Come i viaggiatori e le stelle

di Gisella Laterza
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Come i viaggiatori e le stelle


John?
Riesci a sentire la mia voce?
Spero che l’eco delle mie parole si spinga fino alla tua nave, che ormai è solo un punto all’orizzonte, un orizzonte lontano fatto di mare, di salsedine, e di sole che tramonta. Ora ti porta via. Lui, il mare. Lo stesso mare che ti ha portato da me.

 

Ricordi?
Il nostro primo incontro. La cascata. Il fiume. Il fucile puntato per uccidermi. Il tempo che sembrava immobile.
Il mio sguardo. Occhi neri che avevano visto solo il verde dei boschi e l’azzurro dei torrenti.
Il tuo sguardo. Occhi celesti che avevano visto tutti i colori del mondo.
I nostri sguardi.
Diversi.
Distanti.
Lo siamo sempre stati.

Ricordi?
Una volta ti ho detto che, la prima volta che avevo visto le vele della tua nave sul mare, mi erano sembrate “strane nuvole”. Tu hai riso, hai detto che solo una “piccola selvaggia” come me poteva immaginare candide, libere, leggere nuvole là dove c’era solo stoffa sbatacchiata dal vento.

Ricordi?
Ricordi quel giorno in cui abbiamo dipinto il mondo con i colori del vento? In quegli istanti, mi sono sentita simile a te, e tu mi sei sembrato vicino. Eppure, la distanza rimaneva.

Eppure ti ho amato come i viaggiatori amano le stelle,
attraverso quell’amore dolce e incomprensibile
che unisce due cose che per natura sono, in realtà, incredibilmente lontane...

 
John, vorrei che queste mie parole fossero trasportate dal vento fino a te, fino a quella nave che corre sul mare, che ti porta via, forse per sempre. Vorrei essere io stessa quelle parole cullate dalla brezza marina...  Almeno, potrei starti accanto.

Tua per sempre,

 Pocahontas...

Pocahontas...

Pocahontas...

Pocahontas...

 

*

 
Il giovane dai capelli biondi, con una benda che lo avvolge all’altezza del petto, alza il capo, sorpreso. Sente delle voci, come se il vento gli sussurrasse laceranti parole d’amore.
Il giovane guarda lontano.
Su una rupe, là, sulla terra ferma, c’è una fanciulla dai capelli neri che fa un cenno con la mano, il cenno tipico della sua tribù, un gesto che significa addio.
Il giovane sente una suono dolcissimo, come un’eco.
Nell’aria, nel canto del vento, risuona  una voce lontana: “Per sempre... Pocahontas... Pocahontas... Tua... Tua... Tua per sempre Pocahontas…

FINE
Gisella Laterza





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