni di dollari. Dovevo rispondere
sinceramente? “Beh…” Esitai.
“Lo so che ti fa schifo, puoi dirlo
apertamente.” Disse Jordan aprendo le braccia. “Scrivere di gossip
farebbe schifo a chiunque, probabilmente solo Betsy Ramble sarebbe felice di
occuparsi di quella maledetta rubrica.”
Io mi mossi un po’ a disagio sulla sedia e mi schiarii
la gola. “Io odio il gossip.” Dissi. “Ma se questo è
il prezzo per diventare una brava giornalista…”
“Smettila di blaterare queste cazzate, Weasley.”
Fece Jordan grugnendo. “Ho un lavoro per te, sempre che ti vada di
accettarlo.”
Dio, se mi andava! Mi avrebbe levato dalla rubrica del
gossip. “Sì!” Esclamai. “Sì, che mi va!”
“Frena l’entusiasmo, Weasley, non ti ho ancora
detto tutto.” Si lisciò i baffoni e prese in mano le carte
sventolandole. “Mi ha appena scritto il Ministero, hanno bisogno di una
giornalista all’interno dei loro uffici. Sarai sempre
un’apprendista e alle mie dipendenze, ma lavorerai per loro.”
Cercavo di capire il cavillo, ma proprio non ne vedevo.
“Mi sembra ottimo, signore.”
Jordan alzò le sopracciglia. “Lo
prenderò per un sì. Cominci domani mattina. Adesso fuori dai
piedi.”
Mi alzai in piedi e feci un grosso sorriso. “Con vero
piacere, Signore.”
Andai a sedermi alla mia scrivania trotterellando e
canticchiando una canzone. Betsy mi fissò perplessa e ridacchiò
appena.
“Che cosa ti ha detto Jordan per metterti così
di buon umore?”
Io mi voltai verso di lei con le parole al perso. “Oh,
solo… gli è piaciuto il mio articolo.”
Betsy sorrise sforzatamente e ritornò al suo lavoro
senza dire nient’altro. Sospirai e mi voltai dall’altra parte. Se
solo le avessi detto che Jordan mi aveva dato una specie di promozione,
probabilmente sarebbe venuta di notte fino a casa mia per soffocarmi nel sonno.
**
“
“Pensavo che questa stoffa ti andasse bene! Insomma,
avevamo deciso che si intonava coi tuoi capelli!”
“No, Hermione, tu avevi deciso che si intona coi miei
capelli!”
Non appena entrata a casa alzai gli occhi al cielo, da
qualche mese a questa parte non speravo più di tornare a casa e sentire
il silenzio. Tutti erano in continua agitazione, sembrava che a tutti quanti
mancasse il tempo e cercassero di rincorrerlo.
Posai la borsa sul divano ed entrai in cucina, mamma e
papà erano immersi tra una decina di stoffe diverse. Rimasi un attimo
sulla soglia a godermi lo spettacolo, mentre mamma continuava a prendere
pezzetti a destra e manca e provarli accanto ai capelli di papà. Secondo
mia madre lo scoglio più grosso nel trovare l’abito perfetto per
mio padre era trovare un colore che si intonasse ai capelli fiammanti.
“Che ne pensi di questo, Ron?”
Papà sospirò e non guardò nemmeno la
stoffa che gli stava mostrando mamma. “Nero, Hermione. Nero. Il nero va
bene su qualsiasi colore, anche il rosso fiammante.”
“Non essere sciocco, Ron, tutti saranno vestiti di
nero e tu devi farti riconoscere.” Obbiettò mamma.
Papà alzò gli occhi al cielo. “Non
devono riconoscere me, non è
il mio matrimonio.”
Hugo mi sorpassò ed entro in cucina ridendo.
“Già e fortunatamente neanche il mio. Mamma, non credi che sia
abbastanza per oggi? Da quando siamo tornati a casa non fai altro che farci
provare… beh, praticamente qualsiasi cosa.”
Mamma si voltò verso di noi con le mani sui fianchi.
“Oh scusami tanto se mi preoccupo che sia tutto perfetto … oh Rose! Finalmente! Sono andata
al negozio dove abbiamo prenotato gli abiti e…”
Io alzai una mano per fermarla. “Mamma, per favore.
Numero uno, sono appena tornata da lavoro. Numero due, il matrimonio è
tra due mesi, abbiamo tutto il tempo del mondo. Numero tre, ho tutto sotto
controllo.”
Papà fece un passo avanti, sfinito, e posò una
mano sulla spalla della mamma che aveva assunto un’espressione
sconsolata. “Visto, Hermione?” Fece indicandomi. “Questo
è lo spirito giusto per affrontare un matrimonio: calma. Pura e semplice
calma.”
