Sillogismo
Capitolo 1
ερος
και αἰδώς
Era carino.
Axel non lo avrebbe mai e poi mai
ammesso, ma Roxas era
straordinariamente carino.
Era delizioso quando entrava in
classe, la mattina, gli
occhi ancora pesti di sonno che andava a stropicciarsi con le sue
manine pallide
e soffici.
Era delizioso quando prendeva posto
al suo banco,
rigorosamente il terzo della prima fila, se visto da destra, il quarto
se si
guardava la fila da sinistra.
Axel conosceva a memoria ogni sua
mossa. Posava lo zaino con
innocua leggerezza, diversamente da lui
che lo lanciava selvaggiamente, spesso beccando in pieno
qualche povero
studente innocente. Si girava, piegandosi in modo goffo e un
po’ impacciato per
prendere i libri dallo zaino.
Apriva il libro della lezione che
sarebbe a breve cominciata,
ponendo con cura quello dell’ora successiva sotto il banco
perché, Axel lo
sapeva, si vergognava di voltarsi e farsi vedere da tutti mentre
compiva
acrobazie per riuscire a recuperare i libri da quella sedia troppo alta
per
lui.
Axel lo studiava attentamente
dall’ultimo banco, le gambe
mollemente abbandonate sulla superficie liscia e coperta di
scarabocchi. Si
rigirava tra le dita il mozzicone di sigaretta non ancora del tutto
consumato,
facendo l’occhiolino a ogni ragazza con la gonna portata al
di sopra delle
ginocchia.
Alle ragazze Axel piaceva. Era un
dato di fatto. Il suo
sguardo era verde e affilato, celato da palpebre sottili evidenziate
dal un
doppio strato di eyleiner, i suoi capelli rossi e folti, fiamme del
fuoco più
puro.
Era alto e ben formato, forse un
po’ troppo sottile per un
ragazzo della sua età, ma era risaputo che aveva mandato al
pronto soccorso
ceffi molto più grossi di lui. Infine, il piercing al
sopracciglio faceva
impazzire ogni fanciulla.
Axel si era portato a letto tante di
quelle donne da non
saper neanche definire un numero approssimativo.
L’ossessione per Roxas era
iniziata un mese prima, quasi per
caso, quasi per scherzo.
Semplicemente, il biondino si era
girato a chiedergli un
fazzoletto. A lui. Axel non usava fazzoletti, faceva molto
più figo
interrompere la spiegazione di latino con sonore tirate su di naso.
No, Axel non aveva fazzoletti, quindi
aveva inarcato un
sopracciglio e, appena era stato certo di avere abbastanza sguardi
puntati
addosso, aveva esclamato: - Per chi cazzo mi hai scambiato? Per la
bella
lavanderia?-
Erano scoppiate risate e applausi,
mentre il viso di Roxas
lentamente si incupiva.
Come cazzo gli era passato per
l’anticamera del cervello di
chiedere qualcosa a quel…quel coso?!
Axel era tutto ciò che
Roxas non era, ma non era per questo
che Roxas lo odiava. In realtà, non c’era un vero
motivo. O forse non ci aveva
mai pensato.
- Puella
laudanda est.…-
Axel sbadigliò
sonoramente, senza curarsi della
professoressa che in piedi alla lavagna cercava di inculcargli in testa
una
roba chiamata perifrastica passiva.
In realtà, Axel non
pensava all’uso del gerundivo, né al
verbo sum concordato con il soggetto. Sapeva solo che le sue mani
avrebbero
concordato benissimo con il bel sedere di Roxas, il quale stava attento
alla
lezione, un gomito poggiato sul banco, il polso sottile piegato a
sorreggere
pigramente la testa, mentre l’altro era impegnato a
ondeggiare stringendo la
penna che si muoveva rapida sul foglio.
Quelle dita erano così
leggere, chissà come dovevano essere
delicate.
- Axel, sei con noi?-
Roxas si portò la penna
alle labbra, mordicchiandola
lievemente e Axel socchiuse gli occhi sospirando, immaginando quando
dovesse
essere caldo il suo fiato, morbida la sua lingua…
- Axel!-
Una leggera gomitata sulle costole lo
distolse dai suoi
pensieri, o meglio, dalle sue fantasie.
Demyx, il suo compagno di banco, lo
fissava grave
indicandogli la prof con un cenno del capo.
Axel sbuffò alzando la
testa.
-Eh?-
Chiese, in una pallida imitazione
della richiesta di
ripetere la domanda.
La donna sbuffò,
aggiustandosi gli occhiali e indicando la
frase scritta alla lavagna.
- Mi tradurresti la frase che ho
appena scritto, Axel?-
Il rosso si sbilanciò un
po’ in avanti col busto, cercando
di decifrare la calligrafia frettolosa e minuta della professoressa.
No, non ci capiva niente. Non gli
interessava. A cosa gli
sarebbe servito il latino? A un bel niente, in realtà. Era
solo una tortura
alla sua persona.
- Ehm… questa
s’intitola perifrastica passiva.-
Spiegò Axel seguendo il
labiale di Demyx, che evidentemente
non ci stava capendo molto più di lui né stava
prestando altrettanta attenzione
a giudicare dalle note scarabocchiate in fretta sui quadretti del
quaderno.
