Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non
è stata scritta a scopo di lucro.
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Titolo:
Nel vento e nelle spighe di grano
Autore: Beat
Presentazione:
[cit.] “Con tutto il rispetto, Aiolos, ma tu non sai. Non sai quello che hanno fatto passare ad Aiolia solo per il fatto di essere il fratello di un traditore. E non solo le ancelle pettegole, o i boriosi soldati giù alla guardia. Tutti i Saint, perfino i Cavalieri d'Oro erano schierati tutti contro di lui. Se sapessero che Ilias è mio figlio gli riserverebbero lo stesso trattamento, e né tu, né nessun altro potreste fare qualcosa per impedirlo!” [/cit.]
Personaggi principali:
Galan, Sagitter Aiolos
Altri
personaggi: Un pò tutti
OC: Ilias,
Kyriaki (© Ayay)
Genere:
Introspettivo, Sentimentale
Rating: Verde
Parentele:
Questa fic è legata cromosomicamente all'ultimo capitolo
della bellissima storia This
Ain't About Givin' Up Or Givin' In di
Ayay, da cui prende il pezzo nell'introduzione e a cui si ispira per il titolo.
Se non l'avete letta (fatelo!
correte subito a leggerla!), in breve dovete sapere che
Galan è il padre di Ilias - allievo
di Ikki di Phoenix - e che la madre di quest'ultimo, Kyriaki,
è morta durante la Guerra Sacra.
Sono passati sette anni da allora…
[post-Hades, tutti vivi e vegeti]
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- Vuoi sapere se
sento di aver fallito? -
con un adulto non
sarebbe mai stato così diretto,
ma gli occhioni verdi e curiosi di
Ilias non sembravano ansiosi di giudicare, solo di ascoltare e capire
-
No, Ilias. Se non sono divenuto cavaliere, evidentemente non ero
adatto.
Il destino ha provveduto in maniera diversa a me, e sebbene io
sia fiero di aver tentato,
ora so che servendo il signor Aiolos e poi
suo fratello Aiolia ho fatto meglio di quanto non avrei fatto come
Saint.
Capisci? Ognuno di noi è destinato a qualcosa... -
esitò
per un
istante, sentendosi sfuggire le parole più adatte.
Voleva spronare
Ilias a credere nei suoi sogni, ma nello stesso tempo temeva di
fornirgli false speranze
- Bisogna scegliere per cosa combattere.
Ma se
scopri di trovarti sul sentiero sbagliato, non avere paura di
ammetterlo, non lottare contro il tuo fato.
Non sentirti sminuito da
questo.
[cit. Galan,
This Ain't
About Givin' Up Or Givin' In, capitolo 4]
Nel vento e
nelle spighe di grano
Galan stava raccogliendo le vesti che padron Aiolia aveva lasciato per
terra, quando era rientrato la sera precedente. Sebbene fosse passato
fin troppo da quando era un ragazzino pestifero che si divertiva a far
ammattire la servitù, quella brutta abitudine di lasciare
gli abiti dove capitava non gli era mai passata. Galan
scrollò energicamente un mantello impolverato, e dopo una
rapida occhiata inquisitrice lo aggiunse alla cesta del bucato.
Stava scrutando il pavimento alla ricerca di altri capi
d'abbigliamento, quando un cosmo dorato si fece sentire all'ingresso
posteriore del Tempio.
“Buongiorno, Galan!”
“Buongiorno a lei, sommo Aiolos!”
Aiolos scoppiò in una risata argentina.
“Via, Galan, cosa sono tutte queste
formalità?”
Galan rispose con un educato sorriso e fece sparire in fretta la cesta
del bucato dietro la tenda della lavanderia.
“Padron Aiolia non c'è, è uscito questa
mattina presto. Penso sia sceso all'Arena.”
“Non stavo cercando mio fratello in effetti.”
Aiolos si fece avanti, dando poi una pacca sulla spalla a Galan
“Volevo fare due chiacchiere con un vecchio amico! Ti va di
accompagnarmi a fare un giro?”
Galan abbassò istintivamente lo sguardo.
Temporeggiò. Erano passati così tanti anni, tanti
da far quasi
dimenticare a tutti, ma ancora non se la sentiva di uscire come una
persona comune. La casa del Leone era stata per lungo tempo luogo di
sventura, di disonore, empio rifugio di sacrileghi e criminali; e anche
se la reputazione dei due fratelli dorati era stata pienamente
risanata, la sua continuava a rimanere irrimediabilmente macchiata.
