La forza della vita

di Lilly_93
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Esco dall'aereoporto e mi guardo intorno.
Roma, quanto mi sei mancata.
Sono passati tre anni. Tanti... troppi.
Comunico al taxista l'indirizzo e mi godo il viaggio, guardando dal finestrino quei luoghi di cui ho sentito la mancanza.
Non sarei mai voluto stare così tanto tempo lontano da Roma. Ero partito con l'idea di rimanere in America solo un anno, per staccare un pò. Ma poi mi sono stabilito a New York, mi sono fatto degli amici e ho iniziato a rimandare la mia partenza.
Poi, dopo tre anni, è bastata la telefonata di Luca per farmi capire qual'è davvero il mio posto. "Siamo sotto organico" mi ha detto con indifferenza durante una telefonata di due mesi fa. Come se non avessi capito che lo ha detto per farmi tornare. Facendo due conti, hanno davvero bisogno di un altro elemento, visto che sono rimasti in quattro: Luca,Anna,Gabriele( di cui ho solo sentito parlare) e... mi sforzo di pensare a quel nome... Elena.
Elena che non sento da una vita.
Elena che per un certo periodo ho odiato perchè non è venuta a salutarmi.
Elena che non ho mai avuto il coraggio di chiamare.
Elena che mi è mancata più di tutti.
Forse è per lei che ho deciso di tornare. Forse ho avuto bisogno di tre anni per liberarmi di quella che lei ha chiamato paura di ricominciare. Mi ci sono voluti tre anni per capire veramente da cosa stavo scappando.
Mi accorgo che ci stiamo avvicinando al X tuscolano: le strade iniziano ad essermi familiari.
Chissà come rimarranno stupiti quando mi vedranno. Non ho detto a nessuno del mio arrivo, nemmeno a Luca: voglio fare una sorpresa.
Il taxi si ferma di fronte all'entrata del commissariato. Prendo le valigie e pago il taxista. Osservo l'auto allontanarsi, fino a che non scompare dalla mia vista. Solo allora rivolgo l'attenzione a quel posto dove ho passato i miei anni migliori.
Sorrido emozionato mentre entro nel distretto, trascinandomi dietro i bagagli.
Non è cambiato niente. Osservo l'atrio, dove c'è sempre il solito via vai di poliziotti, le cui voci si sovrappongono creando una gran confusione. Volgo lo sguardo verso la stanza degli ispettori ma questa è vuota. Probabilmente sono tutti nell'ufficio di Luca.
Sento una mano toccarmi il braccio.
-Alessandro? Sei tu?- esclama stupita una donna.
Mi giro e le sorrido.
-Vittoria!-
Ci abbracciamo, mentre vedo con la coda dell'occhio Giuseppe e Ugo avvicinarsi.
Saluto anche loro. Sono felice di rivederli.
-Finalmente sei tornato, ma quanto tempo è passato?- chiede Vittoria.
-Tre anni... non ce la facevo più a starvi lontano!-
-A chi lo dici! Vedrai come saranno contenti gli altri!- mi dice Ugo.
-A proposito, dove sono tutti?- chiedo.
Si scambiano un'occhiata allarmata. Solo allora mi accorgo delle loro espressioni intristite.
-E' successo qualcosa?- domando preoccupato.
-No tranquillo, non è successo niente...- dice Giuseppe con il suo accento napoletano.-Sono tutti da Luca-
-Allora vado a salutarli. Posso lasciare le valigie qui?-
-Certo,come no! Dammi,l e metto in guardiola- mi risponde Ugo.
Appena mi allontano, vedo i tre iniziare a parlare a bassa voce, lanciandomi delle occhiate. Forse sono semplicemente stupiti del mio ritorno.
Attraverso il corridoio visibilmente emozionato. Quando sono davanti alla porta non so che fare: busso o no?Meglio bussare.
-Avanti- dice la voce di Luca.
Faccio un bel respiro e apro la porta.
Mi basta un attimo per rendermi conto che lì dentro ci sono tutti tranne Elena. Corrugo le sopracciglia e cerco una spiegazione logica: forse è il suo giorno di riposo.
Luca e Anna mi abbracciano, sorpresi ma felici.
