Titolo: Un fazzoletto dal
colore blu
Fandom: Axis
Powers Hetalia
Personaggi:
America, Inghilterra
Genere:
fluff, introspettivo(?), Sentimentale(??)
Rating: verde
Prompt:
“albero”
Avvertimenti:
shonen ai (se lo
si vuole vedere. Se no, non c’è.), fluff (troppo),
(lieve)
OOC (giusto per farvi sperare che America sia un po’
più
scantato di quello che è >_>)
Disclaimer:
Axis Powers Hetalia appartiene a Hidekaz Himaruya.
Note: in cui
non so che cosa scrivere se non che io e l’usuk ci capiamo
zero. =_= E titolo random.
Un ringraziamento speciale a margherota per
il betaggio a tempo di record.
Riassunto: Gli
piaceva quel posto, almeno per due motivi: il primo, perché
quello era il suo posto segreto, che soli pochi eletti conoscevano, e
quando si trovava lì, nessuno era, fino ad allora, mai stato
in
grado di scovarlo. Il secondo perché da lì si
poteva
vedere, incorniciato dal verde luminoso del fogliame,
l’azzurro
dell’Oceano.
Per la mia Giulia, anche se non
ho ancora capito perché sia fissata con l'usuk.
Sarà perché anche lei mangia hamburger.
Un fazzoletto dal colore blu
Salito in cima, leggero
come una
foglia sospinta dal vento, si accoccolò placido sulla base
di
uno dei rami più robusti, poggiando la schiena al tronco
nerboruto e rivolgendo lo sguardo all’Oceano.
L’albero era grande ed imponente, e svettava trionfante sulla
cima di un altura, solitario. Le foglie, larghe e smeraldine ai raggi
del sole, erano accarezzate dolcemente da un lieve venticello, che le
faceva strusciare le une contro le altre, producendo una delicata e
soave melodia.
America chiuse gli occhi, ascoltando il silenzio.
Gli piaceva quel posto, almeno per due motivi: il primo,
perché
quello era il suo posto segreto, che soli pochi eletti conoscevano, e
quando si trovava lì, nessuno era, fino ad allora, mai stato
in
grado di scovarlo. Il secondo perché da lì si
poteva
vedere, incorniciato dal verde luminoso del fogliame, il blu
dell’Oceano.
Riaprì gli occhi.
Per molto tempo ad America non era importato nulla del colore
dell’Oceano. Ai suoi occhi quel blu non significa
pressoché nulla; preferiva al contrario interessarsi al
verde
splendente delle immense praterie, a quello più scuro e
profondo
delle foreste antiche, alle mille tonalità delle montagne
più alte, all’azzurro più limpido del
cielo.
Il blu dell’Oceano, quello no, non aveva mai avuto alcun
particolare significato per lui.
Almeno fino a quando, da quel blu sconfinato, non era arrivato quello
che sarebbe diventato il suo fratellone.
Da allora quell’albero era diventato il suo punto preferito,
perché da lì si potevano avvistare i puntini
delle navi
che solcavano il blu per venirlo a trovare.
Da lì, aspettava il ritorno di Inghilterra.
*
Qualche secolo dopo, sulla collinetta c’era ancora un albero,
ma
non lo stesso su cui era solito salire per aspettare Inghilterra.
Era morto, quello, un paio di secoli fa, freddato in un drammatico
giorno di temporale dalla ferocia di un fulmine.
Ad America, sedutosi sull’erbetta corta, ormai troppo
cresciuto
per dilettarsi nell’arrampicata come un tempo, faceva piacere
pensare che l’attuale albero, al quale aveva poggiato la
schiena
contro, in qualche strano modo fosse figlio del precedente –
un
pensiero essenzialmente stupido e sciocco, ma non riusciva a non
pensare che fosse anche… carino.
America sospirò.
L’Oceano non si vedeva più, se non per un misero
fazzoletto blu che spuntava tra il grigiore dei grattacieli.
Chiuse gli occhi, lasciandosi assorbire dalla confusione della
città.
“America!”
Li riaprì di colpo, trovando nel suo campo visivo un
Inghilterra
trafelato che lo stava raggiungendo a fatica, chiamandolo al contempo a
gran voce.
Lo raggiunse ai piedi dell’albero, il viso, neanche a dirlo,
contratto dal tipico malumore inglese.
“America!” lo richiamò nuovamente.
“Che
diamine stai facendo qui? Il meeting sta per iniziare e tu stai qui a
perdere tempo!” gracchiò come un vecchio
insegnante noioso.
Appena oltre il volto di Inghilterra, lì, lontano sullo
sfondo,
per una attimo ad America sembrò che il fazzoletto di blu
risplendesse di luce propria.
“Non sto perdendo tempo…”
ribatté -
comunicando che, a discapito delle apparenze, il cervello aveva
ricevuto il messaggio - , con lo stesso tono calmo di un bambino che
spiega ad un povero adulto la magia che c’è dietro
ad un
gioco.
“Sto aspettando.”
Si godette l’espressione stranita che comparve sul volto di
Inghilterra, mentre quello girava lo sguardo a destra e manca,
pregustandosi già la domanda che sarebbe seguita
precipitosamente. E che infatti arrivò, diretta e secca.
“Chi?”
Questa volta America non rispose. Allungò invece un braccio
verso Inghilterra, afferrandogli la mano.
E mentre il sorriso cominciava, per qualche strano motivo a lui ignoto,
a tremolargli, e le farfalle a volteggiare nel suo stomaco, e mentre
forse gli era parso di vedere il viso di Inghilterra tingersi appena di
rosso, lo condusse a sedersi per terra, accomodato fra le sue gambe,
con il cuore che batteva forte – perché poi? Non
c’era nulla di strano, giusto? - nel preciso istante in cui
poggiò il suo petto contro la schiena dell’altro,
le
braccia che gli cingevano le spalle.
“Che stai combinando?” squittì indignato
Inghilterra, la voce agitata e appena un po’ più
acuta del
solito.
America sorrise, divertito, mentre stringeva la presa –
casomai
il vecchietto avesse voluto darsi alla fuga – e poggiava il
mento
sulla spalla dell’altro.
Il blu del fazzoletto d’Oceano brillò sotto i
caldi raggi del sole.
“Te l’ho detto. Aspettavo.”
*
Note
dell’Autrice
…e il meeting? O^O
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