Galan aveva passato così tanti anni a schivare le occhiate
malevole e accusatorie, che ormai aveva perduto praticamente ogni
interesse per qualsiasi gioia di quel mondo ostile che esisteva al di
fuori della Quinta Casa. Anche il solo poter passeggiare per il
Santuario era cosa che lui stesso si era precluso.
Aiolos si rattristò vedendo per l'ennesima volta quello
sguardo sofferente sul volto del suo amico. Non l'aveva sentito
lamentarsi nemmeno una volta in quei sette anni. Mai una sola volta si
era lasciato andare a caustici commenti o lamentele più che
giustificate. Semplicemente, sorrideva gentile come sempre e
discretamente allontanava l'attenzione da sé, per poi
sparire alla vista di tutti, ritirandosi nell'unico angolo di mondo in
cui poteva vivere senza che nessuno lo vedesse. L'unico angolo di mondo
in cui poteva stare in pace con se stesso.
“Galan, amico mio, non ti sembra che sia arrivato il momento
di perdonarti?”
“Non è questione di perdono. Semplicemente la
gente non vuole vedermi. Ricordo a tutti, ogni giorno, che il male
esiste, e che si nasconde anche nei luoghi che credevano più
sicuri. Non mostrandomi, tolgo a loro un dispiacere ed evito a me
l'ennesima delusione.”
“Sei troppo duro con te stesso, Galan.”
“E tu sei troppo buono con me, Aiolos. Ma non fa nulla, ormai
ci sono abituato. Mi sentirei strano se per caso gli altri
cominciassero a salutarmi, invece di apostrofarmi con i peggiori
insulti. Dico davvero. Non ne faccio una colpa a loro, hanno tutte le
ragioni del mondo per odiarmi. Ma preferisco evitare. Evitare tutti
quelli che non mi vogliono.”
“Non c'è davvero nessuno con cui avresti voglia di
parlare, o con cui passare del tempo?”
“Le persone a cui tengo sono quelle che vogliono
frequentarmi. Il sommo Aiolia, la giovane Lythos. E poi voi, nobile
Aiolos. Lo sai che la tua amicizia è per me la cosa
più preziosa.”
Aiolos si concesse un sorriso: sapeva bene quanto le parole dell'amico
fossero vere e sinceramente piene di gratitudine.
Per un attimo Aiolos si morse il labbro inferiore, invece che parlare.
Voleva discutere con Galan di una questione di una certa importanza, ma
non sapeva come la cosa avrebbe potuto farlo reagire. Pregò
che il legame di amicizia che li legava fosse abbastanza saldo da
permettergli di porre anche quella domanda così indiscreta.
“E non ti piacerebbe poter finalmente abbracciare tuo
figlio?”
Galan sussultò, vistosamente.
Sgranò l'occhio sano e per un momento le guance gli si
tinsero di rosso imbarazzo. Aprì la bocca per dire qualche
cosa, ma le labbra si serrarono un momento dopo, incapaci di lasciar
sfuggire una frase di senso compiuto.
Aiolos attese, abbassò lo sguardo per dare modo all'amico di
trovare il modo di riprendere il contegno e il controllo di se stesso.
Galan pronunciò cautamente le parole, e in un sussurro, come
se mille orecchie indiscrete fossero in agguato per carpire i suoi
segreti.
“Come… come hai saputo? Aiolos, in nome degli
dèi, come hai saputo? Chi altri ne è a
conoscenza?” la voce di Galan tremava.
“Non temere, amico mio.” Aiolos gli strinse
affettuosamente il braccio, cercando di tranquillizzarlo.
“Nessuno sa niente, non temere. Me ne sono accorto da solo.
Ho incontrato il ragazzo l'altro giorno… e ho
capito.”
Ilias era rientrato dal suo addestramento solamente la mattina prima.
Dopo sei anni il giovane aveva fatto ritorno al Santuario. A casa.
Aiolos l'aveva incontrato solo una volta, il giorno prima che partisse
per l'addestramento: un esuberante bambino che sgambettava dietro a
Ikki di Phoenix, colui che sarebbe stato il suo maestro. Se avesse
saputo chi era la madre, Aiolos non avrebbe potuto che riconoscere in
quel giovane fanciullo il viso tondo di Kyriaki, i suoi capelli di
spiga e lo sguardo luminoso.
