Domani... sarà domani!
Little
piece of heaven
Fan
ispirata
dalle note
di “Listen
to your Heart”.
Era ormai forse la centesima volta
che sentiva lo stomaco contorcerglisi nel vederli mentre si scambiavano un
bacio… Ma che diceva la centesima? Forse ne aveva perso il conto. Forse
semplicemente non le aveva mai contate.
Ogni volta che sentiva le sue
viscere avvinghiarsi e contorcersi nel suo ventre si domandava perché fosse
stato così tanto stupido da crearsi da solo quella situazione, come aveva potuto
scavarsi da solo una fossa tanto profonda ed essercisi calato senza fare una
minima reazione. Eppure l’unica risposta che gi veniva in mente era che lo aveva
fatto per Sora.
Era sera, il crepuscolo iniziava ad
introdurre al tramonto, ed il tronco sul quale sedevano ogni giorno sembrava
prendere fuoco, irradiato dalla luce del sole che, lento, si tuffava nel
mare.
Riku era arrivato da qualche
secondo, senza che Kairi e Sora se fossero accorti, e li aveva visti… Si erano
baciati… Come facevano di consueto, ormai.
Non era molto che stavano insieme,
un paio di mesi forse, quelli che erano bastati a far esplodere il cuore di Riku
più di quando si trovava nell’oscurità e lottava per uscirne.
Eppure, quello che ancora non si
spiegava, era stato proprio lui a farli mettere insieme.
D’istinto si nascose dietro il
tronco di una pianta, giusto qualche istante prima che Kairi, appena giratasi,
lo vedesse, e si gettò a sedere per terra.
Era tutto così assurdo. Il suo cuore
non se la finiva di battere, le lacrime continuavano a pungergli gli occhi come
tanti spilli, e più ci pensava, più capiva quanto fosse stupido: poteva
piangersi addosso adesso?
Ma, infondo, cosa doveva
fare?
Era accaduto tutto quel maledetto
giorno. Sora era corso da lui, gli aveva chiesto di appartarsi perché doveva
dirgli una cosa importante; Riku allora non aveva dato molta importanza
all’intera situazione, ma lo aveva comunque seguito.
Poi quelle
parole
“mi piace
Kairi”
Sai che novità, aveva pensato
l’albino, è da quando è arrivata che facciamo a gara per lei. Ma non appena ebbe
dato voce a quei pensieri, le parole che ricevette di risposa lo
colpirono
“non hai capito Riku… io mi sono
innamorato di lei…”
Innamorato. Suonava così strano
detto da Sora, che lì per lì gli venne quasi da ridere.
Eppure sentiva che dentro di lui
qualcosa non andava, che una parte di lui non accettava quella rivelazione; si
chiese per un attimo se anche lui si fosse innamorato di Kairi, visto che
avevano sempre cercato di prevalere l’uno su l’altro per averla. Stranamente il
suo cuore, quella volta, gli rispose con un secco no.
“Aiutami, ti
prego!”
E forse,da lì iniziò tutto. Come
poteva negare aiuto a lui, a Sora? Il suo migliore amico, l’unico che era corso
a riprenderselo perfino nel cuore dell’oscurità, che lo aveva riportato a casa,
che aveva sempre corso verso la sua mano tesa solo per poterlo riportare
indietro con sé.
Pensò che fosse la cosa più normale
del mondo voler aiutare un suo amico, e dal momento che il suo cuore gli aveva
confermato di non amare Kairi non trovò alcun problema nel
farlo.
Ma poi… iniziò a capire…
Appoggiò la testa al tronco ruvido e
chiuse per un istante gli occhi, passandosi una mano sulla fronte; nella sua
mente vedeva, come ogni volta che chiudeva gi occhi d'altronde, solo ricordi con
lui. Ma non di quando erano bambini, non di quando si sfidavano a chi corresse
più veloce sulla spiaggia, o lottavano con le spade, o disegnavano con dei sassi
sulle pareti della caverna; no, lui vedeva solo i ricordi di appena due mesi.
