Capitolo
1: Occhi cielo
“A
nessuno interessa quello che sei, ma solo quello che fai…”
posai la penna sulle pagine di quel mio diario malandato, pieno di
scritte, pieno di foto, pieno di me.
… Scrivere
mi rilassava, liberava tutte le emozioni represse dentro di me,
trasformandole talvolta in frasi, altre volte in canzoni, o ancora in
qualche pagina di riflessioni buttate giù a casaccio.
Guardai dalla
finestra, perdendomi nel blu del mare, a pochi metri da me. Mi era
sempre piaciuta la vista di casa mia, era così pacifica, così
infinita: potevi specchiarti in quelle acque azzurre anche da
lontano, perdendoti nel mare dei tuoi pensieri contorti.
Sembravo una di
quelle adolescenti depresse arrabbiate col mondo, vero?
Eppure non era così:
vivevo sfruttando al massimo tutte le energie tipiche di una ragazza
di 17 anni. Era vero, ero cinica, ma mi piaceva anche sognare e
perdermi nei miei mille film mentali.
Sospirai e chiusi il
mio diario, giusto in tempo per vedere spuntare una testolina
riccioluta che spuntava dalla porta e osservare sorridendo il mio
adorato cuginetto che veniva verso di me con qualcosa tra le mani.
-Ciao Jake- dissi,
scompigliandogli i ricci.
-Ciao, guarda cosa
ti ho portato!- fiero di se stesso, mi mostrò quello che
teneva nella mano destra: una manciata di caramelle gommose, le mie
preferite.
-Caspita! Grazie,
pulce!-
Ne mangiai qualcuna,
mentre Jake prendeva faticosamente posto accanto a me.
-Ma perché
devi andare via?-
Eh, piccolo...non lo
sapevo nemmeno io.
Vivevo da qualche
anno con mia madre, il piccolo Jake e mia zia, che era più una
sorella maggiore, il che, devo dire, tra altri e bassi, mi piaceva.
Mia madre era sempre
stata la donna afflitta dalla sindrome di Peter Pan e io ero stata
costretta a crescere in fretta e far fronte a tutti i suoi disastri.
Non fui più sola a badare a mia madre il giorno in cui mia zia
decise che era arrivato il momento che io potessi comportami da
adolescente e che fossero gli altri a preoccuparsi per me.
Di punto in bianco,
però, mia mamma aveva deciso nuovamente di andare a vivere per
conto suo, trascinandomi come sempre con lei, ma io, purtroppo, ero
già consapevole del futuro fallimento. A detta sua, questa
volta sarebbe stato diverso, infatti aveva scelto una piccola
cittadina: Mystic Falls.
Questo nome, però,
non mi ispirava quiete e serenità: mi ero informata e c'erano
strane storie su quella cittadina; sorvolando su questo, però,
già sapevo che le cose non sarebbero cambiate e, in poco
tempo,la mamma non sarebbe più riuscita a far fronte alle
spese economiche, come sempre.
Sospirai, addentando
un'altra caramella. -Non lo so, piccolo. Ma forse questa non sarà
una cosa definitiva-
-E chi mi leggerà
le storie prima di andare a dormire? E chi mi terrà la mano
quando piove?- piagnucolò quella piccola pulce, tirando su con
il naso.
Era davvero un
bambino tenero, speciale, a dir poco sensibile e acuto per i suoi sei
anni.
-Bhe, Jake, devi
ammettere che durante i temporali eri tu a tenere la mano a me! Lo
sai che io ho una paura matta di tutti quei tuoni e l'acqua...-
-Ange...-
-Si, Jake?-
-Tu continuerai a
essere la mia sorellona?-
La sua innocenza e
ingenuità mi fece sorridere. Me lo aveva chiesto come se dalla
mia risposta dipendesse tutto.
Mi sarebbe mancata
terribilmente quella peste!
-Ma certo!!-
cominciai a fargli il solletico e lui fece mille facce strane, mentre
si contorceva dalle risate.