Aiolos non aveva conosciuto bene quella giovane ancella, ma conosceva
bene Galan. Era cresciuto con lui, aveva lottato con lui e ci aveva
combattuto contro. Avevano riso assieme, condiviso i pensieri, le paure
e le speranze, nonché i lunghi anni di duro addestramento.
Le loro strade si erano divise – dorata per uno e di
servitù per l'altro – ma non si erano mai
separati. Nemmeno nel momento più buio si erano allontanati
l'uno dall'altro. Né Aiolos aveva voltato le spalle a Galan
dopo l'empio furto, né Galan aveva ripudiato la memoria
luminosa di Aiolos dopo la Notte degli Inganni. Per sempre legati da
quella profonda amicizia di reciproco rispetto
Aiolos conosceva Galan meglio di chiunque altro, e quando aveva visto
comparire nell'Arena il giovane Ilias, non aveva potuto fare a meno di
notare come il viso si fosse affilato, di come la pelle e i capelli si
fossero scuriti, e che il morbido corpo di bimbo aveva lasciato posto
alla corporatura slanciata e muscoloso di un guerriero. E gli occhi,
quegli occhi gentili erano fermi e risoluti.
Quando Aiolos aveva visto comparire nell'Arena il giovane Ilias, per un
attimo credette sgomento di avere davanti un miraggio, un'apparizione,
perché quello altri non sembrava che il ragazzo con cui
aveva condiviso tutta la sua giovinezza.
“Perché non me lo hai detto?”
“Non volevo che si sapesse. Non lo sa
nessuno…”
“Ma perché nemmeno a me? Non ti fidi?”
“Di te mi fido più di chiunque altro al mondo,
Aiolos, e lo sai. Ma non voglio che alcuno sappia che Ilias
è figlio di un traditore. Speravo di portare il segreto con
me nella tomba, soprattutto da quando la madre non c'è
più, e con nessuno al mondo che possa confermare che
è figlio mio.”
Scese il silenzio, un silenzio teso.
“Perché, Galan, perché?”
“Perché sarebbe macchiato dalla colpa. Sangue del
sangue di un criminale! Pensi che qualcuno potrebbe ancora fidarsi di
lui dopo averlo saputo?” la voce di Galan tremava di rabbia.
“Non pensare sempre male delle persone…”
“Con tutto il rispetto, Aiolos, ma tu non sai. Non sai
quello che hanno fatto passare ad Aiolia solo per il fatto di essere il
fratello di un traditore. E non solo le ancelle pettegole, o i boriosi
soldati giù alla guardia. Tutti i Saint, perfino i Cavalieri
d'Oro erano schierati tutti contro di lui. Se sapessero che Ilias
è mio figlio gli riserverebbero lo stesso trattamento, e
né tu, né nessun altro potreste fare qualcosa per
impedirlo!”
Galan si passò una mano sul volto, come per scacciare
qualche cosa di fastidioso.
Sussurrò una preghiera, chiese una promessa: “Ti
prego. Non raccontarlo a nessuno.”
“Hai la mia parola, Galan, senza bisogno che tu me lo
chieda.”
“Grazie. Davvero.”
C'era ancora tensione nell'aria, ma la tempesta sembrava passata. Galan
non amava soffermarsi su quel genere di pensieri e Aiolos non aveva
intenzione di arrecare altro dispiacere all'amico.
“Non glielo dirai? Che sei suo padre?”
Galan alzò lo sguardo, dirigendolo istintivamente verso il
Tempio della Vergine, come un tempo faceva quando il pensiero correva
alla dolce fanciulla che gli aveva donato il cuore e la più
luminosa speranza che un reietto avesse mai potuto sperare di avere.
Si era maledetto mille e mille volte per averla cacciata in quel guaio,
ma lo stesso non aveva potuto non ringraziare gli dei ogni volta che
aveva avuto la possibilità baciarla, abbandonandosi
nell'abbraccio delle sue braccia bianche, per un momento dimentico di
tutto, di tutto quello che di male c'era nella sua vita.
Perché con Kyriaki aveva passato i momenti più
sereni di tutta la sua esistenza. Non avrebbe mai potuto ringraziare
gli dei abbastanza per il dono che gli avevano fatto. Quella
meravigliosa figura dai capelli di spiga, temeraria fanciulla dal cuore
immenso.