Vedeva il giorno in cui Sora si era presentato a casa sua con il fiatone per
scrivere una lettera a Kairi, che lo aveva lasciato dopo appena venti giorni;
vedeva la notte che si era precipitato a casa sua e lui gi si era gettato
addosso in lacrime, stringendosi a lui e urlando che non sapeva più cosa fare e
dove sbagliasse; vedeva quella giornata intera che avevano passato insieme per
realizzare un dipinto gigantesco per lei. Vedeva queste e tante altre cose.
E piano piano si era iniziato a
chiedere il perché… perché corresse così ogni volta che lui lo chiamava, perché
perdeva tutto il suo tempo ad aiutarlo a riconquistarla quando lei si
arrabbiava; e soprattutto, perché era così felice quando lui lo chiamava e
sentiva di potergli essere utile, ma si sentisse così triste quando tutto quello
per cui avevano lavorato, funzionava…
E forse invece troppo velocemente
aveva capito… Era sul davanzale della finestra che lo guardava allontanarsi il
giorno in cui, senza neanche pensare, aveva sussurrato al vento, forse sperando
che gli portasse quel messaggio all’orecchio, quel “Ti amo”.
Si era innamorato di Sora senza
neanche accorgersene; ogni giorno ne sentiva il bisogno, voleva vederlo,
parlarci, aiutarlo, vedere quel suo sorriso radioso quando lui lo aiutava,
quando lo faceva ridere, voleva sentirsi dire che lui lo faceva stare bene…
Arrivò perfino a sperare che lui e Kairi litigassero ancora per farsi chiamare,
per averlo per sé solo qualche istante ancora… per avere per sé quei piccoli
pezzi di paradiso da conservare nella sua memoria.
Si ingannava giorno per giorno,
sostenendolo, e sostenendo anche Kairi! Perché anche lei era una sua amica,
forse la sua migliore amica, che lui aveva iniziato a vedere come una nemica.
Si era
spaventato…
Possibile che l’amore facesse quei
brutti scherzi? Possibile che avesse iniziato a provare dei sentimenti di astio
nei confronti di Kairi? La odiava quando vedeva Sora piangere, quando lo
trattava male, quando andava da lui a dirgli che lo stava lasciando con un’aria
quasi indifferente, perché se fosse stato lui al suo posto non lo avrebbe mai
lasciato andare per nulla al mondo, lo avrebbe tenuto stretto come il più
prezioso dei tesori! Poi, quando tornava in sé, cercava di allontanare quei
pensieri, cercava di vivere la giornata insieme a loro come faceva ogni giorno
in passato; ma un giorno si era pescato ad odiarla anche mentre lo faceva
ridere… l’aveva odiata mentre lo faceva stare bene… Perché lui doveva
accontentarsi solo di quei frammenti che la sua mente conservava gelosamente,
doveva raccogliere le briciole quando lei lo trattava male e sentirsi dire da
Sora che, allora, solo lui lo faceva stare così bene…
Aveva picchiato la testa talmente
forte sulla spalliera del letto la notte, mentre pensava a tutte quelle cose e
cercava di allontanarle da sé, che si stupiva di non essersela ancora rotta. Ci
aveva provato in tutti i modi, davvero, aveva provato ogni cosa per dimenticarsi
di Sora: era impossibile.
Perché lui amava Sora mentre rideva,
lo amava mentre diceva delle battute stupide, mentre si avvicinava a lei e
cercava di fare pace con qualche coccola; lo amava mentre cercava di fare il
serio e parlava tutto per bene, senza troncare le parole, mentre più ci
chiacchierava e più scopriva di pensarla come lui in molte cose, mentre faceva
l’idiota davanti a tutti… Lo amava qualsiasi cosa facesse. Amava ogni cosa di
lui. E ancora di più amava quei momenti meravigliosi che passavano insieme:
quando si prendevano in giro, quando ridevano e lui gli donava quei sorrisi
meravigliosi, quando si sentiva dire che senza di lui sarebbe stato
perso.
