Persona, personae. di _zukky (/viewuser.php?uid=37954)
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Persona, personae
Storia classificata prima e vincitrice del premio giuria al Dramione Contest indetto da Valaus. Ne approfitto per ringraziarla ancora anche qui, sia per le belle parole che per il premio *se lo spuccia*
Le valutazioni della giudiciA, le trovate alla fine della storia :)
L’immagine, corrispondente alla lettera P, era questa
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Il prompt (numero 16): Remus + blu elettrico
La canzone: Iris – Goo Goo Dolls
Persona, personae
Un corvo gracchiò
nello spazio silenzioso che si era creato tra un grido di morte e un
lampo di disperazione. Draco Malfoy lo fissò per un attimo
stagliarsi, nero e sinuoso, contro il rosso del cielo al tramonto, e un
pensiero fugace proveniente da chissà dove gli mostrò la
libertà che a lui era preclusa.
L’opinione comune lo
vedeva come un presagio di morte, ma lui non ne aveva bisogno. Sapeva
che il giorno dopo avrebbe mietuto altre vittime, incurante quanto un
contadino dinanzi al colore dorato delle spighe di grano. E il giorno
dopo ancora. E quello dopo.
Non riuscire a calcolare
quanti giorni assassini si sarebbero succeduti, quanti gli erano
già passati davanti, con maschera e cappuccio per non farsi
riconoscere, dava solo un’idea sbiadita di come il tempo si fosse
ridotto in briciole per lui. Briciole piccole e appena visibili che si
limitava a seguire per semplice abitudine, ormai.
«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
Sapeva che l’avrebbe
trovata lì fin dal momento in cui aveva girato la porta di
quella vecchia capanna sui cardini. Lo sentiva nell’aria –
lo sentiva nella sua testa – l’odore di speranza e
determinazione che adesso era palpabile come la sua presenza lì,
su quel pagliericcio.
La guardò con una
punta di fastidio negli occhi: si era ritagliato un angolo di mondo tra
quelle travi che sapevano di legno umido e stantio; con forbici ben
appuntite aveva costruito un solco tra sé e la realtà,
quando era lì dentro, e lei era entrata senza bussare. Qualche
giorno prima, stanca e scarmigliata, aveva fatto irruzione tra le sue
riflessioni senza chiedere il permesso. Erano rimasti entrambi sorpresi
di ritrovarsi l’uno di fronte all’altra, così, senza
coperture di alcuna sorta.
Il terreno intorno a quel
rifugio era neutrale, alcuni dei pochi ettari rimasti terra di nessuno:
l’aveva scoperto per caso in una delle sue tante fughe da se
stesso e non aveva idea di come lei vi fosse arrivata, sembrava fuggire
da qualcosa o correre verso qualcosa.
«Non lo so».
La voce di Hermione
Granger era calma e neutrale, fin troppo dinanzi ad un’ammissione
simile. Non avere la risposta giusta non sembrava più tanto
importante, non in quell’estenuante apnea cui tutti erano
costretti dall’inizio della guerra.
La situazione alla Tana era
diventata insostenibile: Harry mancava da qualche mese ormai e tutti
erano tesi e preoccupati. Nessuno osava mostrare il proprio nervosismo,
ma finivano sempre per sfogarlo gli uni sugli altri.
All’ennesimo urlo di
Ron, sguardo disperato di Remus, all’ennesima porta sbattuta da
Ginny e pianto silenzioso della Signora Weasley, Hermione era esplosa
dentro; aveva sentito la sua determinazione andare in frantumi per la
prima volta, ed era corsa via.
Mentre le gambe la
guidavano tra rami ed erbacce che le graffiavano le gambe e le tiravano
i capelli, non avrebbe mai pensato di incontrare proprio Draco Malfoy.
Si era augurata di non
incontrare nessuno, sconsiderata com’era stata ad uscire,
così, senza nemmeno pensarci: il breve tempo di afferrare la
bacchetta ed era nel caldo umidiccio d’inizio agosto.
Quella capanna era stata un
miraggio, insieme al suo abitante. Si era trattenuta pochi minuti
lì dentro, il tempo di riconoscere la sua figura e scorgere nei
suoi occhi nudi una luce profondamente ferita: il moccolo di una
candela che minacciava di spegnersi da un momento all’altro.
Forse era stato quello a spingerla di nuovo lì, sperando
inconsciamente di rincontrarlo.
Ma questo lui non l’avrebbe mai saputo. Non in quel momento almeno.
«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
«Non lo so».
La seconda volta, era stato
lui a guardarla un attimo e poi voltarle le spalle per scomparire nel
fitto della vegetazione. Non prima di aver notato i segni che la guerra
aveva lasciato su di lei, però: le spalle ricurve, la pesantezza
di doveri e responsabilità, con cui stava rannicchiata su quello
scomodo pagliericcio; la preoccupazione e l’angoscia nelle mani
contratte e nelle braccia strettamente legate intorno alle gambe; e,
nonostante tutto, riconobbe le stesse determinazione e speranza di un
tempo nei suoi occhi, sebbene ferite dal dolore e dalle perdite.
«Che cosa ci fai di nuovo qui?»
«Non lo so».
Furono le uniche parole che
si scambiarono per molto tempo, prima che uno dei due prendesse la
strada sicura, quella del ritorno; prima che uno dei due imboccasse un
sentiero troppo pericoloso per entrambi. Nessuno avrebbe ammesso che
due nemici s’incontrassero senza alzare la bacchetta l’uno
sull’altra. Nessuno avrebbe ammesso che Draco Malfoy e Hermione
Granger s’incontrassero senza alzare armi e difese l’uno
contro l’altra.