E ogni tanto, quando il ricordo di lei si faceva sentire più
pressante del solito, quando il tramonto era più rosso, o
quando distrattamente sentiva nell'aria profumo di rosmarino e di
mirto, in quei momenti la mente volava al dolce viso di Kyriaki. Ogni
volta gli veniva in mente delle rare, preziose volte in cui si
incontravano di nascosto. E da quando il bambino era nato, Galan aveva
atteso con il cuore in gola ogni volta che la ragazza decideva di
andare a fare una passeggiata con il piccolo a Rodorio. Dal Tempio
della Vergine dove prestava servizio, per la Quinta Casa ci dovevano
passare per forza, e ogni volta Galan era puntualmente in giardino, a
stendere il bucato o a prendersi cura dell'antico ulivo che cresceva
poco lontano dall'ingresso sul retro.
Erano incontri fugaci, un saluto quasi brusco se visto da occhi
estranei, e quando il bambino era stato in grado di reggersi sulle sue
gambe senza aiuto, incredibilmente
riusciva ogni volta a sfuggire dalle braccia della madre, e ogni volta
Galan doveva andargli dietro per acchiappare quella creaturina lesta
lesta. Ilias si lasciava catturare dopo poco, strillando contento
quando Galan lo prendeva in braccio. Era l'unico abbraccio che gli era
concesso, prima di doverlo restituire alle amorevoli braccia materne.
Dita bianche che ne sfioravano altre coperte di calli, in una carezza
struggente. E poi di separavano, di nuovo, tornando ancora una volta
con i cuori gonfi di affetto ad una simulata indifferenza.
Aveva sofferto oltre ogni dire quando Kyriaki era morta. Aveva sofferto
altrettanto quando aveva saputo che Ilias sarebbe partito per
l'addestramento.
Non aveva mai potuto fare molto per lui, e il fatto di non poter essere
una figura più presente nella sua vita gli aveva sempre
straziato l'animo. Ma l'ultima cosa che Galan voleva era condannare
anche quell'innocente ad una vita di inganni, beffe e oltraggi. E per
questo non l'aveva mai avvicinato più dello stretto
necessario.
L'unica cosa per cui non aveva davvero potuto farsi da parte era stato
quando il piccolo Ilias – cinque, anzi, sei anni quasi
– era stato chiamato a decidere del suo stesso futuro.
Rischiare e tentare di diventare un Saint o continuare la vita
tranquilla tra le fila della servitù. Una scelta che avrebbe
cambiato per sempre la sua vita.
Galan l'aveva raggiunto sulle scalinate, afferrandolo per la collottola
e mettendoselo sulle ginocchia. Ma aveva parlato, da uomo a uomo.
Non aveva mai potuto essere stato molto presente nella crescita di
Ilias, ma Galan era stato contento, almeno per quella volta, di averlo
potuto consigliare in una scelta di vita.
Ed era stato fiero, immensamente fiero, quando aveva saputo che suo
figlio era riuscito a terminare l'addestramento. Il suo futuro si
prospettava brillante, assolutamente glorioso come era giusto per un
degno Saint.
Non aveva alcun diritto di intromettersi.
Nessuno.
“Non glielo dirò” rispose Galan infine,
dopo un tempo che sembrò infinito. “Non hai idea
di quanto mi piacerebbe, ma non lo farò. Non sarebbe giusto.
Ha la sua vita ormai. Io non gli servo.”
Aiolos sorriso comprensivo, ma batté con energia la mano
sulla spalla dell'amico.
“Se è questo il tuo volere non cercherò
di farti cambiare idea. Ma sappi che è una sciocchezza
pensare che un figlio non abbia bisogno del padre!”
Aiolos rise e Galan si concesse di sorridere a sua volta.
Nel suo cuore giurò di non interferire mai nella vita di
Ilias. Ma, Zeus lo
potesse fulminare, non avrebbe mai perdonato chi mai
avrebbe osato farlo soffrire.
“Buongiorno Galan!”
“Sommo Aiolos!”
“Ancora con i saluti formali?”
“Come mai ancora da queste parti?”
“Oh, Galan, amico mio! Sono in un pasticcio e mi chiedevo se
tu potevi farmi un favore!”
“Ma certo, Aiolos. Di che si tratta?”
“Il Pontefice ha convocato i Gold Saint, ma avevo preso un
appuntamento inderogabile
con il mio allievo, e temo che farò tardi alla riunione. Non
è che saresti così gentile da andare a portare le
mie scuse al Pontefice, mentre io sbrigo il più in fretta
possibile la questione con Kosta?”
