Premetto che questa
è la mia prima fan fic nel fandom di Katekyo Hitman Reborn e
la prima che si allontani dal fandom di Kingdom Hearts (il primo e
l'unico che mi ha accompagnato durante questi due anni di "carriera"
nel mondo delle fan fic). Questo anime, però, mi ha
appassionato molto e così, amando i due personaggi Reborn e
Lambo, ho deciso di scrivere questa brevissima fan fic che vi
ruberà pochi minuti. =) E' semplice, forse un pò
banale, lo so, ma personalmente mi è piaciuto molto
scriverla, anche perché la scena mi è venuta in
mente spontaneamente e ho colto la palla al balzo.
Spero che vi piacerà! Mi faranno piacere ogni tipo di
commento, elogi o critiche. =)
Grazie e buona lettura!
Come
baciare il fuoco...
Il
fuoco che scoppiettava accompagnò il fruscio di un paio di
fogli che
in quel momento venivano spostati ad un lato del tavolo basso per far
spazio a due tazze colme di cioccolata calda.
Lambo
afferrò la coperta rossa che precedentemente aveva lasciato
sul
divano, se la passò sulle spalle e si lasciò
cadere sul morbido
cuscino color oro, incrociando le braccia e impugnando il manico di
una delle stoviglie in cui si immergeva un cucchiaino. Fissò
l'altra, quella dalle simpatiche figure natalizie che poggiava su un
piattino in ceramica. Non sapeva bene il motivo per cui ne aveva
preparate due: Reborn sarebbe rientrato a breve, ma in ogni caso la
possibilità che si sedesse accanto a lui e consumasse la
bevanda
calda erano nulle. L'avrebbe ignorato, come al solito, e l'avrebbe
lasciato da solo a riscaldarsi con una semplice coperta.
Lambo
soffiò sull'orlo della sua tazza, abbassando lo sguardo
verso il
fuoco acceso nel caminetto. Le fiamme danzavano liberamente intorno a
dei tronchetti di legno, si muovevano, si levavano verso l'alto,
rilasciando piccole scintille color della lava che poi giungevano
alla cenere sotto il fuoco. Il calore che quel piccolo focolare
emanava riscaldava l'intera stanza, rendendogli le gote più
rosse
del solito. Rimase incantato nel guardare il piccolo rogo, gli occhi
chiari che brillavano allo stesso modo. Aveva sempre avuto una fissa
per il fuoco o, meglio, aveva cominciato ad averla quando si era reso
conto che nulla era più soddisfacente del fuoco per
rappresentare
Reborn. Così ammaliante, così potente,
così irraggiungibile.
Così bello e affascinante, forte e travolgente.
Così lontano da
lui.
Il
desiderio di essere alla sua altezza era intenso, così tanto
che
anche a costo di raggiungerlo, di sfiorarlo, avrebbe accettato
migliaia di scottature, avrebbe lasciato cadere le sue lacrime di
dolore mentre se ne impossessava per un secondo e alla fine, ferito,
avrebbe pianto deluso perché quel secondo era passato
velocemente,
soddisfatto perché almeno una volta Reborn era stato suo.
Il
cigolio della porta dal corridoio lo risvegliò dai dolci
sogni,
mentre le sue labbra sfioravano la tiepida ceramica e assaporavano la
dolce cioccolata bollente.
La
porta socchiusa del piccolo soggiorno si aprì pochi secondi
dopo con
un cigolio cupo, ma la figura del sicario – d'altronde chi
altro
sarebbe potuto essere? - sul ciglio della porta lo
tranquillizzò.
Con
un sorriso rilassato Lambo lo invitò implicitamente a
sedersi
accanto a lui e passare un po' di tempo insieme, ma l'altro sembrava
distratto da qualcosa di più interessante, qualcosa che il
suo
orgoglio non gli obbligasse di ignorare. Con sufficienza
fissò il
focolaio, quella pila di documenti sul tavolo che avevano l'aria di
essere nulla, la tazza che la stupida mucca aveva
preparato
per lui.
Dopo
una veloce circospezione della stanza – come se una sola cosa
fuori
posto sarebbe stato buon motivo per punire l'altro – richiuse
la
porta come stava prima, dimenticando pienamente la presenza del
giovane.
Lambo
vide la porta chiudersi e l'assassino sparire oltre il ciglio. Ancora
una volta l'aveva ignorato.
Il
fuoco, il fuoco che bruciava, il fuoco che voleva sfiorare,
possedere, amare.
