Capitolo
quattro. Sex
And The Bici.
Il club in cui Ralph J si stava per esibire era gremito di
ragazzine urlanti e giovanotti dall’aria poco raccomandabile
che sembravano appena usciti da una rissa. Indossavano pantaloni
larghissimi con il cavallo che arrivava all’altezza delle
ginocchia, delle felpe enormi con il cappuccio e dei cappelli con la
tesa completamente piatta. Le femmine invece avevano delle micro
magliette che lasciavano scoperto l’ombelico e dei
pantaloncini inguinali.
Sam, ma dove cavolo sei
capitata, sul set di 8 mile o di Step Up?
Mi sentivo un pesce fuor d’acqua per il mio abbigliamento,
così diverso da quello di chiunque si trovasse nella sala.
Forse non era stata una grande idea mettere un miniabito blu elettrico
con le paillettes e un paio di tacchi alti per assistere al concerto di
un rapper. Per fortuna avevo il pass da giornalista per il back stage e
quindi mi ci infilai alla velocità della luce, insieme ad
altre due colleghe che non capii per che giornali lavorassero.
Provai e riprovai a convincere la guardia del corpo personale di Ralph
a farmelo incontrare qualche minuto prima dell’esibizione, ma
tutto quello che ottenni fu un Gira
i tacchi, nanetta, da parte di quell’omone di
colore grande e grosso. Fu un fatto del tutto fortuito il calcio che
gli rifilai nello stinco, proprio con quei tacchi su cui mi aveva
ordinato di girare.
- “Nanetta sarà tua sorella!”.
Sentendo le urla del bodyguard che inveiva contro di me,
avevo però attirato l’attenzione di Ralph che
stava giusto uscendo dal suo camerino, pronto a salire sul palco.
- “Ehi, tu, che succede?”. Cercai di ricompormi
alla bell’e meglio per eliminare la faccia da vendicatrice
della notte che avevo assunto e mi presentai.
- “Ciao Ralph. Sam Grayson di Music Magazine”.
Gli tesi la mano e lui me la strinse.
- “Hai qualche problema con Bob?” mi chiese
indicando l’uomo che avevo appena colpito. Guardai
l’uomo disinteressata e mi riconcentrai sul mio cantante.
Sam, di' qualcosa 'da
ghetto'!
- “Veramente no. Solo che non sopporto la gente che mi da
ordini”. Non
male, Sam. Rise e mi diede appuntamento a dopo il
concerto, nel backstage, dove forse avremmo bevuto qualcosa insieme.
Forse? Dobbiamo fare
sesso, mica perderci in questi cavilli, Ralph!
Seguii di malavoglia tutta la performance e iniziai a dubitare delle
capacità uditive dei cittadini europei: se quello era
cantare, lo avrebbe potuto fare pure anche Romeo!
Finalmente, dopo due ore e tre quarti lo straziò
terminò e io iniziai a prepararmi per quanto sarebbe potuto,
anzi dovuto, succedere. Ci incontrammo davanti alla porta del suo
camerino e lui mi invitò ad entrare, offrendomi una
bottiglia costosissima di champagne. Ero indecisa se accettare o no: Sam, se non bevi potresti non
trovare il coraggio di fare quello per cui sei venuta; se bevi,
però, potresti perdere il controllo della situazione.
Ergo, via di mezzo.
Decisi che un solo bicchiere non potesse nuocermi più di
tanto e, perciò, accettai.
- “Quindi, Sam Grayson, facciamo subito
l’intervista in modo tale che possiamo dedicarci a qualcosa
di più piacevole”. Sorrisi imbarazzata ma lo
ringrazia mentalmente; non c’erano dubbi che la sua
sfacciataggine fosse senza eguali, ma questo mi avrebbe permesso di
evitare un sacco di facce sensuali da adescatrice che proprio non mi si
addicevano.
Presi il registratore che tenevo sempre in borsa e lo tenni acceso
finché non ebbi finito di fargli le prime, stupide domande
che mi vennero in mente; in fondo, l’articolo
l’avrei dovuto scrivere e, se non altro, non mi ero sorbita
il concerto per nulla.
