-Icesinger - It Sings a
Requiem in the Frozen Lake-
Il prete del paese viene
avvisato della presenza di un mostro nel lago
poco fuori da NevediNotte; riuscirà a non essere
l’ennesima preda di quella creatura che canta un dolce
requiem per le sue vittime tra le gelide acque del lago?
Classificata 3°
al contest "Fantastico Peccato" indetto da
Addison89
sul forum di EFP
-Autore:
XShade-Shinra
-Titolo:
Icesinger - It sings a requiem in the frozen lake
-Personaggi principali:
Il Prete, la Sirena, Sorpresa!
-Personaggi secondari:
La Dottoressa dei Morti, il Cacciatore, Abitante
del Villaggio
-Pairing: il
Prete x la Sirena, il Cacciatore x la Dottoressa dei Morti
(implicito)
-Raiting:
Arancione
-Genere:
Noir, Dark, Sovrannaturale
-Avvertimenti:
One Shot, Het, SongFict
-Peccato:
Lussuria
-Trama generale:
Il prete del paese viene avvisato della presenza di un
mostro nel lago poco fuori da NevediNotte; riuscirà a non
essere l’ennesima preda di quella creatura che canta un
dolce requiem per le sue vittime tra le gelide acque del lago?
-Disclaimer:
Lo scritto ed i personaggi sono interamente di mia
proprietà. Tutti i personaggi di questa storia sono
maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come
d’altronde i fatti in essa narrati.
-Credits: Il
pezzo della canzone che apre questo racconto è
tratto dalla stessa che canta la sirena ed è
“Under the ice”
dei Blind Guardian (abbiamo una
sirenetta metallara!XD). Il testo riportato significa: “Sotto
il ghiaccio crederai. Sotto il ghiaccio sarai libero”. A fine
storia c’è il testo integrale della canzone con
tanto di traduzione presa dal sito linkato in calce, e le parti in
corsivetto sono quelle cantate dalla sirena e che ho trovato attinenti
alla trama della storia.
-Song Credits:
Title:
Under the ice
Artist:
Blind Guardian
Album: A
Night at the Opera
Listening: YouTube
-Note:
Ovviamente la mia sirena è metà donna e
metà pesce. È una specie autoctona e inventata da
me, in quanto è una sirena di acqua dolce, visto che la
storia è ambientata su (è proprio il caso di
dirlo) un lago, per altro ghiacciato, quindi questa creatura
avrà delle particolarità uniche nel suo genere
che le permettono di vivere a quelle temperature, sotto il ghiaccio.
Il termine “Dottoressa” riportato maiuscolo non si
riferisce al mestiere, ma al soprannome abbreviato della Dottoressa dei
Morti.
- Icesinger - It Sings a
Requiem in the Frozen Lake -
# Under the ice you will
believe
Under the ice you will
be free #
[Blind Guardian - Under the Ice]
Anche quel giorno trascorreva sereno a NevediNotte, piccola cittadina
dal nome ancestrale, inerpicata sulle fredde montagne innevate -
habitat di lupi, orsi e cervi, e qualcuno giura anche di altri esseri
che di umano hanno solo le fattezze.
L’Inverno era finalmente terminato e la Primavera
già iniziava a sbocciare insieme ai bucaneve; nonostante
nevicasse ogni notte ormai da secoli, in barba alla bella stagione, il
cambio climatico si avvertiva: le giornate erano più lunghe
e luminose, e il gelo non abbracciava più gli abitanti con i
suoi pungenti venti.
Proprio per questo motivo, il parroco del paesino aveva ben pensato di
iniziare la giornata abbellendo la chiesa con il suo fiore preferito,
tipico di quella zona: una seconda stella alpina, che troneggiava
sull’altare come un’offerta a Dio, accanto alla
sorella, colta mesi prima all’inizio della stagione fredda.
Tutti sapevano che il prete andava da solo a cogliere quei fiori,
nonostante crescessero sulle pendici del burrone, ma finché
si muoveva durante il giorno nessuno dei suoi parrocchiani si
preoccupava, sapendo inoltre che fermarlo era impossibile: era una
persona determinata e irremovibile. Molte volte aveva pedinato gli
abitanti del paese per trascinarli
invitarli a prendere parte alla
messa la Domenica, riuscendo con tutti nell’impresa, tranne
che con un ragazzino introverso e tenebroso con il quale aveva
instaurato una specie di rapporto di rispetto reciproco, forse le
radici di un’acerba amicizia.
Mentre era intento a addobbare il vaso con un bel fiocco verde
speranza, all’improvviso il portone della sua chiesa fu
aperto di colpo da un ragazzino; sembrava aver corso velocemente fino a
là.
«Padre!» urlò quasi senza fiato
«C’è un mostro nel lago!»
L’uomo, ben conoscendo i miti e le leggende di quel
villaggio, scese dall’altare e andò incontro al
ragazzo, cercando di tranquillizzarlo:
«Non urlare nella Casa del Signore.» lo riprese con
voce gentile «Dimmi, cosa hai visto?»
domandò, posandogli una mano sulla testa.
«Stavo facendo una passeggiata da solo e sono arrivato al
lago; visto che è Primavera ho scostato la neve fresca dalla
superficie per poter controllare se lo strato di ghiaccio fosse
abbastanza spesso e… davanti a me…» la
sua voce si fece sempre più fine a causa del ricordo.
«Cosa c’era, figliolo?» lo
esortò a continuare.
«C’era un volto… Mi guardava
così intensamente… aveva gli occhi aperti fissi
su di me… e aveva un’espressione
che…» ansimò pesantemente prima di
continuare «…mi ha fatto
paura…»
«Non vergognarti di avere paura.» gli
sussurrò «Ora andiamo subito a controllare questo
mostro che hai visto e se per caso è ancora là lo
scaccerò, ok?» gli sorrise.
Il ragazzino lo guardò un po’ preoccupato:
«Non ci andare da solo, Padre! E se fosse
pericoloso?» domandò.
«Io ho un alleato prezioso dalla mia parte:» gli
ricordò «la fede.»
«Ma… e se ce ne fossero degli altri?»
A quel punto il parroco gli circondò le spalle con un
braccio e lo accompagnò fuori.
«Allora andrò con il Cacciatore, va
bene?» sorrise.
Il bimbo tremò appena a quel nome. Il Cacciatore era un uomo
burbero e solitario che abitava in una casetta isolata lungo il confine
del villaggio; nessuno conosceva il suo nome, ma tutti lo ricordavano
dalle fattezze sempre uguali, nonostante gli anni trascorressero. Era
una figura che incuteva timore reverenziale e i soli con i quali
sembrava aver legato erano il prete e la Dottoressa dei Morti, una
bizzarra commerciante di un emporio, laureata in anatomia patologica;
non aveva un buon rapporto nemmeno con il macellaio di paese, figura
professionale che gli faceva da spalla nel suo lavoro.