-Ale, ma che ci fai qui?- mi chiede Anna.
-Vi ho fatto una sorpresa, eh?-
-Eccome se ce l'hai fatta! Vieni qui, amico mio!- dice Luca abbracciandomi per la seconda volta.
Nel frattempo un ragazzo piuttosto giovane, dai capelli ricci e neri e gli occhi azzurri, si avvicina porgendomi la mano.
-Piacere, io sono l'ispettore Gabriele Mancini-
Gliela stringo.-Ciao, Alessandro Berti-
Dopo la breve presentazione, il giovane indietreggia e inizia a giocare con una pallina da tennis, lanciandola da una parte all'altra della stanza.
Lancio a Luca un'occhiata stupita ma lui mi fa segno che è tutto normale.
-Elena dov'è? E' il suo giorno libero?- domando, cercando di non farmi vedere troppo interessato.
Gabriele smette di palleggiare. Luca e Anna si guardano e nei loro occhi scorgo la tristezza che ho visto prima in quelli di Vittoria,Ugo e Giuseppe.
-Luca? Che succede?-
Luca si avvicina e mi mette una mano sulla spalla.
-Ale, un mese fa è successa una cosa molto grave-
Sospira e continua a parlare.
-Elena stava seguendo un caso piuttosto complicato ed è rimasta tutta la sera in ufficio. E' uscita che era già notte e aveva piovuto. Ha preso la macchina ma era stanca,probabilmente si è distratta un attimo... l'asfalto era scivoloso e lei non ha potuto fare niente, ha perso il controllo della macchina ed è finita nell'altra corsia... è andata a sbattere contro un'altra auto. E' stato un frontale terribile...-
Anna comincia a singhiozzare. Gli occhi di Luca diventano lucidi e Gabriele abbassa lo sguardo.
-E' in coma... i medici dicono che... che non si sveglierà più...-
Nella stanza si sentono solo i singhiozzi di Anna.
Io rimango immobile, impassibile, senza cambiare espressione.
Una piccola parte di me inizia a sentire quel dolore tanto familiare, ma l'altra parte cerca invece di eliminarlo, di illudersi che sia un incubo, che le parole di Luca non siano vere.
Mi sforzo di aprire bocca. Devo capire.
-In che ospedale l'hanno portata?- sussurro così piano che mi sorprendo che riescano a sentirmi.
-Al Policlinico- dice Anna tra le lacrime.
Esco come una furia dall'ufficio, senza badare a Luca che mi sta seguendo. Esco dal commissariato e chiamo un taxi, sperando che faccia in fretta.
-Ale che stai facendo?-
Luca mi ha raggiunto e mi guarda preoccupato.
-Secondo te? Sto andando all'ospedale-
La voce mi esce strana, rauca e spezzata. L'ho già sentita una volta: quando è morta Irene. Probabilmente se ne accorge anche Luca, perchè mi guarda scioccato.
-Ti ci accompagno io-
-No Luca, hai da fare e...-
-Ale non mi importa. Ho detto che ti ci porto io-
Annuisco e lo seguo fino alla sua macchina, fregandome del fatto che ho appena chiamato un taxi.
Non riesco a formulare un pensiero sensato. Posso solo ricordare tutti i momenti passati insieme ad Elena, la mia ancora di salvezza, colei che mi ha fatto innamorare proprio quando credevo di non esserne più capace.
Come succede spesso a Roma, le strade sono trafficate. Il silenzio che c'è in macchina è insopportabile.
-Perchè non me l'hai detto?-
Faccio una domanda a caso, giusto per stemperare la tensione.
Luca fa un lungo sospiro, prima di rispondere. -Ti avrei chiamato, uno di questi giorni. Non credevo che saresti tornato-
-Volevo farvi una sorpresa... e invece me l'ha fatta Elena...-
Tiro su col naso per impedire alla lacrime di scendere.
-Da quanto tempo non senti Elena?- mi chiede Luca.Forse vuole cambiare discorso.
-Il primo anno ci chiamavamo spesso ma poi con il tempo abbiamo diradato le telefonate e... sono passati due anni dall'ultima volta che l'ho sentita...-
-Due anni? Sono tanti...-