- “Ecco, direi che può bastare” gli
dissi, una volta terminata la riserva di richieste
d’informazioni che mi servivano per il pezzo su MM.
- “Bene. Parliamo d’altro, allora. Ti piacerebbe
fare un giro sul mio giocattolo?”. Prego? Sgranai gli
occhi, incapace di produrre una risposta e lui si mise a ridere.
- “Scusa, non pensare male: intendevo la mia auto. Sai
è una Ferrari modello…”. Bla bla bla.
Continuò a parlare mentre io potevo vedere solo le sue
labbra muoversi, visto che non ci avevo mai capito un’acca di
auto.
- “… allora ti va?” concluse.
Cacchio, Sam. Inizia a
pregare che ti porti a casa perché, okay, non hai mai visto
da vicino una macchina del genere, ma a occhio e croce non sembra molto
comoda per fare sesso.
- “D’accordo”. Mi indicò la
strada con un braccio e uscimmo da una porta sul retro, giusto per
evitare quell’orda di paparazzi che stazionava di fronte
all’entrata principale. Una voce ci raggiunse dall'interno
del club.
- “Ehi, Ralph! - ci girammo entrambi verso l’omone
che ci stava seguendo. Di nuovo il bodyguard - dove stai andando? Hanno
organizzato una festa per te nel privé”.
- “Lascia perdere, Bob. Ho trovato di meglio da
fare” rispose lanciandomi un’occhiata sorridente,
seguito a ruota dall’altro che, però, mi
squadrò da capo a piedi.
- “Sei sicuro?” domandò.
Ma guarda te questo!
Sono un gran pezzo di figliola io, eh!
Ralph annuii e si voltò per aprire l’auto. In una
frazione di secondo, mi girai verso la guardia del corpo e gli rifilai
una linguaccia degna di un moccioso dell’asilo che gli fece
peggiorare l‘opinione già scarsa che aveva su di
me. Molto maturo.
Salii sulla Ferrari e, contemporaneamente, mi salii l’ansia.
Sam, siamo giunte al
punto di non ritorno; potrebbe essere pericoloso andare in macchina con
uno sconosciuto. Però, hai lo spray al pepe e al massimo lo
denunci, gli fai fare una figura di merda sui giornali e ti prendi un
risarcimento milionario. Il gioco valeva la candela.
Fu il viaggio più breve della mia vita e, in men che non si
dica, mi ritrovai sul divano bianco ad angolo della sua immensa casa.
Era diversa da come me l’ero prefigurata: colori caldi alle
pareti, quadri d’arte moderna, arredamento curato, tende in
tinta con l’atmosfera di tranquillità che regnava
sovrana su tutto l’appartamento.
Non riuscii a trattenermi.
- “Scusa ma dove sono i graffiti sui muri, il disordine, i
vestiti per terra, le macchie sui tappeti?”. La domanda
sembrava più intelligente quando era soltanto nella mia
testa, ma io mi ero immaginata la roulotte sfasciata della madre di
Eminem e invece mi ero ritrovata a casa de Il Principe di Bel Air.
Arrossii per quanto avevo detto; dovevo essergli parsa piuttosto
limitata a livello cerebrale. E meno male che mi ero risparmiata la
parte delle prostitute in mutande in giro per le stanze! Colpa di Chuck
Bass e delle sue strane abitudini che ora mi facevano pensar male dei
ricconi.
Lui ridacchiò e, porgendomi un bicchiere di vino, si
accomodò di fianco a me.
- “E’ solo una maschera. Sono un tipo normale,
tranne che per il mio charme sopra la media, s’intende.
Faccio il duro solo per mestiere”.
Speriamo che qualcosa di
duro ci sia anche nella tua vita privata, Ralph, altrimenti le cose si
complicano. Oddio, stavo iniziando a parlare come Nick.
- “Capisco. Scusa per il commento idiota”.
- “Non ti preoccupare, è un pensiero di molti,
piccola. - mi rispose, con garbo e un briciolo di presunzione - Magari
un giorno il mondo conoscerà il vero Ralph”.