Scosse la testa.
Fece capolino leggermente per vedere
cosa stessero facendo: parlavano. Da lì non sentiva bene quello che dicevano, e
non poteva di certo immaginare che, nel frattempo, loro stessero parlando
proprio di lui e di quanto fosse importante per entrambi.
Si gettò di nuovo con la schiena sul
tronco; per quanto tempo voleva restare nascosto lì dietro? Cosa sperava di
ottenere scappando ogni volta a quel modo? Forse un po’ di pace sfuggevole per
il suo cuore. Anche se era consapevole che il peso che si portava dentro era
troppo grande per essere alleggerito rifugiandosi dietro il tronco di un
albero.
Aveva pensato spesso di dichiararsi,
di dire ad entrambi quello che provasse. Ma a quale scopo? Non era giusto. Non
poteva di certo tradire così Kairi, che sentiva di pugnalare un poco giorno per
giorno, e con quale faccia avrebbe poi potuto dire a Sora che tutto quello che
aveva fatto lo aveva fatto perché era innamorato di lui? Avrebbe forse perso non
una,ma ben due persone. Le più importanti per lui.
Aveva allora deciso di tacere, aveva
promesso a se stesso che non avrebbe mai più visto Sora piangere, e se per
adempire a ciò avrebbe dovuto mettere da parte i suoi sentimenti, allora lo
avrebbe fatto; aveva passato nottate intere a parlare da solo, dichiarando ad un
immaginario interlocutore tutte le sue angosce, facendosi domande e
rispondendosi da solo, a volte anche aspettando una risposta che, però, non
arrivava mai.
Ad un tratto sentì delle parole
uscire dalla bocca di Sora, le uniche che disse a voce più alta, quasi per farlo
sapere non solo a Kairi, ma al mondo intero
“Riku è davvero l’amico più
importante che ho! Sarei perso senza di lui!!”
Gli scappò un risolino.
Che stupido, anche ormai che avrebbe
dovuto saper badare a se stesso lo cercava, si sentiva perso senza di lui. E
forse era anche per questo che lo amava; Sora gli faceva costantemente sapere di
aver bisogno di lui, anche se accanto a lui c’era Kairi, Sora voleva Riku,
stringeva la sua mano giorno per giorno sempre più forte per impedirgli ad ogni
costo di lasciargliela e, a modo suo, lo amava.
Il risolino si trasformò in un
sorriso.
Sapeva che forse non avrebbe mai
potuto avere quello che voleva da lui, ma quello che sapeva, quello di cui era
certo, era che lui avrebbe continuato ad amarlo nel silenzio del suo cuore, e lo
avrebbe difeso, e avrebbe combattuto per lui, scacciando qualsiasi male lo
avesse attanagliato, quasi come un eroe di una storia, troppo buono per sembrare
vero.
Ed anche quel giorno avrebbe finto,
e forse lo avrebbe fatto per sempre; ma quella finzione, quella maschera da
amico gli permetteva d avere per sé ancora altri frammenti di paradiso, che
avrebbe custodito strenuamente dentro di sé.
Si alzò dal suo nascondiglio e
camminò spedito verso di loro, fino a raggiungerli.
Sora si era girato verso di lui e
aveva allargato un sorriso radioso nel vederlo
“Riku! Sei arrivato
finalmente!!”
Non sapeva ancora perché si fosse
creato da solo quella situazione, non capiva perché si fosse scavato da solo
quella fossa che ogni giorno sembrava diventare sempre più profonda…
“già…”
ma ogni volta che se lo chiedeva,
ogni volta che ci pensava…
“…
finalmente!”
l’unica risposta che gli veniva in
mente era Sora.
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