«Uhn, se non c’è nessun
altro…» disse vago «Però non
vi accompagnerò.»
«Come preferisci.» sorrise, chiudendo la parrocchia
e procedendo verso la casetta del Cacciatore dopo aver salutato il
ragazzo con un gesto della mano.
Dopo solo dieci minuti di cammino arrivò in
prossimità di quella vecchia casa avente uno sgradevole
olezzo di animali morti: le prede del cacciatore, le cui pellicce
stavano all’aria come bandiere, dando un’aria
ancora più lugubre a quel luogo.
Lì trovò il padrone di casa che stava preparando
i proiettili del fucile utilizzando la bilancina di precisione che gli
aveva procurato la Dottoressa, la quale sedeva vicino a lui, pulendogli
le canne del fucile.
«La Pace del Signore sia con voi, ragazzi.» li
salutò, affondando gli scarponi nella neve ghiacciata.
«Padre!» gli sorrise la giovane, scuotendo la mano.
«Buongiorno.» disse invece il Cacciatore, freddo
come la landa nella quale abitavano.
«Come mai da queste parti?» domandò lei,
posando l’arma scarica su un largo fusto abbattuto.
«Vorrei chiedere la compagnia di questo baldo giovine
affinché mi scorti al lago.» domandò
teatrale, aspettandosi uno sbuffo seccato e un “ma
va’ a farti benedire”; ma, a dispetto di tutte le
sue più rosee previsioni, vide il Cacciatore alzarsi - quasi
temette che lo volesse picchiare - e avvicinarsi verso di lui.
«Perché mai vuoi andare al lago?»
domandò arido.
«Perché un mio parrocchiano dice che
c’è un mostro nel lago ed è mio compito
vegliare sulle paure ataviche dei bambini. I mostri sono il male, il
male è l’opposto di Dio, quindi è mio
preciso compito andare a controllare quando qualcuno mi segnala la
presenza di queste creature, vere o meno che siano.»
Il Cacciatore si grattò la chioma di capelli bruni e,
davanti a quelle spiegazioni, si sentì in dovere di aiutare
il religioso. D’altra parte anche lui aveva una missione
simile, che compiva in silenzio tutti i giorni: andare a caccia e
cercare i corpi dei morti tra la neve in modo che il prete potesse dare
loro una degna sepoltura dopo averli portati
dall’anatomopatologa; ecco perché i tre si
conoscevano ed erano abbastanza affiatati.
«Scusate?» chiese la giovane «Posso
venire anche io con voi?» domandò.
«Chi te l’ha detto che gli avrei fatto
compagnia?!» chiese il Cacciatore, scorbutico come suo
solito.
«Il mio sesto senso.» rise, prendendolo a braccetto
«Allora?»
Il prete sorrise nel vedere quei due che, giorno dopo giorno,
diventavano sempre più affiatati, anche se sapeva bene che
se mai si fossero messi insieme non avrebbero mai potuto avere un
bambino, visto che il Cacciatore era sterile. La loro unione carnale
sarebbe stata solamente un atto di lussuria allo stato puro e non di
procreazione; ma il prete non li vedeva di malocchio,
giacché ben sapeva che il Cacciatore era inavvicinabile da
anima viva, nonostante la purezza del sentimento che potesse provare la
Dottoressa.
«Vieni pure.» sorrise il parroco, iniziando ad
andare via; non tanto per la fretta, quanto più per il
fetore che iniziava a nausearlo. Quei poveri animali sarebbero
diventati cibo per il villaggio e mai niente di loro andava sprecato,
ma non gli piaceva quel posto che sapeva di cadavere.
Dopo parecchi minuti, dove il Cacciatore, abituato a camminare per ore
e ore al di fuori del villaggio e quindi perfetta guida, aveva condotto
i due attraverso una stradina senza sentiero ma agibile e soprattutto
veloce (una delle tante scorciatoie che solo lui e Koori,
l’”amico” del prete, conoscevano), i tre
giunsero al lago.
«Siamo arrivati, Padre.» lo avvisò il
castano «Ora vado avanti io: devo testare il ghiaccio per
veriicare se è possibile pass--» ma non
finì di esporre il proprio pensiero che il parroco
continuò a camminare, facendo scricchiolare la neve sotto si
sé, fino a superarlo e camminare sulla superficie ancora
ghiacciata del lago «Ehy!» ruggì
indispettito dal suo gesto da cafoni.
«Quel ragazzo mi ha detto che è passato sul lago
scostando la neve, quindi il ghiaccio terrà;
basterà seguire le sue tracce per arrivare al punto esatto
dell’avvistamento.» spiegò
tranquillamente, giocherellando con la croce che portava al collo.
«Non arrabbiarti, Cacciatore!» sorrise la femmina
del gruppo, iniziando anche lei a camminare sul ghiaccio. Al primo
scivolone, però, il bruno fu subito pronto a tenerla in modo
che non cadesse e le offrì il proprio braccio come appoggio.
«Grazie…» sussurrò lei,
arrossendo sia per la propria goffaggine che per il gesto del compagno,
ricevendo un grugnito come risposta.
Passarono solo una manciata di minuti, nei quali più e
più volte i loro bastoni furono utili come âncora
per non fare un capitombolo, quando videro le tracce interrompersi.
«Deve essere qui.» disse il parroco, facendo ancora
più attenzione alla superficie gelata.
«Io non vedo nulla sul ghiaccio...»
mormorò la giovane.
«Non è sul,
è nel
ghiaccio.»
la corresse il padre spirituale, mentre si inginocchiava su quella
lastra cerulea che emanava aria fredda, bagnandosi la toga, per poter
vedere se ci fosse qualcosa che si muoveva.
Lo stesso fecero i due che lo seguivano, controllando per bene la zona
scoperta dalla neve, ma non videro nulla. Troppo impegnati a guardare
in basso, non fecero caso al fatto che il prete si fosse fermato, e il
Cacciatore sbatté la testa contro il suo sedere.
«Ahio, Padre!» lo sgridò «Stai
attento!»
«L’ho trovato.» disse lui, sottovoce.
Loro spalancarono gli occhi, increduli. Non pensavano davvero che ci
fosse una creatura in quel lago.
«Hai trovato il mostro?» chiese lei per sicurezza.