-E' proprio questo che mi fa incazzare, Luca... abbiamo sprecato tutto questo tempo senza sapere che non ce ne rimaneva più...-
Luca non risponde. Mi guarda e poi continua a guidare,in silenzio.
Elena è in terapia intensiva, al terzo piano. Prendiamo l'ascensore e in un attimo siamo al reparto.
Lascio che Luca mi guidi fino alla sua stanza. La porta è chiusa.
Un'infermiera esce dalla camera e subito la fermiamo.
-Dentro c'è un'altra persona, la potete vedere dal vetro- ci risponde quando le chiediamo di entrare.
Luca mi guarda.-Sei sicuro, Ale? Non hai una bella faccia...-
-No, voglio vederla...-
Lui annuisce e apre la tendina che copre il vetro. Mi sporgo a guardare.
Quello che vedo non è ciò che mi sarei aspettato.
Riesco a scorgere solo tanti macchinari, perchè Elena è coperta da un uomo, seduto su una sedia accanto al letto. Mi da le spalle ma a giudicare dai capelli bianchi non deve essere molto giovane.
-Chi è?- chiedo a Luca.
-Il magistrato Davide Castelli...- risponde titubante.
-E che ci fa qui?- domando confuso.
-Lui e Elena hanno una relazione... da due anni, ormai-
Mi si stringe il cuore, ma in fondo non mi importa. L'unica cosa che voglio è che si svegli.
-Il dottore ha detto che le fa bene sentire le voci delle persone che le vogliono bene. Cerchiamo di venirla a trovare il più spesso possibile-
Dopo qualche minuto, l'uomo si alza e lascia la stanza. Saluta Luca e probabilmente anche me, solo che non gli presto attenzione.
Ho occhi solo per Elena.
E' sempre stata una donna forte e determinata ma ora, distesa su quel letto, mi appare piccola e fragile.
Il viso è pallido, pieno di ferite. Riesce a respirare solo grazie alla maschera per l'ossigeno e al suo corpo sono attaccati decine di fili, collegati ad altrettanti macchinari che le permettono di sopravvivere.
La guardo con gli occhi sbarrati, il panico si impadronisce di me. Torno indietro nel tempo, a quando Irene lottava tra la vita e la morte. No, non può essere... non posso perdere per la seconda volta la donna che amo.
Stringo i pugni e guardo Luca.
-Voglio entrare- dico a bassa voce.
-Ale non ti farà bene...-
-Luca, voglio entrare!-
Luca sospira e si arrende.-Va bene, chiamo l'infermiera-
Questa mi fa indossare il camicie e la cuffia e mi fa entrare nella stanza.
Il rumore dei macchinari è assordante.
Vista da vicino Elena sembra ancora più indifesa. Mi accomodo nel posto lasciato libero da Castelli e stringo delicatamente la sua mano tra la mia,p ensando a come il destino sia crudele. Sono di nuovo al capezzale della persona che amo, di nuovo a sperare che non mi abbandoni, che resti con me.
Deglutisco e provo a trattanere le lacrime.
-Ciao Elena- comincio a parlare senza sapere bene cosa dire, ma le parole escono fuori automaticamente, senza che io debba pensarci su.-Hai visto, alla fine sono tornato... avrei preferito rincontrarti in un altro modo, però... Lo so, sono stato uno stupido. Sono scappato da te, da quello che provavo per te solo per paura e non sono rimasto qui a proteggerti. Ma io ti giuro che quando ti sveglierai sarà tutto diverso. Ti giuro che non mi farò più prendere dalla paura, non commetterò più lo stesso errore. Sono pronto a ricominciare con te. Però tu devi svegliarti ,amore mio. Devi svegliarti non solo per me, ma anche per Anna, Luca e tutti gli altri. Devi riprenderti per noi. Ti prego, non lasciarmi anche tu-
Comincio a singhiozzare,mentre il dolore che avevo tentato di tenere lontano mi assale. Rimango in silenzio ad osservare Elena,b ellissima anche con il volto tumefatto, quando avverto una leggera pressione alla mano.
Forse mi sono sbagliato. Faccio finta di niente ma Elena stringe nuovamente la mano, più forte di prima.