Finii in un sorso tutto il vino - dovevo farmi coraggio - e gli tolsi
dalle mani il bicchiere, appoggiando entrambi i calici sul tavolino di
fronte al divano.
Ora o mai più.
- “Perché non lo mostri, solo a me e solo per
stasera?”.
Mi avvicinai a lui e baciai un Ralph decisamente sorpreso dalla mia
iniziativa. Non si tirò indietro e, anzi, mi indusse a
mettermi cavalcioni su di lui che era seduto, appoggiato allo schienale.
Speriamo non mi si rompa
il vestito, con tutto quello che l’ho pagato!
Gli tolsi la maglietta, mentre lui, con dei gesti attenti e veloci, mi
tolse il miniabito da sopra, lasciandomi in intimo e ponendo fine alla
mia preoccupazione sulle sorti del mio vestiario: era sano e salvo
sulla poltrona.
Sei mezza nuda in
braccio ad uno sconosciuto e ti preoccupi del vestito? Di sicuro
c’è qualcosa che non va in te.
Forse i miei pensieri avevano tanto spazio perché, in fondo,
questo rapper non è che fosse così coinvolgente,
anche ad un passo dall’amplesso. Non come Nick, o Will, che
con un semplice bacio sulla guancia mi avevano dato
un’emozione più forte di quella che stavo vivendo
con Ralph.
Dio che squallida, Sam!
Stai per farlo con uno e ti metti a fantasticare su un altro. Peggio,
su due. Cavolo, la mia mente è più pervertita del
mio corpo!
Tornai a concentrarmi su quanto stava accadendo nella realtà
del momento. Ralph mi aveva sollevato dal divano, le mie gambe
allacciate dietro la schiena, diretto, presumibilmente, in camera da
letto. Acciuffai la mia borsa con la mano: la macchina fotografica era
lì dentro e mi sarebbe servita come prova per la scommessa.
Mi depositò con foga sul letto, liberandosi velocemente dei
jeans e, in un atto, mi fu sopra. Nonostante tutto, era un bel vedere:
un fascio di muscoli a cui i vestiti larghi e sbrindellati non
rendevano giustizia.
Certo, i suoi baci non erano un granché, ma di sicuro sapeva
cosa piaceva ad una donna. Le sue mani e la sua bocca erano
incontrollabili, spaziavano in ogni mio minimo pezzetto di pelle e
aumentavano la voglia che si era insinuata nel mio corpo di sentirlo
dentro di me.
Mi rendevo conto che si trattava solo di sesso, del nulla
più completo, lontanissimo persino da quel poco che
c’era con Will, con il quale almeno c’era un
affetto di base. E, seppur con tristezza, mi trovai a constatare che,
per ora, mi accontentavo anche di quello. Non ricordavo nemmeno
più da l’ultima volta in cui un uomo mi aveva
fatta sentire al centro dell’attenzione, soprattutto a letto.
Erano tutti troppo occupati a pensare a loro stessi, a raggiungere il
piacere anche da soli, e in fretta, dimenticando di avere una partner.
Anche il mio bel vicino, mio malgrado, aveva un’indole
egoista, mentre Ralph… Ralph era esattamente ed
inspiegabilmente l’opposto di tutto ciò. Era
dedito al mio piacere e sembrava conoscere il mio corpo da sempre e
meglio di me; non mi considerava solo un tramite per giungere
all’orgasmo.
Quella notte lo facemmo tre volte e ogni volta fu diversa, se non per
il fatto che la situazione rimase sempre nelle sue mani, in tutti i
sensi. Dovetti approfittare di un momento di break in cui era andato in
bagno, per trarre dalla borsa la macchina fotografica, togliere il
flash e metterla sotto il cuscino, nella speranza di trovare
l’attimo propizio per scattare quella maledettissima foto.
L’istante perfetto fu quando, tra il secondo e il terzo
round, lui si spostò di lato, e si posizionò
sopra di me, sovrastandomi con il suo corpo. Aspettai che indugiasse
sul mio collo per tirare fuori la macchina fotografica e scattai una
foto di lato, nella speranza che lui non si accorgesse del clic.