«Non è un mostro…»
sussurrò abbastanza udibile perché i due lo
sentissero «…è un cadavere.»
aggiunse, segnandosi e portandosi le mani giunte alla bocca, pregando
per quella povera anima.
Il Cacciatore e la Dottoressa, sorpresi di quella rivelazione,
slittarono carponi fino a costeggiarlo, potendo così vedere
il corpo senza vita imprigionato nel ghiaccio.
Proprio come aveva detto il ragazzo aveva gli occhi spalancati e li
fissava, come se avesse cercato di nuotare fino alla superficie, ma non
fosse riuscito a sfondare la crosta ghiacciata che avvolgeva il lago.
«Oh, Signore...» esclamò la Dottoressa,
osservando il corpo perfettamente conservato «È un
uomo…»
«Sarà uno dei tanti dispersi i quali corpi non
sono mai stati ritrovati, fin’ora…»
ipotizzò il Cacciatore, colui che rimase più
impassibile a quella scena degna di un libro dell’orrore.
«Sì, sicuramente…» disse lei,
mogia a quella vista.
«…perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace. Amen.» il parroco
finì di recitare l’Eterno riposo in latino, e si
rialzò in piedi, scrutando l’orizzonte gelato
«Povero bambino, che vista orribile ha dovuto sopportare.
Comprendo il motivo per il quale ha detto di aver visto un
mostro.» bisbigliò, saggiando il ghiaccio con la
punta del bastone dopo aver tolto della neve con tutta
l’intenzione di continuare a camminare sul lago.
«Che fai, padre?» domandò la Dottoressa,
anch’ella in posizione eretta.
«Voi andate al ponte radio a chiamare la polizia: non
possiamo tirare fuori di lì quel corpo senza congrui aiuti.
Io vado a vedere se ce ne sono degli altri.»
«Ma… Padre!» lo riprese, venendo poi
interrotta dal Cacciatore con un gesto del braccio.
«La Dottoressa sta qui con lei, allora.» era
d’accordo con il parroco.
«Eh?» fece sorpresa «Ma lo sai come sono
quelli là della polizia: si muovono sempre il giorno dopo
per evitare di rimanere bloccati la notte tra le montagne, se non sono
delle urgenze.» fece notare loro.
«È ancora giorno, forse ce la faranno a venire in
tempo per stasera, prima che calino le tenebre.» le disse il
bruno, guardando il prete che camminava con circospezione
«Sta’ qua nel caso ne trovasse altri: potrebbe
servire un parere medico.»
«D’accordo…» pigolò
mogia, prendendogli la mano «Torna presto.»
sussurrò.
«Sì.» rispose telegrafico e burbero,
lasciandole la mano e iniziando a percorrere all’indietro lo
stesso percorso.
La Dottoressa sbuffò appena; per l’ennesima volta
aveva sbattuto contro quel muro che le impediva di arrivare al cuore
del suo amato, ma, come in un monotono circolo vizioso che una volta
completato riniziava da capo, lei non si arrendeva mai e continuava
imperterrita nell’obbiettivo di catturare il suo cuore; era
una ragazza con la testa molto dura e, probabilmente, continuando
così avrebbe sfondato a craniate quel muro
all’apparenza invalicabile. Ne era certa.
Lei rimase a guardare il cacciatore che si allontanava, senza prestare
attenzione al prete, che, intanto, camminava sopra il manto ghiacciato
con prudenza; scostava pian piano la neve per poter controllare
cos’altro nascondesse quel lago, sicuro che
quell’uomo non fosse stato solo.
Dopo qualche secondo, infatti, notò una seconda sagoma
nell’acqua, più in profondità rispetto
alla prima, teneva gli occhi biancastri spalancati e sembrava fissarlo;
i capelli lunghi e sinuosi come serpi si muovevano
sott’acqua, come alghe, e anche la bocca cambiava
espressione, trasformandosi in un sadico ghigno. A quella visione, il
prete sbatté le palpebre, stropicciandosi poi gli occhi con
un avambraccio per poi riguardare verso l’oscuro fondale, non
trovando più nulla.
«Ma…» fece, sbalordito. Era sicurissimo
di aver visto qualcosa nell’acqua, ma non vi era
più nulla.
Quando si sentì sfiorare leggermente sulla spalla, si
girò di scatto, leggermente spaventato.
«Padre…» sussurrò la
Dottoressa, ritraendo la mano «Scusami… Volevo
dirti che ho visto un buco…»
«Prego?» chiese l’uomo, cortese,
ritornando calmo.
«C’è un’apertura nel
ghiaccio…» sussurrò, indicando un punto
verso il centro del lago «Sembra quella che fanno le foche
nell’Antartide per tornare a galla e
respirare…»
«Non ci sono foche in Antartide.» la corresse con
gentilezza, alzandosi barcollante per poi cominciare a camminare verso
quel punto indicato, seguito dalla Dottoressa in continuo equilibrio
precario «E soprattutto non ce ne sono qui. Sarà
opera di qualche abitante del villaggio per pescare.»
Nonostante non fosse un’apertura molto grande di diametro, la
si vedeva anche da lontano.
«Veramente… ci sono le foche in
Antartide…» replicò lei, scivolando
appena «Sono ben sei specie, e una di loro è
carnivora, si chiama foca leopardo e mangia i
pinguini…»
«Ehm, dimenticavo che hai portato a conclusione degli studi
scientifici a pieni voti…» borbottò il
prete, che di certo non aveva voglia di una lezione di zoologia dopo la
strana ombra che aveva visto sott’acqua.
La giovane sorrise e i due continuarono a camminare in silenzio, rotto
solo dai sussulti dati dagli scivoloni, finché non furono ad
una decina di metri da ciò che aveva visto la Dottoressa.
«Non ci trovo nulla di strano…»
borbottò l’uomo di Chiesa, continuando a
camminare.
«Ma il bambino non ti ha detto che
c’eraaaH?!» gridò la giovane, finendo a
gambe all’aria e sbattendo la schiena sulla neve
«Ahio…» si lamentò,
massaggiandosi il deretano; l’indomani avrebbe avuto un
brutto livido.
«Tutto bene?» chiese il prete, preoccupato.
«Sì, sì.» lo
tranquillizzò «Però è meglio
se sto ferma: il Cacciatore mi dice sempre che almeno se sto ferma non
combino disastri.» una frase poco tranquillizzante, detta da
una dottoressa…
«Ok…» rispose l’uomo,
continuando la sua avanzata verso la superficie d’acqua messo
a nudo, arrivando al riflettersi sopra. L’assenza di vento in
quella zona, lasciava lo specchio d’acqua fermo, immobile,
come se niente potesse scalfire la sua tranquillità. Il
ghiaccio attorno al buco era spezzato, come se qualcuno – o
qualcosa – lo avesse rotto con la forza, e non con un
utensile adibito allo scopo; inoltre, con il suo metro e mezzo circa di
diametro, era effettivamente troppo grande per un pescatore.