Furono le uniche parole che
si scambiarono anche il giorno in cui lei, incurante della terra
battuta, – che ormai bruciava di disperazione, – sotto i
suoi piedi, spiccò un salto dal burrone, dritta giù, nel
fiume agitato, sperando in un po’ di sollievo – non
sperando affatto. –
Quel giorno, Hermione
Granger lo guardò dritto negli occhi dopo quelle uniche parole,
si richiuse la porta alle spalle e la vide sbattere dentro di lui, con
un tonfo – anche se non aveva prodotto alcun rumore reale;
– in quel momento, seppe di star facendo la cosa giusta.
*
Il giorno di Halloween erano passati più di due mesi dalla stipulazione di quel patto silenzioso e, periodicamente, si imbattevano l’uno nell’altra, in quell’angolo fuori dal mondo.
Il giorno di Halloween,
Draco Malfoy varcò la soglia come tutte le altre volte. Trovare
la capanna vuota non sfiorò nessuna nota della stranezza: era
già capitato che lui fosse arrivato per primo. Ma un breve
sguardo intorno bastò per capire che lei era già stata
lì, quel giorno. Ed era anche andata via.
Segni del suo passaggio,
decine di maschere se ne stavano immobili, appese alle pareti. Alcune
incutevano una certa inquietudine, altre sembravano addirittura
divertenti. Poteva apparire un semplice abbellimento per quella
festività, ma lui sapeva che non era così. Il linguaggio
silenzioso che intercorreva tra loro era pieno di gesti e simboli
difficili da interpretare.
Quante maschere siamo ancora in grado di reggere?
Il giorno di Halloween,
Draco Malfoy capì che Hermione Granger aveva lasciato le sue
maschere appese alle pareti di quella vecchia capanna e non ne avrebbe
indossata più una, fin quando sarebbe stata lì dentro.
I cambiamenti non gli erano
mai parsi tanto impercettibili, quanto in quei pochi metri quadrati
condivisi sempre con un’unica persona.
Per una settimana, lei gli
sembrò esattamente la stessa di sempre, la stessa degli ultimi
mesi: con i suoi sguardi persi nel vuoto, una ruga di preoccupazione
sotto l’occhio destro, il suo stringersi in se stessa per
affrontare il mondo, con quell’ostinata determinazione che le
leggeva nel modo di camminare, di rimettersi in piedi e di non cedere,
nonostante fosse tentata di rimanere lì, rannicchiata fino a che
tutto non si sarebbe concluso.
In quella settimana, si sorprese lui stesso d’aver imparato tante cose solo lanciandole qualche occhiata fugace.
Il giorno in cui avrebbe
spezzato il patto silenzioso che avevano stipulato, si era aspettato di
vederla arrivare, decisa a non ascoltare repliche o a non permettergli
di scappare, e strappargli in faccia il foglio su cui entrambi avevano
apposto la propria firma, come prova lampante della fine del silenzio
tra quelle quattro pareti di legno.
Non accadde nulla di tutto
ciò. Era un giorno perfettamente identico a qualsiasi altro: non
c’era stato un segno di alcun tipo che gli avrebbe annunciato
l’imminente cambiamento.
Lei era arrivata pacata e
composta come al solito e, con la stessa naturalezza con cui si sarebbe
adagiata sul suo pagliericcio, si era seduta accanto a lui, a terra.
La vide rannicchiarsi su se
stessa, ripetendo gesti che erano ormai familiari a entrambi, ma
leggermente protesa verso di lui, come a non escluderlo.
Lo sguardo che gli rivolse
fu una ventata di vento primaverile nel bel mezzo dell’autunno.
Non le aveva mai visto quello sguardo e, quando parlò,
riuscì a sentire anche l’odore, della primavera.
Solo con una parte
infinitesima della sua mente, Draco Malfoy si chiese cosa mai potesse
interessargli del Lupo Mannaro, – dovevi
vederlo, Remus è sempre stata una persona pacata e malinconica,
ultimamente era impossibile non leggere la luce triste nei suoi occhi..
ma oggi, forse per la prima volta, l’ho visto arrossire, per un
momento quella tristezza è scomparsa.. – o della Metamorfomagus sua parente, – Tonks
è sempre così maldestra che si è accorta di aver
investito in pieno il povero Remus solo quando si sono ritrovati
entrambi a terra. Devi sapere che da quando è morto Sirius, il
senso di colpa la stava lentamente consumando. I suoi capelli hanno
assunto un’ infelice tonalità di grigio, e nessun
tentativo di cambiarli è mai riuscito, ma lì, su quel
pavimento, tra rossori e balbettanti scuse, hanno lampeggiato di blu
elettrico! –
Non tardò a riconoscere la primavera nei suoi occhi come sincera contentezza.
Gli aveva parlato come se
lo avesse fatto da sempre: con una confidenza che gli fece dimenticare
il disprezzo che pensava di provare per quelle persone, a lei care; una
confidenza che gli scivolò sotto la pelle con una
facilità che lasciò spiazzato lui stesso.
Ogni qual volta si fosse ritrovato a pensare alla prima volta che lei gli aveva parlato davvero, avrebbe ricordato Remus, Tonks e i suoi capelli blu elettrico in quella sensazione di piacevole stranezza che aveva provato.
*
Lottare contro di lei e
tutto quello che rappresentava sarebbe stato molto più semplice
che lottare contro se stesso e i principi che gli avevano inculcato fin
dal suo primo respiro. Principi che, da qualche tempo, aveva iniziato a
guardare con fredda diffidenza – era davvero necessario che
morissero tante persone? – e che, ora, gli sembravano sempre
più estranei: gli stava sempre più stretto il suo ruolo
al servizio di qualcuno a cui non interessava nient’altro che la
sua folle missione, affamato di potere tanto da spacciarlo per ideali
di un mondo migliore.
La lotta contro se stesso
durò tutto il tempo che lei occupò in parole. Non ci fu
un momento, da allora, in cui ricordò che stesse chiusa nel suo
silenzio o nella sua testa.
