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“Signorina, ma mi sta ascoltando?”
No certo che no, penso staccando a fatica gli occhi
da quella meraviglia di divano nell’ufficio del mio prof. ‘la serpe’
Questo individuo lo odio. Lo odio da quando sono riuscita a
stenderlo per sbaglio fuori dall’università. E’ andata così: Flashback!
"Corri corri
corri!"
"Ma che corro?!" Urlo diretta alla mia amica che mi distanzia di quattro passi
buoni "è già iniziata? Che figura di merda, in ritardo il primo giorno!"
Mi presento:
Felicia, 25 anni, fuori corso e single per scelta, in ritardo alla prima lezione
di Immunologia. Prof mai visto, amiche per supporto solo una, Charie, che si sta
scapicollando in mezzo ad una massa d’architetti stravaccati e in attesa
dell’uscita di qualche esonero.
Dribblo un tipo
a destra, uno a sinistra e inciampo sul laccio delle Superstar bianche e blu,
traballando e finendo dritto addosso ad un tipo che è appena sceso dalla moto.
Me lo vedo arrivare incontro alla velocità della luce: schiaccio il naso e il
resto della faccia sul risvolto della giacca grigia fumo di Londra appena
apparsa da un giubbotto da motociclista e sento la terra sotto i piedi mancare.
L’urto è
tremendo e il botto della moto quando cade ancora di più. Finisco a terra
insieme al motociclista che atterra pesantemente sul proprio sedere e lascia
andare il casco che gli sfugge di mano e cade in testa alla sottoscritta,
strappandole un altro grido di dolore. Il polso sinistro mi fa un male cane:
l’ho storto per cercare di ammortizzare la caduta, la borsa è volata spargendo
tutto il contenuto in strada e non sento più il ginocchio destro. Resto per
qualche lungo istante ferma, cercando di alzarmi ma rinunciandoci quando sento
il polso dolere, allo stesso tempo cerco di mettermi in ginocchio per sollevarmi
da quel tipo che sta ringhiando sotto di me e mi massaggio la testa nel punto in
cui sono stata colpita. Sento i peli del tessuto sulle labbra, il che vuol dire
che il mio gloss rosso è finito sulla giacca di quel tipo macchiandola. Questo
rende il fatto ancora più grave.
Non voglio
neanche pensare ai graffi alla moto!
”Mi dispiace…scusi…” singhiozzo portandomi entrambe le mani alla testa e
riuscendo almeno a scavalcarlo. “Mi si è slacciata una scarpa.. e quel maledetto
architetto di mezzo mi ha tagliato quasi la strada!” urlò rivolta verso la gente
che sta sghignazzando a più non posso.
Sento borbottare un ‘fa niente’ parecchio stizzito e osservo il motociclista
tirare su la moto e stringere i denti alla vista del graffio.
Porca miseria,
quello deve essere qui per qualche seminario, guarda te che vestito! Gli passo
il casco sempre tenendo gli occhi fissi sulla macchia rossa “le ho macchiato il
vestito” sussurro indicandola col dito.
Il tipo mi
fulmina, stavolta. Mi manda il conto della tintoria, sicuro a palla!
“E’ indelebile?”
Domanda chiudendo pesantemente il bauletto posteriore.
Scuoto la testa
e cerco di tirarmi su, ma mi fa male il ginocchio da morire.
”Felicia!! Che cavolo fai?”
“I danni!” urlo
rivolta alla mia amica che mi guarda e zampetta sul posto “dai, su il prof
ancora non è arrivato”
Mi da una mano ad alzarmi mentre osservo la sbucciatura sulla mano. Erano anni
che non mi facevo così tanto male.
“Andiamo in
bagno, va” mugugno lanciando un’altra occhiata al tipo che sta cercando di
togliere il mio gloss dalla giacca. Pensa tu se è sposato! La moglie se lo
mangia, stasera!
Tre minuti dopo
entro in aula e sbatto la borsa sul primo tavolino libero. Tanto è un corso di
indirizzo e la gente è poca e non si accalca per il posto migliore. “Ma sapete
com’è fatto sto tipo? Umano, tre occhi, imparentato con una iena?” Domando alla
prima ragazza che mi si affianca. Lei sorride e ammette che all’esame è un
bastardo cronico.
Ecco, cominciamo
bene, penso alzando le sopracciglia. Questa è l’ultima cosa che devi dire ad una
persona che deve affrontare un corso con relativo test finale.
“Buongiorno,
scusate il ritardo” tuona una voce vagamente seria. Mi volto verso la cattedra e
il sangue mi si ghiaccia nelle vene. O porca miseria ladra!
Il prof mi
guarda con aria trita. Il tipo che ho sdraiato! Mi boccia per partito preso!
Rimugino tutto insieme mentre quello mi fissa ancora. Cerco di fare finta di
niente, ma Charie mi sussurra che sto diventando viola e mi domanda se sto bene.
“No…non vedi che
è quello della moto?” bisbiglio facendo finta di spostarmi per prendere il
quaderno dalla borsa.