«Inusuale…» commentò il
prete, mentre sentiva la Dottoressa che cadeva di nuovo –
sicuramente aveva tentato comunque di rialzarsi.
Il parroco stava quasi per girarsi e aiutare la concittadina, quando un
movimento – un’ombra –
nell’acqua lo fece desistere. Con cautela, si
chinò fino a inginocchiarsi sul bordo ghiacciato, senza
perdere d’occhio quella figura dai contorni indefiniti che si
ingrandiva pian piano, segno che si stava avvicinando, stava emergendo.
“Se ha bisogno di emergere è un mammifero
acquatico…” pensò, ricordando la
discussione di poco prima con la Dottoressa “Che sia
veramente una foca… Qui?” pensò
perplesso, e il suo stupore crebbe ancor di più quando
cominciò a sentire una strana voce, melodiosa e amena, che
sembrava provenire proprio da quelle profondità lacustri.
“Sotto il
ghiaccio crederai.
Sotto il ghiaccio sarai
libero.”
Udiva queste parole come fossero i versi di una canzone, un requiem.
Parevano chiamarlo, attrarlo, come miele per le mosche, birra per le
lumache, cioccolato per i cani. Tutte cose che quegli animali adorano
mangiare, ma che li portano lentamente alla morte.
Incantato da quel suono e quell’ombra, rimase incautamente
là, attendendo l’inevitabile:
l’emersione di quella creatura che abitava le
gelide acque del lago e che attirava gli incauti viaggiatori
nella sua trappola. Davanti agli occhi increduli del prete apparve una
donna; aveva lunghissimi capelli neri, pelle lattea e talmente liscia
che le gocce d’acqua non riuscivano ad avvolgerla, mani belle
e curate come di chi non ha mai mosso una paglia, un seno sodo e
abbondante come di rado se ne vede, e due occhi. Occhi grandi
più del normale, dai colori del ghiaccio, decisamente non
umani. Ma la cosa più strana di quella donna erano
sicuramente le squame azzurre che le ricoprivano in corpo dal bacino in
giù, creando una arabesca forma attorno
all’ombelico.
Il parroco rimase senza fiato a quella visione, al contrario della
donna sbucata dal lago, che continuò la sua litania a
braccia aperte, come se volesse accogliere l’uomo.
“Goditi la tua
permanenza qui.
Benvenuto al macello.
Liberati da pensieri
marci,
Non più dolore
E non più
dei.”
La mezza donna continuava a cantare quelle parole dal significato
oscuro ma profondo, invitando l’uomo a seguirla.
La Dottoressa, intanto, aveva assistito alla scena senza parole.
All’inizio penso che una donna fosse tornata in superficie
dopo un po’ di apnea, ma quando vide la sua lunga coda
squamata che faceva capolino dal pelo dell’acqua, tutte le
sue certezze caddero come un castello di carte.
«Cos’è?» si domandò
a occhi sbarrati per lo stupore. Aveva sentito che spesso i dugonghi e
i lamantini venivano scambiati per sirene, ma quella volta era
impossibile errare «Padre?» lo chiamò
con un filo di voce, troppo piano perché potesse
raggiungerlo, visti i diversi metri che li distanziavano.
Agli occhi della giovane apparve una scena che la investì
come una doccia fredda, più gelida del ghiaccio che li
circondava: nonostante fosse una femmina poteva sentire quei canti, ma
non le sortivano effetto alcuno, al contrario di ciò che
accadde al parroco. Nonostante fosse un uomo di Chiesa, votato a Dio,
alla castità e alla fedeltà verso gli altri,
protetto dal peccato, egli tese le mani verso la sirena, in un tacito
invito a voler eseguire i suoi ordini e la trama di quella canzone,
sprofondando in quelle gelide acque.
«No!» urlò la Dottoressa
«Padre, non lo fare!» quasi sbraitò, ma
come risposta ottenne solo un’occhiataccia da parte della
creatura, che, però, non smise di cantare.
“Re del
terrore smettila di bere vino,
Trattieni il fiato, non
ti accompagnerà a lungo.
Capisci che questo
è il tuo giorno del giudizio;
In mezzo
all’uccisione, prosegue.
Non ci sono regole qui.
Benvenuto al
macello.”
Mentre intonava queste melodiose ma macabre parole, la mezza donna
abbracciò il prete per le spalle e, grazie alla sua forza,
lo trattenne a sé e… si immerse, trascinandolo
con lei.
«No!» la Dottoressa urlò di nuovo,
correndo verso la pozza scoperta.
Non poteva permettere che il suo parroco fosse rapito da
quell’essere; non solo perché rischiava la vita,
ma anche perché se la verità fosse giunta alle
orecchie degli altri cittadini, il prete sarebbe stato radiato per aver
ceduto ad un peccato così infimo come la lussuria.
«Padre!» urlò di nuovo, raggiungendo
miracolosamente indenne la sua meta; ma non si fermò per
controllare la situazione, ma, anzi, si buttò a capofitto
nelle gelide e cristalline acque del lago, dopo aver preso un profondo
respiro, e gettato tra la neve scarponi e giubbotto.
Il contrasto termico la colse impreparata, non aspettandosi di certo un
tale gelo entrarle fin dentro le ossa; l’acqua era
senz’altro a temperatura maggiore di zero gradi centigradi,
ma era talmente gelida da rallentarle i movimenti molto più
di quanto avesse pensato. Facendosi coraggio aprì gli occhi
e non faticò a trovare quella mostruosa creatura che teneva
ancora stretto il parroco nel suo mortale abbraccio dalla stretta di
ferro, come quello di una mantide religiosa dopo
l’accoppiamento. Un abbraccio che sapeva di morte. Il
parroco, intanto, si dibatteva, cercando un modo per scappare da
là, ma furono tutte forze sprecate per lui, che invece
avrebbe dovuto conservare una posizione di stasi e fare parsimonia di
ossigeno.
La Dottoressa si avvicinò alla sirena, che poté
ammirare in tutto il suo innegabile splendore, fuori
dall’acqua era affascinante, ma dentro il suo habitat
naturale era bella come il peccato. La pinna caudale era verticale,
come quella degli squali – ,e in effetti, la sua emersione
ricordava proprio l’attacco di un pescecane – ed i
suoi occhi risplendevano come due pietre di acquamarina, adornate dai
capelli che si muovevano come oscure anemoni di mare.