Quella era la mia
vita e, ancora una volta, dovevo sottostare al comportamento
infantile di mia madre, che non faceva altro che rompere i miei
equilibri.
Stavo in macchina,
che mi avrebbe condotto tra poche ore alla nuova casa, ai nuovi
amici, alla nuova scuola; insomma, dove sarebbe cominciata la mia
nuova vita.
Ascoltavo musica con
il mio inseparabile i-pod nelle orecchie, che mi staccava dalla
realtà.
Vi è mai
capitato di farvi mille fantasie mentali sentendo una canzone?
Bhe, a me era una
cosa che capitava parecchio spesso: cominciavo a immaginare
situazioni, luoghi e persone; magari come sarebbe andata una cosa,
reagendo semplicemente in modo diverso.
...Come la mia
nascita, per esempio.
Io ero il frutto
della passione di mia madre con un rockettaro sconosciuto e
“affascinate”, conosciuto in un locale quando aveva
appena 18 anni.
Mio padre...o meglio
l'essere che ha così generosamente contribuito al mio
concepimento, il primo fallimento di mia madre…il primo di una
lunga serie, ma forse era meglio stendere un velo su tutta quella
storia.
Il passato era
passato e magari adesso le cose sarebbero cambiate sul serio...
Sospirai. Non ci
credevo nemmeno io!
-Ecco tesoro, siamo
appena arrivate in città!- la voce di mia madre arrivò
alle mie orecchie non tanto chiaramente, ma comunque abbastanza per
farsi sentire e per farmi spegnere l'i-pod, abbandonando a metà
una canzone dei Calling.
Abbassai il
finestrino e l'aria fresca mi arrivò al viso.
Era piccola, ma
tutto sommato carina. Forse, inaspettatamente, avrei trovato qualcosa
lì.
In giro vedevo solo
gente adulta. C'erano ragazzi della mia età?!
Ci fermammo a un
semaforo e io appoggiai la testa sul bordo del finestrino.
E… in quel
momento successe, quel qualcosa che forse sarebbe capitato.
Vidi un ragazzo
bellissimo, il più bello che io avessi mai visto.
Stava fermo anche
lui al semaforo, scocciato e impaziente, in una decappottabile nera.
Aveva i capelli
nerissimi scompigliati e una mascella squadrata, un braccio
muscoloso; stava mollemente addossato al sedile, aspettando che quel
benedettissimo semaforo scattasse.
Come se avesse
sentito i miei pensieri, si voltò di scatto verso di me e io
incrociaiun paio di profondi occhi azzurri, quasi color ghiaccio.
Erano fermi, decisi;
occhi che catturavano, ma anche freddi e... cattivi?
Mi guardò
come se fossi un animale uscito da un circo.
Non riuscivo a
staccare gli occhi da lui, nonostante mi dessi mentalmente della
stupida.
“Idiota! Cosa
penserà di te adesso! Datti una svegliata!”
Una folata di vento
scompigliò i miei capelli lunghi e lo vidi stringere il
volante, quasi a volerlo spezzare, e subito smise di guardarmi.
Cosa!? chi era quel
ragazzo?
Non ebbi nemmeno più
il tempo per osservarlo, perché, appena il semaforo divenne
verde, scattò in avanti, come se fosse rincorso da un mostro.
Ero così
brutta da avergli fatto quell'effetto?
Lui era così...
così... così... WOW!
Non ero riuscita a
capire quanti anni aveva, di certo era grande...più di me
sicuro!
Ma quegli occhi!
Quegli occhi...! Dovevano essere considerati illegali!
Ero sempre stata
fiera dei miei occhi verdi, ma quelli del ragazzo sconosciuto erano a
dir poco incredibili.
Un po', però,
mi sentivo una stupida.
Non riuscivo a
togliermelo dalla testa, nonostante non lo conoscessi affatto e molto
probabilmente non sarebbe mai accaduto.
Uno come lui non
avrebbe mai potuto guardare una come me...
Ma uno come lui...
come?
