-La Chiromante. {Vuoi
fare un gioco?}
Retrace I: Hackneyed
Hades
Noioso.
Inutile.
Stupido.
Furono queste le prime tre cose che pensò Raito Yagami
nell’essere trascinato dalla sorellina, Sayu, prima in quello stupido circo e
poi nella tenda di quella sedicente “Chiromante”.
Osservò indispettito l’esultanza di Sayu e pensò a quel tema
su Hideyoshi iniziato e mai finito che doveva consegnare giusto il giorno
successivo. Sospirò consolato, preparandosi psicologicamente a dover fare una
ricerca in piena notte su quel poveretto schiacciato dalla sua ambizione… forse
per la professoressa quella non sarebbe stata una descrizione appropriata, ma a
Raito pareva la più logica. In Hideyoshi non vedeva nemmeno l’ombra del
valoroso Shogun tanto decantato.
«Oh, penso che tu abbia decisamente ragione… un servo di
poco conto, solo un po’ più sveglio degli altri, trovatosi con le redini in
mano solo e soltanto perché Nobunaga tirò le cuoia».
Raito alzò lo sguardo stupito: Sayu, mentre lui era perso
tra i suoi pensieri, l’aveva già trascinato all’interno della tenda e la
“Chiromante” aveva risposto alle sue riflessioni.
Osservò la ragazza che gli stava di fronte. Sembrava solo
una spiantata incurabilmente –incurabilmente cosa? Raito non riuscì a capire se
fosse Punk, Dark, Emo o qualche altra cretinata del genere- qualcosa. E, cosa più importante, la
riconobbe come una sua compagna di corsi… del corso di storia ad essere precisi.
«Ciao, Haruka» salutò neutro ma decisamente tranquillizzato:
quello della ragazza poteva essere un semplice accenno alla breve discussione
che lui aveva avuto con la professoressa giusto il giorno prima e il fatto che
il commento fosse arrivato giusto al filo dei suoi pensieri poteva essere una
banale coincidenza.
«Wow, il fighissimo secchione della scuola si ricorda il mio
nome» rispose lei, troppo esaltata per essere reale anche solo di un decimo.
Yagami aggrottò le sopracciglia, ma alla fine seguì la
sorellina che aveva già preso posto al tavolino rotondo dietro cui sedeva
Haruka.
«Comunque» disse, contemplando con sguardo vago ogni cosa in
quella bizzarra tenda, «questa è una messinscena, vero?... Voglio dire, non
puoi pensare davvero di poter
prevedere il futuro delle persone» terminò, come a voler mettere alla prova la
sanità mentale della ragazza.
«Prevederlo, no»
rispose lei con un sorriso indecifrabile. Indicò con un rapido gesto il
cartello arancione a caratteri neri che esplicava la tariffa di ogni seduta. «Ma in qualche modo devo pur arrotondare,
ti pare, Raito-kun?».
Lui sorrise, esasperato, scuotendo debolmente la testa, poi
prese il portafogli e mise nel barattolo alla sinistra del cartello la cifra
richiesta.
Indicò Sayu. «Dai, prevedile il futuro così posso andare a
finire il tema per quella strega della prof».
«Ma ha appena detto che non può farlo» uggiolò Sayu,
osservando accigliata il fratello.
Haruka ridacchiò; «e se annunciassi
il tuo di futuro, Raito-kun?» propose. Senza aspettare una risposta si sporse
sul tavolo e afferrò le mani del ragazzo, trascinandolo a pochi centimetri dal
suo viso. La sua voce si fece di una dolcezza carezzevole tanto quanto
minacciosa; «e se ti dicessi che domani durante l’ora d’inglese l’orologio
della tua vita inizierà a ticchettare inesorabilmente verso l’ultimo atto?».
«Ti risponderei che l’unica cosa che potrebbe capitarmi
durante l’ora d’inglese di domani è di addormentarmi dalla noia: argomento già
trattato l’anno scorso, ma il prof non se lo ricorda» rispose Raito, per nulla
toccato dalle parole della ragazza. Gentilmente si liberò dalla presa che aveva
su di lui e si rimise composto, sotto lo sguardo euforico di Sayu: aveva
qualcosa da raccontare alla mamma, Raito e una ragazza così tanto vicini che per un istante aveva pensato che Haruka lo
volesse baciare.
Raito indicò la “sfera
di cristallo” sul tavolino.
«Per quella hai dovuto svuotare una di quelle palle con la
neve?» domandò, ironico.
Lei sgranò gli occhi, «oh no! Assolutamente no! Sarebbe un
crimine contro l’umanità» disse con la voce più alta di un’ottava e
visibilmente shockata.
«Cosa?» domandò Yagami, incredulo per quella reazione tanto
esagerata.
Haruka lo guardò con ovvietà, «le palle con la neve vengono
create dagli umani. Quando un umano crea qualcosa, ci mette
inevitabilmente un pezzetto della propria anima e se quell’oggetto si rompe, si
rompe anche quel frammento. Sapendo, ora, questo… tu avresti mai il coraggio di
rompere una palla con la neve?»
Raito si guardò attorno visibilmente a disagio, cercando una
risposta tra le cianfrusaglie esoteriche della compagna di corso. La ragazza,
però, non gli diede il tempo di rispondere, riprendendo a parlare veloce e
allegramente come se nulla fosse successo; «Hey, Raito-kun, teniamo conto che
il passato rappresenti la morte… si dice che il presente è passato e il futuro
è presente, ma il futuro essendo presente è al tempo stesso passato… la gente
vive per morire?»
Sayu fissava come ipnotizzata prima quella strana ragazza
con le sue folli domande, poi il fratello, per la prima volta incapace di
rispondere a degli interrogativi.
Lui balbettò qualcosa, prima di ricordarsi che nessuno lo obbligava a rispondere.
Sbuffò, «Haruka, dove vuoi arrivare?» domandò, quasi scocciato.
Haruka fece ondeggiare a destra e sinistra l’indice. «Eh no,
mi spiace ma rispondere ad una domanda con una domanda è contro le regole». Si permise un sorriso, «e comunque non voglio
arrivare da nessuna parte, non adesso, non in questo luogo e non in questo
modo»
Raito annuì, sempre più confuso, «bene, allora credo che mi
toccherà andare a finire quel tema. Ciao Haruka, a domani» salutò, prima di
avvicinarsi all’uscita, tallonato da Sayu.
Aveva appena messo piede fuori quando le mani della ragazza,
avvolte in guanti di pizzo nero, gli artigliarono delicatamente il collo.
«E se questa fosse la tua fine?»
Raito si voltò di scatto. Haruka era ancora seduta dietro il
tavolino rotondo e li salutava con la mano, sorridendo. Si portò una mano al
collo… possibile che l’avesse solo immaginato?