L’essere non sembrò prestare l’adeguata
attenzione alla donna, poiché troppo presa
dall’osservare la faccia del prete, contratta nel vano
tentativo di seguire l’istinto imposto da madre natura:
vivere. Fu questa la vera fortuna della laureata, che poté
così avvicinarsi abbastanza alla donna-pesce, prendendo
l’arma che teneva in una cintura nascosta sotto la maglietta;
un’arma dalla quale non si separava mai, neppure per un
attimo: un bisturi, un ferro del mestiere, insomma. Un’arma
impropria con una particolarità che la rendeva
inutilizzabile per i combattimenti, ma molto utile per le emergenze:
era un’arma bianca affilatissima, ma la cui lama si consumava
velocemente, un po’ come la taglierina, con la sola
differenza che il bisturi non durava certo così tanto.
“Cosa vuoi, donna?”
La voce della sirena raggiunse il cervello della ragazza in maniera
prorompente. I suoni si propagano molto più velocemente nei
solidi e nei liquidi che non nell’aria, e la Dottoressa lo
sperimentò sulla propria pelle.
Guardò quell’essere in tono di sfida, nascondendo
l’arma nella manica del lungo maglione, appesantito
dall’acqua della quale era ormai pregno.
“Vuoi quest’uomo, forse? Bwahah!” rise in
maniera oscena, come un demone degli inferi che sghignazza mentre
tortura le anime di quel luogo di castigo “Illusa!”
sbraitò, aprendo la bocca in un grottesco sorriso a mezza
luna che mostrò alla Dottoressa i denti ad arpione disposti
su più file, altro elemento che la rendeva simile a uno
squalo.
L’umana, però, non si fece intimorire e si
avvicinò ancora, arrivando vicino alla creatura fino a
essere certa di non poter sbagliare il colpo, anche a costo di morire.
In un attimo estrasse il bisturi dal suo misero ma efficace
nascondiglio e mirò direttamente a un braccio della sirena,
affondandoci la lama come fosse un panetto di burro facendola scorrere
di lungo verso il gomito e poi, quando l’essere lo distese,
liberando il prete dalla sua stretta a causa del dolore,
andò ancora più giù, fino al polso ed
oltre, arrivando al dorso della mano e recidendo qualunque cosa
incontrasse lungo il suo metallico cammino, lasciando dietro di
sé solamente una scia rossa che ora avvolgeva il braccio
dell’essere in una densa coltre scarlatta.
Il mostro si lamentò sonoramente, facendo rimbombare per
tutto il lago il suo dolore, mentre la giovane si occupava del parroco
privo di sensi, prendendolo e cercando di portarlo via il
più lontano possibile, verso la superficie, nonostante fosse
letteralmente terrorizzata dalle urla della creatura, sperando di tutto
cuore di riuscire a scappare prima che avesse avuto la
lucidità per usare quelle sue zanne contro le loro gambe.
“Avanti, manca poco!” cercò di farsi
forza la Dottoressa, ma piano piano sentiva che l’ossigeno le
veniva meno, rendendole i contorni della loro via di fuga per
l’esterno sempre meno nitidi e più sfocati, anche
se mancavano solo pochi metri a raggiungerla; ma a poco meno di un
metro da essa, la giovane cominciò a sentire le urla della
donna-pesce sempre più ovattate, fino a estinguersi, e tutto
le si fece sempre più scuro, fino a diventare nero come la
pece, mentre si sentiva stretta in una morsa insieme al parroco.
”È finita…” pensò,
perdendo completamente i sensi anche lei, felice di non dover sentire
dolore mentre le loro carni venivano dilaniate da
quell’essere che sicuramente aveva trovato un collegamento
direttamente dall’Inferno fino a quel lago…
Dopo diversi minuti il prete si sentì premere la cassa
toracica con forza. Decisamente troppa per i suoi gusti e quelli dei
suoi polmoni saturi d’acqua che, a quell’insistente
pressione, cedettero, e l’uomo si svegliò dal suo
stato di torpore, sputando fuori tutta l’acqua che aveva
ingoiato durante quella prolungata apnea.
«Ben svegliato, Padre.» lo accolse una profonda
voce maschile.
Quando ebbe finito di liberare le vie respiratorie, si girò
e, sollevato lo sguardo, vide il Cacciatore che lo guardava severo,
bagnato da capo a piedi, come un pulcino. Nonostante la similitudine
gli facesse quasi scappare un sorrisino, si mantenne serio, guardandolo
preoccupato.
«Cosa… Cosa è successo?»
domandò, tenendosi la testa mentre cercava di alzarsi, anche
se il Cacciatore glielo impedì con una mano, per poi
rispondergli:
«Non ne ho idea, dovresti chiederlo a lei.» disse,
indicando la Dottoressa, la quale giaceva avvolta nello spesso e caldo
pastrano di renna del bruno.
«Sta…?» fece per chiedere il prete,
mentre i ricordi legati al lago piano piano riaffioravano. Ricordava
solo la Dottoressa, i suoi occhi decisi e il sangue.
«Sta bene. Dorme.» lo anticipò
«Deve averti salvato lei, ma non ha avuto la forza di
riportarti in superficie; se non fossi arrivato io sareste
annegati.» spiegò in parte.
«Come hai fatto a trovarci?» nel frattempo il prete
si portò una mano alla fronte, coprendosi gli occhi.
Cosa aveva fatto…? Per la sua sciocca azione aveva messo in
pericolo anche la sua parrocchiana…
«Non mi ero allontanato di molto e quando ho sentito delle
urla sono tornato indietro.» spiegò
«Seguendo il sentiero di neve scostata sono giunto alla
spaccatura e, quando ho visto la Dottoressa che riemergeva con te, mi
sono buttato per aiutarvi.»
Il prete annuì, un po’ perso nei suoi pensieri.
La sirena, quella melodia che intonava, il riflesso nei suoi occhi di
ghiaccio… ma lui era stato volubile e aveva messo in
pericolo altra gente a causa della sua debolezza.
Piano, iniziò a singhiozzare, con le lacrime che scorrevano
lungo le sue tempie, perdendosi poi tra i capelli.
«Non fare così, Padre…»
cercò di tranquillizzarlo «Ce la fai ad alzarti?
Dobbiamo portare la Dottoressa dal veterinario… Quando si fa
male va sempre da lui.»
L’uomo annuì e, lentamente, si mise in piedi,
riprendendo anche il suo bastone, che il Cacciatore aveva posato
lì accanto a lui, mentre il bruno prendeva la donna in
braccio a mo’ di sposina, come lei aveva sempre desiderato
essere tenuta da lui.