Il giorno in cui
l’aveva trovata già alla capanna, quando era arrivato, non
aveva avuto idea di come comportarsi. Aveva l’impressione che
quel pagliericcio su cui si raggomitolava delimitasse un territorio che
si era conquistata quando aveva chiuso, per la prima volta, quella
porta con loro all’interno. Non aveva ancora capito che lei aveva
già iniziato a dargli e concedergli tutto.
Quel giorno, con uno sguardo di divertita condiscendenza, lei si alzò per raggiungerlo.
Fu attraverso le sue parole
che entrò alla Tana dalla porta principale. Dopo qualche
settimana, era perfettamente in grado di aggirarsi per la casa senza
alcun timore: poteva essere sicuro di trovare la Signora Weasley in
cucina, alla prese con i fornelli per combattere l’ansia e il
nervosismo; di percepire il fiato sospeso, ogni qual volta si sentisse
bussare alla porta, e l’angoscia che riempiva le camere,
addensandosi agli angoli come a rubare subdolamente il poco ossigeno
rimasto.
Seguì Hermione nelle
sue giornate frustrate e sconclusionate, – la guerra, esasperata,
si era ridotta a una serie di schermaglie che non conducevano nessuna
delle due fazioni in vantaggio: si limitavano ad agire subdolamente,
logorando gli animi, giorno dopo giorno – e nelle notti,
trascorse davanti ad una tazza di tè che le si raffreddava
lentamente tra le mani, per non ascoltare i singhiozzi sommessi di
Ginny e morire un po’ anche lei, insieme all’amica. Quando
il cielo iniziava a schiarirsi dietro le finestre, saliva di sopra, le
prendeva una mano gelata tra le sue e cercava di dormire almeno un paio
d’ore.
Draco non seppe quando iniziò a svegliarsi la mattina aspettando solo di sentirla parlare.
Gli attacchi, sempre più inutile e deboli, di facciata
oramai, erano organizzati da pochi Mangiamorte, il cui nome aveva poca
o nulla importanza.; il Signore Oscuro era troppo occupato alla ricerca
di Potter e il fatto che nessuno, o quasi, fosse a conoscenza di cosa
bollisse in pentola agitava non pochi animi. Sporadicamente veniva
richiesta la sua presenza e rintanarsi nel suo angolo di mondo era
diventata l’unica cosa a cui anelava.
*
A metà Novembre, cadde la prima neve. Rossa.
Fu la prima volta che la
vide in battaglia, e qualcosa gli si spezzò dentro.
Probabilmente, non l’aveva riconosciuto, ma una luce strana nel
suo sguardo gli disse che lei sapeva.
Combatteva con la grinta di
una leonessa e, sebbene cercassero di difenderla in formazione, li
affiancava sempre, senza paura. Sembrava una danza iniziata tanto tempo
prima, quando lui non osava neanche prenderla in considerazione, se non
come una saccente Mezzosangue.
Mentre teneva a bada due
auror, Draco Malfoy osservò con l’angolo dell’occhio
lei e Weasley mettere fuori gioco tre dei suoi, con perfetta
coordinazione.
A volte, di notte vorrei sgattaiolare nella sua stanza e dormire abbracciati come quando eravamo bambini.
Il ricordo di quelle parole
gli fece rivoltare qualcosa dentro e, quando si allontanarono in
ritirata, le lanciò un’occhiata incerta, consapevole che
forse sarebbe stata l’ultima.
Come aveva pensato, nei
giorni successivi non si presentò. Aspettarsi la sua ritirata fu
niente di fronte alla sua reale assenza. Il pensiero che non
l’avrebbe più vista lì, raggomitolata e indifesa,
che non l’avrebbe più avuta così vicina da poterla
toccare allungando una mano, senza nessuna menzogna a coprirle il viso
o le parole, gli fece sentire davvero, per la prima volta, il
fallimento gravargli sulle spalle, appesantirgli le braccia e fargli
crollare il cuore.
*
Una tormenta di neve, peggiore del solito, gliela riportò indietro.
Quando ormai aveva perso le speranze, lei tornò, avvolta dal gelo.
«Non ce la faccio».
Furono le uniche parole che
uscirono dalla sua bocca mentre crollava in ginocchio: le spiegazioni
sarebbero state superflue, lui capì a cosa si riferisse.
Riconoscere nel suo sguardo
lo stesso Draco che aveva lasciato in quella capanna e ritrovarsi
stretta tra le sue braccia furono un tutt’uno.
Si abbandonò a lui
con la resa di chi ha fatto affidamento sempre e solo su se stessa, di
chi ha sempre contato solo sulle proprie gambe per rialzarsi, sulle
proprie braccia per difendersi e si è ritrovata, da un giorno
all’altro, priva di forze.
Un brivido le
accarezzò la pelle, quando la privò anche del maglione,
che finì ad asciugare, insieme agli altri indumenti davanti al
fuoco improvvisato nel vecchio camino.
Draco si muoveva con una
calma tale che si ritrovò a sospirare sommessamente, quando il
calore del suo corpo tornò ad avvolgerla.
Fu con l’emozione
stretta intorno alla gola che si intrufolò sotto la sua maglia,
in cerca di un riparo dal freddo o, forse, del suo cuore. In quel
momento, lui le prese il viso tra le mani, rubandole dalle labbra quel
respiro spezzato.
Le fiamme si rincorrevano
nel camino, agitate dal vento, al pari delle loro mani alla ricerca di
anfratti rimasti chiusi troppo a lungo nei recessi della loro anima.
Riservarono la dolcezza ad
un altro momento, in un altro tempo. La forza con cui la teneva stretta
aveva il retrogusto della disperazione, troppo simile al nodo di
lacrime che aveva spesso ingoiato, per non spingerla ad abbandonarsi
alle sue mani con una fiducia che lasciò spiazzata lei stessa.
