Una
figura silenziosa
giaceva appoggiata all'organo, così ferma da sembrare priva
di vita: un inganno delle tenebre, poiché il soffio vitale
non aveva abbandonato il giovane.
Era vivo e
morto, allo stesso tempo.
Condannati
insieme a lui, compagni di solitudine, i ragni tessevano la filigrana
del tempo, disegnando sopra il suo capo speranze e preghiere di
libertà.
Quella che era
divenuta la sua stanza nei sotterranei era intrisa di fili d'argento:
per qualche spettrale gioco di luce della notte eterna, sembrava
brillare di stelle.
Occhi scuri
osservavano quel muto sfavillare, persi nell'oblio tra passato e
presente.
Occhi che
avevano visto il tempo scorrere e rimanere sempre fermo.
Occhi che
avevano versato lacrime infinite, ottenebrati dalla solitudine.
Anche la
musica, la sua unica ragione di vita, lo aveva abbandonato,
costringendolo a rimanere immobile ore ed ore, piegato sull'organo,
pregando nell'arrivo di un'ispirazione dolce e rassicurante che potesse
riempirgli il cuore e l'anima.
All'improvviso
appoggiò i gomiti contri i tasti, spezzando il silenzio con
un rumore sordo, rude, come uno sparo nella notte.
Riecheggiò
qualche istante, fino a diventare solo un'eco del gelido sussurrare del
silenzio.
Erik
rabbrividì, sentendosi inondare dalla più
straziante angoscia: la sua anima si stava spegnendo, non si elevava
più verso il candore di cori angelici.
La sua dea, la
musica, gli aveva voltato le spalle e forse non sarebbe tornata da lui,
nonostante le sue suppliche.
La sua vita a
quel punto non aveva più valore: forse era giunto il momento
di liberare quel mondo crudo, sadico, crudele, dalla sua presenza.
Nessuno lo
avrebbe pianto, nessuno lo avrebbe ricordato.
Lo sgabello di
legno cigolò con un gemito straziato quando si
sollevò di scatto dalla sedia, preso da un'improvvisa
follia: poteva morire, poteva smettere di soffrire!
L'acqua che
univa la sua stanza ai sotterranei poteva sicuramente donargli la
più dolce delle morti: s'immerse, avanzando gloriosamente
fino a quando la distesa cristallina non gli sfiorò il
mento. Ora poteva
udirlo, finalmente, il dolce sussurro dell'acqua che lo invitava ad
unirsi a lui!
Era una
melodia spietata: percepiva quasi la sadica ironia in quei sinistri
fruscii.
Sospirò,
sentendo i vestiti fluttuare piacevolmente attorno a sé come
se cercassero di avvolgerlo con le loro carezze.
... Era un
momento idilliaco, quello della sua morte.
Chiuse gli
occhi, sorridendo amaramente: quando fu sul punto di immergersi, un
canto ovattato spezzò la marcia trionfale che riecheggiava
nella sua mente.
Erik
spalancò gli occhi, adirato: chi osava interrompere le
sublimi melodie della morte?
Sollevò
le mani di scatto, ringhiando furente mentre cercava di proteggersi da
quei suoni coprendosi le orecchie.
Nulla,
però, poté salvarlo da quei gorgheggi dolci e
infantili, permeati di dolore.
Riecheggiavano
crudeli al ritmo del suo cuore, provocando in lui una compassione per
la vita quasi immensa, dolorosa.
Le mani che
prima tentavano di difenderlo dai suoni iniziarono a vibrare e a
muoversi rapide nell'aria, come se cercassero di riprodurre quelle
dolci melodie nel vento:
ardevano, desiderose di creare e comporre.
Come poteva
lasciarsi conquistare dalla morte dopo aver sentito quella voce?
L'ispirazione
gli riempì il cuore e i polmoni come aria fresca, dando una
nuova essenza alla vita: si affannò a raggiungere nuovamente
l'organo,
ebbro di felicità.
Quando le sue
dita ritrovarono fedelmente i tasti dell'organo, la musica dello
strumento si unì alla voce della giovane, intrecciandosi con
naturalezza.
Il mostro
piangeva, pervaso da emozioni così pure e devastanti che gli
toglievano il respiro e gli serravano il cuore in una morsa di
felicità.
Esisteva,
allora! La notte aveva condotto tra le sue braccia una musa!
Avrebbe
suonato con lei, avrebbe vissuto per lei!
Continuò
a suonare, freneticamente, anche quando il canto s'interruppe: le note
sgorgavano dal suo animo come un fiume in piena, unite alle sue lacrime
commosse.
"Solo tu puoi
far volare la mia canzone... Aiutami a creare la musica della notte!"
Cantò
disperatamente, legando quella breve melodia alle note che l'organo
faceva vibrare nell'aria notturna.
Forse lei lo
sentì e ricominciò a cantare, ancora e ancora,
infondendo nel musicista delle tenebre nuove, malinconiche speranze.
NdA
Questa
fic si
è scritta da sola in un momento buio, in cui è
stato facile farmi coinvolgere dai possibili pensieri bui e tenebrosi
di Erik.
La sua follia
mi ha avvolto in una maniera quasi struggente, spingendomi a scrivere
qualcosa di distante dalle mie idee e dalle mie riflessioni sulla vita.
Questa fic
è breve, ma ha riempito il mio tempo, i miei pensieri, il
mio cuore di musiche tenebrose.
Che altro
aggiungere...
Spero che il
risultato sia piacevole e credibile per voi che, come me, amate il
Fantasma dell'Opera!
Critiche e consigli, come sempre, sono ben accetti, quindi... Lasciate
un commentino se potete/volete! *.*
Ahem.
Grazie per
essere giunti fin qui U__U
Con affetto,
Miss