Lei lo studia e
storce la bocca “già… sei fottuta”
La guardo e mi
domando se è davvero mia amica. Fortuna che dice di volermi bene!
La lezione va
avanti tranquilla, ho un mucchio di domande da fargli, ma me le tengo tutte
sulla punta della lingua, finchè non esplode la solita cascata di quesiti che
ascolta senza battere ciglio. Mi risponde garbatamente e continua a fissarmi
come fossi una cacchetta di poco conto. Mi prende in giro e sogghigna a certe
domande che ritiene ‘del tutto sciocche.’
Brutta
bestiaccia! A parte che sta materia la so meglio di tutti gli altri, qua dentro,
perché è la mia passione, che bisogno c’è di prendermi in giro?
“E’ stato
esaurientissimo” ringhio mollando la penna sul banco e guardandolo storto.
Già lo odio…
Ed è solo la
prima lezione!
Capito, quale enorme disgrazia mi è piombata sulla testa?!
Meno male che non è sposato: sai che casino spiegare alla moglie, tracce tanto
evidenti di rossetto? Ti è andata bene che non è quello indelebile, penso
tornando a fissarlo con aria di sfida.
Non sarebbe neanche tanto sgradevole se non aprisse bocca
per parlare. E finchè mi racconta la lezione posso anche sopportarlo. Sono le
battutine sarcastiche quando chiedi spiegazioni, che non mi sconfinferano. Sono
le occhiatine che ti lancia tanto per farti sentire una merda perché non sai
un’acca di Immunologia, che non mi vanno giù.
Risultato, se voglio fare l’esame, devo prima capire sto
benedetto complesso MHC e devo sopportare quella penna nera che va su e giù su
foglio bianco tracciando molecole e strati lipidici. Credi che sia stupida?
So benissimo come funziona un anticorpo, non credere di farmi fessa, penso
rispondendo più o meno questo al quella serpe dagli occhi azzurri che sorride e
crede di parlare ad una demente.
“E allora se lo sa, perché è venuta a disturbarmi?”
“Smettila stai
sbavando”
“Non sbavo!”
“Si che sbavi:
hai anche l’occhio lubrico da gatta in calore”
“Vaff…. Charie!
La mia è rabbia e odio. Sto cercando di fulminarlo a distanza!”
Quanto non sopporto i professori che mi danno del lei.
Chiamami con il numero di matricola, visto che ci sei, rimugino stringendo i
denti per non dirgli ciò che penso.
“Perché mi sfugge il concetto di interazione
dell’antigene”ribatto con forza, fulminandolo nuovamente.
Lui getta la penna sul foglio e si tira indietro,
mantenendo un sangue freddo che mi ghiaccia le vene. Ecco, adesso sbrocca di
brutto e all’esame si vendica.
Quella benedetta ragazza me la ritrovo nell’aula senza volerlo. Le farei pagare
tutti i danni alla moto, ma bisogna ammettere che non è colpa sua se è caduta.
Forse, se si fosse allacciata meglio le scarpe prima di uscire di casa, non
sarebbe franata in quel modo. Certo che correva, quasi non l’ho vista arrivare!
Mi sono ritrovato a terra senza rendermene conto, mentre quella poveretta moriva
d’imbarazzo e diventava di tutti i colori. Carina, ma una trifolamaroni da
niente. Siamo solo alla prima lezione e già discute di cose che, in teoria,
dovrei spiegare fra un mese. Mi da l’idea della prima della classe un po’
leccapiedi.
La vedo
biascicare con l’amica invece di ascoltarmi, ho capito che le fa male il polso e
il ginocchio, ma non è un buon motivo per stare disattenta in quel modo. La
riprendo un paio di volte, neanche stessi insegnando ad una classe di liceali e
lei mi fulmina con quegli occhietti scuri e scintillanti. La tigre tira fuori
gli artigli! Vedrai quanto ti faccio penare, bella mia!
Test di
autovalutazione fra tre giorni … voglio vedere se ringhierai ancora in quel
modo.
“Non ti sfugge. Non lo sai perché invece di studiare passi
le giornate a pomiciare con il tuo ragazzo” borbotta con un altro di quei mezzi
sorrisi cattivi.
È troppo! Ma che ne sa di quello stronzo di quello
che faccio? Mi parte il lume della ragione tutto insieme, tiro indietro la sedia
facendola strusciare rumorosamente sul pavimento e gli strappo via il foglio
dalle mani “direi che è stato esauriente nella spiegazione. La ringrazio”
ringhio a denti stretti per evitare di mordergli la testa. “La ringrazio di aver
perso tempo a spiegarmi come ‘non impiegare il mio tempo’” borbotto mentre
infilo i libri nella borsa che pesa già un accidente “e per sua informazione non
ho un ragazzo con cui passare le giornate a pomiciare. Sono già troppo occupata
a sopportare le sue noiosissime e misogine lezioni per riuscire a sopportare
ulteriore presenza maschile nella mia vita.”