La sua pelle aveva il
sapore della neve appena caduta, quando Draco vi posò le labbra
per appropriarsi di ogni piega della sua arrendevolezza. Non
percepì nient’altro che lei per quella che gli
sembrò una parentesi d’infinito: spazio e tempo persero i
loro confini, mentre loro si perdevano l’uno nell’altra.
La tempesta tornò a
imperversare sul legno consumato dagli anni, il fuoco a divampare nel
camino ridotto a macerie di pietra, solo quando, con un mormorio
indistinto, Hermione raccolse il suo ultimo rantolo sulla lingua,
stringendosi poi la sua testa contro il seno.
Per la prima volta, dopo
tanto tempo, si lasciarono cullare dal silenzio, con la confortante
sensazione della loro pelle sotto i palmi delle mani.
Nel momento in cui le
parole erano sfumate in gesti che ne valevano mille, la lotta di Draco
con se stesso di era conclusa senza che lui se ne accorgesse.
Aveva vinto lei. Aveva vinto lui,
contro quei biechi ideali che gli avevano oscurato gli occhi, fin da
quando era un ragazzino che seguiva le orme – infangate –
di suo padre.
*
«Sei in ritardo».
Draco non aveva pronunciato
una sola parola, da quando lei aveva chiuso quella porta spiccando il
salto che l’avrebbe portata dritta dentro di lui.
Così, si
ritrovò ad indugiare sull’uscio, sorpresa, quando
udì quell’affermazione provenire dalle sue labbra. Era
seduto a terra, la testa china sulla maschera che si rigirava tra le
mani quando lo disse.
Hermione perse un solo
secondo a guardarlo, prima di raggiungerlo e sottrargli quella maschera
dalle mani per scivolargli tra le braccia e i pensieri.
Draco non aveva pronunciato
una sola parola in tutto quel tempo e lei non gli aveva mai chiesto
più di quello che le offrivano silenziosamente i suoi occhi: si
sentiva sempre avvolgere dal suo sguardo con una sensazione intima e
profonda che non avrebbe saputo descrivere.
Lui c’era, quando lei parlava. In un tempo in cui tutti erano persi in loro stessi e nel loro dolore, lui era lì con lei.
Le strappò
l’emozione che le lesse negli occhi dalle labbra, e lei
riuscì a malapena a percepire le sue mani che vagavano tra i
suoi vestiti e le sue difese, fin quando non avvertì un fruscio
sottile risalirle la caviglia.
La bacchetta.
Il lampo di panico che le
attraversò lo stomaco doveva averlo ferito più di quanto
diede a vedere, perché il suo corpo, improvvisamente, si
irrigidì: come aveva combaciato, modellandosi alla perfezione
con il suo, ora mostrava spigoli nascosti che le stavano graffiando il
cuore più di quanto fosse in grado di sopportare.
Hermione non si mosse,
sedette fiduciosa tra quel dolore appena accennato che le fugava ogni
dubbio, e lui tirò un sospiro di sollievo, come se avesse
trattenuto il fiato troppo a lungo in attesa di quel colpo che non era
mai arrivato.
Sorprendendola, le porse la sua bacchetta.
[I just want you to know who I am]
«Sta a te spogliarmi della mia ultima maschera ».
Le tremavano la mano e il
cuore quando si riprese ciò che era suo. Le ci volle un momento
per capire a quale incantesimo si riferisse e cercarne nei suoi occhi
la conferma.
Si raggomitolò in
quel groviglio di gambe e braccia, prima di pronunciare in un
sussurrò appena udibile: «Legilimens».
Draco Malfoy era sempre stato un eccellente Occlumante, il degno figlioccio di Severus Piton.
Del resto, non avrebbe mai
potuto incontrarla o fuggire in quella capanna se non fosse stato tanto
abile da eludere i controlli del Signore Oscuro e indirizzarlo verso
ricordi che non sfiorassero neanche tutto ciò che la riguardava,
senza che lui non se ne accorgesse neanche.
La prima cosa che le mostrò fu quello che era diventato: un Mangiamorte.
Le mise davanti una
verità senza ammissione di replica, in modo che se avesse voluto
fuggire, avrebbe dovuto farlo in quel momento e non quando sarebbe
stato ormai insopportabile a entrambi.
Le mostrò
l’esaltazione sconsiderata di un ragazzino che non vedeva
l’ora di mettere in atto quello che gli avevano insegnato fin da
bambino.
Sentirsi comandare
l’omicidio di una persona aveva reso orgoglioso il tronfio
bambino che si rifugiava dentro di lui, ma aveva spaventato
l’uomo che stava diventando, quello che aveva iniziato a pensare
con la propria testa.
Non aveva mai ucciso. Non
ne aveva mai avuto la forza. Questo ben presto aveva provocato
l’ira del Signore Oscuro, ma era un elemento troppo prezioso, un
abile pozionista e un eccellente stratega, per essere eliminato; erano
dunque rare le occasioni in cui veniva richiesta la sua presenza in
campo.
Quegli ultimi anni potevano
essere riassunti in un vortice che l’aveva risucchiato senza
possibilità di scampo: si era ritrovato con la pelle marchiata e
una bacchetta stretta tra le dita, prima ancora di capire cosa potesse
significare tutto quello.
A Voldemort non importava
di nessuno di loro, la sua folle missione era il suo unico pensiero, e
lui era stanco di essere trattato come una semplice pedina. Non poteva
disubbidire agli ordini e quello lo faceva sentire braccato quanto un
animale in gabbia, ma poteva limitarsi a fare il meno possibile.
Nella sua mente vi era un
fugace e labile pensiero di fuga che Hermione non fu sicura
d’aver interpretato correttamente, perché il periodo
cambiò improvvisamente.
Si ritrovò davanti
agli occhi un Draco che poteva avere massimo quattro anni, e lo vide
crescere e mutare nel gelo della sua casa. Non era un freddo che si
avverte sulla pelle, era molto più profondo, e si ritrovò
inconsapevolmente a rabbrividire.