Hugo annuì e si sedette al tavolo da pranzo.
“Ti stai stressando troppo, neanche fosse tu che ti sposi!”
Mamma ci guardò tutti come se fossimo pazzi.
“Lo so! Ma sono sempre la mamma della sposa! Ho tutto il diritto di
essere agitata!” Sbottò. “Piuttosto Rose, non capisco come
fai ad essere così calma!”
Era vero, ero fin troppo calma. Il problema era che stavo
per sposarmi e facevo di tutto per non pensarci. Principalmente perché
avevo una paura folle che se solo mi fossi fermata a pensare che effettivamente
in due mesi sarei diventata la moglie di qualcuno, avrei dato di matto come mia
madre. Ma la cosa che temevo ancora di più era che se solo avessi detto
a voce alta che stavo per sposarmi, sarebbe svanito tutto nel nulla.
Ed io non volevo affatto che svanisse nel nulla, pensando a
quanto sacrificio c’era voluto per arrivare a quel punto. Avevamo trovato
tanti ostacoli nella nostra, seppur breve, vita di coppia, e questo sembrava
essere finalmente il lieto fine. Certo papà era rimasto un attimo
perplesso quando gli abbiamo detto che avremmo voluto sposarci, ma non
c’era niente che potesse fare, ormai.
Scrollai le spalle. “Te l’ho detto, mamma,
abbiamo tutto sotto controllo. Inviti mandati, cerimonia fissata, menù
scelto, bomboniere fatte, vestiti provati… C’è davvero altro
che possiamo fare?”
“Trovare il vestito perfetto a papà?”
Fece Hugo sarcasticamente.
Papà lo ammonì con lo sguardo. “Davvero
divertente, Hugo.”
“Oh, ehi!
Hai sentito Al?”
Io scossi la testa e andai a cercare qualcosa in frigo.
“Non di recente, ma Vanessa mi ha mandato una lettera a lavoro
oggi.” Feci. “Ma a che ora si cena?”
Mamma guardò l’orologio al polso. “Tra
un’oretta.” Disse. “Pensavo che Vanessa ed Al ti stessero
aiutando coi preparativi.”
“Infatti, ma ti ho già detto che abbiamo
già fatto tutto quanto.” Avevo trovato una fetta di torta vecchia
di due giorni, ma sembrava ancora buona. “Mancano solo i fiori, ma se ne
sta occupando Lily.”
Papà fece una smorfia. “Pensi che quella torta
sia ancora buona?”
Mamma mi fissò allibita. “Lily se ne sta
occupando? E lasci che faccia tutto da sola? Non credi che qualcuno dovrebbe
darle una mano?”
Scossi la testa in risposta a mamma, ma guardai papà
mangiucchiando la torta. “Non lo so, a me sembra buona.”
Papà mi guardò un po’ incerto poi
sembrò ripensarci. “Non c’è una fetta anche per
me?”
“E lascerai che scelga anche il bouquet? Dovrebbe
essere una cosa personale, Rose.”
“Non credo, il frigo è mezzo vuoto. Ma vi siete
ricordati di fare la spesa?” Chiesi controllando dentro al frigo.
“L’ho detto a tua madre, ma lei ha insistito
perché provassimo la stoffa.”
“Ma insomma, mi state ascoltando!” Sbottò
la mamma.
Io, papà e Hugo ci guardammo in silenzio. Papà
si schiarì la gola e appoggiò di nuovo una mano sulla spalla
della mamma, questa volta con fare protettivo. “Perché non andiamo
un po’ di sopra a riposare, Hermione? Sai cosa, stasera ceniamo fuori,
almeno ci svaghiamo un po’. Andiamo di sopra, ci riposiamo, ci
rinfreschiamo e quando abbiamo fame usciamo.”
Mamma si posò una mano sulla fronte e annuì
debolmente. “Sì… sì, forse è meglio.”
Papà riuscì a trascinare di sopra la mamma,
mentre io rimasi da sola con Hugo in cucina. Finendo di mangiucchiare la torta
vecchia di due giorni. Mi sedetti al tavolo con lui, guardando verso il piano
di sopra, da dove provenivano le voci dei miei.
“E’ decisamente stressata.”
Hugo sospirò e chiuse gli occhi. Scosse la testa.
“Giuro Rose, non vedo l’ora che ti sposi. In questa casa non si
parla d’altro che del tuo matrimonio.”
“Solo in questa casa?” Chiesi io alzando un
sopracciglio. “E pensare che avrei tanto voluto una cerimonia
intima.”
Hugo sorrise. “Beh, che cosa ti aspettavi? Sapevi a
cosa saresti andata incontro fin dal primo giorno. Senza contare che ci sono
due grandi ostacoli alla tua cerimonia intima.”