Balzò
dal divano, poggiò un piede nudo sul pavimento gelido,
cercò di non
far cadere la tazza che in fretta abbandonava sul tavolino,
inciampò
per un attimo nella coperta che gli impigliava i piedi ma alla fine,
con decisione, riuscì a spalancare la porta che
sbatté
violentemente contro la parete e a raggiungere Reborn, il quale si
era fermato sull'uscio della sua camera e lo fissava.
Sentì
i suoi occhi scuri su di sé, suoi suoi capelli neri come la
pece
scompigliati, sulle sue palpebre sbarrate, sui suoi denti stretti in
un ringhio che dava l'aria di voler essere minaccioso. Per un attimo
sentì di essere vicino all'obbiettivo, di essere vicino al
fuoco.
«O-oggi...
smetterai di ignorare Lambo, Reborn... Smetterai di
ignorarmi!»
Cominciò
ad avvicinarglisi, lentamente. Il rumore della pianta dei suoi piedi
sul pavimento era più silenzioso del passo di un gatto.
Il
killer guardò il suo volto pallido su cui le gote rosse si
distinguevano come sangue su un vetro cristallino, si immerse nel
verde brillante delle sue iridi che, luccicanti, fissavano qualcosa
sopra la sua testa, che pendeva dallo stipite. Reborn seguì
la
traiettoria dello sguardo innocente che si avvicinava: delle foglie
verdi, lunghe, delle piccole bacche rosso vivo, un rametto scuro.
Incontrollabili le sue labbra sottili si schiusero in un filo di
sorpresa, mentre Lambo di fronte gli afferrava le spalle, gli faceva
abbassare il capo e con grazia annullava ogni millimetro di distanza.
Fu un bacio semplice, appena un tocco infantile, ma caldo,
estremamente bollente. Fu come baciare il fuoco...
Reborn,
le palpebre appena socchiuse, sentì il pudore con cui il
componente
della famiglia Bovino lo toccava, osava impadronirsi delle sue labbra
e, pian piano, con decisione e coraggio, insinuarsi nella sua bocca.
L'orgoglio prese di nuovo il controllo e con furia spinse il moro
contro l'altro capo dello stipite, incrinandogli la schiena nel legno
duro, correndo il rischio di spaccargliela. Nonostante tutto, non
osava metter fine a quel bacio che, dopo troppi secondi tentennanti,
prendeva finalmente una vera forma.
Lambo
non sentì nessuno dolore alla schiena, né quello
morale per la foga
con cui il killer lo aggrediva.
Sentiva
solo che Reborn lo desiderava, e se anche non fosse stato vero gli
piaceva illudersi. Non lo ignorava, per la prima volta Lambo era
qualcosa di più da fissare con superiorità e poi
da trascurare,
come un giocattolo scadente che non piaceva a nessuno. Era qualcosa
da considerare, a cui rispondere, da guardare, osservare e di cui
interessarsi.
“Da
oggi smetterai di ignorarmi...” Ripeté a
sé stesso, cingendogli
il collo e lasciandosi avvolgere dal bruciante calore del suo
fuoco. Le braccia che lo intrappolavano come fiamme
scottanti, la
lingua che lo sottometteva come scintille infuocate.
Quando
ansanti, si separarono, le sue iridi scure tornarono a guardarlo con
arroganza, ma Lambo non se ne curò, fu felice mentre Reborn
lo
guardava senza parole, lo studiava attentamente e infine con un
ghigno, mostrava i denti perfetti, mentre in silenzio si vantava di
come fosse stato bravo a prendere il controllo della situazione tanto
da lasciare l'altro senza parole. Altezzoso ed egocentrico, ma
estremamente attraente.
«La
prossima volta che ti azzardi a mettere questa roba in giro per casa,
Lambo...» Il modo in cui – come faceva raramente
– sussurrava il
suo nome, sensuale e irresistibile, le labbra rosse che lasciavano
sfuggire respiri leggeri «... te ne farò
pentire... stupida mucca.»
Poi,
sforzandosi di essere garbato, lo scostò dall'uscio e con un
ultimo
sguardo chiuse la porta della camera da letto.
Il
giovane portò una mano alla bocca. Lentamente,
sfiorò il labbro
inferiore con l'indice, sentiva il cuore battere forte. Un sorriso si
stese sulle labbra che lui stesso toccava.
Dirigendosi
di nuovo nel salottino per pulire la macchia di cioccolata calda dal
tavolo, si disse che l'indomani avrebbe avuto bisogno di una bella
scorta di vischio.
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