Narcissa Malfoy amava il
suo unico figlio da lontano, in quello che spesso passava per
disinteresse. Non poteva concedersi troppe dimostrazioni
d’affetto, in un ambiente come quello dove era cresciuta e dove
viveva ancora, e spesso il suo calore era talmente distante che lo
stesso Draco stentava a sentirsi amato e protetto tra le mura di casa.
Lucius Malfoy era troppo
occupato a seguire la linea che si era imposto per temprare il suo
carattere e la sua indole, per soffermarsi su debolezze come i
sentimenti.
Col senno di poi, Draco
aveva capito che i suoi genitori, a modo loro, lo amavano, ma questa
consapevolezza era troppo difficile da raggiungere per un bambino.
Hermione perse la
concentrazione sull’incantesimo ritornando alla realtà,
mentre cercava di scaldare nel profondo quel bambino infreddolito.
Lui
l’allontanò un po’ da sé affondando nei suoi
occhi: se avesse trovato il minimo accenno di compassione o pena non
avrebbe esitato ad alzarsi e sparire. Ma nelle sue braccia e sulle sue
labbra c’era solo la voglia di fugare quel gelo con il calore che
sentiva crescere dentro di lei.
Nascose il viso nel suo collo prima di pronunciare di nuovo: «Legilimens».
L’ultima cosa da
mostrarle era il periodo scolastico, la parte che vedeva coinvolta la
stessa Hogwarts in cui lei aveva vissuto e studiato, da un altro punto
di vista stavolta.
Il Draco Malfoy approdato
sulle sponde del Lago Nero era solo un ragazzino in cerca di
accettazione. Il disprezzo che manifestava per quello che
diventò il Trio Miracoli era solo un riflesso dell’invidia
per loro fama e popolarità.
Solo successivamente, aveva
iniziato a notare gesti che non aveva mai visto rivolti a lui: gli
sguardi d’intesa tra Potter e Weasley, quelle risate spensierate,
il cipiglio alterato che la Granger metteva su, quando le chiedevano
per l’ennesima volta di copiare i compiti, cipiglio accompagnato
da una familiarità dovuta ad anni di amicizia che lui non
avrebbe mai avuto.
Aveva iniziato a notare il
modo in cui si stringevano tra loro in caso di pericolo – non
avrebbe mai dimenticato come si era lanciata verso Potter,
abbracciandolo, al Torneo Tremaghi – Quegli abbracci avevano
qualcosa di talmente intimo e privato da costringere a distogliere lo
sguardo.
Lei si era sempre
sopraelevata a una sfera talmente alta che non sarebbero bastati tutti
gli sforzi possibili per riuscire a sfiorarla neanche con la punta
delle dita.
[You're the closest to heaven that I'll ever be]
Non sapeva esattamente
quando avesse iniziato a desiderare quello che loro avevano:
comprensione, affetto, quella preoccupazione stretta in abbracci che
sembravano scaldare anche da lontano, la sicurezza che ci sarebbero
sempre stati per l’altro.
Potter e Weasley erano
degli imbecilli, ma, doveva ammetterlo, erano dei buoni amici per lei.
Questo lo aveva visto con i propri occhi.
Nei minuti successivi le
passò davanti agli occhi la sua amicizia con Harry e Ron da suo
punto di vista: l’attenzione era puntata soprattutto su di lei,
si rese conto, con una frustrazione che aveva il sapore di un veleno
dall’azione lenta e inesorabile.
L’aveva disprezzata per quello che rappresentava e poi odiata e desiderata per quello che aveva.
I contorni della vecchia
capanna si sostituirono lentamente a quelli di Hogwarts e lei si
ritrovò stremata e senza fiato: quell’incantesimo
richiedeva una grande forza mentale.
«Se hai intenzione di andare via, fallo adesso».
Non era abituata a sentire
il suono della sua voce e il cuore le sussultò in risposta. Era
ancora poggiata a lui, in un abbraccio debole che le dava qualsiasi
possibilità di fuga, solo una mano tra i suoi capelli, stretta
alla base della sua testa, sembrava volerla trattenere.
«Sono così stanca».
Rispose con quello che
risuonò come un flebile sussurro. La testa sembrava scoppiarle,
quando l’appoggiò alla sua spalla.
La mano che le circondava
la nuca si spostò a massaggiarle una tempia: lo prese come il
segno che lui avesse compreso che non aveva alcuna intenzione di
fuggire via. Non da lui.
«Si sta facendo buio».
Erano ancora aggrappati
l’uno all’altra, quando la prima stella spuntò nel
cielo che si intravedeva dalla piccola finestra.
Hermione alzò il viso dalla sua spalla solo per permettergli di leggere nel suo sguardo.
«Non voglio tornare a casa».
[And I don't want to go home right now.]
I suoi occhi avevano un’intensità tale da indurlo a serrare i pugni per evitare di stringere troppo lei.
Fu Hermione a poggiargli una mano tremante sul viso, prima di avvicinarsi per donargli quello che aveva letto dentro di lei.
Si resero conto, spiazzati,
che quello che c’era tra loro aveva raggiunto una
profondità che nessuno dei due aveva previsto; una
profondità in cui annegavano tranquillamente l’uno
nell’altra, le mani tanto strette da farsi male.
Non c’erano
più barriere a difenderli, né maschere a coprire i loro
volti: quando Hermione gli strinse il viso tra le mani riuscì a
scorgere fin nel profondo della sua anima.
«Resta», lo supplicò in un ansito.
Lo vide stringere la mascella per trattenere il lampo d’emozione che gli aveva attraversato lo sguardo.
Resta adagiato nel mio corpo per sempre.
Le scostò i capelli sudati dalla fronte e vi poggiò una guancia.
«Quello che vuoi», mormorò.