-Sai, mamma, forse
questa città non è niente male.-
Lei sorrise bonaria,
come se la cosa fosse stata ovvia fin dall'inizio. -Certo tesoro. Da
oggi si cambia musica. Si riparte da oggi.- Probabilmente quel
cambiamento radicale avrebbe fatto bene anche a me, anche se
ricominciare daccapo non è mai una cosa piacevole.
Svoltammo l'angolo e
arrivammo davanti a una casetta a due piani tutta bianca, con un
piccolo giardinetto, qualche albero e un cancelletto in ferro
battuto.
Non era di certo il
massimo, ma sembrava confortevole.
-Mamma ma come ci
siamo permesse tutto questo?- chiesi, ancora con gli occhi alla casa.
-Diciamo che ho dato
fondo a tutto il nostro futuro-
-Questo non mi piace
per niente!-
-Non preoccuparti,
ho già trovato un lavoro- fece lei tutta felice e fiera di se.
Questa volta ci
credeva sul serio. Questa volta, probabilmente, si sarebbe messa
d'impegno per avere una vita quanto meno stabile.
-E la mia scuola?-
le chiesi, mentre entravamo nell'atrio.
Era davvero molto
carino e arredato con cura, con le pareti di un bianco un po' scuro e
i mobili di legno, anch'essi scuri.
-Comincerai domani-
affermò lei, chiudendo placidamente la porta.
-Domani?!?! ma,
mamma!-
Non era che non
volevo andare a scuola, anzi, mi piaceva e me la cavavo anche, ma
volevo un po' ambientarmi e magari girare per la città.
-Sì, Ange!
Dobbiamo metterci subito all'opera!-
-Sì... sì...-
sbuffai io, mentre mia madre mi faceva fare il giro della casa.
Era carina; sì,
poteva andare.
Carina, come quella
città.
Carina,come le
persone che vi abitavano.
Dopo cena salii in
camera mia, decisa a scrivere sul diario il “fatale incontro”
di quel giorno.
Mi tolsi le scarpe e
mi sedetti al centro del letto -dopo anni di lotte ero riuscita ad
avere il letto a due piazze!-.
Presi il diario e
guardai fuori dalla finestra.
Eh, no.! Di certo
non era come la vista di casa mia.
Questa era più
cupa, più triste, ma aveva anche qualcosa di misterioso e
intrigante.
Presi la penna e
cominciai a scrivere. I pensieri mi uscirono come un fiume in piena;
parole, parole e ancora parole.
In quel diario
c'erano cose così segrete di me, così profonde, che se
fosse finito in mani altrui avrei dovuto solo cambiare continente!
A volte mi sentivo
così infantile a tenere un diario, ma poi mi dicevo che doveva
essere utile a me; di quello che pensavano gli altri non mi
importava.
Questa era una mia
caratteristica: se volevo qualcosa, facevo tutto quello che mi era
possibile per ottenerla; se credevo in qualcosa, l'avrei difesa fino
alla morte.
Nonostante fossimo
solo a metà settembre, c'era quel leggero vento fresco, che a
me piaceva poco.
Preferivo il sole e
il caldo, piuttosto che la pioggia e il freddo.
Anche se, dovevo
ammettere, adoravo andare in giro di notte in macchina, soprattutto
sotto la pioggia.
Ricordavo che mia
madre qualche volta mi ci portava, ore a fare giri, immerse
nell'oscurità.
Infondo, l'oscurità
mi piaceva perché poteva racchiudere in sé, non solo
cose spaventose, ma anche un universo di cose incredibili.
Incredibili...
Come gli occhi
ghiaccio di quel ragazzo.
Non potevo dargli un
nome, potevo solo ricordare quegli occhi azzurri nei miei.
Nonostante fosse
passata una giornata intera, ancora non riuscivo a staccare i miei
pensieri da lui.
Mi bloccai a
scrivere quando fui attratta dal rumore della finestra che si apriva
di scatto.
Quando mi alzai per
richiuderla, trovai appollaiato sul mio davanzale un corvo nero.
Un corvo?!