«Andiamo.» disse scorbutico, cominciando a
camminare tra gli alberi. Solo in quel momento il prete si accorse che
il loro salvatore li aveva trascinati parecchio lontano dalla pozza,
come se avesse potuto intuire che c’era una pericolosa
creatura che lo abitava o forse in memoria di quel cadavere ritrovato
poco prima aveva immaginato che il lago non fosse un posto sicuro e che
quindi sarebbe stato più saggio allontanarsi il
più possibile da quell’entrata verso il macello.
Ed il Cacciatore, in tutto quello, ancora si era dimostrato immutabile:
non aveva chiesto nulla, come al solito, e quello fu un bene, dato che
il prete sapeva benissimo che non avrebbe potuto rispondere a quella
domanda, non prima di aver fatto una cosa…
«Padre, sicuro che ce la fai?» gli
domandò il Cacciatore, già parecchio avanti,
visto che l’uomo si era fermato a rimirare quella pozza da
lontano «S--Sì.» balbettò
appena, scrollando le spalle e seguendolo, ricalcando le sue stesse
impronte per fare meno fatica, esattamente come i lupi.
La notte arrivò presto a NevediNotte, coprendo tutta la
montagna con la sua bianca coltre fino al mattino.
Durante quel lasso di tempo, i due avevano portato la compagna dal
veterinario e avevano avvisato la polizia circa il cadavere che avevano
ritrovato. Come avevano predetto la Dottoressa, gli agenti non vollero
intervenire per quel giorno, ma sarebbero arrivati il mattino seguente
per il sopralluogo. Notizia che fece enormemente piacere al prete, che
aspettò con impazienza che l’ultimo fiocco di neve
notturno fosse caduto assieme agli altri fratelli e uscì
dalla chiesa in fretta e furia, avvolto in un abito talare bianco e un
pesante cappotto di volpe – sintetica, ovviamente. Si muoveva
silente, mimetizzato tra la neve, come se non volesse essere visto. O
forse era proprio quella la sua intenzione. La si poteva notare dal
fatto che si muovesse con circospezione, quasi sperasse che tutti
stessero ancora dormendo, in modo da passare inosservato fino ad
arrivare alla sua meta: seguendo il percorso della mattina prima non
faticò più di tanto a raggiungere nuovamente il
lago.
«Eccomi…» sussurrò non appena
giunse alle sponde di quelle acque ghiacciate dove regnava come una
regina quella creatura che andava cercando «Oggi canterai di
nuovo… E voglio essere il primo ad udire la tua
melodia…» mormorò triste, vittima di un
incantesimo troppo grande per poter essere infranto. Fin dal primo
momento in cui aveva visto la donna-pesce, aveva capito che non era
capitato lì per caso, ma che quell’incontro era
stato voluto. Quel canto non lo aveva abbandonato per tutta la notte da
quando l’aveva sentito per la prima volta; anche
sott’acqua aveva continuato a sentire quelle parole, come un
assillante sibilo nel cervello e, probabilmente, quella sirena stava
cantando per lui da molto, molto tempo, ma il prete era stato sempre
troppo lontano per poterla udire.
«Devo assolutamente farmi perdonare…»
continuò a sussurrare, mentre, aiutato dal suo fido bastone
da pellegrino - quasi fosse uno di quei bastoni usati dai Chierici nei
giochi di ruolo -, camminava lungo la strada più breve per
quell’entrata agli inferi nel girone dedicato ai lussuriosi,
sperando che il ghiaccio non si fosse assottigliato troppo nelle ultime
ore o si sarebbe trovato in guai seri.
Durante la notte aveva ricordato quasi tutti i particolari che era
stato in grado di immagazzinare mentre cercava di liberarsi dalla morsa
del mostro e poter tornare in superficie per respirare; si era
ricordato che la Dottoressa aveva ferito in maniera piuttosto profonda
quella creatura, e ciò faceva male al prete, che
sperò di tutto cuore che non fosse morta o avrebbe avuto un
peso immenso sulla coscienza.
Con un po’ di fatica, in un paio di minuti raggiunse
ciò che andava cercando, senza trovare nessun altro cadavere
lungo il suo cammino, perlomeno. La pozza a cielo aperto era
là a pochi passi da lui, sarebbe mancato molto poco a
raggiungerla, se non fosse che un arto algido e niveo spuntò
dall’acqua, poggiandosi alla lastra di ghiaccio e facendo
forza, issando così la proprietaria che si
presentò al prete in tutto lo splendore a parte per
l’altro braccio, sul quale molte gocce d’acqua si
attardavano a scorrere sulla lunghissima venatura biancastra che
spuntava lungo tutto l’arto superiore: una bruttissima,
orrenda cicatrice, in ricordo della battaglia subacquea del giorno
prima, dove lei aveva perso poiché aveva sottovalutato
un’avversaria nel proprio habitat. Il braccio rimaneva a
ciondoloni, come se non riuscisse a muoverlo – il parroco
sperò, ancora, fosse solo per il dolore, nonostante avesse
notato subito che quella velocità di cicatrizzazione non era
normale, era addirittura contro natura.
«Hai del coraggio.» la voce della sirena
lo risvegliò dal suo torpore «Meriteresti di
morire per quello che hai fatto a questo mio corpo.» disse,
aggrottando la fronte e aprendo la bocca, mostrando i suoi denti
acuminati, arma mortale.
«Aspetta.» la fermò il prete, sollevando
le mani in segno di resa.
A quel gesto la mezza donna chiuse piano le fauci, andando a sedersi
sulla sponda più vicina al prete, con solo parte della coda
a mollo.
«Cosa c’è?» domandò
con aria di chi non avrebbe avuto molta pazienza e molta voglia di
ascoltare una lunga omelia. Un po’ gli ricordò lo
sguardo di certi sua parrocchiani…
Senza scomporsi minimamente, il prete si aprì appena il
giaccone e afferrò la croce che portava al collo, il simbolo
della sua fede, per poi sfilarsela dalla testa grazie al lungo cordone
alla quale era legata; fatto ciò la tenne in mano,
sorridendo alla sirena.
«Vorrei solo che cantassi per me…»
disse, avvicinandosi a lei «Ieri non ho potuto finire di
ascoltare la tua melodia. Era macabra, triste, ma molto bella con la
tua voce. In tutto il mio coro non c’è nessuno che
canti come te, sirena.»
La creatura rimase stupida più del gesto che delle parole
del prete. Era certa che la sua voce fosse bellissima, in grado di
ammaliare qualunque creatura di sesso maschile, ma
quell’umano le stava dicendo molto di più: si era
tolto il suo simbolo, stava negando la sua persona per sentire quel
canto, e ciò voleva dire che era pronto non solo alla morte,
ma anche a poter consumare con quell’essere immondo, mentre
ella cantava.
