MLC primo
*Autore: margherota
*Titolo: Mueve la colita – Cap. I: Bandierina
*Claim: Ivan Braginski/Russia (APH)
*Prompt: 011. Rosso
*Altri personaggi: Alfred F. Jones/America, Un po’ tutti
*Genere: Comico, Commedia
*Avvertimenti: AU, What if…?, Shonen ai
*Rating: Giallo
*Conteggio parole: 2055
*Note: Il prompt da cui
è originata questa fan fiction appartiene alla community
fanfict100_ita, la cui iniziativa vede anche me in veste di
partecipante (L)
Ecco il primo capitoletto (L) La lingua che si parla nel Camp è
l‘inglese, e questo perché ho pensato che, laddove diverse
nazionalità si incontrano, serva una lingua franca per la
comprensione. E questa è l’inglese <3
E dopo di questa TEMO che la long sarà più long del
previsto XD Ma non disperate, non la farò TANTO long
ù.ù anche perché non mi sarà possibile XD
Per le recensioni, io vi ringrazio infinitamente - davvero! - e spero
nella vostra pazienza e nella vostra fede, che arriverò anche io
prima o poi a rispondervi ognuno, davvero ;3;
Bandierina
Antonio non era una di quelle persone che sentivano la pressione
addosso. Neppure quando, a guardarlo in cagnesco, c’era un nugolo
di persone decisamente contrariate, costrette com’erano state
appena qualche minuto prima nella più imbarazzante delle
attività.
Il sorriso dello spagnolo era capace di schermare ogni possibile
malocchio, riuscendo in qualche modo a garantirgli
un’incolumità davvero straordinaria. Per questo, dopo che
lui e i suoi due compagni erano riusciti con eroici propositi a riunire
tutte quelle persone e a farle rimanere in silenzio per più di
dieci secondi netti, l’uomo inspirò forte e proruppe nel
suo secondo discorso della giornata – il primo era stato quello
di benvenuto appena prima del fatidico ballo.
-Rieccoci qui, signori villeggianti! Ora che abbiamo ballato tutti
assieme, il ghiaccio tra noi è finalmente stato sciolto e
si può dare inizio alle vere danze!-
Qualcuno tremò appena a quelle poche parole, come se un puro e
sincero terrore l’avesse completamente preso. Il povero Ludwig si
dovette trattenere dall’alzare gli occhi al cielo, rifiutandosi
di immaginare a cosa mai quelle sottili minacce potessero fare
riferimento. Ma se il tedesco era più afflitto che altro, un
inglese dall’indubbio cattivo carattere – nonché un
certo orgoglio che gli avrebbe fatto passare le pene dell’inferno
– arrivò addirittura ad alzare la mano per poter mostrare
pubblicamente il proprio sdegno con parole pungenti e per nulla pietose.
Ma Antonio non gli diede minimamente corda, probabilmente troppo entusiasta per vedere realmente le facce di chi aveva davanti.
-La giornata tipo di queste due settimane sarà strutturata in
maniera pressoché lineare. Al mattino, giusto per svegliarci per
bene e scrollarci di dosso il sonno della notte, si ballerà
tutti assieme prima della colazione, come abbiamo appena fatto! Anche
se oggi abbiamo ballato solo una canzone, da domani ce ne saranno
altre, per un totale di almeno dieci tracce che incideremo
successivamente in un CD e vi consegneremo alla fine di queste due
settimane!-
Qualcuno fece un commento decisamente cattivo a queste parole –
qualcuno il cui nome risuonava circa come Lovino Vargas – su una
possibilità piuttosto notevole che quel CD finisse in un
anfratto ben preciso del corpo dell’uomo, ma il tutto fu detto
abbastanza sottovoce da poter essere ignorato dalla maggior parte delle
persone lì riunite.
La mano di Arthur svettava ancora in alto, sempre più decisa a farsi notare.
Ma Antonio, ancora, dimentico forse di cosa fosse una retorica pulita e
per niente oppressiva, continuò nel suo discorso come una
macchina desiderosa di schiantarsi contro un muro di cemento.
-Sarà organizzata una serie di giochi, che però si
svolgeranno prevalentemente durante la mattina e nel primo pomeriggio.
Dalle quattro in poi, sarete tutti liberi, salvo poi dover tornare nei
ranghi per la cena, che verrà servita attorno alle sette e
mezza. Successivamente, ci saranno altre attività, fino ad
andare a dormire approssimativamente verso le dieci di sera.-
Gilbert, dietro il suo compare, gonfiò il petto pieno di
orgoglio: quel programma gli era costato niente meno che due giorni di
lavoro, a mettere freccette, nomi vari, canzoni assurde e organizzare
un menù che fosse vario e mai ripetitivo – in questo era
stato aiutato da Francis, più o meno come la disposizione delle
camere e altre cose assolutamente vitali e inutili.
La mano di Arthur era ancora lì, più intrepida che mai;
qualcuno poté anche giurare di averla vista dondolare appena,
forse nel tentativo di essere più evidente.