Galan guardò stupito Aiolos. Che cosa-?
“Che significa tutto questo, Aiolos, non è da
te…”
“Ti prego, è una cosa importante!”
Galan sospirò, ma acconsentì.
“Se me lo chiedi così, non posso certo
rifiutarmi.”
“Grazie mille!”
Aiolos si era volatilizzato mezzo secondo dopo, e Galan si era
affettato lungo le scalinate.
Non comprese lo strano comportamento di Aiolos finché non
arrivò alla Sala del Gran Sacerdote. Vi erano riunite
talmente tante persone che perfino Galan passò inosservato.
C'erano numerosi Cavalieri d'Oro in effetti, ma anche i cinque Bronze
Saint, e perfino numerose ancelle. E zia Penelope.
E al centro della sala c'era Ilias. Di fianco a lui Ikki di Phoenix che
gli stava borbottando qualche cosa sul fatto che se si fosse
innervosito ancora un po' sarebbe andato in pezzi.
“Oh, Galan, anche tu qui?”
“Nobile Aiolia! Veramente…”
“Ah, è sempre emozionante assistere
all'investitura di un Saint. Non trovi anche tu?”
Galan mandò un grato pensiero ad Aiolos, ma non
poté replicare nulla perché in quel momento
entrò il Pontefice e il silenzio scese immediatamente nella
sala.
Pronunciò le frasi di rito, e alla fine della cerimonia
investì ufficialmente Ilias come Bronze Saint della Croce
del Sud.
E mentre tutti quanti uscivano per festeggiarlo, nella foga del momento
Ilias si voltò per un attimo verso di lui. I loro sguardi si
incrociarono, e la gioia smisurata del figlio fu la stessa del padre.
In quel momento, mentre suo figlio veniva preso sotto braccio da un
esuberante Seiya deciso a festeggiare in piena regola, mentre tutti si
congratulavano per il suo degno successo, mentre un sorriso pieno di
speranza illuminava il volto di Ilias, in quel momento una lacrima
sfuggì al controllo di Galan. La fece sparire, asciugandola
velocemente.
Erano anni che non piangeva – le ultime lacrime le aveva
sparse sulla tomba della sua amata.
Era parecchio che non andava a trovarla, si trovò a pensare
con una punta di vergogna.
Però quello senza dubbio era un momento che andava
condiviso. Quella sera, al tramonto, le avrebbe portato una corona di
spighe dorate – quelle con cui amava adornarsi per gioco i
capelli – e una bottiglia di quel vino dolce che avevano
condiviso insieme tanti anni prima.
“Kyriaki, anche tu sei fiera di nostro figlio?” lo
chiese al vento, che soffiava giocoso tra le fronde argentate
dell'uliveto.
Galan ringraziò gli dèi. Li ringraziò
come non aveva mai fatto in vita sua.
A lungo – forse per troppo tempo – aveva creduto
che la sua vita era stata uno sbaglio. Non si era mai pentito delle sue
scelte, non l'aveva mai
fatto, perché tutte le decisioni che aveva
preso nella sua vita avevano fatto di lui la persona che era. Errori e
tutto il resto. Ma solo in quel momento, in cui seguiva con lo sguardo
commosso e velato di lacrime suo figlio portato in trionfo, solo in
quel momento Galan prese coscienza del fatto che la sua vita era
servita davvero a qualche cosa. A qualcosa di incredibilmente buono.
Aveva fatto tanti sbagli nella sua vita, ma Ilias era il compimento
della sua esistenza.
Sorrise Galan, sorrise al cielo dalle candide nuvole, sorrise al vento.
Ne era valsa la pena.
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Angolo dell'Autrice:
*C*
Bonsoir, e
buona Vigilia a tutti quanti! *___*
Ci tenevo un sacco a presentare questa fic. Era da un pò che
volevo scrivere qualche cosa sul buon Galan e finalmente ce l'ho fatta.
Merito principalmente di Ayay, come al solito, che ultimamente mi ha
fatto amare sempre di più questo splendido personaggio!
♥ È una delle cose davvero buone che l'Episode G
(abbraviazione di Episode Galan, è chiaro! È la
colonna portante di tutto il fumetto ù.ù) ha
prodotto.
Anche voi, amatelo, nutritelo e non lasciatelo mai!
Buone feste a tutti quanti! *C*
Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche.
Grazie a chi vorrà recensire e a quanti leggeranno e basta!
Beat
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