- “Cos’è stato?”. Si
staccò da me, confuso ed eccitato per quanto stava per
avvenire. Ancora.
- “Cos’ è stato cosa?”. Fare la gnorri is the way,
mi dissi.
- “Mi è sembrato di sentire qualcosa”.
Capii di dovermi inventare qualcosa, e anche in fretta,
perché altrimenti si sarebbe alzato dal letto alla ricerca
del rumore perduto.
Lo afferrai per la canottiera grigia che aveva indossato per andare
alla toilette qualche minuto prima e lo attirai verso di me.
- “Poche chiacchiere, Ralph. Non sono venuta qua per
parlare”. Accidenti, avevo convinto persino me stessa!
Lui ricominciò ad occuparsi in esclusiva di me e io non
potei non esserne contenta.
- “Mi piacciono le donne decise”.
S’intrufolò tra le mie gambe con le mani e
ricominciò da dove aveva interrotto un lento rituale di
corteggiamento delle mie parti intime.
Tutto il resto fu un turbine di nome Ralph che imperversava con la
lingua nella mia bocca, sul mio seno e sulla mia pelle.
Quando, però, s’insinuò come una furia
dentro di me, ebbi un sussulto. Una proiezione della mia vita nel
futuro: no!, non volevo finire come la mia omonima di Sex and The City
ad avere rapporti instabili con chiunque sul pianeta, per poi
ritrovarsi a cinquant’anni a stare con tutti e con nessuno.
Non era un caso se non mi erano mai piaciuti né il telefilm
né i film. Insomma, quattro quarantenni arrapate in cerca di
un uomo. E che uomini: Big, Harry e Steve non erano esattamente il mio
prototipo di compagno, sexy, della vita. Ma su Smith, un
pensierino…
Sam, sai qual
è l’unica differenza tra te e loro?
Vent’anni in meno, mia cara. Solo questo.
- “Oh Santo Dio!” esclamai con gli occhi sbarrati.
- “Anche a me è piaciuto, Sam” disse con
aria compiaciuta. Lasciai che il suo ego pensasse che il mio commento
fosse riferito alla sua prestazione, anche perché, tranne la
terza volta in cui mi ero persa nei miei ragionamenti e non mi ero
accorta che lui stava continuando con ritmo regolare
l’amplesso, se l’era cavata piuttosto bene.
- “Già. Sono distrutta, ora. Ti scoccia se dormo
qui?” gli chiesi sperando che mi rispondesse di no, visto che
non avrei avuto la forza di alzarmi, svegliarmi e chiamare un taxi per
tornare a casa.
- “Resta pure quanto vuoi. Vado a farmi una doccia; ti unisci
a me?”. Samantha
Jones.
- “No! - risposi impulsiva. Ralph mi guardo sorpreso e io
inventai al volo una scusa da manuale - No, ho bisogno di una tregua.
Sai, vorrei saper camminare domani”.
Lui ridacchiò, orgoglioso del lavoro fatto, e mi
indicò un secondo bagno in cui avrei trovato anche degli
asciugamani puliti. Lasciai che lui se ne andasse per primo, dal
momento che doveva scattare la seconda parte del piano: il ratto dei
boxer. Frugai tra le lenzuola e li trovai cacciati in fondo, sotto la
coperta; li presi con l’indice e il pollice in un angolino -
erano pur sempre mutande usate - e li infilai in un sacchetto di
plastica che avevo messo in borsa. Notai solo l’etichetta: Ralph J. Dio, aveva
persino i boxer personalizzati!
Gettai un occhiata per vedere se aveva intenzione di tornare, ma sentii
il getto d’acqua della doccia cominciare a scorrere da dietro
la porta in cui si era rifugiato. Lo avvertii perfino canticchiare una
canzone nota; stetti ad ascoltare ancora un istante e realizzai che non
era una delle sue melodie spacca timpani, ma era un motivo molto
più dolce e malinconico. Cazzo! Nel momento
stesso in cui realizzai che melodia fosse, non riuscii a trattenere un
risolino idiota che si spiegava in due parole: Celine Dion. Se
solo fossi stata un po’ più opportunista, e un
po’ più stronza, lo avrei registrato e avrei
mandato il video alla prima televisione interessata: praticamente avrei
decretato la sua umiliazione di fronte al mondo intero. Ma Ralph in
fondo mi piaceva e sapevo che la modalità da ragazzaccio di
strada era attiva solo sul palco.