Ecco, brava! Insisti vedrai che all’esame ti si fa
quattro volte e mentre ti stai chiedendo come ha fatto a fregarti, ti ha già
messo alla porta, pondero nervosa fino all’ultimo capello.
La serpe non replica ma mi guarda con aria distaccata e
gelida “non ho mai avuto una classe peggiore della vostra. Sono abbondantemente
pagato per insegnarvi. Che capiate o no, non è un mio problema”
Che testa di cazzo! Alzo la testa e lo fulmino
un’altra volta “lei mi ricorda tantissimo il mio professore d’inglese del liceo.
Ci spaccava in quattro, ci puniva, ma l’inglese ce lo insegnava!”
“Vedo. Sei l’unica che ha capito qualcosa del test in
lingua del 13 ottobre” afferma rovistando in un armadio e traendo un pacco di
compiti. “Ti ho messo anche 28”
Mi allunga il foglio che prendo con due dita e
immediatamente mi apro in un sorriso di soddisfazione.
“All’esame pretendo un trenta. Quindi, se non hai tempo da
perdere per pomiciare, perdi tempo a studiare. E se non capisci qualcosa, il mio
orario di ricevimento è sulla porta”conclude rimettendosi a sedere e non
degnandomi di un’ulteriore occhiata.
Brutto bastardo! Adesso vorrebbe che mi scusassi! Poso il
compito sulla scrivania e mi avvicino alla porta col mento alto e una
battutaccia pronta. Poi torno a guardare il divano e sorrido cattiva “Ma cosa ci
fa un divano del genere nella tana di un serpente?”
“Lo uso per estorcere sesso alle studentesse indisponenti
come lei” afferma a mezza bocca lasciandomi stupita.
Toh fa anche le battute, penso chiudendomi la porta alle spalle e
ridacchiando. Questa è da raccontare!
Nuova lezione. La serpe va su e giù, muove la mano destra
continuamente, mostrando a tutte le studentesse quanto è figo, mentre si gratta
un angolino della bocca e continua a rispiegare per l’ennesima volta il concetto
che non capivo l’altro giorno.
Non ha tutti i torti: le mie amiche si fanno gli affari
loro, messaggiano, sfogliano la prossima lezione e sono disattente, finchè il
cerbero non sbatte sulla scrivania i compiti. Io sono tranquilla, ma vedo le
ragazze agitarsi.
Li distribuisce senza emettere un fiato, alzando le spalle
alle lamentele. Per un momento ho paura che il mio 28 si sia tramutato in un 18
e quando mi porge il foglio, mi lancia un’occhiata strana.
Cos’è, un avvertimento a non divulgare la notizia della
precedente conoscenza del mio voto? Tranquillo cocco, qua è una guerra aperta
con i cosiddetti ‘colleghi’.
La serpe tuona e sibila verso le insufficienze e ci ricorda
che siamo ricercatori, non avvocati e che l’inglese lo dobbiamo sapere.
Lui sì che lo sa. Ho fatto una bella ricerca su Google e ho
trovato il suo curriculum. Ne ha fatte di cose, il bel Paolo ‘occhi azzurri e
ghigno da stronzo’.
Lo stronzo non ha neanche 40 anni e ha una lista di
ricerche all’attivo impressionante. Sono sinceramente colpita. Mi viene da
ridere alla battuta del divano e ci metto molto tempo a togliermi quel risolino
dalla faccia.
Lui m’intercetta e mi fulmina. Cammina fino a me, primo
banco solo perché sono miope e stamattina le lenti a contatto mi davano un
fastidio della madonna, tanto che mi hanno costretto a mettere gli occhiali e
sorride amabilmente, cosa che mi mette i brividi.
“Felicia, dico giusto? Ci spiegherebbe il concetto d’interazione,
visto che me l’ha chiesto più volte e si permette di essere disattenta?”
Figlio di puttana! “Non ero disattenta, per il
semplice fatto che non stava spiegando ma pontificando sulla necessità dello
studio della lingua inglese” borbotto sfidandolo un’altra volta.
Alla terza volta, questo capace di mettermi sulle ginocchia
e sculacciarmi.
Non posso pensarci, mi viene troppo da ridere.
Mi strozzo dalle risate e qualcuno accanto a me anche.
Risultato? Mi sbatte fuori dell’aula senza tanti complimenti.
Resto a guardare la porta chiusa intercettando un mio amico
che transita e ci andiamo a prendere un panino al bar. Lui mi consiglia di
chiedere scusa, stavolta.
Mi sa tanto che è il caso, penso tornando su e aspettando
che la porta si apra. Mentre escono, le mie amiche mi danno lo stesso
suggerimento di Andrea.
Attendo che se ne siano andate tutte e rientro nell’aula a
passo calmo. La serpe sistema le slides e mi lancia un’occhiata in tralice.
“Le volevo chiedere scusa per il mio comportamento”
cantileno senza molta convinzione.
“Le scuse sono sentite, a quanto posso capire” mi rintuzza
ghignando.
Ma sarà stronzo?
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