«Ne sei certo?» chiese a mo’ di sfida
«Guarda che morirai.»
«Ero pronto fin da ieri a questa possibilità, solo
che non mi aspettavo di essere trascinato sott’acqua e non
avevo abbastanza fiato.» spiegò, sedendosi sulle
ginocchia proprio davanti a quella creatura, che si lasciò
scivolare, sparendo per un attimo nelle sue acque per poi ritornare in
superficie e guardare il prete dal basso verso l’alto, issata
sul ghiaccio, dove aveva poggiato i suoi seni, mettendoli in mostra per
essere ancora più attraente a quegli occhi.
«Non sempre faccio sesso con le mie vittime.»
spiegò la donna-pesce «Mi piace molto di
più affogarle, ma, in effetti, se me lo chiede
così addirittura un prete, come potrei dire di
no?» chiese retorica, facendogli cenno di avvicinarsi
utilizzando la lingua. Lei era provocante, bella e dannatamente
sensuale, ma era anche pazza, malata e un’assassina; e queste
sue doti insieme la dipingevano bella e letale, un binomio al quale era
molto difficile resistere.
«Già, sarebbe allettante. Potresti poi vantartene
con le altre sirene.» rispose, portando le mani alla sua
testa per accarezzargliela.
“Non essere
timido, incolpami e basta.
Bene, non
c’è
Bisogno di
vergognarti.”
Cantò ancora, prima di rispondere:
«Non ci sono altre sirene qui, né tritoni. Sono
l’unica... ed è per questo che mi
sento… sola…» rispose maliziosa,
chiudendo gli occhi cerulei e godendo della carezza di
quell’uomo caduto nella sua rete di seduzione e inganno,
avvertendo poi una qualcosa scorrerle tra i capelli e pesarle un
po’ al collo.
«Certo, non penso ci siano altri demoni qui. Vero?»
chiese il prete, facendo aprire di scatto gi occhi della creatura.
«Cosa?!» fece in tempo a sbottare, sentendosi poi
improvvisamente debole, con il corpo in fiamme «Che cosa mi
hai fatto?!» berciò, guardando poi verso il basso,
accorgendosi di avere indosso… «La tua
croce…» ringhiò, mentre
l’uomo si inginocchiava e congiungeva le mani dopo essersi
segnato.
«Il canto della sirena non ha mai avuto effetto su di me,
demone.» disse con aria seria «Non avrai davvero
creduto che un servo di Dio potesse diventare vittima del lussurioso
canto di questa sirena, no?» fu il suo turno di fare una
domanda retorica, per poi chiudere gli occhi ed assumere
un’espressione dura e sofferente, ascoltando i lamenti
dell’essere che cercava di togliersi di dosso quella croce,
ma non vi riusciva, poiché non appena la toccava sentiva le
mani bruciargli come se avesse toccato dell’acido.
«Scusa per non essere riuscito a farlo ieri, giovane
sirena…» sussurrò il parroco,
cominciando poi a bisbigliare delle parole che sembravano essere lunghe
preghiere: delle formule di esorcismo.
Le persone che abitavano a NevediNotte avevano tutte delle
peculiarità, e lui non faceva certo eccezione: la
città, infatti, poteva vantare un esorcista di tutto
rispetto, già conosciuto al di fuori di quel piccolo paesino
di montagna per aver compiuto alcuni riti molto difficili ed importanti
per compito di diverse diocesi. Grazie alla sua esperienza si era
accorto immediatamente che a cantare non era semplicemente la sirena,
ma che la sua volontà era mossa da qualcuno pieno di
malvagità allo stato puro: un demone.
«Basta!» urlò la sirena, contorcendosi
dal dolore a quella litania, che sentiva nonostante si fosse tappata le
orecchie utilizzando anche il braccio ferito per la disperazione. Ma il
prete non aveva certo in mente di smettere proprio quando sentiva che
avrebbe avuto la meglio contro quell’essere, il quale, vista
la malaparata, si era inabissato sperando di riuscire a scamparla,
senza però contare che quelle parole fossero ormai in grado
di raggiungerlo dovunque, come un esercito di angeli perfettamente
addestrati a distruggere le forze del male e rimandarle
all’Inferno dal quale erano venute.
Le sue formule durarono diversi minuti, nei quali sentiva
l’entità demoniaca venir sempre meno, fino a
scomparire del tutto, ma il prete attese diverso tempo prima di
concludere la sua preghiera con un Padre Nostro e segnarsi nuovamente,
mettendo così fine all’esorcismo.
Tutto intorno a lui taceva, tutto era immobile, freddo e asettico, come
se niente fosse successo e niente riuscisse mai a smuovere tutta quella
calma.
«È finita…»
sospirò sollevato. Era stata un’azione parecchio
rischiosa e difficile e si sentiva tremendamente stanco
«…Se fosse arrivata prima la polizia di me non
avrei potuto farlo con la giusta concentrazione.» si disse,
guardando ancora una volta quella pozza dal pelo dell’acqua
perfettamente orizzontale, senza nemmeno un’increspatura.
Stava quasi per alzarsi e andare via, quando vide una piccola ombra
avvicinarsi alla superficie dal fondo del lago: la sua croce.
Quella visione lo spiazzò completamente: la sua croce era
troppo pesante per galleggiare…
Non riuscì a porgersi nemmeno una domanda, che il suo
simbolo venne innalzato, tenuto da una mano dal pallore cadaverico, e
dalla pozza fece capolino una lunga chioma di capelli neri che
incorniciavano un giovane viso di porcellana con due occhi grandi e
ghiacciati, dall’espressione più fredda di quella
dello stesso Inverno.
~†~
«E così… alla fine si trattava di un
demone…» borbottò la Dottoressa,
camminando qualche passo più indietro rispetto alla persona
che la accompagnava e tirava uno slittino.
«Esatto… Il canto di quella sirena era talmente
triste che sembrava una richiesta di aiuto. Anche se era succube di
quel demone, la sua voce è riuscita a trasmettere il fatto
che avesse assolutamente bisogno di una mano tesa verso di
lei.» le spiegò, fermandosi per aspettarla.
«Ho capito…» annuì lei
«Mi dispiace di non aver creduto nella tua buona fede,
Padre… Quando ti ho visto chinarti verso la sirena, pensavo
che…» ma il parroco la interruppe:
«Io volevo solo porgerle le mani in segno di aiuto e potarla
fuori dal lago per poter compiere al meglio il mio rito di esorcismo,
ma a quanto pare la sua possessione era totale e non sono riuscito a
fare nulla contro la sua forza.» ammise, accarezzando la
croce di argento che portava al collo.