-Che dite, non è un programma fantastico?-
Ci fu qualche attimo di silenzio – lì dove il cristallino
sorriso di Antonio parve un poco vacillare – ma poi, forse
perché Gilbert si era messo a saltellare dietro lo spagnolo in
maniera decisamente ridicola, nel tentativo di farsi imitare dalla
massa, Feliciano Vargas scattò in piedi e si mise a esultare,
trascinando così tutto il resto del gruppo, abbastanza incredulo
ma sicuramente ben disposto a condividere la figuraccia con più
teste.
E la povera mano di Arthur restò ancora lì, in mezzo alla folla. Totalmente ignorata.
Il primo gioco che fu organizzato era niente meno che bandierina. Il
numero non eccessivamente elevato di villeggianti permise agli
organizzatori di disporre più squadre – precisamente
quattro – così da organizzare meglio il tutto.
Per primi avrebbero gareggiato i verdi contro i gialli, successivamente i blu contro i rossi.
Ivan sorrise non poco nel vedersi assegnato alla squadra dei rossi. Il
suo capo mandria, o così fu soprannominato dopo quel primo
giorno, fu niente meno che Gilbert.
-Vi voglio belli carichi per dopo! Non ho intenzione di perdere contro
Francis, sia chiaro! Conto su di voi per fare una degna figura,
ragazzi!-
Se Gilbert era capitato ai rossi, Francis era andato dai blu e Antonio
dai gialli. I verdi, poveri disadattati, erano capitanati da una
figuretta abbastanza bizzarra che urlava alla stessa identica maniera
concitata con cui urlava Gilbert. Era una donna dai lunghi capelli
scuri e dallo sguardo più che battagliero. Si arrivò a
sapere dopo che quella era la ungherese Elizabeta.
Le due file furono predisposte l’una di fronte all’altra, a
una distanza tale da riuscire a far correre anche i più goffi e
poco inclini al movimento.
Tra i gialli, i due fratelli Vargas erano riusciti persino a mettersi
vicini, ma se Lovino era troppo intento a borbottare assolutamente
contrariato per quel moto che era costretto a fare, dall’altra
parte c’era Feliciano che non sapeva se tremare di paura o essere
semplicemente scontento per il fatto che Ludwig era capitato nella
squadra avversaria.
Ciò che però spaventò tutti – ma proprio
tutti – fu quando Antonio esplicò meglio la
modalità di gioco.
-Non dovrete semplicemente correre, ma correre nella maniera che vi
indicherò io prima di chiamare i numeri. Per esempio, se dico
“camminate indietro”, i numeri che poi chiamo dovranno
correre all’indietro e venire a prendere così la
bandierina!-
E nella paralisi totale, Antonio urlò forte, più chiaro che mai.
-A quattro zampe, numero cinque!-
-Ah, è dunque così che ci si diverte, qui nel mediterraneo…-
Ivan sorrideva mesto e tranquillo, incrociando lentamente le braccia al petto e godendosi lo spettacolo.
Un povero Feliciano stava facendo giravolte su sé stesso,
ininterrottamente, e più che verso la bandierina tanto
desiderata stava declinando decisamente verso il mare, emettendo
versetti che richiedevano aiuto e pietà.
Il russo sorrideva, ingenuamente divertito.
Fu in questa situazione di assoluto relax che un uomo gli si affiancò.
Era biondo e portava gli occhiali, e quando Ivan gli diede
un’occhiata completamente, poté constatare che indossava
un costume a strisce blu, rosse e bianche – nonché esibiva
una umanissima e graziosa pancetta a livello prettamente lombare.
Tuttavia, sorrideva più vitale che mai e quando si rivolse a lui
lo fece con un tono decisamente entusiasta, come se stesse parlando da
solo oppure con un sordo rincoglionito.
-Sembra parecchio divertente, tutto questo!-
Ivan annuì con gentilezza, guardando Ludwig che rotolava nella sabbia e atterrava con un placcaggio il suo avversario.
-Sicuramente lo sarà di più quando giocheremo anche noi…-
Alfred annuì a sua volta, riuscendo a restare in silenzio per
qualche attimo, giusto per vedere un concorrente sfrecciare come un
dannato fino dietro la sua linea e quindi vincere, alla faccia
dell’altro povero disgraziato che gli stava arrancando dietro.
Non erano passate che poche ore dall’inizio della sua nuova vacanza che era già euforico oltre ogni dire.
Fece una considerazione ad alta voce, non riuscendo più a
trattenersi – sbruffone quasi come sapeva esserlo solo un certo
signor Beilschmidt.
-Tanto un eroe come me ha già la vittoria in mano! Sarà una passeggiata!-
Ivan si voltò a guardarlo per la prima volta in viso.
Non aveva inteso cattiveria, nella frase che l’altro aveva
pronunciato; non aveva inteso malizia o altra cattiva intenzione.
Probabilmente, lui era davvero sicuro di quello che aveva appena
affermato.
E questo fece sorridere Ivan ancora di più.
Pacato, si sporse appena verso di lui, domandando gentile.