Perciò cercai di ignorare l’impulso di fare
irruzione nel suo bagno per improvvisare un duetto e mi diressi verso
la mia tanto agognata doccia, ballando sulle note della colonna sonora
di Titanic.
La mia performance continuò anche sotto il potente
dell’acqua, che, nella mia mente, rese ancora di
più l’idea del transatlantico che affondava,
speronato da un iceberg, nel mezzo di un gelido Oceano Atlantico che,
nel mio caso, però, assomigliava molto più ai
mari torridi dei Tropici.
Mi asciugai e finalmente mi infilai nel letto, dove c‘era
già Ralph appisolato e diedi una sbirciatina
all’orologio: le 4:05. Merda, la sveglia sarebbe suonata
appena tre ore dopo.
- “Buona notte, Sam”, mi disse sottovoce.
- “Notte”. Lo sentii rotolarsi sul materasso e
abbracciarmi da dietro. Lo lasciai fare, pensando che un po’
di calore umano avrebbe potuto riempire il vuoto che sentivo ogni volta
dopo aver fatto sesso. E, quella sera, ne avevo ben tre di vuoti.
- “Sam, spegni quella maledetta sveglia!”. Avevo la
sensazione di avere appena chiuso le palpebre e già il
mondo, e Val, pretendevano che mi alzassi per andare a lavoro. Per un
attimo pensai di addurre con il mio capo la scusa che, essendo io nello
stesso letto del soggetto del quale avrei dovuto scrivere, sarebbe
stato molto più proficuo farmici rimanere. Ma poi pensai che
sarebbe stato troppo difficoltoso spiegare il perché della
mia presenza sotto le lenzuola di Ralph J e, così, cercai di
raccogliere le energie per smuovere i muscoli delle gambe ed obbligarli
a sorreggermi.
Nada de nada.
Sentii una sorta di singhiozzo provenire dal soggetto vicino a me e,
pensando si trattasse di traveggole mattutine, non gli diedi peso e
tornai a concentrarmi sulla necessità di muovere il culo
fino all’ufficio.
- “Non andartene, ti prego”. Mi girai verso il mio
partner e, solo in quel momento, notai le due zampogne che aveva al
posto degli occhi, arrossati e gonfi. Fu un istante di puro
panico che mi fece destare completamente.
Che cavolo sta facendo?
Rimasi zitta per qualche minuto, ma la situazione non
accennò a migliorare; al contrario, lui sembrò
iniziare a piangere a dirotto, lasciandomi sgomenta e con la
necessità di dire qualcosa di sensato. Era passato dalla
durezza della prima frase circa lo squillo assillante della sveglia,
all’isteria del mio possibile abbandono.
- “Dai Ralph, non fare così”.
Ma perché non
vengo mai colpita da un fulmine in momenti come questi?
Si ricompose un po’ e poi mi disse:
- “A cosa stai pensando, Sam?”. No, un attimo.
C’era qualcosa che non andava: dov’era finita la
botta e via senza pensieri né conseguenze? Qualcuno durante
la notte, nel sonno, aveva sottratto il mio Rocco Siffredi personale e
lo aveva scambiato con una mezza tacca frignante. Oppure dovevano
essersi invertiti i poli magnetici della Terra perché lui si
stava comportando come una verginella illusa e usata ed io facevo
l’uomo menefreghista che se ne vuole andare dopo una bella
scopata.
Brava Sam, ora datti una
bella frullata al pacco e sarai persino credibile nei panni del macho.
- “A niente, Ralph”. Non piangere, ti prego!
Lui mi guardò stupido e un po’ deluso.
- “Come a niente? Stanotte è stato bellissimo, non
puoi essere rimasta indifferente”.