-Ehi, ciao!- ok,
adesso ci mancava solo che mi mettessi a parlare con gli animali!
-Che ci fai qui?
Vuoi qualcosa da mangiare?-
"Ange vorrei
ricordarti che è un corvo! C-O-R-V-O!!"
Piegò la
testolina di lato; sembrava quasi mi stesse scrutando.
-Aspetta un attimo!-
Aprii la porta e mi
fiondai nella cucina, presi un tozzo di pane dalla credenza e mi
diressi di nuovo in camera mia.
Magari se avesse
mangiato, avrebbe smesso di guardarmi!
Mi avvicinai alla
finestra, ma il corvo non c'era più.
Era la seconda volta
quel giorno che perdevo qualcosa di vista.
Chissà! Forse
non era poi così affamato, ma voleva solo un posto dove
riposarsi un po'.
Chiusi la finestra e
andai a risedermi sul letto, ignara che il corvo continuava ad
osservarmi da un ramo dell'albero di casa mia.
Primo giorno di
scuola.
Quattro parole per
descrivere tutto quello che provavo: ansia, adrenalina, noia,
curiosità, paura.
Di solito nei film
il primo giorno di scuola non passa mai tranquillamente, soprattutto
per la protagonista del film.
A quella poveretta
ne succedevano di tutti i colori, come nasconderle la macchina (film:
mai stata baciata!!).
Oddio! mi avrebbero
nascosto la macchina?!
Aspetta! io non ce
l'avevo mica la macchina! Andavo a piedi!
Ok, come pazzia
mattutina quella poteva bastare!
Presi lo zaino e
scesi in cucina, dove l'odore del caffè appena fatto mi
risvegliò i sensi: lo adoravo da matti!
Ne presi una bella
tazza, mentre ascoltavo distratta mia mamma farmi mille
raccomandazioni. Quella mattina mi sentivo stranamente euforica,
probabilmente perché quella notte avevo sognato per la prima
volta due occhi azzurri che mi guardavano intensamente e quei capelli
neri, neri come la pece.
-...Ma mi ascolti?-
-Hm!? ...sì,
mamma, sì! adesso, però, vado! Ci vediamo oggi, ciao!-
Me ne andai
addentando una fetta di pane tostato, con lo zaino in spalla e
l'i-pod nelle orecchie.
Anche se camminai
piano, arrivai a scuola in poco tempo.
Tutti gli alunni -
chi in gruppetti, chi da solo - stavano nell'ampio cortile e al mio
arrivo troppi sguardi si sollevarono a guardarmi.
Ovvio: ero la
novità.
Non mi piaceva
essere fissata, mi faceva sentire una sorta di fenomeno da baraccone.
Ma era possibile che in quella città si conoscessero proprio
tutti?!
Nonostante questo,
avanzai tranquilla, mentre i miei lunghi e lisci capelli castano
scuro venivano mossi dal vento.
Andai diritta in
segreteria, evitando le occhiate e i borbottii di tutti.
Velocemente, la
tipa, alquanto brutta e antipatica, mi diede la piantina della scuola
con tutte le ore di lezione e le aule.
Cominciai a vagare
per i corridoi, in cerca dell'aula 21.
Ero arrivata presto
a scuola e adesso avrei passato ore a trovare quella stupida classe
di... guardai sul foglio... storia.
Perfetto! Io odiavo
storia!
-Ma porca miseria!-
la mia finezza cominciava ad emergere, ma tanto non c'era nessuno ad
ascoltarmi.
Ma quella era la
scuola dei fantasmi?! Ma dov'è era finita tutta quella gente
che c'era in cortile?
-Serve aiuto?- una
voce maschile mi arrivò alle spalle e io mi voltai di scatto.
Ma tutti i modelli
europei venivano da quella città?!
Mi ritrovai per la
seconda volta davanti a un bel ragazzo: alto, capelli mossi castani e
occhi verdi, un po' più scuri dei miei.
Lo guardai un attimo
prima di rispondere: bhe, no, il mio bel sconosciuto era decisamente
meglio!