Si lasciò sfuggire un sospiro, quando gli strinse le braccia intorno alla schiena, portandolo ancora più vicino.
Fu così che si addormentarono, stretti in quell’emozione che affogava il cuore.
*
L’inizio della fine
arrivò un solo mese dopo, quando ormai si era instaurata tra
loro una routine calda e rassicurante.
Dopo la prima notte passata
fuori, alla Tana l’avevano accolta con sguardi terrorizzati e
sospiri di sollievo. Aveva assicurato loro di non essere in pericolo,
ovunque andasse; non aveva dato altre spiegazioni e aveva visto, nelle
loro spalle curve, che non avevano la forza di combattere anche con lei.
Draco l’aspettava
sempre con le braccia pronte ad accoglierla dentro di lui e con il
sapore del miele, che si scioglieva nei suoi occhi quando la vedeva,
sulle labbra.
«Perché non ti unisci a noi?».
Aveva appena pronunciato
quella frase in un fiato che si era unito immediatamente al suo tanto
erano vicini, quando lui si portò una mano all’avambraccio
con una smorfia di dolore.
«Che succede?» Non poté impedire al panico di attraversarle lo sguardo.
«Il Signore
Oscuro». Le accarezzò appena la fronte con le labbra,
prima di alzarsi e raccogliere i suoi vestiti.
«Draco».
Quel nome nella sua bocca
aveva un sapore così dolce che avrebbe voluto avere tutto il
tempo del mondo per strapparglielo via.
Hermione lo vide voltarsi
verso di lei, quando non continuò: ingoiare quello che stava per
dire le graffiò la gola, facendola quasi tossire.
«Torna», si
limitò a pronunciare, rauca, mentre stringeva a pugni le mani
per fermare un tremito. Non sapeva perché, ma un brutto
presentimento le aveva attanagliato il cuore.
Ritrovarsi stretta tra le sue braccia non fece altro che accrescere quel presentimento.
Gli intimò con lo sguardo quello che aveva detto a voce poco prima e ottenne in risposta un rapito annuire.
«Tornerò», le promise sulle labbra, prima di premerle sulle sue e sparire oltre la porta.
Harry era tornato.
La felicità di
rivederlo sano e salvo con solo qualche graffio qua e là, ma con
un sorriso storto sul viso, fu oscurata solo da una fredda
consapevolezza che echeggiò dentro di lei come uno sparo:
Voldemort lo sapeva.
Harry, davanti ad abbondante piatto di zuppa, raccontò loro di aver trovato e distrutto l’ultimo Horcrux.
«Dobbiamo prepararci alla battaglia finale».
Aveva detto, ed Hermione, per la prima volta dall’inizio della guerra, si sentiva tutt’altro che pronta.
Non era più tornato,
e lei non aveva avuto neanche il tempo di avere paura: erano tutti
talmente ansiosi ed eccitati che non lasciarono spazio alcuno per la
sua angoscia. Con il ritorno di Harry qualcosa si era mosso e, seppur
questo avrebbe significato partecipare allo scontro finale rischiando
la vita, era di gran lunga migliore dello stillicidio che stava
logorando lentamente la loro voglia di vivere.
*
Avevano appena riposto le
bacchette, dopo una lunga giornata di allenamento, quando Harry si
premette una mano sulla fronte con un lamento.
Il panico sotto forma di un vuoto allo stomaco era palpabile nel pesante silenzio che era sceso all’improvviso.
« È vicino».
«Sono a qualche miglio da qui, nei pressi della vecchia capanna degli Stanford».
«Sono tanti. Riunite l’Ordine, ci muoveremo tutti insieme».
Hermione percepì
appena le voci di Moody e Remus, appena scesi dalla scopa dopo un giro
di perlustrazione della zona circostante. Un solo pensiero le mozzava
il fiato in gola: li avevano scoperti.
Questa consapevolezza ne
portò con sé un’altra, ben più cocente, che
le fece sentire le gambe molli e le braccia leggere: Draco. Se li
avevano scoperti voleva dire che..
Si portò una mano alla bocca per frenare il moto di nausea che le aveva rivoltato lo stomaco.
«Hermione, dobbiamo andare».
Anche stavolta, la terra
non fece in tempo a crollarle sotto i piedi che il mondo richiedeva la
sua attenzione e la sua ferma partecipazione.
Tornare alla capanna con
l’Ordine, pronto a combattere quella che sarebbe potuta essere la
battaglia decisiva, fu molto peggio di quanto non si sarebbe aspettata:
era gettare un’ombra su quella che era stata la sua unica fonte
di serenità in quegli ultimi mesi. Ma aveva sentito riaffiorare
dentro di sé una determinazione che non provava da troppo tempo
ormai: era pronta a combattere, qualsiasi cosa sarebbe successa.
Non avrebbe saputo dire chi
stava avendo la meglio: quello scontro avrebbe avuto un esito solo alla
fine del duello tra Voldemort e il Bambino Sopravvissuto; era tutto
nelle loro mani.
Hermione non si rese conto,
coscientemente, di quello che stava succedendo fin quando non le
arrivò l’urlo di Ron che schiantò un Mangiamorte a
pochi centimetri da lei. Rassicurò Ron di stare bene e, solo
quando di fu allontanato, si concesse di tremare, riappropriandosi con
gli occhi della sua figura. Lo aveva riconosciuto dallo sguardo, nessun
altro l’aveva mai guardata in quel modo: se l’avessero
colpita al petto avrebbe fatto meno male.
L’aria nella capanna,
quando lo seguì, attenta a non farsi notare, era leggermente
più mite rispetto al gelido inverno che imperversava
all’esterno e sapeva così di loro che dovette costringersi
a respirare per sopravvivere.
Non gli diede il tempo di
fare nulla, si aggrappò a lui con tutta la forza che le era
rimasta circondandogli i fianchi con le gambe. Le proprie labbra,
screpolate dal gelo, si spaccarono all’impatto con le sue, ma il
proprio sangue mischiato al suo sapore aveva il potere di rassicurarla
con una calore che scaldava fin nel profondo dell’anima.