Il problema è
che stanotte eri Casanova, stamattina hai la carica sessuale di
un’ameba. Morta. Schiacciata da un camion e passata al
tritatutto.
- “Sai, Ralph, è che sono molto confusa.
E’ stato magnifico con te, ma non credo che ciò
sia destinato a durare; hai la fama da latin lover - e io ammazzerò chi ha
messo in giro questa voce - ed io non so se
posso sopportarlo. Sento che c’è una forte
connessione tra me e te e non voglio che s’interrompa,
modificando la situazione. Capisci?”. L’insegnante
di recitazione del mio liceo avrebbe dovuto mangiarsi le mani per aver
perso un elemento come me.
Mi guardò pensieroso e scosse la testa in modo deciso quando
gli profilai l’ipotesi che le nostre strade potessero
dividersi.
- “No, non posso permettere che il nostro amore si dissolva
così, per colpa delle male lingue. Con te è
diverso, lo so”. Tra tutte quelle che si portava a letto,
proprio io dovevo fare la differenza? E poi ci conoscevano da trenta
secondi e questo già mi parlava di sentimenti.
Appunto mentale: farlo
conoscere a Katy. Il suo odio unito all’amore di
Ralph si sarebbero compensati a vicenda e avrebbero dato un risultato
sensazionale per tutti: tanta felicità per loro e Sam viene
lasciata in pace!
- “Devo imparare a convivere le dicerie, ma sarà
molto difficile riuscirci”.
Non capii perché, ma il suo viso assunse un‘aria
felice.
- “Potresti venire ad abitare qui con me. Io e Bob ti
terremmo completamente protetta dal mondo. E’
un’idea fantastica!”. No, no, no, no, no!
Volevo già sbolognarlo dopo una notte insieme, figurarsi a
viverci insieme; e poi con quell’idiota antipatico del suo
body-guard, per carità divina, manco morta.
Ero capitata nella peggiore delle telenovele sudamericane.
Scusa, Celine, tu hai
cercato di avvertirmi e io non ti ho ascoltato.
- “No, tesoro, non credo sia una buona idea. - risposi mentre
lui tornava ad assumere un broncio da ragazzino - Per capire se
veramente possiamo stare insieme, dobbiamo stare lontani per un
po’. Solo il tempo ci dirà se siamo fatti
l’uno per l’altra; forse tra uno, due,
vent’anni - facciamo
mai? - ci rincontreremo e capiremo che è il
momento per noi”.
Pensai che avrebbe ripreso a singhiozzare e invece il suo volto si
illuminò.
- “Ho capito, Sam. Siamo come Giulietta e Romeo! When you wanna realise it was
just that the time was wrong, Juliet?”. Non mi
aveva appena cantato, stonato per giunta, un verso della canzone dei
Dire Straits, vero?
Rimasi in silenzio e immobile, mentre lui mi correva incontro e mi
abbracciava, stritolandomi, con un sorriso a trentadue denti.
- “Vai, Sam, vai a vivere la tua vita là fuori. Ci
ritroveremo, vedrai amore”. Mi stampò un bacio a
stampo sulla bocca e mi fece rivestire in fretta e furia per cacciarmi
letteralmente fuori di casa.
- “Vai, dolce tesoro mio. A presto, amore!”. Mi
sbatté la porta in faccia e io rimasi lì, come
una babbea, maledicendomi per la mia uscita infelice sulla cazzata del
rincontrarsi tra un po’.
Vai a quel paese, Sam,
potevi almeno dirla una volta che ti aveva accompagnata a casa!
Scesi in strada, salutando il portiere del palazzo che mi
squadrò neanche fossi una barbona. Feci in tempo a
specchiarmi nella vetrata all’ingresso e notai, con mia
profonda desolazione, che era già tanto se non mi aveva
scambiato per una selvaggia, la sorella di Mowgli magari: i capelli
scompigliati, i vestiti stropicciati, il viso pallido e struccato.
Per giunta non si fermò neanche un taxi - per via del mio
aspetto da amica di Tarzan, immaginai - e quindi fui costretta a
noleggiare una di quelle stupide biciclette che il sindaco Johnson
aveva voluto in tutta la città. Non ce l’avrei mai
fatta ad andare a casa a cambiarmi per poi recarmi in ufficio, ma non
vedevo altre opzioni valide al di fuori del teletrasporto.