“Sarebbe a dire?”
“Numero uno, la nostra famiglia ha come minimo
duecento membri.” Fece lui ridendo. “Numero due, probabilmente ci
sarà anche la stampa. Insomma è il matrimonio del secolo!”
Io sbuffai e mi appoggiai su un gomito. “Lo so. Ho
pregato Jordan perché non mandasse nessuno dei suoi giornalisti, ma ho
un po’ di potere solo per la ‘gazzetta’ e non verso tutta la
stampa. Ci sarà di sicuro qualche imbucato.”
Hugo fece una smorfia. “Sinceramente, non
m’importa niente di chi verrà o non verrà al matrimonio.
M’importa solo che si faccia in fretta, per la salute mentale di
tutti.”
“A chi lo dici.” Sbuffai io, poi misi un
sorrisetto. “Voglio proprio vedere cosa succederà quando sarai tu
a sposarti.”
Hugo rise e scosse la testa. “Illusa, questo non
succederà mai. Programmo di rimanere a casa con mamma e papà fino
a quarant’anni e fare il mantenuto.”
Io risi di gusto. “Ah, è così? E mamma e
papà sanno di questo tuo brillante piano?”
“Non ancora.” Fece Hugo sorridendo. “Ma se
ne accorgeranno.”
Io lo guardai e scossi la testa sospirando. “Dici
così perché ancora non hai trovato la persona giusta.
Probabilmente, quando avverrà, cambierai tutto il tuo modo di pensare e
non vedrai l’ora di uscire da casa di mamma e papà.”
Hugo alzò un dito e fece cenno di no. “Forse
non mi sono spiegato bene, Rose. Io non mi sposerò mai.”
Io alzai gli occhi al cielo e lo assecondai.
“D’accordo.”
Hugo rise. “E non posso credere che Al ti faccia da
testimone!”
Se dovevo essere sincera, neanche io. Era stato il meno
felice, dopo papà, all’idea di questo matrimonio. “Non credo
che abbia avuto molto scelta, sai? Vanessa sa essere un tipo molto persuasivo,
quando vuole.”
Hugo rise di nuovo. “Povero Al, Vanessa sa davvero
come farlo rigare dritto.”
Il campanello suonò e i miei occhi si illuminarono.
Hugo mi guardò con un sorrisino e scosse la testa.
“E’ lo sposo?”
Io annuii e corsi ad aprire la porta principale,
sistemandomi capelli e vestiti mentre percorrevo l’ingresso. Misi la mano
sulla maniglia ma aspettai qualche secondo, mi controllai l’alito e aprii
la porta eccitata.
“Oh, sei tu.” Feci un po’ delusa.
Lily alzò un sopracciglio. “Anche io sono molto
felice di vederti, Rose, oh e non ringraziarmi per aver scelto i fiori del tuo
matrimonio.”
Entrò sorpassandomi in tutta fretta, con in una mano
un’agenda, nell’altra dei depliant, e si diresse in cucina. La
sentii salutare calorosamente Hugo e mi decisi a sospirare e chiudere la porta
per seguirla.
“Grazie Lily, non ti sarò mai abbastanza
riconoscente.” Dissi entrando in cucina.
Lily aveva già steso tutti i depliant di fiori sopra
le stoffe di mia madre. Li sistemò uno ad uno fino a che non si
rialzò dal suo lavoro e batté le mani insieme. “Bene,
Rosie, questi sono i fiori tra cui sono indecisa.”
Io sospirai stanca, mentre Hugo cercò di nascondere
un risolino. “Lily, ho detto che potevi fare come volevi. Non
m’importa dei fiori.”
“Lo so!” Fece Lily come se ne soffrisse.
“Ma i fiori sono importanti! Avrei voluto usare delle rose, ma le rose
non sono da matrimonio. Allora ho pensato ai gigli, ma poi ho pensato che sono
troppo ingombranti per decorare e potrebbero sciuparsi, allora…”
Hugo alzò un sopracciglio. “Mi chiedo
perché tu non abbia pensato ai fiori d’arancio, dato che è
il simbolo del matrimonio.”
“Mio caro Hugo, sei stato il mio fedele amico per
tutta la mia adolescenza e continui ad esserlo ora che sono una donna… ti
è mai capitato di vedermi lasciare le cose al caso? Ho pensato ai fiori
d’arancio, ma sono così tradizionali e scontati che…”
“Sai una cosa?” La interruppi io prima che potesse
divagare oltre. “I fiori d’arancio vanno benissimo. Ho bisogno di
un po’ di tradizione, dentro a tutto questo trambusto.”
Lily spalancò la bocca offesa. “Rose, non dirai
sul serio! I fiori d’arancio sono così dozzinali!”