«È incredibile… non avrei mai pensato
che un demone potesse possedere una creatura non
umana…»
«Anche loro hanno un’anima: ai demoni basta
questo.» le spiegò, indicando poi il lago
«Ecco, siamo arrivati.» disse «Lei ha
detto di tornare oggi.»
«Lei chi?» chiese la ragazza, mentre si avvicinava
e la sua bocca si schiudeva a forma di una piccola o, del quale
produsse il rumore «Oh…» fece, stupita
«Padre… ma…»
Il parroco sorrise alla sorpresa della giovane, quando ella vide una
rete da pesca stracarica di pesce d’acqua dolce.
«È il suo ringraziamento per aver posto fine alle
sue sofferenze e alle sue paure.» spiegò il prete,
chinandosi per caricare la rete sullo slittino.
La giovane guardò la slitta e poi il lago dal quale i
poliziotti avevano finito di estrarre i cadaveri: quindici in tutto,
alcuni vecchi di decine d’anni.
“Dentro il
fuoco
Sveglia il desiderio
Crudelmente espresso.
Tortureranno la sua anima
E tormenteranno il suo cuore,
Ma non cambieranno la sua mentalità.”
Una voce melodiosa arrivò alle loro orecchie, un tono che
entrambi ben conoscevano.
La Dottoressa si girò verso il prete, guardandolo con aria
interrogativa.
«Le avevo chiesto di cantare per me, ora può
farlo: è davvero lei a cantare.» sorrise,
girandosi verso la strada che conduceva al villaggio
«Andiamo!» disse in tono allegro, cominciando a
camminare.
«Sì.» rispose la Dottoressa, voltandosi
un’ultima volta verso quel lago dove erano nascosti cadaveri,
mostri, demoni e una solista, con il cuore ricolmo di gratitudine verso
quel prete dalla fede incrollabile, che li guardava andare via,
osservandoli dalla sua pozza, sua unica comunicazione con il mondo
esterno.
“Ricorda il
giuramento.
Ricorda il giuramento.
Spezza le catene.
Tempo di cambiare.
Ho paura di dirlo ma non reciterai una parte.
È stato bello, ora arriviamo al punto saliente.
La tua destinazione è sconosciuta.
Esci dalla mia strada,
Non prestare attenzione al sangue qui.
Di’ addio al macello.” *
§Fine§
XShade-Shinra
-Note:
Il testo completo dell’Eterno Riposo (Réquiem
Ætérnam), in latino:
“Réquiem
ætérnam dona eis,
Dómine, et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace. Amen”.
Il testo in italiano della stessa:
“L'eterno
riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la
luce perpetua. Riposino in pace. Amen”.
*L’ultima parte della canzone è volutamente
cambiata rispetto al testo originale da Benvenuto al macello
a
Di’ addio al
macello.
Under the Ice
Blind Guardian
# Run
'Til you find the answer
Time out
For our poor Cassandra
Sh's fairly safe inside the fire
Inside the fire
Awakes desire
Cruelly admired
They'll torture her soul
And they'll torment her heart
But won't change her mind
Would you like to see me
How I'll cut off
Her head life’s a game
A lesson to learn
Don't be shy just blame me
Well, there is no
Need to feel ashamed
Remember the oath
Remember the oath
Wake up
It's time to cross the border
Is it true what they say
About the part you've played?
Enjoy your stay here
Welcome to the slaughterhouse
Release from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
Under the ice you will believe
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
Please understand
It's not in our hands
Barren the land
It's all dead and gone
And still the tyrant's face is red
So witness my glory, my triumph, my fame
It's the sweetest taste
King of terror just stop wining
Hold your breath it won't take long
Realize this is your judgement day
In between the killing carry on
There are no rules here
Welcome to the slaughterhouse
Release from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
Under the ice you will believe
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
Try to understand
You're the artificial enemy
An illusion we all need
For our sake
For our sake
We’re not allowed to see beyond that's your skill
Will we ever learn the lesson "We can't fly with broken wings"
Break the chains
Time to change
I'm afraid to say but you won't play a part
It's been nice we now get to the climax
Your destination's unknown
Just get out of my way
Don't mind the blood here
Welcome to the slaughterhouse
Release from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
Under the ice you will believe
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
Under the ice you will be free
Released from rotten thoughts
No more pain
And no more gods
And no more gods
(No more gods)
I'm afraid to say but you won't play a part # |
Traduzione
Sotto Il Ghiaccio
# Corri
Finché non troverai la risposta
Riposo
Per la nostra povera Cassandra
Lei è del tutto sicura dentro il fuoco
Dentro il fuoco
Sveglia il desiderio
Crudelmente espresso
Tortureranno la sua anima
E tormenteranno il suo cuore
Ma non cambieranno la sua mentalità
Ti piacerebbe vedermi
Come mozzerò
La sua testa la vita è un gioco
Una lezione da imparare
Non essere timido incolpami e basta
Bene, non c’è
Bisogno di vergognarti
Ricorda il giuramento
Ricorda il giuramento
Svegliati
È l’ora di attraversare il confine
È vero quanto dicono
Circa la parte che hai recitato?
Goditi la tua permanenza qui
Benvenuto al macello
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
Per favore capisci
Non è nelle nostre mani
Arida la terra
È tutta morta e andata
Ed è ancora rossa la faccia del tiranno
Così testimone, la mia gloria, il mio trionfo, il mio
successo
È il gusto più dolce
Re del terrore smettila di bere vino
Trattieni il fiato non ti accompagnerà a lungo
Capisci che questo è il tuo giorno del giudizio
In mezzo all’uccisione prosegue
Non ci sono regole qui
Benvenuto al macello
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
Cerca di capire
Tu sei il nemico artificiale
Un illusione di cui abbiamo bisogno
Per amor nostro
Per amor nostro
Non ci è permesso vedere oltre ciò che
è la tua abilità
Impareremo mai la lezione “Non possiamo volare con ali
spezzate”
Spezza le catene
Tempo di cambiare
Ho paura di dirlo ma non reciterai una parte
È stato bello ora arriviamo al punto saliente
La tua destinazione è sconosciuta
Esci dalla mia strada
Non prestare attenzione al sangue qui
Benvenuto al macello
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
Sotto il ghiaccio crederai
Sotto il ghiaccio sarai libero
Liberati da pensieri marci
Non più dolore
E non più dei
(Non più dei)
Ho paura di dirlo ma non reciterai una parte # |
Link
|