Cominciai a pedalare, attirando l’attenzione degli
automobilisti sul mio fondoschiena che il miniabito non copriva
totalmente. Cercai di non pensarci, anche perché erano anni
che non usavo una bici ed ero un pochino arrugginita.
- “Ehi tu, bel sedere”. Mi girai furiosa pensando
che solo un idiota potesse fare un commento del genere, visto il
celeberrimo aplomb degli Inglesi.
- “Imbecille!” dissi, ma notai subito gli occhi
color ghiaccio del maleducato che mi fissavano da un fuoristrada scuro.
Era tornato, bello come sempre in una maglietta a maniche corte.
Vidi Nick ridere, mentre io rimanevo allibita a fissarlo, non
curandomi di guardare la strada davanti a me. Lo vidi anche diventare
serio e provare a dirmi qualcosa a parole e gesti, ma il clacson di
un’auto gli coprì la voce e, a quel punto,
successe l’inevitabile.
La mia bicicletta si schiantò contro un lampione a lato del
marciapiede e io venni disarcionata come un sacco di patate
sull’asfalto. Una signora cicciottella con un passeggino si
fermò ad accertarsi delle mie condizioni; mi toccai la
fronte con la mano e mi accorsi che le dita era sporche di sangue, ma
constatai che non avevo niente di rotto, se non qualche graffio e
ammaccatura qua e là. E il vestito.
No, il vestito no!
Avrei potuto illudermi finché volevo, ma quello strappo
sulla coscia destra c’era eccome e le paillettes sul cemento
ne erano la prova.
- “Sta bene, signorina?” mi chiese la donna.
- “S-sì, grazie, tutto bene” risposi
alzandomi a tentoni, afferrando la borsa che era rimasta incastrata nel
cestino.
- “Non si preoccupi, ci penso io a lei, è una
mia… amica”.
Mi voltai verso Nick e vidi che aveva parcheggiato la macchina a una
decina di metri dal luogo del misfatto. Brava, Sam, fagli fare pure la
parte dell’eroe.
La signora se ne andò sorridendo e io la ringraziai
nuovamente per essersi fermata a controllare.
Nick mi aiutò a mettermi in piedi - almeno le scarpe erano
salve! - e mi condusse alla sua auto, per poi sistemare la bici, che
per fortuna non aveva riportato danni, in uno degli appositi ganci.
Tornò da me.
- “Harry Potter, - prese un fazzoletto di carta e me lo
posizionò sulla fronte, tamponando la ferita - dove andavi
di tutta fretta a quest’ora?”.
- “In ufficio. Sai, la gente normale ha un lavoro
normale” dissi acida. In fondo, era colpa sua se avevo fatto
un capitombolo di fronte all’universo.
- “Mi sa che il nostro mestiere non è tanto
diverso dal tuo, se vai vestita in questo modo”. Come dargli torto, Sam.
- “E’ per quella stupida scommessa. Sono rimasta a
dormire da Ralph J” esclamai con una punta di orgoglio,
mentre lui metteva in moto la macchina e partiva.
- “Ralph J? Bel colpo, Sammy. O, almeno, spero lo sia
stato”. Aprì la bocca in un ghigno malizioso e
tutto ciò non fece altro che pungere il mio ego e
stimolarlo, come al solito, ad averla vinta.
- “Lo è stato. Tutt’e tre le volte. -
Nick non si scompose neanche dinnanzi al mio sorriso beffardo e
continuò a guardare fisso la strada. Tirai fuori dalla mia
borsa il sacchetto di plastica con dentro i boxer e glielo porsi - A
proposito, questa è la prova”.
Lo afferrò un po’ disgustato e lo
ispezionò dall'esterno. Chiedimelo,
chiedimelo.
- “M-mm, interessante. Ma come faccio a sapere che
effettivamente sono i suoi?”. Grazie, Nick.