-Tu sei nei blu, vero?-
L’altro lo guardò in viso a sua volta, mostrando di quale
azzurro sconvolgente fossero i suoi occhi. Limpidi, cristallini, come
il mare che lento si distendeva e si ritraeva a qualche metro
più in là.
Ci si poteva leggere dentro tutta l’idiozia tipica e intrinseca in Alfred.
-Sì, io sono uno dei blu!-
-Io invece sono uno dei rossi…-
-Quindi siamo avversari?-
-A quanto pare sì…-
Ivan si ritrasse, tornando nella posizione precedente. Aveva trovato un
nuovo compagno di giochi, decisamente il più interessante a
disposizione in quella matassa di rimbecilliti cronici.
La stessa cosa, probabilmente, era balenata nella mente
dell’americano – anche se lui si era focalizzato più
sulla validità delle gambe del russo più che sulla
stupidità che condivideva con il resto della marmaglia –
quindi esclamò ancora una volta, pieno di sincero entusiasmo.
-Mi stai simpatico! Spero che tu accetterai la sconfitta sportivamente!-
Ivan lo guardò allora a lungo, calibrando bene ogni singola parola.
-Anche tu mi stai simpatico, e spero altrettanto che tu possa sopravvivere dopo tutto questo…-
Il fatto era che Antonio ci prese seriamente gusto a vederli
l’uno contro l’altro, così impegnati a prevaricare
sull’avversario da estraniarsi quasi dal resto del mondo.
La prima volta era stato buono, li aveva fatti correre normalmente e i
due erano arrivati davanti a lui praticamente nel medesimo secondo.
Lì, a scrutarsi come avvoltoi, con le mani in aria e pronte allo
scatto, erano rimasti circa cinque minuti buoni, lanciandosi sorrisi e
ghigni, nonché qualche parola di tanto in tanto, almeno
finché Alfred non aveva deciso che un eroe della sua stazza
poteva anche mettere fine a tutto quello. Erano bastati pochi attimi,
la mano era scattata in avanti e il piede indietro. Ivan non si era
fermato neanche quando Alfred aveva superato la linea dei suoi
compagni, afferrandolo per le gambe e facendolo ruzzolare a terra.
Quando l’altro gli aveva chiesto, con la bocca piena di sabbia,
perché diamine non si fosse arreso quando era palese la sua
vittoria, quello aveva tranquillamente sorriso e gli aveva risposto,
candido come una rosa:
-Finché tieni in mano la bandiera resti un bersaglio…-
La seconda volta erano arrivati lì camminando indietro ed
essendo il russo più coordinato dell’americano, era
riuscito ad arrivare primo. Peccato solo che a quel punto Alfred, in
uno slancio a dir poco sovraumano, gli si era buttato addosso e
l’aveva atterrato, strappandogli la benedetta bandiera dalle dita
e gongolando vittorioso come davvero avrebbe dovuto non fare.
La terza volta, Alfred inciampò e semplicemente Ivan gli mise un
piede sulla schiena, decretando così la propria vittoria. La
quarta, l’americano lo seguì fino al mare, buttandocelo
dentro e quasi facendolo soffocare in acqua.
La quinta non arrivò mai perché suonò,
fortunatamente per tutti, la campanella che dava inizio alla pausa
pranzo.
-Sinceramente, a me quei due fanno abbastanza paura…-
Seduti al tavolo degli animatori, Francis, Gilbert e Antonio si erano
ritrovato davanti a un bel piatto di pasta a mangiare tranquillamente e
isolati dal resto della compagnia, abbastanza in disparte per poter
confabulare ogni possibile losca trama necessaria.
Eppure, l’espressione sul volto del francese non era né
maliziosa né rilassata, anzi. Il suo sguardo viaggiava tra due
teste bionde, cercando di scrutarne i movimenti nel caso qualche altra
assurda pazzia avesse preso le loro menti e li avrebbe fatti muovere a
loro danno.
Antonio, posizionato esattamente davanti a lui, cercò di seguire
il suo sguardo e capire cosa mai lo angosciasse così tanto.
-Perché dici così, amico mio?-
Lui li indicò, prima l’uno e poi l’altro.
-Siamo solo al primo giorno e già sembra che quei due vogliano scannarsi a vicenda e non lasciare niente indietro!-
In effetti, sia Ivan che Alfred stavano sorridendo – l’uno
nella direzione dell’altro, per la precisione – eppure lo
facevano in quel modo assurdamente forzato e infantile da risultare
inquietante, almeno ad un occhio più vigile e attento come
quello di Francis, così abituato ad avere a che fare con persone
che erano in grado di uccidere, con una sola occhiata.
-Ma non dire sciocchezze! Semplicemente, si sono divertiti tanto! Non vedere cose che non esistono!-
Anche Gilbert era della stessa opinione di Antonio: alla fine, quei due
erano semplicemente entrati in fortissima competizione, niente che
potesse scalfire la pace del Camp in maniera tragica o irrimediabile.
Dopo qualche minuto di attento scrutare, anche Francis si convinse
della bontà delle parole dei suoi due amici, continuando a
mangiare il proprio pranzo più fiducioso verso il futuro.
Povero, povero illuso.
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