Draco le leccò via
quella ferita dal labbro inferiore e le lacrime dalle guance con una
lentezza e una delicatezza incaute, se pensavano che a pochi metri si
stava tenendo una battaglia.
Quando lei gli si strinse
maggiormente contro continuando a piangere sulla sua spalla, emise solo
un flebile gemito, affondando le mani nei suoi capelli.
«Che cos’hai?».
Non poteva sperare che lei
non se ne accorgesse: erano stati troppo vicini per così tanto
tempo da aver imparato ad ascoltare anche il silenzio.
«Maledizioni
Cruciatus», la sua voce era deliberatamente neutra, mentre le
spiegava cos’era successo. «Qualcuno, vedendomi uscire
tanto spesso, si è insospettito. Ovviamente il Signore Oscuro
non ha trovato niente tra i miei ricordi».
Prese un fiato,
allontanando lo sguardo da lei. «Mi ha torturato e, alla fine, ha
trovato questo posto nei miei pensieri ormai troppo deboli per opporgli
resistenza e.. te ».
Hermione rivide nei suoi
occhi quella luce profondamente ferita e si sentì morire dentro
all’idea di cosa avesse dovuto sopportare. Comprendeva come e in
quanta misura lui fosse ferito non tanto per il dolore fisico, quanto
per quell’invasione mentale che deturpava momenti troppo privati
per essere anche solo raccontati.
«Sono ancora vivo
perché gli servivano informazioni, altrimenti non avrebbe
esitato un attimo ad uccidermi: mi considera un traditore».
Hermione sussultò
tra le sue braccia e sperò con tutto il cuore che Harry avesse
la meglio su quell’essere maligno a cui non era rimasta neanche
più una briciola d’umanità.
«Dovremmo tornare
fuori, prima che si accorgano della nostra assenza». Strinse i
denti, prendendo un respiro profondo, per dissipare quella morsa che le
attanagliava il petto. «Combatterai dalla nostra parte?».
Draco le prese il viso tra le mani, cancellando le tracce lasciate dalle lacrime ormai asciutte.
«Qualcuno sostiene
che io abbia tradito». Passò una luce divertita nel suo
sguardo, prima che tornasse a concentrarsi completamente su di lei.
La guardò con un’intensità tale da farle male al cuore e da sciogliere le parole sulla lingua.
«Shh», le
sussurrò sulle labbra, prima di appropriarsi di quelle parole,
rimaste mute, che Hermione sentiva di avergli donato con il resto di se
stessa.
Fuori era scoppiato il
putiferio. Il duello tra Harry e Voldemort non sembrava mai volgere
alla fine e da entrambe le parti vi erano segni di impazienza e
stanchezza.
Uscirono uno per volta, ma fecero in modo di combattere sempre relativamente vicini: per quanto lo scontro lo permettesse.
Hermione si ritrovò
occupata da due Mangiamorte e lo perse momentaneamente di vista. Era
talmente impegnata a combattere che solo quando uno dei due
crollò schiantato davanti a lei senza che avesse fatto niente,
lo vide al suo fianco e lo ringraziò silenziosamente con lo
sguardo.
Un paio d’occhi
rossi, iniettati di sangue, non si persero quello scambio di favori e
di sguardi; dalla bacchetta del loro proprietario scaturì un
lampo verde diretto in quella direzione.
Harry Potter, sfinito, con
il sangue che gli colava da una ferita sulla spalla, approfittò
di quel momento di distrazione per decretare la vittoria finale.
Si alzò un unico urlo di giubilo, mentre lacrime di gioia si univano a lacrime di disperazione per i caduti in battaglia.
Era finita.
Hermione guardò il
sollievo passare sul viso delle persone che amava con tutta se stessa:
i loro visi illuminati da una scintilla che si era spenta da troppo
tempo.
Era davvero finita.
Crollò in ginocchio, mentre le lacrime le appannavano la vista impedendole di cibarsi di quella luce ancora un po’.
Non aveva il coraggio di
toccarlo: era a pochi centimetri da lei e quella consapevolezza le
stava facendo a brandelli qualcosa nel petto con una forza che le
rubava il fiato e le spezzava il pianto in singhiozzi soffocati. Il
dolore era tale che non credeva di essere in grado di sopportarlo
ancora per molto.
Era a pochi centimetri da
lei e non aveva il coraggio di toccarlo: la sua pelle doveva essere
della stessa temperatura della neve e lei voleva ricordare le sue mani
bollenti e la sua bocca così calda che sentiva incendiarsi il
cuore quando erano tanto vicini da pensare di poter rimanere
così per sempre.
Resta adagiato nel mio corpo per sempre.
Quello che vuoi.
Era finita.
Come ho già detto sul forum, ho letto così tante
Draco/Hermione e, ultimamente, me ne piacciono sempre meno, che avevo
una paura folle a scriverla, temevo di cadere nel banale: esistono
pietre miliari che non è possibile raggiungere e non volevo
ricalcare stereotipi visti e rivisti.
Spero di non averlo fatto e spero sia piaciuta anche a voi che siete arrivati fin qui :)
Ad eventuali recensioni, risponderò il prima possibile via email :)
Di seguito trovate l’accuratissimo giudizio di Valaus ^^
Prima Classificata A Parimerito
“Persona, Personae” di zukky
Grammatica: 10/10
In tutta la storia ho
riscontrato solo alcune imprecisioni, perlopiù singolare al
posto del plurale e viceversa, imputabili senza ombra di dubbio ad un
errore di distrazione o di battitura. Tutte talmente irrilevanti che
non ne ho tenuto affatto di conto.