- “Basterà dare un’occhiata
all’etichetta. Sono personalizzati”, dissi
raggiante e, anticipandolo, presi la macchina fotografica e gli mostrai
la foto, senza nemmeno guardarla.
- “Uh, dev’essere proprio un grande amante, questo
rapper, a giudicare dalla tua faccia da lontra arenata sulla
spiaggia” mi rispose, serio. Osservai l’immagine e,
cavolo!, aveva ragione: sembravo proprio un pesce lesso.
- “Non vuol dire nulla! - mi difesi, arrossendo vistosamente
- E, comunque, io la mia parte l’ho fatta. Ora tocca a te.
Ma, aspetta, forse ti sei sentito esonerato per il fatto che eri fuori
città; se è così, sappi che ti sei
sbagliato di grosso”. Sorrisi trionfante e mi godetti il
panorama fuori dal finestrino.
Non disse nulla, ma accese la radio e alzò il volume,
stringendo le mani al volante.
Ti ho zittito,
finalmente.
Trascorremmo il resto del viaggio fino a casa mia in silenzio, io
crogiolandomi nella mia convinzione di averlo messo al tappeto e lui
senza mai distogliere lo sguardo dalle macchine davanti, guidando in
modo sicuro e sportivo.
Accostò la macchina sotto il portone del mio condominio e mi
rivolse un’occhiata fugace.
- “Beh, grazie del passaggio. Aspetto tuo notizie,
allora”. Stronza fino al midollo.
Richiusi la portiera in fretta, non aspettando nemmeno che rispondesse,
e presi l’ascensore fino al mio piano, il terzo. Davanti alla
porta notai un piccolo pacchetto color avorio, sigillato con della
ceralacca sulla quale era incisa una sola lettera: N.
Lo raccolsi la terra e notai che c’era anche un biglietto
sotto.
Goditi la visione, Sammy.
Ci sono due video perché, sai, ho trovato il tempo di
divertirmi un po’ fuori città. Ah, Jamie e Candy
Rowell ti hanno lasciato anche un autografo, oltre che i loro slip. N.
Jamie e Candy Rowell?
Quelle due sorelle oche che agitavano il culo in tutti i loro video,
trasmessi in tutte le televisioni, in tutte le nazioni del mondo?
Cazzo, quelle erano talmente famose che, in confronto, Ralph J sembrava
un cantante da sagra della salsiccia.
Ennesima figura di merda con lui: mi aveva fatto blaterare a vanvera
per poi rinfacciarmi tutto con quello stupido regalino recapitatomi a
casa.
No, decisamente Samantha Grayson non sarebbe mai diventata Samantha
Jones.
Perché no, Samantha Jones non si sarebbe mai fatta fregare
ancora una volta come un pollo.
Sì,
sono in ritardo! Ma mi giustificherò dicendo che mi sono
portata avanti con i capitoli successivi e che ho in programma una
performance artistica di Sam.
La
canzone del titolo è “Sex And The City”
dei Morgan‘s Project e aggiungerò che non era il
titolo che avevo in mente, ma ho cambiato idea perché era un
po’ TROPPO TROPPO TROPPO spinto.
Spero
che il capitolo vi piaccia e vi ringrazio come sempre per averlo letto!
Alla
prossima!
HappyCloud
SunshinePol:
in attesa della tua storia e del crossover, ti ringrazio per la
consultazione sul verbo prima al telefono! Baci cara!
Emily
Doyle: Sam li incontra fighi sì, ma si è pure
beccata un pacco come Ralph e ti assicuro che a quel punto se
n’è andata tutta la fantasia :D un bacione
Windedangel:
bacchettona fino ad un certo punto! Mi scuso per il ritardo di questa
settimana e spero che non abbia minato ulteriormente la tua
sanità mentale!! Ciao, baci!
Rose
in Winter: buon pomeriggio, Satana. Non ti chiederò
perché ti metti alle 3 di notte a leggere il capitolo, ma ti
ringrazierò ugualmente! Mi auguro che il capitolo ti
soddisfi e…povero Will! Ma vedrai che Nick ci
riserverà un sacco di sorprese! Ciaooo
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