Hugo rise. Era l’unico che si poteva permette di
ridere in faccia a Lily ed uscirne illeso. “Oh andiamo, lasciala un
po’ in pace, Lily. Neanche fosse il tuo matrimonio e poi che
t’importa degli stupidi fiori? Sono fiori! Solo fiori!”
“Solo fiori? Solo fiori?! Sono l’anima del matrimonio!”
Squittì lei offesa. “E quando sarà il tuo
matrimonio…”
Hugo alzò una mano e la fermò. “Non mi
sposerò mai.”
Lily scosse la testa affranta. “Ma chi sei tu e cosa
ne hai fatto del mio migliore amico?”
Sospirai, Lily aveva l’aria di star per scoppiare in
lacrime. “Quali sono gli altri fiori?”
Il sorriso di Lily si illuminò di nuovo e si
schiarì la gola mostrandomi i vari depliant. “Allora, abbiamo
delle orchidee, calle, peonie, giacinti…
Diedi una rapida occhiata al materiale sul tavolo, io non mi
intendevo affatto di fiori. “Peonie… le peonie andranno
benissimo.”
“Sono le mie preferite, sai?” Fece Lily
entusiasta. “E pensavo di farle in tre colori, bianco, rosato e rosa. Che
ne pensi?”
Io scrollai le spalle. “Va bene.”
“Perfetto.” Sussurrò lei tra sé.
“Spero che vadano bene anche allo sposo.”
Hugo grugnì. “Come se gli importasse qualcosa
dei fiori. Sono sicuro che l’unica cosa a cui starà pensando
è la prima notte dopo le nozze.”
Lily alzò un sopracciglio, scettica. “Non
penserai davvero che abbiano aspettato fino al matrimonio, mio piccolo ed
innocente amico?”
Hugo fece per aprire la bocca ma io mi misi in mezzo alzando
entrambe le mani. Ero ormai rossa come un peperone ma cercai di parlare
normalmente. “Perché non passiamo oltre a questo argomento, dato
che non interessa a nessuno?”
“Oh, a me interessa!” Fece Lily. “E voglio
sapere anche i dettagli.”
Hugo fece una faccia disgustata. “Ehw, Lily, spero che
tu stia scherzando!”
“Come se tu non lo facessi.”
Io guardai Hugo allibita e Hugo guardò me un
po’ imbarazzato. Si schiarì la gola e scrollò le spalle.
“Beh, ho ventidue anni, cosa ti aspettavi?”
“Mi aspettavo che ti confidassi con me.” Dissi
un po’ risentita. “Sono tua sorella.”
Hugo scoppiò a ridere. “Sì, certo. Come
se tu la prima volta fossi corsa da me a raccontare tutto quanto. Sempre che ci
sia stata una prima volta.”
Io alzai un sopracciglio. “Ho venticinque anni, cosa
ti aspettavi?” Feci imitandolo.
Lily tornò a guardare i fiori e sospirò.
“Credi che gli piaceranno?”
Guardai l’orologio appeso alla parete. “Beh,
potrai dirglielo tra poco, Lily. In realtà dovrebbe essere già
qui e non capisco proprio…” Il campanello suonò. “Oh,
eccolo!”
Corsi fuori dalla cucina con Hugo e Lily che ridacchiavano.
Mi dicevano sempre che da quando mi ero fidanzata ero diventata completamente
matta. Anche se credo che mia madre fosse ammattita più di me. Mi
sistemai i capelli e aprii la porta, rivolgendogli un bel sorriso che
conservavo solo per lui.
“Ciao tesoro.” Mi disse.
Gli sorrisi caldamente. “Ciao Jack.”
**
Bentrovati!!
Spero che abbiate
tutti avuto delle splendide vacanze, io personalmente mi sono fatta una mega
vacanza e sono tornata più stanca di prima XD meno male che avevo
cominciato a scrivere prima di partire.
Come promesso ecco il
primo capitolo del sequel che parecchi di voi aspettavano ansiosamente! Lo so,
alcuni di voi si sono lamentati che avevo detto che avrei postato a settembre e
siamo quasi a metà mese, ma credetemi, non sono stata a grattarmi la
pancia fino ad adesso. Ho scritto una quindicina di capitoli, più o meno
finiti, così da stare tranquilla per il resto della mia vita e non
dovermi stressare ad aggiornare XDD
Pensavate che avrei
lasciato la cara vecchia coppia insieme per farli vivere felici e contenti?
Giammai!
La perfidia
dell’autrice regna sovrana. E lo so cosa vi state chiedendo… chi
diavolo è questo Jack?
Appuntamento al
prossimo capitolo: “Too lost in
you”
Hope u like it!
Baci, zia Fufù!