La professoressa incrociò
le braccia al petto, pestando un
piede a terra.
- Bene, ragazzi, sono felice di
annunciarvi che Demyx e Axel
hanno capito il “titolo” della lezione del giorno,
mi dispiace solo che avevo
chiesto una traduzione.-
Risate soffocate in qua e in
là. Occhiate curiose e
divertite.
La donna si lasciò cadere
sulla sedia della cattedra,
stanca.
In quel momento il braccino sottile
di Roxas si alzò in
aria, leggero e affusolato.
- Professoressa, credo di saperla
tradurre.-
Lo sguardo dell’anziana
signora si accese di nuova speranza,
mentre fissava Roxas come se le avesse appena annunciato che aveva
vinto alla
lotteria.
- Dicci, Roxas.-
Il biondo si sistemò un
po’ sulla sedia, imbarazzato come
ogni volta quando si trovava al centro dell’attenzione.
Prese fiato, mettendosi composto.
- Credo che sia:
La
fanciulla deve essere lodata, non so se Axel è
d’accordo.-
Roxas aveva parlato abbastanza piano,
ma Axel aveva colto
ogni sfumatura della sua voce.
La professoressa lo
richiamò.
- Sei d’accordo, Axel?-
Le sue pupille di assottigliarono e
le sue labbra si piegarono
in un ghigno, mentre il suo sguardo volava su Roxas.
- Dipende. Scopa bene? Se
sì posso pure lodarla.-
Roxas si batté una mano
sulla fronte, rassegnato. Fortunatamente
le grida isteriche della povera insegnate furono coperte dal trillo
della
campanella.
Roxas non sopportava Axel, non voleva
che si prendesse gioco
di lui come faceva sempre, quindi si accinse a uscire
dall’aula prima
della mandria di poveri studenti reduci da un’interminabile
lezione di latino.
Un po’ il biondino se
l’aspettava, ma nonostante questo
rimase di stucco quando il braccio di Axel si frappose tra lui e la
porta.
-Tu resta dentro, nanetto. Got it memorized?- Sussurrò
Axel, sensuale, chinandosi per
mordicchiargli l’orecchio con quei canini dannatamente
affilati.
- Got it
memorized
un cazzo, fuori dai piedi!- Strillò Roxas, tentando con
scarso successo di
intimidire Axel. Ma come gli era saltato in mente? Nessuno riusciva a
intimidire Axel, tantomeno lui. Ma ormai il danno era fatto e non
poteva
tirarsi indietro.
Axel ghignò, stendendosi
sopra un banco dell’aula ormai
vuota.
- Un nanetto come te pensa di farmi
paura? Povero illuso…-
Si divertiva. In tutto il suo
sadismo, trovava divertente il
modo con cui Roxas si stropicciava nervosamente il lembo della felpa
nera che
indossava sopra dei normalissimi jeans.
Tanto per sottolineare quanto lo
ritenesse sfigato, Axel si
sedette con un movimento fluido, i jeans scuri e attillati che gli
fasciavano
le gambe, mentre sopra indossava una maglia rossa a tinta unita.
Roxas sollevò i suoi pozzi
celesti su di lui, socchiudendo
gli occhi.
- Mai sentito parlare del Sillogismo
di Aristotele, Axel?-
Il rosso fece
un’espressione di educata confusione,
scuotendo la chioma rossa.
- I libri non sono tra i miei primi
interessi, Roxy.-
Roxas lo fissò con odio,
tentando di ignorare la
frecciatina.
- E’ la forma di deduzione
perfetta. Tu puoi dire che gli
esseri viventi respirano, che l’uomo respira, quindi
l’uomo è un essere
vivente? Capisci? Tuttavia non si può sempre deudurre tutto
quanto dalle
apparenze. Tu mi vedi nano, i “nani” sono
più deboli di te, quindi io sono più
debole di te.-
Axel ghignò e si
chinò verso di lui. Quel biondino lo
eccitava perfino quando faceva questi ragionamenti contorti e per lui
privi di
senso.
- E allora?- Soffiò sulla
sua gola, prima di deporvi un
lieve bacio.
Lentamente, incollò le sue
labbra a quelle soffici e candide
di Roxas, in un bacio prepotente.
Le sue mani artigliarono quella
chioma bionda e ribelle per
impedirgli di allontanarsi, mentre schiacciava il suo corpicino magro e
sottile
contro il muro ingiallito.
Roxas strinse i pugni, mordendogli un
labbro.
Lo morse forte, staccandosi solo
quando sentì Axel urlare di
dolore e il sapore del sangue in bocca.
Il rosso si tirò in fretta
indietro come se Roxas scottasse,
tamponandosi il labbro con una mano.
- E allora non sai quanto ti sbagli.-
Sussurrò il ragazzino
tra i denti, velenoso. Si chinò e recuperò lo
zainetto, uscendo in fretta dalla
classe.
Axel osservò il sangue
imbrattargli la mano e sorrise.
Sì, con quel biondino si
sarebbe proprio divertito.
[Continua]
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