Scritta per il contest When
the rain comes here indetto da DreamerGirl. Che
è 'sto fiorir di original? Sciò
sciò che ci avrei un fanfic100 da
terminare... XD Ma Myst e
il nonsense non vanno molto d'accordo e, almeno per stavolta...
Gradini d'acqua
A Galipa sembra di camminare dietro a
una lastra di vetro opaco. Riconosce quel tratto della
città:
l'immagine è confusa dietro allo scrosciare incessante della
pioggia, che dal paesaggio lava ogni colore e ogni dettaglio, ma
ricorda a spanne gli edifici alti e squadrati, un arco, le cime
lussureggianti di terrazze pensili. Ora giace tutto sotto un muro
perpetuo d'acqua che lo nasconde agli occhi come alla sua memoria.
Si ferma in mezzo alla strada e scuote
i riccioli fradici, ridotti a strisce scure sul lungo cappotto verde.
Ride; chiude l'ombrello, tanto, ormai. È bagnata come prima,
ma
smette di combattere e accetta ogni goccia di pioggia che scorre sul
suo corpo.
Cammina lungo la solita via tutta
uguale e bigia sotto le promesse distanti di archi e giardini, ora
azzurrognola, ora sfumata nel grigio, ora del colore ossidato della
sua gonna, tenendo il collo disteso e la testa alta, gli occhi
socchiusi, concentrata sul tocco e sul suono monotono dell'acqua che
le si rovescia addosso.
Sente un gradino che sale.
Un altro.
Piove, piove fitto. Non vede i suoi
piedi.
Segue la strada a gradini lunghi e
bassi, che zampillano sotto l'acquazzone e si riversano l'uno
nell'altro come polle comunicanti di una cascata in un bosco. Del
bosco, Galipa sente la solitudine serena e il senso di spazio
indistinto. Ma continua a costeggiare l'edificio squadrato e
imponente e verde alla sua sinistra, un punto fermo rassicurante nel
nulla.
Sfuma la pioggia e cala la nebbia,
fitta come l'afa di cui aleggia ancora un vago ricordo, grigia e
impenetrabile. Galipa apre la bocca e inspira vapore. Espira un
dubbio: le torna in mente che la sua meta non è in salita
– che la
sua città non è in salita. Sotto i suoi
piedi, i gradini la
riflettono e si rifrangono in onde concentriche come specchi d'acqua
profonda.
In fondo alla nebbia, in cima ai
gradini, c'è una porticina grigia con una chiave. La gira e
apre: le
dà il benvenuto un raggio di sole, che si riflette sulle
mille gocce
che le imperlano il volto e su un improvviso sorriso smagliante. La
nuvola su cui si trova è luminosa, calda e soffice come
mollica di
pane; Galipa tasta e corre e si butta pancia a terra e finisce a
vedere il mondo di sotto seduta sul suo bordo spumeggiante. Scuote
con forza i ricci, salutando il cielo con una cascata di gocce
all'insù.
In fondo, lontano, oltre le nuvole, la
città luccica d'acqua.
Galipa non ha memoria di essersi chiusa
la porta di casa alle spalle. È seduta in poltrona, con il
naso
appiccicato al vetro e i lunghi capelli castani asciutti e sparsi
sopra la coperta in cui è avvolta. Fuori il temporale
scroscia.
Chiude gli occhi e sogna una città
sott'acqua.
Galipa, di' ciao ai signori. Anche se
in questa storia è più un punto di vista che una
protagonista (con
un aplomb che, ok, è suo mentre
determinati altri personaggi
si comporterebbero altrimenti, ma che da solo non è
propriamente
caratterizzante), resta la prima occasione in cui la scrivo... lei
è
una delle aggiunte più recenti del cast, forse la
più recente
considerato che altre due sono ripescaggi, e finché resta
nella mia
testa mi piace tanto. Spero di riuscire presto a scrivere lei e il
suo bff Sert come meritano.
COMUNQUE questa storia nascerebbe in
realtà come un fumetto di una tavola: c'era un concorso sul
Viaggio
e Andrea non sapeva cosa fare. Proprio quando si decideva per questa
cosa adorabile, un acquazzone da record a Trieste beccato
tutto
in testa mentre scarpinavo fino a casa mi fece sbottare al telefono
nel seguente modo: “Potresti fare che piove forte ma tanto
forte
che una ragazza inizia a camminare a mezz'aria sulla pioggia fino ad
arrivare all'asciutto su una nuvola e ammirare la città
sommersa!
é_è”. Chissà, forse un
giorno si farà anche quello.
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