Quando sento uno dei tanti macchinari cambiare rumore mi alzo in piedi e suono il campanello. In un attimo l'infermiera e il dottore sono nella stanza.
-Si tolga- dice con malgarbo l'infermiera, facendomi spostare in un angolo della stanza.
Osservo il dottore e l'infermiera iniettare strani liquidi attraverso una siringa e tengo costantemente d'occhio il monitor che controlla il battito del cuore di Elena.
-Che succede?- domando allarmato quando li vedo scambiarsi una strana occhiata.
-La paziente sembrava dare segni di ripresa ma il battito si sta facendo più debole. Presto infermiera, defibrillatore-

Anche quando ci buttiamo via
per rabbia o per vigliaccheria
per un amore inconsolabile
anche quando in casa il posto è più invivibile
e piangi e non lo sai che cosa vuoi


Ed ecco di nuovo quel dolore che non credevo di poter provare ancora nella mia vita, la paura di perdere la cosa che ami di più al mondo. So che se anche questa volta la donna che amo morirà non sopravviverò.
-Amore mio non mi lasciare... non arrenderti, ti prego... non morire- sussurro tra le lacrime mentre il dottore continua a lanciare scariche elettriche sul corpo di Elena.
Ciudo gli occhi ed ecco che sento di nuovo un rumore proveniente da un macchinario. Il silenzio avvolge la stanza e ho paura di aprire gli occhi, paura di dover fare i conti con una realtà troppo dolorosa.
-Si sta riprendendo...- sussurra l'infermiera, incredula.-Venga signore, la aiuti a svegliarsi-
Mi accorgo che si sta rivolgendo a me solo quando mi poggia una mano sulla spalla e mi incita ad andare da Elena.

Credi c'è una forza in noi amore mio
più forte dello scintillio
di questo mondo pazzo e inutile
è più forte di una morte incomprensibile
e di questa nostalgia che non ci lascia mai.


-Elena...Elena sono io,Alessandro...- le sussurro prendendole la mano.
-Elena dai, svegliati- dicono il dottore e l'infermiera.
Le accarezzo il volto e finalmente solleva le palpebre. Si guarda intorno spaesata mentre io mi perdo nel meraviglioso verde dei suoi occhi. Per un attimo ho avuto paura di non vederli più.
-Ciao Elena, bentornata tra noi- dice il dottore inserendo qualche liquido nella flebo.
Elena si accorge della mia presenza, mi stringe la mano e mi sorride appena.
-E' molto debole ma si riprenderà presto. Vede, non capita quasi mai che una paziente nelle sue condizioni si risvegli dal coma e quando questo accade ci vuole tempo prima che ritorni nelle condizioni normali. E' già un miracolo che si sia svegliata, ora dobbiamo darle solo un pò di tempo- mi spiega gentilmente l'infermiera.
-Non importa, io l'aspetterò per tutto il tempo che vuole-
Sorridono.-Vi lasciamo soli- dice il dottore.-Mi raccomando non la faccia parlare, è ancora troppo presto-
Mi siedo sul letto,continuando a stringere la mano di Elena e ad accarezzarle il volto. Avrei tantissime cose da dirle, ma per ora mi accontento di due parole.
-Ti amo- le sussurro all'orecchio. E il sorriso strabiliante che mi fa Elena mi basta per capire che anche per lei è la stessa identica cosa.


Sono in un tunnel, almeno credo. Non riesco a scorgere l'uscita perchè intorno a me è tutto buio.T remendamente buio.
Non so da quanto tempo sono qui, l'ultima cosa che ricordo è un gran botto e poi solo silenzio.
Più passa il tempo e più sento il mio corpo debole. So che se non riuscirò al più presto a trovare la luce, non sopravviverò.
Da qualche parte, non capisco bene da dove, mi arrivano delle voci. Le riconosco,sono quelle di Davide, Anna, Luca...
Li sento stringermi la mano, implorarmi di svegliarmi.
Vorrei tanto aprire gli occhi e rispondergli, ma tutto quel buio mi tiene prigioniera. Provo ad aprire la bocca,ma non ne esce alcun suono e non riesco a rispondere alle loro preghiere.
Poi sento una voce diversa, nuova.
Nuova perchè in quel periodo di totale buio non l'ho mai sentita. Eppure so benissimo a chi appartiene.
Anche lei, come le altre voci, mi supplica di non lasciarla, ma c'è qualcosa di diverso.
La sua stretta di mano è più forte e le sue parole sono più disperate. E' distrutto dal dolore.
E così, quando sento per la prima volta la voce di Alessandro, in fondo al tunnel intravedo un pò di luce. E' poca ed è molto flebile, ma basta per capire in che direzione devo andare.