-Ehm...penso di sì!
Dovrei arrivare all'aula 21, ci dovrebbe essere la lezione di storia-
Quel ragazzo era un
po' strano, aveva una postura, dei modi... insomma quale ragazzo di
17 anni avrebbe detto: serve aiuto?! –E comunque io sono Angel-
-Piacere, io sono
Stefan. E la classe 21 è proprio la mia, seguimi-
Oh Dio, grazie!
-Grazie!-
Mi rispose con un
cenno del capo e poi cominciammo a camminare.
Quel silenzio, però,
cominciava a pesare e vedevo che anche lui era un po' nervoso.
-Ti sei appena
trasferita?-
-Eh?! Sì sì,
da poco. Sono nata a Firenze, ma mia madre è americana-
Alla parola
“Firenze”, divenne ancora più teso. Ma perché!?
-E tu? Sei nato
qui?-
-No, sono anche io
italiano, nato a Firenze, per lo più-
-Davvero? Che
coincidenza!-
-Ehi, Stefan...-
Una voce femminile
richiamò la nostra attenzione e io mi ritrovai proprio di
fronte a quella benedetta aula 21.
-Elena...-
Stefan si avvicinò
alla ragazza e le stampò un dolce bacio sulle labbra. Stavano
insieme, dunque.
-Ehm..-
-Amore lei è
Angel, è nuova e si era persa nella scuola-
Ecco, non
rimarcarlo!
-Ciao! Piacere io
sono Elena!- tese cordiale la mano verso di me e io l'afferrai,
sorridente.
Sembravano due tipi
simpatici!
-Bhe...almeno le
uniche due persone che conosco stanno nella mia classe!- esclamai,
contenta almeno per quello.
-Vedrai che, prima
della fine della giornata, ne conoscerai molte altre-
-Lo spero!-
Ancora
chiacchierando e sorridendo, entrammo in classe, dove ad attenderci
c'era già il professore di storia.
Stefan mi sussurrò
il nome del professore e in poco prendemmo posto.
La giornata passò
velocemente e io conobbi Bonnie, che era la migliore amica di Elena,
forse un po' troppo...”triste”; Caroline, una biondina
alquanto energica e Matt, che aveva detto si e no due parole e poi
era volato via.
Ci stavamo dirigendo
tutti verso l'uscita, quando sentii Stefan borbottare un po'.
-E' successo
qualcosa?-
-Riunione familiare-
mi rispose semplicemente Elena, mentre sentii anche Bonnie sbuffare.
-Tuo padre?-
-Peggio...-
Non riuscivo a
capire, quando poi Elena mi fece voltare, ci mancò poco che
svenissi.
A qualche metro da
noi stava il mio bel sconosciuto, appoggiato alla sua macchina nera e
con le braccia incrociate. Guardava verso di noi serio, mentre la
moltitudine di ragazze e ragazzi gli passavano davanti.
-Quello è il
fratello di Stefan- mi disse Elena.
COSA?!?!
Buoooona
seraaa!! Bhe si, sono di nuovo io con un'altra storia e decidete voi
se purtroppo o se almeno un pò vi fa piacere. =)
Questa
è una Damon/nuovo personaggio e vi chiedo di non accantonarla
subito, non sarà ques'eccellenza, ma mi farebbe piacere se
almeno leggeste due righe di questa storia su uno dei telefilm più
belli (a parer mio)
Non
ho nessuna pretesa, se non quella di regalarvi, magari, nel mio
piccolo, qualche minuto piacevole.
Sarebbe
bello ricevere taaaaaante recensioni, ma non pretendo nulla! Magari
scrivetemi anche che non vi piace per niente! E se vi va anche
qualche piccolo consiglio qualore lo riteniate necessario!
Detto
questo non mi resta che dirvi che ci sono delle piccole anticipazioni
della seconda serie e nel caso non siete ancora arrivati a quel
punto, sarò felice di rispondere a tutte le vostre domande!
Grazie
in anticipo!
Clary
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