Irrilevanti perché non
reggono il confronto con una storia scritta con indiscutibile maestria,
corretta formalmente, con un lessico stupendo, enfatica, evocativa,
coinvolgente, ricca d’effetto. In parole povere, perfetta.
Stile: 10/10
Altro aspetto assolutamente
perfetto. Il tuo stile è semplicemente indescrivibile. Ho letto
ogni singola frase a bocca aperta, totalmente rapita ed ammaliata.
Ho iniziato a segnare i passaggi
che più mi avevano colpito, ma ho rinunciato quando ho visto
che, effettivamente, quasi tutti rientravano nella lista.
Sei riuscita a creare un geniale
mix di prosa e poesia, con paragrafi dedicati alla descrizione degli
avvenimenti curati così efficacemente da risultare simile ad
un’ode, ricchi di sentimento e coinvolgimento.
Ritrovarmi alla fine della storia in lacrime è stato tutt’altro che inaspettato.
Tutta la storia è un colpo al cuore, un pugno dritto allo stomaco che lascia il lettore senza fiato.
Sviluppo Trama: 10/10
Ineccepibile. Una storia
articolata e modulata alla perfezione, che coinvolge sin dalla
primissima frase. Ho semplicemente amato il modo in cui hai fatto
evolvere il rapporto tra Draco ed Hermione. Così singolare
eppure così vero, così carico di sentimento e di
sofferenza. Decisamente un amore da guerra, dove il conflitto segna nel
profondo le anime dei protagonisti e riesce, in questo modo, a
trascinarsi anche in quel piccolo angolo che si sono ritagliati solo
per loro.
L’ultima parte è terribile. In senso buono, ovviamente. Ma anche cattivo, dannazione.
E’ drammatica, la
disperazione ed il dolore sono tangibili e palpabili. E’ un puro
capolavoro che permette a chi legge di farsi trascinare dalla
narrazione al punto da avvertire quasi fisicamente la sofferenza di
Hermione.
Non c’è una sola virgola fuori posto, nulla che stoni o strida, nulla di troppo e nulla di troppo poco.
Perfetta, ecco. Sarà banale, ma è l’unico modo in cui si può descrivere efficacemente.
Originalità: 10/10
Storie che narrano eventi della
guerra contro Voldemort ce ne sono parecchie. Ma nessuna, nessuna
è minimamente comparabile a questa.
E’ unica nel suo genere, è qualcosa di mai letto e mai narrato.
O, se è stato narrato, nessuno di certo l’ha fatto come te.
Utilizzo Immagine: 5/5
Hai riprodotto l’immagine
in maniera eccellente. L’hai trasformata in tutto e per tutto in
una delle scene conclusive della storia, con Draco ed Hermione stretti
l’una all’altro mentre fuori infuria la battaglia
conclusiva.
Ma, al tempo stesso, questa
è l’immagine che fa da sfondo anche a tutti i loro
precedenti incontri nel capanno. E’ evidente che tu ti sia
pienamente ispirata ad essa.
Utilizzo Canzone: 5/5
Anche in questo caso, un uso
perfetto dell’elemento che hai scelto. La canzone compare solo in
poche, significative battute, ma tutto il senso pervade
l’interezza della storia.
Le hai dato una connotazione malinconica che la rende ancora più efficace ai fini della storia.
Caratterizzazione Personaggi: 10/10
Indubbiamente, non ci troviamo di fronte ai Draco ed Hermione di Hogwarts. Ed il perché è piuttosto comprensibile.
Sono adulti, sono maturati, e
soprattutto sono cresciuti sotto il peso di una guerra che ha
cancellato tutto ciò che di buono c’era nelle loro
esistenze.
Quel “buono”
l’hanno ritrovato nel loro capanno, condividendo quegli attimi di
pace e di estraneità dalla guerra. Il loro avvicinamento
è tanto singolare quanto pienamente comprensibile. Ciò
che li unisce e li accomuna è chiaro, traspare perfettamente da
ogni singola parola, azione e pensiero.
Persino il momento finale, con
Hermione che non riesce a trovare il coraggio di toccare il corpo di
Draco per non alterare i ricordi che ha di lui, è perfettamente
coerente con la personalità che hai delineato nel corso della
storia.
Gradimento Personale: 10/10
Ti avrei dato undici, se fosse stato possibile.
La tua è senza la benché minima ombra di dubbio una delle Dramioni migliori che abbia mai letto in vita mia.
E’... perfetta, punto. Non ci sono altre parole abbastanza efficaci per definirla, per quanto mi sforzi di trovarle
Non sei stata l’unica ad
aver ottenuto punteggio pieno e a classificarti prima, ma devo essere
onesta: la tua è la storia che mi ha più colpita,
più emozionata, più coinvolta e più commossa.
Insomma, quella che ho preferito in assoluto.
Ho versato fiumi e fiumi di
lacrime sul finale, ed ogni singolo incontro nel capanno mi ha
procurato un brivido ed il batticuore.
Davvero, non c’è
nulla di vagamente negativo che si possa dire su questa fict. Persino
il titolo mi è piaciuto moltissimo.
E quel “Resta adagiato nel mio corpo per sempre”, pura poesia.
Fenomenale.
Extra per l’inserimento del prompt: 1/1
I punti sono stati così suddivisi: 0,50 per il personaggio, 0,50 per il colore.
Mi è piaciuto da
impazzire il modo in cui hai inserito sia Remus che il blu elettrico.
L’ho trovato semplicemente geniale, perché rappresenta
parte integrante e fondamentale della storia ma al tempo stesso
è un elemento che passa in secondo piano.
Non rappresentano tanto un
elemento importante ai fini della trama in sé, ma il racconto
dell’episodio che li contiene contribuisce a rendere ancora
più intimo e profondo il rapporto tra Draco ed Hermione.
E non ti sei limitata ad un breve accenno, ma hai dato corpo ad una piccola storia nella storia, dolce e buffa al tempo stesso.
Totale: 71/71
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