Quando toccherai il fondo con le dita
a un tratto sentirai la forza della vita
che ti trascinerà con se
amore non lo sai
vedrai una via d'uscita c'è


Appena inizio a camminare sento qualcosa che oppone resistenza, facendomi sentire improvvisamente più debole. Indietreggio e in un attimo riacquisto le forze. Mi volto verso le tenebre e capisco che queste mi tengono legata a loro, non vogliono lasciarmi andare. Provo ad avanzare nuovamente verso la luce, ma lo sforzo è troppo. Sono stanca di lottare. Mi lascio andare, permettendo all'oscurità di risucchiarmi. Nel silenzio di quel luogo,s ento nuovamente la voce di Alessandro. Mi blocco e l'ascolto: mi prega di non lasciarlo, di non arrendermi. Mi prega di non morire.
La morte è facile, non fa male. La vita è difficile, piena di paure, di dolore, di sconfitte. Eppure ci sono quei momenti per cui vale la pena lottare, non lasciarsi avvolgere dal buio e andare verso la luce.


C'è una volontà che questa morte sfida
è la nostra dignità la forza della vita
che non si chiede mai cos'è l'eternità
anche se c'è chi la offende
o chi le vende l'aldilà

Cammino lentamente per non sprecare troppe energie, ma più mi avvicino all'uscita del tunnel e più quella si illumina.
Sento altre voci mischiarsi a quella di Alessandro. Un'infermiera e il medico che mi cura mi chiamano per nome. La luce si fa più intensa e più mi ci avvicino più distinguo con chiarezza le parole.
Lo sforzo è grande ma so che ce la posso fare. Per me, per Anna, per Luca e soprattutto per Alessandro, io devo sopravvivere.
L'uscita di quel lungo tunnel si fa sempre più vicina e la luce mi avvolge completamente.
Sento di nuovo la mano di Alessandro stringere la mia e mi scappa un sorriso quando lo sento dirmi "Sono Alessandro". Come se non l'avessi riconosciuto: è solo per lui se ho trovato la forza di combattere.
Sono arrivata alla fine del tunnel: la luce rischiara tutto intorno a me e in un secondo mi trovo catapultata in un'altra dimensione, ben diversa da questa.
Il tunnel è sparito, portando via con se l'oscurità. Mi sento debole e affaticata ma sto sicuramente meglio di quando lottavo contro il buio.
Apro gli occhi lentamente e la prima cosa che vedo sono le pareti bianche, tipiche di una stanza d'ospedale.

Quando sentirai che afferra le tue dita
la riconoscerai la forza della vita
che ti trascinerà con se
non lasciarti andare mai
non lasciarmi senza te

Sposto lo sguardo e noto una donna e un uomo in camice che mi sorridono.
-Ciao Elena, bentornata tra noi- mi dice quest'ultimo. Mi inietta un liquido nella flebo e io mi sento leggermente meglio.
Solo allora mi accorgo che qualcuno mi stringe la mano. I miei occhi vagano per la stanza fino ad incontrare quelli dell'uomo che ho sempre amato. Il mio cuore, finalmente in grado di battere da solo e non con l'aiuto dei macchinari, accellera e io sorrido appena nel vedere Alessandro di nuovo qui con me. Vorrei abbracciarlo forte e dirgli quanto mi è mancato in tutti questi anni, quanto ho sofferto quando è partito e quanto sono felice di rivederlo, ma mi sento ancora troppo debole per riuscire a parlare.
-E' molto debole ma si riprenderà presto- dice l'infermiera.-Vede, non capita quasi mai che una paziente nelle sue condizioni si risvegli dal coma e quando questo accade ci vuole tempo prima che ritorni nelle condizioni normali. E' già un miracolo che si sia svegliata, ora dobbiamo darle solo un pò di tempo-
-Non importa, io l'aspetterò per tutto il tempo che vuole-
Il dottore si raccomanda con Alessandro di non farmi parlare ma io non lo ascolto, presa come sono ad osservare quel viso che mi è mancato tanto.
Quando rimaniamo soli nella stanza Alessandro si siede sul letto e mi accarezza il viso. Il contatto delle sue dita con la mia pelle mi provoca un brivido e mi riporta alla mente sensazioni che credevo di aver dimenticato.
Il suo viso si avvicina al mio e mi sussurra all'orecchio ciò che ho sempre desiderato sentire da lui.
-Ti amo- dice dolcemente.
Se non fossi così debole e affaticata sono sicura che piangerei dalla gioia, ma il mio corpo è troppo indebolito per produrre lacrime o anche solo per rispondere.
Allora mi limito a sorridere, stringendo forte la mano di Alessandro e cominciando ad assaporare quella che da adesso in poi sarà la mia nuova vita.

La forza è dentro di noi
amore mio prima o poi la sentirai
la forza della vita
che ti trascinerà con se
che sussurra intenerita:
"guarda ancora quanta vita c'è!"





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