Delle tue ossessioni, quella che più mi spaventava era tutta circoscritta al Tempo.
Il tempo, il tempo è contagioso, mi dicevi, e avevi quello sguardo disperato,
spiritato, come se te lo vedessi scorrere davanti, scappare, come se lo volessi
inseguire ma sapessi di non poterlo afferrare, riconquistare. Dicevi “amore mi
sento invecchiare ogni minuto”, invecchiare, e avevi meno anni di una
guerra. E quelle tue frasi mi facevano terrore perché erano troppo sincere,
troppo poco buone, per uno come me che ha sprecato i tre quarti della sua vita
ad aspettare, ad aspettarti, a esitare e poi prenderti quando era già tardi,
quando il tempo era diventato per davvero crudele, quando aveva una
fretta spropositata di mollarci, tutti e due. Soprattutto tu, che ti eri
ostinata a perseguitarlo con le parole per anni, scongiurando, esorcizzando,
ridendo. Nel nostro ultimo inverno d’amore che è stato invece lunghissimo, come
un letargo, passato fra coperte e piumoni e il tuo odore di pelle inviolata dal
graffio gelido della neve. Anche se la adoravi, la neve, e come ti colorava le
guance, perché ti faceva sentire più bella. E lo eri davvero, mentre pattinavi
urlando, sghignazzando per scacciare via l’imbarazzo di movimenti che credevi
goffi e invece a me sembravano perfetti. Se fossi stata un po’ meno chiassosa e
bella, forse non ti avrei mai vista. Se non mi avessi fermato, quell’ottobre di
pioggia, e non mi avessi fatto toccare il tempo che scorreva tra di noi,
portandosi via le nostre silenziose possibilità di vivere, forse adesso non mi
sentirei appassire anch’io. Qualche mese fa passavi insistentemente davanti agli
specchi e, nel pieno della notte, mi facevi vedere le tue rughe immaginarie,
attorno agli occhi, me le facevi sfiorare ed io sentivo solo il tuo viso sotto
le mie dita, e non vedevo ancora che stavi morendo. A volte ti aspetto sveglio
sul divano, aspetto di vederti passare per il corridoio con i piedi nudi, ma tu
non arrivi mai: mi ricordi che il tuo tempo poi se n’è andato, sul serio. Anche
se nel tuo tempo io ti ho tenuto la mano, e ti ho fatto vedere come potevo
piangere, essere debole, ti ho cercato l’anima e l’ho scoperta, e sono stato
dentro di te. Mi sembra ancora assurdo, perché il tempo in effetti non esiste. E
se non esiste allora potresti tornare indietro da me. E se non esiste allora
potremmo non essere mai esistiti nemmeno noi due.
*
Ispirazione ballerina e inutile. E’ come un appunto: mi sto ricordando che vorrò
scrivere una storia lunga, su questa trama. Prima o poi.
Coconut Skins è una canzone di Damien Rice.
|